GOBBI, Tito
Baritono italiano, nato a Bassano del Grappa il 24 ottobre 1913, morto a Roma il 5 marzo 1984. Frequentò la facoltà di Giurisprudenza a Padova, studiando contemporaneamente canto a Roma con G. Crimi. Dopo un'esperienza come borsista alla Scala, vinse (1936) il Concorso internazionale di Vienna. Il debutto ufficiale avvenne nel 1937, nel ruolo di Germont ne La Traviata al Teatro Adriano di Roma. Dalla stagione successiva apparve regolarmente al Teatro dell'Opera di Roma, dove interpretò nel corso di una trentina di stagioni ben 67 ruoli diversi, per un totale di oltre 400 recite. Tra le più importanti citiamo la partecipazione alla storica ''prima'' italiana del Wozzeck di A. Berg, sotto la direzione di T. Serafin (Roma, 3 novembre 1942).
Nel 1947 gli si schiusero le porte di numerosi teatri esteri: interpretò Rigoletto e Tosca al Teatro Reale di Stoccolma (1947); esordì negli USA all'Opera di San Francisco (Il barbiere di Siviglia, La Bohème, L'elisir d'amore); fu invitato al Festival di Salisburgo (1950, con Don Giovanni) e con la Scala al Covent Garden di Londra (L'elisir d'amore e Falstaff, sempre nel 1951). Tornato in America nel 1954 (Lyric Theatre di Chicago), debuttò al prestigioso Metropolitan di New York (1956) con Tosca. L'esordio allo Staatsoper di Vienna avvenne invece nel 1957 (Tosca, Otello, Falstaff), mentre al Festival di Edimburgo propose Gianni Schicchi (1969) con i complessi del Maggio Musicale Fiorentino. Concluse la sua brillante carriera nel 1977 con alcune recite di Madama Butterfly in New Jersey. Si dedicò anche all'insegnamento, dirigendo i corsi di avviamento al teatro lirico di Villa Schifanoia a Fiesole, e firmò numerose regie teatrali.
Considerato uno dei massimi cantanti-attori di tutti i tempi, G. si segnalò verso gli anni Cinquanta come uno dei baritoni più duttili del panorama operistico internazionale. Il suo repertorio ha spaziato praticamente nell'intera gamma baritonale (Sharpless, Marcello, Lescaut, Ford, Germont, il Marchese di Posa, Simon Boccanegra, Tonio), particolarmente in Verdi e Puccini. Voce piuttosto scura e di buona estensione specie al grave, G. mirava sempre all'identificazione psicologica col personaggio e a una ''verità'' teatrale. Ruoli come Scarpia, Rodrigo, Wozzeck, Jago, Boccanegra, Rigoletto restano in gran parte esemplari specie per l'efficacia del suo gesto, il suo modo di muoversi entro l'ambito umano e psicologico del ruolo vocale. Nel suo curriculum figurano anche opere raramente eseguite di I. Pizzetti, L. Rocca, I. Montemezzi, L. Leoni, G. Malipiero, A. Lualdi, J. Napoli, G.F. Ghedini.
Di lui ci restano, oltre a numerose incisioni discografiche, anche alcune testimonianze cinematografiche (Il barbiere di Siviglia del 1946 per la regia di M. Costa, Lucia di Lammermoor ancora del 1946, Rigoletto per la regia di C. Gallone del 1947, L'elisir d'amore per la regia di M. Costa del 1947, Pagliacci del 1948, La forza del destino del 1950, ancora di C. Gallone).
Nel 1979 scrisse un'Autobiografia, pubblicata postuma (1985).
Bibl.: R. Celletti, T. Gobbi, in Le grandi voci, Roma 1964; A. Blyth, Gobbi: the singer and the man, in British Music Yearbook, 1975; M. Modugno, T. Gobbi dominatore della scena, in Lirica, i (1987), pp. 179-84.