Torquato, Tito Manlio Imperioso
Generaleromano (sec. IV a.C.), più volte console e dittatore, ebbe una parte di rilievo nelle guerre contro i Galli e i Latini, ma è ricordato nella tradizione storica e retorica soprattutto per l'inflessibile severità con cui tutelò il bene pubblico e la disciplina militare, al punto da condannare a morte il proprio figlio Tito che aveva disobbedito all'ordine di non battersi in singolare duello fuori dei ranghi schierati contro l'esercito latino (Livio VIII VII; e altri).
L'atto, come esempio del prevalere dell'interesse pubblico sui sentimenti privati, è riferito dagli antichi con ammirazione, cui talvolta si mescola la riserva di un cauto orrore (così in Virg. Aen. VI 824-825 " saevomque securi / aspice Torquatum "). Stranamente però in s. Agostino (Civ. I 23, V 18) prevale l'apprezzamento positivo, condiviso, in genere senza incertezze, dalla successiva tradizione medievale.
Anche per D. l'exemplum di T. è tra quegli atti straordinari di virtù che presuppongono una speciale assistenza divina e quindi testimoniano di un intervento provvidenziale nello svolgimento della storia romana. In Cv IV V 14 egli si chiede retoricamente: Chi dirà di Torquato, giudicatore del suo figliuolo a morte per amore del publico bene, sanza divino aiutorio ciò avere sofferto?; e come glorioso Torquato lo ricorda ancora, incidentalmente, in VI 12.
Il personaggio è anche nominato in Pd VI 46 tra coloro che portarono vittoriosamente il segno dell'aquila contro i nemici e ne ebbero gloria, con generico riferimento alla sua valentia di condottiero.