TITOLO di CREDITO (fr. titre de crédit; sp. titulo de crédito; ted. Wertpapier; ingl. negotiable instrument)
Nel titolo di credito s'incarna una grande conquista, forse la più grande, del diritto commerciale moderno. In virtù di esso, vengono a moltiplicarsi indefinitamente i vantaggi economico-sociali della circolazione e del commercio: esso rende possibile la mobilizzazione di quella parte della ricchezza, che, assumendo una veste giuridica obbligatoria anziché una reale, si sottrarrebbe di per sé all'applicazione dei principî regolatori di una circolazione rapida e fiduciosa quale è quella disciplinata (sulla base del possesso di buona fede) dagli articoli 707 e 1126 cod. civ.; esso accresce così a dismisura, mediante l'utilizzazione di strumenti giuridici raffinati e appropriati, la massa dei valori, che in un dato luogo e in un dato tempo si trovano a disposizione della collettività. Aderendo alle esigenze economiche, che, in tale senso, imponevano un potenziamento della ricchezza creditizia, il diritto moderno ha aperto a questa vie sostanzialmente sconosciute nel passato, mediante un innesto del diritto d'obbligazione sul ceppo del diritto reale. Infatti, attraverso la subordinazione del diritto di obbligazione al diritto reale, si permette qui il godimento dell'uno solo come conseguenza di una determinata situazione relativa all'altro, con l'effetto che, in ordine alla circolazione, anziché applicarsi il principio di diritto comune sulla circolazione dei crediti nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet, si applicano le regole, molto più tranquillanti, accennate più sopra, della circolazione delle cose mobili corporali. Il titolo di credito si presenta perciò, nella sua essenza, come una carta (recante una scrittura), in virtù della quale il diritto reale, avente la medesima per obbietto, determina altresì il diritto di credito, avente per obbietto una data prestazione (la prestazione che la scrittura promette): è, in altri termini, un documento che dà luogo all'esistenza e alla titolarità del diritto che vi è menzionato.
È dunque, il titolo di credito, un documento costitutivo, non semplicemente probatorio. In genere, il documento esaurisce il proprio ufficio nel fornire la prova di un diritto, con maggiore o minore intensità a seconda dei casi, ma presupponendo, naturalmente, l'esistenza del diritto stesso, non già operando su di essa. Qui invece la funzione meramente probatoria è di gran lunga superata. Ma non basta nemmeno dire, che è in azione la funzione costitutiva: nell'ambito dei documenti costitutivi, normalmente, si ha questo, che il diritto, una volta venuto a esistenza, vive la propria vita indipendentemente dalle sorti del documento; in quella speciale categoria di documenti costitutivi, che è invece formata dai titoli di credito, il diritto vive in uno stato di connessione permanente col documento e segue senz'altro le sorti di esso (il che è espresso in modo significativo dal termine, con cui i titoli di credito vengono anche spesso designati, di carte-valori). Si potrebbe affermare che, in massima, la funzione costitutiva del documento è originaria, mentre nell'ipotesi speciale, di cui ci occupiamo, è permanente. Essendo l'elemento obbligatorio il posterius e l'elemento reale il prius, l'esistenza e titolarità del diritto di credito è subordinata all'esistenza e titolarità del diritto reale sulla carta; e si ha una compenetrazione del diritto di obbligazione nel diritto reale, tanto che, come durante la vita umana l'anima è inseparabile dal corpo, così nel titolo di credito né può concepirsi il documento senza il diritto né può concepirsi il diritto avulso dalla carta. Fenomeno, questo, che ef6cacemente si suole contraddistinguere con un'espressione da taluni criticata ma secondo noi felice e opportuna, secondo la quale il diritto è "incorporato" nel documento. Il principio dell'incorporazione è il principio caratteristico fondamentale che domina la materia dei titoli di credito: esso trova solo un'attenuazione pratica (non già un'eccezione), e non riguardo a tutti i titoli di credito, nella cosiddetta procedura di ammortamento, la quale, attraverso l'intervento, attuale o potenziale, degli organi giurisdizionali dello stato, consente al titolare, rimasto privo del documento, di esercitare, nonostante ciò, il suo diritto, mentre toglie efficacia al documento tuttora in circolazione.
Vi è poi il principio della letteralità. Il diritto incorporato nel titolo di credito è un diritto letterale, nel senso che il tenore letterale del titolo, e soltanto esso, è decisivo per determinare l'esistenza, il contenuto, le modalità del diritto medesimo. Si ha, così, una manifestazione di formalismo, la quale è soprattutto strumento di sicurezza per i terzi, i quali, appunto, divenendo titolari del diritto sul documento, trovano nel documento quanto basta a definire l'entità del diritto da esso nascente. Si può dire, che il principio della letteralità non rimane vulnerato da eventuali richiami a elementi estranei al titolo, richiami, i quali bastano a inglobare giuridicamente gli elementi richiamati nel contenuto della scrittura: si pensi a quello che avviene per le azioni di società, che fanno riferimento allo statuto sociale ai fini della determinazione dei diritti dei soci, loro titolari.
Vi è infine il principio dell'autonomia. Il diritto incorporato nel titolo di credito è un diritto autonomo, nel senso che esso sorge in ciascun titolare successivo come conseguenza necessaria del diritto reale sulla carta (sempre perché il diritto reale è il prius e il diritto di credito il posterius) e quindi indipendentemente dalla sua anteriore appartenenza ai possessori precedenti: rispetto a ciascuna fase circolatoria, si deve dire, che lo stato, in cui esso si trovava presso costoro, non dà luogo in nessun caso a una sua attuale menomazione, e i personali rapporti, che a costoro facevano capo, divengono irrilevanti per il titolare attuale; appunto in quanto non si tratta di un diritto derivato, sono inopponibili a quest'ultimo le eccezioni personali valevoli contro i suoi predecessori. Si crea così, in relazione al concetto fondamentale, secondo cui l'appartenenza del diritto di credito scaturisce dal documento direttamente, un deciso distacco dei rapporti giuridici inerenti al titolo dai rapporti giuridici che del titolo accompagnano la circolazione. E si può dire, che anche il principio dell'autonomia è conseguenza di quello dell'incorporazione.
Incorporazione, letteralità, autonomia sono le note caratteristiche essenziali dell'istituto. In loro mancanza, non è da parlare di titolo di credito, né, in ordine ai rapporti eventualmente documentati, di diritto o di obbligazione cartolare (come invece, nel campo dei titoli di credito, si usa, ai fini di una più esatta delimitazione). Nella grande classe dei titoli di credito, così individuata per i caratteri comuni, vengono a differenziarsi, in relazione a caratteri speciali, molteplici categorie, attraverso suddistinzioni fondate su varî criterî di classificazione. Le classificazioni più importanti si sogliono formulare: a) in base al diverso modo di circolazione (titoli nominativi, titoli all'ordine, titoli al portatore); b) in base alla diversa natura della prestazione promessa (titoli di credito in senso stretto, titoli rappresentativi, titoli di partecipazione); c) in base alla rileianza o meno della specifica funzione economiica esercitata (titoli causali,titoli astratti); d) in base alla sussistenza o meno di una propria individualità di contenuto (titoli singolari, titoli di massa).
a) È facile comprendere il considerevole valore della prima classificazione, determinato dal fatto che il modo di circolazione ha, in materia di titoli di credito, importanza fondamentale: proprio circolando, il titolo realizza quella mobilizzazione più rapida e più sicura della ricchezza, che ne costituisce la peculiare destinazione economica. Tenuto presente che la trasmissione del possesso del titolo, ossia la tradizione, è presupposto costante del perfezionamento dei trapassi e della legittimazione del titolare, si deve osservare, che talvolta è necessaria una tradizione documentata, talvolta invece è sufficiente una tradizione pura e semplice: nel primo caso, si hanno titoli a legittimazione nominale, intestati inizialmente a persona determinata e trasferibili, con pienezza di effetti, mediante la tradizione accompagnata dall'indicazione (con formalità più o meno complesse) della persona del nuovo titolare; nel secondo caso si hanno titoli a legittimazione reale, non recanti intestazione di sorta, e trasferibili, con pienezza di effetti, mediante la semplice tradizione. Di fronte alla maggiore o minore complessità delle formalità richieste nella cerchia dei titoli a legittimazione nominale, viene a determinarsi, di essi, uno sdoppiamento in due distinte categorie, sicché la bipartizione accennata or ora si trasforma senz'altro nella tripartizione tradizionale, della quale appunto ci stiamo occupando: titoli a legittimazione nominale sono i titoli nominativi e i titoli all'ordine, titoli a legittimazione reale sono i titoli al portatore. Per i titoli nominativi, la tradizione deve essere accompagnata dalla duplice annotazione del trapasso, sul titolo, e sul registro dell'emittente, duplice annotazione che è posta in essere a cura e sotto la responsabilità di quest'ultimo: fondamentali sono in proposito le norme dell'art. 10 decreto-legge 7 giugno 1923, n. 1364; quand'anche l'annotazione sul titolo venga sostituita, com'è consentito, da una girata autenticata da pubblico ufficiale (per es., notaio o agente di cambio), il trapasso non si perfeziona se non con l'iscrizione nel registro (art. 13 decreto-legge citato): è chiaro, quindi, che alla circolazione dei titoli di questa prima categoria è sempre indispensabile la cooperazione, sia pure giuridicamente passiva, del debitore. Per i titoli all'ordine, la documentazione della tradizione ha luogo mediante la girata, che consiste nella semplice dichiarazione, scritta sul titolo (senza bisogno di autenticazione di sorta), di voler trasferire il titolo stesso: tale dichiarazione assume la forma di un ordine diretto al debitore, ma il trapasso consegue pienezza di effetti indipendentemente da qualsiasi intervento di quest'ultimo e anzi anche a sua insaputa. Per i titoli al portatore, il meccanismo dei trapassi raggiunge il massimo della semplicità: poiché la situazione del titolare vi è giustificata già in virtù del possesso della carta, la consegna manuale di questa è di per sé sufficiente all'investitura. Occorre notare che le forme or ora indicate rispetto a ciascuna delle tre categorie di titoli di credito valgono anche a rendere legalmente possibile la cosiddetta circolazione irregolare, e ciò più precisamente per i casi di acquisto a non domino in seguito a titolo giuridico viziato; con questo di più, in confronto alla circolazione delle cose mobili disciplinata dal codice civile, che non sussistono qui le limitazioni stabilite dall'art. 708 cod. civ. nelle ipotesi di furto o smarrimento: il possessore di buona fede di un titolo nominativo (art. 7 ultimo comma decreto-legge cit.) o di un titolo al portatore (art. 57 cod. comm.), il possessore di buona fede e senza colpa grave di un titolo dell'ordine (art. 20 legge cambiaria, art. 24 legge sugli assegni), sono sempre, anche in quelle ipotesi, tutelati. Occorre notare, inoltre, che nel quadro della classificazione s' inserisce molto nettamente la diversa posizione assunta per le diverse categorie dall'istituto dell'ammortamento: quest'ultimo, ammesso dalla legge, riguardo ai titoli nominativi e ai titoli all'ordine, per qualunque ipotesi, sia di sottrazione o di smarrimento, sia di distruzione (art. 7 decr.-legge cit., art. 89 e segg. legge cambiaria, art. 69 e segg., 86, 93 e segg., 100, 105 e segg., 113 legge sugli assegni, 476 cod. comm.); invece, riguardo ai titoli al portatore, α) è ammesso incondizionatamente solo nei casi in cui si tratti di titoli al portatore a circolazione ristretta (per es., libretti di risparmio al portatore; art. 1 e segg. testo unico 27 maggio 1909, n. 437), β) nella generalità dei casi, è ammesso per l'ipotesi di distruzione, ma non per l'ipotesi di sottrazione e di smarrimento (art. 56 cod. comm.), γ) è escluso sempre, anche per l'ipotesi di distruzione, quanto ai titoli di stato (art. 46 testo unico 17 luglio 1910, n. 536, art. 564 regolamento 23 maggio 1924, n. 827).
b) Allorché il sottoscrittore del titolo si obbliga a una prestazione di genere, per es., a dare una certa quantità di derrate o una certa somma di danaro, noi diciamo, che si è in presenza di titoli di credito in senso stretto. Si ha qui un'assoluta fungibilità, agli effetti dell'adempimento: essendo la prestazione determinata solo nel genere, qualunque specie, che in questo rientri, può servire al soddisfacimento dell'obbligazione cartolare. Invece, allorché il sottoscrittore si obbliga a una prestazione di specie, e precisamente a consegnare una cosa certa e determinata, della quale è stata a lui, come vettore o depositario, attribuita la fisica disponibilità, noi diciamo trattarsi di titoli rappresentativi; non vi è più fungibilità, e, dato che solo la consegna della cosa individualmente designata nel titolo può liberare il debitore della sua obbligazione, si deve dire, che costui detiene la cosa stessa ai fini dell'esecuzione dell'obbligazione cartolare, cioè che la tiene a disposizione del titolare, seguendo, in altre parole, gli ordini di lui: allora, è chiaro che il debitore possiede la cosa in nome altrui, ne è possessore precario, ne ha il solo possesso materiale, mentre il possesso mediato, il possesso giuridico, esercitato a mezzo di rappresentante, viene a spettare al titolare, ed è chiaro, di conseguenza, che il possesso del titolo equivale giuridicamente al possesso della cosa, che il titolo è giuridicamente "rappresentativo" della cosa. Nei titoli di partecipazione, si ha una situazione particolarissima, determinata dall'appartenenza del titolare come tale a una collettività eretta a persona giuridica; nel documento sono incorporati tutti i diritti, che a lui spettano per la sua qualità di socio verso l'ente sottoscrittore, sia quelli più strettamente patrimoniali, sia quelli che si sogliono invece indicare come personali: i primi hanno in genere carattere meramente eventuale, sono crediti subordinati nella loro possibilità di attuazione alle vicende della azienda sociale, quali, per es., il diritto al dividendo (è dividendo quella porzione di utili, che viene ripartita fra i soci in condizioni di periodicità, ossia alla fine del singolo esercizio) e il diritto al reparto dell'attivo in sede di liquidazione, ma occupano, sotto l'aspetto teleologico, una posizione predominante, poiché ad essi, come a fini, si dirigono gl'intenti del titolare; i secondi non costituiscono che mezzi per la realizzazione dei primi, ma, in quanto hanno per contenuto la cooperazione del titolare nell'amministrazione della società, il suo personale intervento nella determinazione delle sorti di questa (per es., diritto di voto, diritto d'ispezione di libri e bilanci), si presentano come diritti certi e attuali, e sono proprio essi, d'altronde, che, concretando la "partecipazione", caratterizzano qui la peculiare struttura dei titoli, in modo preciso.
c) Intesa la "causa" come la ragione economico-sociale giustificatrice del negozio giuridico e dell'attribuzione dei diritti da questo nascenti, con la funzione stessa, alla quale il negozio, considerato obbiettivamente, è preordinato, bisogna tener presente, che per moltissimi titoli di credito la causa della promessa in essi contenuta è, secondo le regole generali, direttamente rilevante per la concreta disciplina giuridica dei rapporti, ai quali la promessa stessa dà origine, ossia dei diritti e delle obbligazioni cartolari - e allora abbiamo i titoli causali -, e che invece per altri titoli di credito, ai fini di una ancor più sciolta e sicura circolazione, la legge fa luogo a un'astrazione dalla causa, prescinde dalla funzione economica esercitata dal titolo nel caso speciale, in modo che nessuna limitazione viene ai diritti dei terzi dalle circostanze di fatto attinenti a tale funzione - e allora abbiamo i titoli astratti. Sembra preferibile ritenere che, mentre possono sempre sorgere nuove figure di titoli causali, in virtù della libertà di emissione attuantesi attraverso gli usi mercantili, i singoli tipi di titoli astratti non possono essere creati se non direttamente dalla legge: invero, l'esigenza della "causa" nei negozî e nelle attribuzioni patrimoniali è un'esigenza d'ordine pubblico, dalla quale il legislatore, ma soltanto il legislatore, può prescindere in date ipotesi in relazione a considerazioni economico-sociali da esso riconosciute preponderanti.
d) I titoli singolari si emettono in pratica per affari singoli e determinati e servono a far circolare i capitali di esercizio delle aziende: ciascuno di essi ha una propria individualità di contenuto, che lo differenzia dagli altri similari; per lo più assumono la veste di titoli all'ordine, non mai quella di titoli nominativi, e spesso hanno, più precisamente, il carattere di "effetti di commercio". Nei titoli di massa, che si sogliono emettere in vista di una complessa operazione finanziaria e adempiono una funzione d'investimento di capitali, si ha la riproduzione di un identico contenuto in una serie di esemplari, che sono appunto i singoli titoli, e ciascuno dei quali viene praticamente a costituire il documento, per dir così, di una frazione dell'operazione complessa, dalla quale tuttavia, molto spesso, sotto l'aspetto giuridico si distacca del tutto in virtù dell'astrazione: assumono quasi sempre la veste di titoli nominativi o di titoli al portatore (di regola a scelta del titolare, il quale può domandare all'emittente, ai sensi degli articoli 2 e segg. decr.-legge cit., la conversione del singolo titolo nominativo in titolo al portatore, e viceversa); e rappresentano i cosiddetti "valori mobiliari", suddistinti poi in pubblici (fondi pubblici) e industriali (fondi privati).
Possiamo ora, esemplificando, opportunamente inquadrare le figure più cospicue di titoli di credito conosciute dalla legge e dalla pratica degli affari. Occupa una posizione dominante la cambiale: essa, titolo di credito in senso stretto, all'ordine, astratto, singolare, distinta m cambiale tratta, ossia contenente un ordine, o promessa indiretta, di pagamento, e in cambiale propria (pagherò cambiario o vaglia cambiario), ossia contenente una promessa diretta di pagamento, porta al grado più alto la sicurezza dei titolari con un ordinamento appropriato alla moltiplicazione delle loro garanzie: è strumento di credito per eccellenza. L'assegno bancario, l'assegno circolare, l'assegno postale, il vaglia cambiario dell'Istituto di emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, titoli in massima affini alla cambiale (il primo di essi può però anche essere al portatore), se ne differenziano radicalmente in quanto il loro ordinamento è orientato verso la particolarità dell'ufficio economico loro assegnato: non costituiscono, invero, che strumenti di pagamento. Molto vicini, rispettivamente, alla cambiale e agli assegni menzionati or ora sono l'ordine in derrate e l'assegno-titoli; solo che, come s'intende subito dalle rispettive denominazioni, in essi l'obbligazione cartolare non ha per oggetto il pagamento di una data somma di danaro, bensì la consegna di una data quantità di altre cose, derrate o titoli, determinate unicamente nel genere: da ciò, è ben naturale, discendono talune importanti particolarità di disciplina. Le obbligazioni di società commerciali o di enti pubblici, esse pure titoli di credito in senso stretto, astratti, ma nominativi o al portatore, e di massa, rendono i loro titolari creditori a termine della società o dell'ente, secondo le regole del mutuo: vengono rimborsate in base a un piano di estinzione prestabilito, e dànno diritto alla corresponsione degl'interessi. I titoli di stato, titoli di credito in senso stretto, astratti, di massa, assumono le due forme fondamentali di titoli del debito pubblico e di buoni del tesoro ordinarî: i primi, nominativi o al portatore, rispondono a bisogni dell'erario generali e duraturi, e si distinguono, secondo che rappresentino debiti consolidati, in relazione ai quali i titolari non possono mai pretendere la restituzione del capitale e godono quindi soltanto di una rendita, ovvero debiti redimibili, i quali, in sostanza, si comportano analogamente a quelli incorporati nelle ordinarie "obbligazioni" di società o di enti; i secondi, all'ordine o al portatore, sono preordinati al soddisfacimento di necessità di cassa di brevissima durata, rappresentano il debito fluttuante dello Stato, ma dànno pure luogo alla corresponsione d'interessi. La cambiale agraria, nonostante il suo nome, ha una fisionomia tutta propria e speciale; è, sì, un titolo di credito in senso stretto, all'ordine, singolare, ma è un titolo causale: le operazioni di prestito agrario, sia di esercizio, sia di miglioramento, alle quali il suo rilascio è collegato, reagiscono direttamente e costantemente sulla disciplina concreta dei rapporti cartolari. È potenzialmente causale, nonostante la stretta affinità con gli assegni, la fede di credito (o polizzino) del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, in quanto il diritto cartolare vi si può subordinare a circostanze di fatto estranee, e particolarmente all'adempimento di controprestazioni. Sono titoli di credito in senso stretto, causali, singolari, la polizza di cambio marittimo e la polizza d'assicurazione, che stanno a rappresentare il portato, la prima, di operazioni oramai quasi cadute in disuso, l'altra, che è all'ordine o al portatore, e che è usata nel campo delle assicurazioni marittime o di quelle sulla vita, di operazioni aventi invece grande importanza nell'ambiente economico moderno. Titoli rappresentativi, causali, singolari, sono, da un lato, i titoli di trasporto, all'ordine o al portatore, ossia, per i trasporti marittimi, la polizza di carico, rilasciata dal capitano dopo il caricamento, e le sue derivate polizza "ricevuto per l'imbarco" e polizza diretta, nonché il buono di consegna, che di essa costituisce, per così dire, il frazionamento, per i trasporti terrestri, la lettera di vettura, per i trasporti aerei, la lettera di trasporto; dall'altro, i titoli di deposito, all'ordine, rilasciati dall'esercente magazzini generali o punti franchi, e precisamente le fedi di deposito e note di pegno. Quanto alle azioni di società commerciali, che costituiscono l'esempio tipico di titoli di partecipazione, e che hanno i caratteri di titoli causali e di massa, è da ricordare che vengono rilasciate, nominative o al portatore, dalle società di capitali, cioè dalle società in accomandita per azioni e dalle società anonime per azioni, ai rispettivi soci: hanno un'apparenza molto simile alle "obbligazioni" menzionate più sopra, ma, appunto perché titoli di partecipazione, una sostanza profondamente diversa.
Non si debbono confondere i titoli di credito, di cui si è parlato fino ad ora, con certi documenti esteriormente a essi molto simili, ma privi di quelle caratteristiche fondamentali che ben conosciamo (incorporazione, letteralità, autonomia). Documenti, che si possono raggruppare in un'ampia unica classe, chiamata dei titoli improprî, la delimitazione della quale ha però luogo piuttosto in base a un criterio negativo, a un criterio generico di contrapposizione ai titoli di credito, che non in base a precise note differenziali a essa peculiari. Naturalmente, non riesce sempre facile individuare nei suoi particolari una classe in tal modo delimitata: sembra opportuno differenziarvi due categorie, i documenti di legittimazione e i titoli apparenti, suddistinguendo poi i primi in contrassegni di legittimazione e titoli di legittimazione. La funzione dei documenti di legittimazione è quella di determinare non, come avviene per i titoli di credito, la titolarità di un diritto, bensì la possibilità del suo esercizio: la legittimazione autorizza, appunto, il debitore a pagare al possessore del documento (in genere, ad adempiere a favore di costui l'obbligazione), indipendentemente da ogni indagine sull'effettiva appartenenza del credito al possessore medesimo. Quando la legittimazione opera soltanto a favore del debitore, abbiamo i contrassegni di legittimazione: ne sono esempî gli scontrini di spedizione bagagli, le marche di guardaroba, le lettere di credito, e così via. Quando invece la legittimazione opera così a favore del debitore come a favore del creditore, allora abbiamo i titoli di legittimazione: esempî se ne trovano nei libretti di risparmio nominativi o nominativi pagabili al portatore, nei vaglia postali, nei biglietti di spettacoli pubblici, nei titoli di trasporto nominativi, e così via.
I titoli apparenti (per esempio, la fattura all'ordine) non hanno nemmeno quella funzione limitata, che è propria dei documenti della categoria precedente: essi sono semplici documenti probatorî, benché siano rivestiti di quelle forme idonee alla circolazione, che caratterizzano i titoli di credito. Non è nemmeno titolo di credito, quantunque abbia idoneità a divenirlo, il foglio in bianco (o biancosegno), che, munito di apposita sottoscrizione è destinato ad essere poi riempito con le enunciazioni occorrenti, senza il concorso del sottoscrittore, ma con efficacia vincolativa per il medesimo. Gravi questioni, teoriche e pratiche, si agitano intorno ad esso, anche dopo la regolamentazione che, in materia cambiaria, ne è stata data recentemente (art. 14 legge cambiaria).
La dottrina dei titoli di credito occupa senza dubbio una posizione di grande rilievo nell'ambito della teoria generale del diritto privato. Essa ha affaticato enormemente, soprattutto in Germania e in Italia, i giuristi del sec. XIX e dei tempi nostri. Conviene osservare, anzitutto, che si può e si deve costruire quella dottrina in modo unitario, pur rendendosi il dovuto omaggio alle necessità scientifiche particolari delle diverse zone, nelle quali, come abbiamo veduto, il vastissimo territorio si divide e si suddivide. Sorge però il problema della collocazione sistematica: in quale parte del sistema la dottrina dei titoli di credito ha da essere inquadrata, tenuto conto che essa attiene così alla materia dei diritti reali come alla materia dei diritti di obbligazione?
La prevalenza, che, come abbiamo visto sopra, assume in questo caso l'elemento reale in confronto all'elemento obbligatorio, fa ritenere preferibile una collocazione nell'ambito della teoria dei diritti reali: la tendenza contraria, largamente diffusa, e non priva, neanche essa, di ragioni giustificatrici, potrà più facilmente essere combattuta in relazione alla soluzione di un altro problema sistematico, di quello cioè concernente l'inquadramento dei titoli di credito rispetto alla bipartizione del diritto privato in diritto civile e diritto commerciale. Poiché, pur presentandosi notevoli gradazioni (come del resto accade in genere per la materia di commercio) nell'intensità della commercializzazione dei rapporti nascenti dai diversi titoli di credito, l'intera materia, nella sua organicità, nella sua complessità unitaria, appare qui attratta nell'orbita del diritto commerciale, non v'è nulla di strano se la struttura del sistema scientifico del diritto commerciale offre, in ordine alle particolari esigenze di esso, per quanto concerne i titoli di credito, delle singolarità, che sotto l'aspetto civilistico potrebbero anche dar luogo a rilievi critici di una certa importanza.
Ma le discussioni più approfondite e più appassionanti sono quelle che tendono a dare un'esauriente spiegazione del fenomeno "titolo di credito" in sé e per sé considerato, che riflettono, in altri termini, la vera e propria costruzione giuridica del rapporto cartolare, basata sulla teorica valutazione delle caratteristiche essenziali dell'istituto. Vi è stata e vi è in proposito una anche troppo ricca fioritura di teorie. Bisogna distinguere quelle che si riferiscono al lato attivo dell'obbligazione cartolare da quelle che si riferiscono al lato passivo. Come si determini la titolarità del diritto nascente dal titolo, a chi cioè il diritto nascente dal titolo venga a spettare, è problema risolto diversamente dalla teoria della detenzione, da quella del possesso, da quella del possesso di buona fede, da quella della pendenza, da quella della proprietà: secondo la teoria della proprietà, che apparisce la preferibile, e che è in perfetta armonia col principio dell'incorporazione, il diritto di credito appartiene a colui che è proprietario del documento; che poi il diritto sorga a favore di ciascun successivo proprietario in condizione di piena autonomia (e conseguentemente in condizione d'immunità dalle eccezioni opponibili ai predecessori), è spiegabilissimo, non col concetto di una pluralità di diritti a formazione successiva, bensì col concetto dell'ambulatorietà dell'unico diritto radicato nel documento medesimo. Come d'altra parte abbia luogo la nascita dell'obbligazione cartolare a carico del sottoscrittore, è questione che si vede ricevere soluzioni addirittura antitetiche, passando dalle teorie contrattualistiche, che trovano nei contratto la fonte di detta obbligazione, alle teorie negatrici della negozialità, dalle quali l'obbligazione è ricondotta a un semplice atto giuridico, o addirittura a un fatto processuale; stanno nel mezzo le teorie unilateralistiche, le quali suppongono, sì, l'esistenza di un negozio, ma di un negozio unilaterale, differenziandosi poi secondo che concepiscano o no il volontario spossessamento del titolo come elemento costitutivo di quello (teoria dell'emissione, teoria della creazione): sembra preferibile ritenere, accogliendo la teoria della creazione, perfetto il negozio in virtù della semplice redazione della dichiarazione cartolare, considerata come dichiarazione non recettizia, e attribuire poi all'acquisto (con pienezza di effetti) della proprietà del documento per parte di un terzo il valore di una condizione legale, a cui è subordinata l'efficacia del negozio e così la nascita dell'obbligazione. Problemi dogmatici più particolari sorgono, inoltre, a proposito di determinate categorie di titoli di credito; per es., quello concernente la giustificazione dell'efficacia rappresentativa dei titoli di trasporto e di deposito: occorre, perché tale efficacia sussista, che la cosa si trovi realmente in possesso del vettore o del depositario, come sostengono le cosiddette teorie relative, ovvero bastano le risultanze letterali del documento indipendentemente da un effettivo possesso, come è affermato dalla teoria assoluta? La teoria della rappresentanza, una delle teorie relative, è la più soddisfacente: il possesso simbolico della cosa può giuridicamente equivalere al possesso reale di essa solo in quanto questo sussista nella persona del rappresentante e così sia veramente il caso di dire che nell'ipotesi concreta si ha un possesso esercitato per mezzo d'altri secondo le regole generali.
Bibl.: H. Brunner, Die Wertpapiere, in Endemann's Handbuch des deutschen Handels-, See -und Wechselrechts, II, Lipsia 1882, p. 140 segg.; G. Bonelli, Contributo ad una teoria scientifica dei titoli di credito, in Giur. ital., IV (1897), p. i segg.; id., Appunti sulla natura giuridica dei titoli di credito, in Riv. di dir. comm., I (1908), p. 513 segg.; E. Jacobi, Die Wertpapiere im bürgerlichen Recht des deutschen Reiches, Jena 1901; id., Das Wertpapier als Legitimationsmittel, Monaco 1906; id., Die Wertpapiere, in Ehrenberg's Handbuch des gesamten Handelsrechts, IV, i, Lipsia 1917; C. Vivante, Trattato di diritto commerciale, 5a ed., III, Milano 1924, p. 122 segg.; T. Ascarelli, Il concetto di titolo di credito, in Riv. del dir. comm., I (1932), pp. 237 segg., 385 segg., 509 segg., 641 segg.; F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, Padova 1933, pp. 114 segg., 186 segg.; F. Messineo, I titoli di credito, 2a ed., ivi 1933; G. Ferri, La legittimazione all'esercizio del diritto cartolare, in Banca, borsa e tit. di cred. (1935), pp. 169 segg., 234 segg.