Vespasiano, Tito Flavio
(T. Flavius Vespasianus) Imperatore romano (presso Rieti 9-Cutilie, Sabina, 79). Figlio di Flavio Sabino e di Vespasia Polla. Sposò Flavia Domitilla ed ebbe tre figli: Tito, Domiziano e Domitilla. Fu questore nella provincia di Creta e Cirene; sotto Caligola fu edile e pretore; sotto Claudio fu legato della legione II Augusta sul Reno e in Britannia, dove riportò notevoli vittorie meritando gli ornamenti trionfali; esercitò poi il proconsolato d’Africa con somma integrità. Mentre era (66) in Grecia al seguito di Nerone, cadde in disgrazia e fu allontanato, ma poi fu richiamato per soffocare la ribellione giudaica, e infatti (67) riuscì, col figlio Tito, a sottomettere la Galilea; occupò quindi il territorio attorno a Gerusalemme, ma la guerra fu interrotta dalla notizia della morte di Nerone e dalle complicazioni politiche che seguirono. Mentre prometteva fedeltà ai successori di Nerone, preparò, con l’aiuto del governatore della Siria, Muciano, il piano per conquistare il trono. La proclamazione avvenne prima in Egitto (69); seguì l’adesione delle truppe di Giudea e di Siria e delle province asiatiche, e quindi delle legioni di Mesia, di Pannonia e di Dalmazia. I vitelliani furono battuti a Cremona da Antonio Primo, legato della VII Gemina; Vitellio fu ucciso in Roma e V. fu riconosciuto imperatore dal Senato. La direzione del governo, nominalmente tenuta dal figlio Domiziano, fu assunta di fatto da Muciano; questi procedette contro i vitelliani e contro quei flaviani che considerava d’impaccio alla sua azione politica. Sul Reno fu domata, per opera di Petilio Ceriale e di Annio Gallo, la ribellione dei batavi che, guidati da Giulio Civile, erano insorti nella Germania settentrionale e nella Gallia (fine 70). Nello stesso anno il figlio di V., Tito, conquistò e distrusse Gerusalemme. V., che si era trattenuto in Egitto, venne a Roma e iniziò la sua opera mirante a rinnovare la potenza di Roma e a restaurare la pace. Celebrò (71), insieme col figlio Tito, il trionfo giudaico e costruì un grandioso tempio alla Pace. Per restituire autorità al potere imperiale minacciato dalle forze dell’esercito rinsaldò la disciplina, reclutò prevalentemente i soldati delle legioni fra i provinciali, ridusse le coorti pretoriane da sedici a nove. Scelse come collaboratore il figlio Tito, designato anche come suo successore, lo fece partecipe della potestas tribunicia e dell’imperium proconsulare (71) e gli conferì la prefettura del pretorio. Verso il Senato mostrò deferenza e rispetto, ma volle epurare l’aristocrazia senatoria da molti elementi indegni che vi si erano infiltrati, sostituendoli con uomini più degni, anche provinciali: a questo fine assunse (73) la censura insieme con Tito. Fra i problemi più difficili che V. riuscì a risolvere fu quello finanziario: a tale scopo impose nuove imposte e revisionò rigorosamente il catasto, procurandosi fama di cupidigia e avarizia. Svolse un’azione notevole in favore delle province, sia dal lato della romanizzazione (soprattutto nell’Occidente) sia da quello della organizzazione; alcuni cambiamenti nell’organizzazione provinciale furono fatti a scopo fiscale, altri e più numerosi a scopo militare. Furono ricostruiti e rafforzati i campi legionari, sulla riva destra del Reno fu portata avanti la linea di difesa; sul Danubio fu rafforzato il sistema difensivo della Rezia e della Mesia; in Britannia la conquista romana fu estesa a tutta la Scozia meridionale per opera di Petilio Ceriale, di Frontino e di Agricola. V. abbellì Roma di splendidi edifici; oltre al tempio della Pace iniziò la costruzione dell’Anfiteatro flavio, riedificò il tempio di Giove Capitolino, ampliò il pomerio urbano.
Nasce presso Rieti
Sottomette la Galilea con l’aiuto del figlio Tito
Proclamato imperatore in Egitto
Sconfitti i suoi rivali, torna a Roma
Celebra con Tito il trionfo giudaico e costruisce il tempio della Pace
Assume la censura insieme con Tito
Muore a Cutilie, Sabina