TIZIANO
– Con tale nome è noto uno dei protagonisti del radicalismo religioso italiano del Cinquecento, ispiratore di una setta clandestina animata da decine e decine di uomini e donne, soprattutto di bassa condizione sociale, attiva nel Nord-Est della penisola fra il 1549 e il 1551, prima di esser falcidiata dall’Inquisizione grazie alle delazioni di vari pentiti, in primis il marchigiano Pietro Manelfi. La sua vita è avvolta in un mistero tanto fitto da giustificarne la trasposizione letteraria che l’ha reso protagonista del romanzo Q (1999) dei Luther Blissett; ma varie testimonianze indicano in Tiziano il promotore della massiccia diffusione italiana dell’anabattismo.
Manelfi, il primo a denunciarne il ruolo al S. Uffizio, confessò: «Per quanto io so, lui portò questa dottrina anabattista in Italia» (Ginzburg, 1970, p. 62). In effetti, altri testimoni smentirono alcune affermazioni di Manelfi, in particolare su fatti che lo riguardavano; ed è stato giudicato inattendibile da Aldo Stella (1969, pp. 64-72 e passim), che per primo ha studiato a vasto raggio i processi agli anabattisti conservati nell’Archivio di Stato di Venezia. Tuttavia, nuove ricognizioni a tappeto di quelle migliaia di carte hanno permesso di dimostrare che – al netto della comprensibile tendenza di Manelfi a enfatizzare il proprio ruolo – sui punti cardine delle sue rivelazioni le testimonianze danno di solito conferme piuttosto che smentite. A partire dall’importanza riconosciuta alla figura di Tiziano.
Il calabrese Bruno Busale ne accreditò la preminenza, specificando che questi «diceva che havea hauta l’authorità d’Alemagna» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 11, f. III, c. 25r). Versione avvalorata dal veneziano Alvise de’ Colti, che confermò: «Ticiano fo il primo che portò d’Alemagna questa cosa» (c. 29r), ossia l’anabattismo; e dal vicentino Giuseppe Cingano, secondo cui Tiziano aveva «portato questo diavolo de heresia de rebatizar da Alemagna in queste bande» (ibid., b. 158, f. II, c. 36v). Analogamente si espresse l’asolano Marcantonio Del Bon: «Credo che [Tiziano] sia stato prima origene di questa cosa, cioè di questa setta», aggiungendo che era stato «predicator in Alemagna» (b. 11, f. III, c. 31r). Racconto reiterato da Paolo Beltramin, pure di Asolo: «Idio havea mandato un angelo di Alemagna, el qual diceva cose grande» (b. 9, f. II, c. n.n.), Tiziano, appunto.
Tali testimonianze, oltre a insistere tutte sulla sua preminenza, segnalano il nesso fra anabattismo italiano ed europeo, richiamando sempre l’«Alemagna». Va precisato che il termine si estendeva talora anche alla Svizzera ed è a essa che si riferivano le deposizioni: nell’estate del 1549 l’«anabaptista Titianus», amico dell’eresiarca Camillo Renato (Renato, 1968, p. 229), risultava bandito dai Grigioni svizzeri. Giunto nei territori della Repubblica di Venezia, aveva dato avvio a un’intensa predicazione clandestina, iniziata con la conversione del mercante trevigiano Nicola d’Alessandria.
Le idee propagandate da Tiziano erano in linea col coevo anabattismo europeo, che, per quanto articolato in varie correnti, distinte da divergenze anche sostanziali, era accomunato da alcune dottrine ricorrenti. Oltre a insegnare l’inutilità del battesimo ai neonati e la necessità del ribattesimo da adulti, Tiziano «non voleva che tra noi ghe fusse magistrato che desse sententie de sorte alchuna, anci el diceva che bisogna esser tutti eguali, et che la robba tra de noi fusse comune» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 158, f. II, c. 72v). La testimonianza, del rodigino Gian Maria Beato, è riferita a parole dell’asolano Benedetto dal Borgo ma risaliva agli insegnamenti di Tiziano, come ribadirono vari altri imputati. L’asolano Francesco Sartori confermò che «nella Giesa di Christo nessuno possa esser principe o duca, o vero esercitar magistrato temporale» (b. 158, f. II, c. 27r; b. 8, f. XXXII, c. n.n.) e in senso analogo si espressero diversi suoi compagni. Paolo Beltramin confessò: «Ho tenuto et creduto, insieme con gli altri di questa nostra Chiesa, che in essa [...] non si admettesse alcun magistrato temporale et giudice ministro di giustizia, et che noi volevamo che tutti fossero eguali, et che tra noi non vi fosse soperiorità o maggioranza» (b. 9, f. II, c. n.n.), aggiungendo poi d’essere prescritto «che nella nostra Chiesa non si accettasero depintori, scultori, spadari et simili arti».
Altri imputati spiegarono che il divieto d’esercitare magistrature e detenere signorie dipendeva dal fatto che gli anabattisti «dovessero astenersi dall’impartire condanne che implicavano la morte o tormenti fisici» (Addante, 2010, p. 185); e Cingano aggiunse che «un principe non poteva christianamente secondo la Scrittura procedere contra li rei a pena di sangue, ma el li dovea convertire con la parola dello Evangelio»; soggiungendo che non era neppure lecito rivolgersi all’autorità giudiziaria e che «nissuno potesse portare arme di sorte nissuna et che non se ne potessero [ne]anche fare né lavorare» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 158, f. II, cc. 38r-39r), conformemente ai tipici orientamenti dell’anabattismo pacifista e non violento diffuso da personalità come Jakob Hutter e Menno Simons.
Anche sulle dottrine, insomma, le testimonianze confermavano le rivelazioni di Manelfi, secondo cui Tiziano insegnava le «openioni antique de anabattisti», dichiarando non «lecito [...] battezare gli fanciulli se prima non credono» (Ginzburg, 1970, p. 33) e necessario il ribattesimo da adulti, che segnava l’ingresso nella setta. Il delatore aveva spiegato, inoltre, che per Tiziano «li christiani non possono esercitare magistrati et signorie, dominii et regni», dunque «niuno christiano può essere re, duca, principe, né esercitare magistrato alcuno» (p. 63), e segnalato che «gli anabattisti non vogliono alchuno che facci arme né depintori» (p. 48), aggiungendo altri particolari ribaditi da altri testimoni: «Gli sacramenti non conferire gratia alchuna, ma essere segni esteriori; non tenere nella Chiesa altro che Scrittura sacra; non tenere oppenione alchuna de’ dottori; tenere la Chiesa romana essere diabolica et antecristiana» (p. 33).
È vero che rispetto alla comunità dei beni, di fronte a una precisa domanda dell’inquisitore («della communion di beni dicono niente?»), de’ Colti chiarì: «C’è stato ben rasonato, ma non si sforza nesun; ognun può tener et galder il suo» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 11, f. III, c. 29r). La questione decisiva, però, non è se ci fossero scarti fra i princìpi e la loro applicazione, ma se le dottrine di Tiziano corrispondessero a quelle dei gruppi anabattistici europei. Non mancavano tratti d’originalità, come sempre avviene quando si ha a che fare con esponenti del radicalismo religioso, ma ribattesimo di adulti consapevoli, comunità dei beni, stretto biblicismo, divieto d’esercitare magistrature o cariche pubbliche, rifiuto delle armi erano istanze comuni all’anabattismo europeo, con il quale consentivano anche altri fattori cruciali per gli italiani come il bando per chi si discostasse dai princìpi della setta e il divieto di prestare giuramento.
Dato tutto ciò, e considerando la presenza di Tiziano nei Grigioni nonché le testimonianze che lo legano all’«Alemagna», si potrebbe pensare che lo stesso Tiziano provenisse dai territori svizzeri o tedeschi. Nondimeno, de’ Colti precisò che Tiziano «non è thodesco ma è italiano, credo subdito nostro [della Repubblica di Venezia]», pur confessando: «ma non so di che luogo» (ibid.). Altri imputati furono incapaci di specificarne l’esatta provenienza; e Stella ha segnalato come altri ancora fornissero indicazioni contrastanti e riportassero «diverse dicerie» (1969, p. 53 e passim). A dire il vero, però, una nuova esegesi delle fonti permette di mostrare quanto la contraddittorietà sia relativa e in fondo non troppo rilevante.
Concordi indicazioni fornirono tre anabattisti di Asolo, la prima comunità convertita da Tiziano (e Nicola d’Alessandria) all’anabattismo. Del Bon testimoniò: «credo che ’l sia da Ceneda» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 158, f. III, c. 31r); analogamente a Beltramin, che confermò: «Ho inteso che l’he da Ceneda» (b. 9, f. II, c. n.n.); mentre il notaio Giuseppe Sartori fu più preciso: «L’è da Ceneda, per quello che lui ha detto» (b. 158, f. IV, c. 36r). Ora, evidentemente Sartori riportava quanto riferito da Tiziano stesso, e in modo analogo si espresse il vicentino Matteo Montanaro: «Titian... diceva esser di Ceneda» (f. III, c. 12r). L’indicazione è tra l’altro coerente con quanto dichiarò Cingano, che ne segnalò la provenienza dal «Friuli» (f. II, c. 36v): seppure oggi Ceneda sia Vittorio Veneto, in provincia di Treviso (e dunque in Veneto), al tempo Ceneda e la confinante Serravalle erano considerate Friuli.
Proprio Serravalle fu indicata come patria di Tiziano da Gian Ludovico «bronzier», di Badia Polesine; ma Ceneda e Serravalle sono oggi due quartieri di Vittorio Veneto. Per quanto al tempo fossero due entità distinte, quindi, «il bronzier» (che peraltro parlava de relato) non avrebbe sbagliato che di poche decine di metri. A una quindicina di chilometri di distanza invece, a Conegliano, porta l’unica testimonianza che realmente contraddica l’indicazione di Ceneda, quella dell’asolano Perin Del Fabro. Quest’ultimo conosceva Tiziano, con il quale andò in missione nei Grigioni (Stella, 1969, p. 53), tuttavia non si diceva certo («credo chel sia de Cognegian»), sicché non sembra che quest’unica eccezione basti a smentire le altre convergenti. Per quanto non possa dirsi con certezza, dunque, è molto probabile che l’eresiarca fosse nativo di Ceneda, il cui patrono è del resto s. Tiziano.
Poco altro si sa della sua vita. È certo che fosse sposato con due figli: la moglie risiedeva alle porte di Ferrara, dove Tiziano si recò più volte nei mesi del suo apostolato. Sembra, inoltre, che in un primo momento avesse preso gli ordini sacri (le testimonianze si alternano nel definirlo ex prete o ex frate), mentre poi era emigrato in Svizzera. Rientrato in Italia, aveva celato il suo ruolo di apostolo dell’anabattismo sotto la copertura di «marcadante de portar cordele et altre cose» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 158, f. II, c. 36v). Manelfi riferì che era stato a «Roma in corte d’un cardinale» (Ginzburg, 1970, p. 62), ma nessuna testimonianza permette di verificarlo.
Ben documentato è invece il suo proselitismo anabattista. Dopo aver convertito Nicola d’Alessandria, Tiziano si recò con lui ad Asolo, dove fra il 1549 e l’inizio del 1550 battezzò il primo cospicuo gruppo di persone, a partire dal notaio Benedetto Dal Borgo, che divenne uno dei capi della setta con Nicola d’Alessandria e con l’altro asolano Del Bon, coi quali proseguì la predicazione clandestina in Veneto, mentre Tiziano si spostò fra Firenze, Imola, Casalmaggiore, Cremona e Finale, presso Villa Estense. Nel frattempo, Dal Borgo, Nicola d’Alessandria e Del Bon «venendo in Vicenza predicarono il battesimo» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 24, f. II, c. n.n.), e la città divenne una delle capitali italiane dell’anabattismo.
Al pari di Padova, dove passarono poco dopo gli asolani, convertendo anche qui varie persone e conoscendovi due meridionali presto affiancati da altri compagni: Giovanni Laureto e Girolamo Busale. Quest’ultimo, fratello di Bruno, era il leader dell’ala radicale del movimento valdesiano, l’incontro quindi segnò l’avvio d’un confronto fra le più importanti forze del radicalismo religioso italiano di quegli anni: i valdesiani, appunto, e gli anabattisti.
Dapprima le cose procedettero pacificamente, consentendo di massima i due gruppi sui principi luterani e la critica zwingliana all’eucaristia. Inoltre, Busale e i suoi accettarono di farsi ribattezzare; ma col passaggio al radicalismo vero e proprio, emersero distinguo che generarono conflitti. Le discussioni erano improntate alla massima libertà di parola: «Ogniun diceva quel che li pareva» (Addante, 2010, pp. 11 s., 101 s.) e Busale propose i cardini del radicalismo valdesiano, a partire dalla negazione della Trinità e della divinità di Cristo. Ciò innescò infinite diatribe, protrattesi per circa tre mesi, ulteriormente complicate dall’arrivo di Tiziano che si oppose a Busale. Un’assemblea convocata a Padova riunì alcuni capi delle principali comunità ma non si riuscì a uscire dallo stallo, per quanto la facondia di Busale persuadesse anabattisti come Del Bon, Dal Borgo, Nicola d’Alessandria e il rivendugliolo Giacometto «stringaro», vescovo anabattista di Vicenza.
Tiziano cercò allora di allargare il dibattito spostando la discussione a Vicenza, dove nell’estate del 1550 furono celebrate due assemblee: quelle che impropriamente la tradizione sociniana celebrerà come i «collegia vicentina» (pp. 104, 106 e passim). Manelfi riferì che in un clima torrido «fussemo in differentia fra noi se Cristo fosse Dio o huomo» (Ginzburg, 1970, p. 34), il che confermò Cingano, secondo il quale in tali incontri «l’è stato fatto de gran dispute perché alchuni volevano che Iesu Christo fusse concetto de seme humano, alcuni non volevano intrar in questa oppenione, di modo che mai la se ressolse et questa oppenion rimase indiscussa» (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 158, f. II, cc. 37v-38r).
Tra l’altro, non limitando la sua critica alla divinità di Cristo, Busale aveva man mano sollevato dubbi sul destino ultraterreno dell’anima (sostenendo che «l’inferno era lo inferior della terra», cc. 78v-79r) e sulla veridicità dei Vangeli, laddove questi parevano attestare gli attributi divini di Gesù. Di fronte a quest’ultima proposta, Tiziano restò fermo e «non fu mai di quella oppenion, perché el voleva star sul Evangelio» (c. 38r). Posizione che mantenne in un ennesimo incontro tenuto a Ferrara, in cui Tiziano «contrastava grandemente [...], perché lui allegava che destruggendo una parte [dei Vangeli] se veniria a destrugger il tutto» (f. III, c. 33v).
Di fronte a posizioni ormai inconciliabili, fu deciso di convocare a Venezia un vero e proprio concilio, tenuto in settembre e al quale parteciparono due rappresentanti per comunità. Busale vi ottenne una vittoria schiacciante, portando la maggioranza degli anabattisti sulle posizioni del radicalismo valdesiano: fu deliberata l’umanità di Cristo, la parziale falsificazione dei Vangeli e l’inesistenza dell’inferno. Tuttavia, Dal Borgo fu arrestato nel febbraio del 1551 e giustiziato il 17 marzo, mentre Francesco Sartori iniziò a dare agli inquisitori le prime notizie sulla setta. Busale, Tiziano e altri lasciarono l’Italia, mentre in ottobre Manelfi si presentò all’Inquisizione e a dicembre partì una retata che in capo a poco atterrò la setta anabattista. Richiestogli dove fosse Tiziano, de’ Colti rivelò: «Credo che sia adesso in Alemagna, per quello che ho inteso» (b. 11, f. III, c. 29r); in effetti nel 1554 Tiziano fu di nuovo espulso dai Grigioni, costretto a un’abiura in cui confessò idee che paiono rivelarne l’adesione alla svolta maturata al Concilio di Venezia (Bullingers Korrespondenz mit den Graubündern, a cura di T. Schiess, I, Basel 1904, pp. 373-376).
Dopo di ciò se ne perdono le tracce, salvo non possa identificarsi con un Tiziano Previtellio di Ceneda, inutilmente ricercato a Venezia – dove risiedeva – nel 1558-59 (Archivio di Stato di Venezia, Sant’Uffizio, Processi, b. 14, f. 6, cc. n.n.). È vero che Tiziano era nome comune a Ceneda, eppure Previtellio era detto «heretico notorio», e non sono noti altri Tiziano eretici di Ceneda. Se fosse lui, era ancora vivo nel 1564, quando, rientrato a Ceneda, subì un’aggressione in cui fu ferito all’addome (Vittorio Veneto, Archivio diocesano, Archivio Vecchio, b. 7, f. 41, cc. n.n.). Sono ignoti la data e il luogo della morte.
Fonti e Bibl.: A. Stella, Dall’anabattismo al socinianesimo nel Cinquecento veneto, Padova 1967, ad ind.; C. Renato, Opere documenti e testimonianze, a cura di A. Rotondò, Firenze-Chicago 1968, pp. 229, 323; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo, Padova 1969, ad ind.; C. Ginzburg, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze-Chicago 1970, ad ind.; L. Addante, Eretici e libertini nel Cinquecento italiano, Roma-Bari 2010, ad indicem.