titoli di opere [prontuario]
I ➔ titoli di opere (letterarie, ma anche musicali e artistiche in genere) richiedono sempre l’iniziale maiuscola del primo elemento, anche se si tratta di un articolo: Il barone rampante (di Italo Calvino), Ragazzi di vita (di Pier Paolo Pasolini). Possono avere l’iniziale maiuscola anche gli altri elementi del titolo (tranne articoli, preposizioni e congiunzioni che non siano iniziali): Il Barone Rampante, Ragazzi di Vita. Quest’uso è però più frequente con opere risalenti fino al XIX secolo, in particolare con i grandi classici: Orlando Furioso (di Ludovico Ariosto), I Promessi Sposi (di Alessandro Manzoni), ed è comunque sconsigliabile con titoli lunghi. Sarà invece normale scrivere con l’iniziale maiuscola elementi che rappresentano nomi di persona, toponimi o che assumono valore allegorico: Il partigiano Johnny (di Beppe Fenoglio), Canti di Castelvecchio (di Giovanni Pascoli), Libro de’ Vizî e delle Virtudi (di Bono Giamboni).
Quanto i titoli appaiono nella scrittura, si presentano alcuni problemi particolari. Si indicano qui i principali.
Quando sono citati in un contesto scritto, i titoli delle opere vanno marcati con il carattere corsivo.
I titoli il cui primo elemento è un articolo determinativo possono creare problemi quando si deve decidere se incorporare o meno l’articolo in una preposizione articolata (► preposizioni davanti a nomi e titoli). La scelta di formare una preposizione articolata, così come si farebbe nel parlato, è quella più corrente e naturale: in questo caso la preposizione articolata verrà scritta in caratteri tondi e il secondo elemento del titolo prenderà l’iniziale maiuscola:
(1) il linguaggio della Cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda
La scelta di mantenere l’articolo separato dalla preposizione è più affettata, ma comunque usata:
(2) un saggio critico su Gli indifferenti di Alberto Moravia
(3) le poesie da L’allegria di Giuseppe Ungaretti
Nel caso della preposizione di, è oggi meno frequente l’uso di mutarla in de, molto frequente in passato:
(4) i personaggi de Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello
Più problematica la separazione tra l’articolo e la preposizione in. I motivi sono diversi: da un lato darebbe luogo a combinazioni inaccettabili come in il, in lo, ecc.; dall’altro, l’uso di sostituire in con ne, pur praticato in passato:
(5) Rina Morelli ne La locandiera di Carlo Goldoni
è oggi rifiutato perché ingiustificato dal punto di vista storico-linguistico: le preposizioni articolate con in derivano da (i)n ĭllum e (i)n ĭllam, sicché la e, ad es. di nello, non può essere considerata come parte della preposizione, come nel caso di de (in altre parole, nello può essere scomposto come n-ello, non come ne-llo; pertanto la discrezione di ne è erronea e arbitraria).
Una soluzione come (6 a.) è quindi preferibile a (6 b.):
(6) a. il senso di impotenza dell’intellettuale nella Casa in collina di Cesare Pavese
b. il senso di impotenza dell’intellettuale ne La casa in collina di Cesare Pavese
Una possibile alternativa all’uso delle preposizioni articolate, o all’uso degli articoli separati dalle preposizioni, è il ricorso a un’apposizione, che consente di mantenere l’articolo all’interno del titolo:
(7) le poesie della raccolta L’Allegria di Giuseppe Ungaretti
(8) il senso di impotenza dell’intellettuale nel romanzo La casa in collina di Cesare Pavese
Alcuni autori dei secoli passati hanno intitolato le loro opere alla latina, ricalcando la struttura sintattica del complemento di argomento formato da de più nominale declinato in caso ablativo (anche con iniziale maiuscola estesa agli elementi successivi al primo): Dei Delitti e delle Pene (Cesare Beccaria), Dei Sepolcri (Ugo Foscolo), Dello stato presente dei costumi degl’Italiani (Giacomo Leopardi).