TLEMCEN
(arabo Tilimsān)
Città dell'Algeria occidentale, non lontana dal confine con il Marocco.
Erede della romana Pomaria, della berbera Agādir, dell'almoravide Tāgrārt e della merinide Manṣūra, islamizzata alla fine del sec. 8°, T. in epoca abdalwadide (secc. 13°-16°) fu capitale di un vasto regno e fino al sec. 16° fu, in virtù della sua posizione geografica, un grande centro dei traffici maghrebini e transahariani, in contatto con l'Europa attraverso il porto di Hunayn, nonché sede di manifatture tessili e di famose scuole.L'edificio più importante di T. è la Grande moschea, raro esempio di architettura almoravide, dalla pianta irregolare, dovuta probabilmente al rispetto di preesistenze. In effetti, se a S la sala di preghiera (costituita da tredici navate perpendicolari al muro della qibla) ha una forma rettangolare, a N un perimetro trapezoidale racchiude il cortile, con riwāq e portici, e il minareto, a base quadrata, in posizione asimmetrica rispetto all'asse dell'insieme. Tali irregolarità hanno portato gli studiosi (Marçais, 1949-1950; Golvin, 1966; Bourouiba, 1973) a interpretare diversamente la storia dell'edificio: l'ipotesi più verosimile riconosce nella sala di preghiera un'opera unitaria, terminata nel 530 a.E./1136 sotto ῾Alī b. Yūsuf, con aggiunte successive, come il minareto (ca. 1236, sotto l'abdalwadide Yaghamrāsan) e tutta la parte più settentrionale. La sala di preghiera è coperta da tetti paralleli a doppio spiovente che mostrano una carpenteria di legno molto semplice; la navata centrale, più ampia, è sormontata a intervalli regolari da arcature polilobate e da due cupole a nervature incrociate, con lavorazione a traforo e nicchie a muqarnas. Il miḥrāb, con ricche decorazioni geometriche e floreali accostabili a quelle dell'Aljafería di Saragozza, è l'unico di epoca almoravide conservatosi intatto. Parti della decorazione lignea almoravide sono conservate nel Mus. de Tlemcen. Nel suo insieme la moschea è stata giudicata un felice connubio tra le arti dell'Iran e della Spagna musulmana.Stilemi ispano-moreschi si incontrano nella moschea di Sayyidī Abū᾽l-Ḥasan (Sidi Bel Hasan; oggi trasformata in sede del museo locale), costruita nel 1296 sotto l'abdalwadide Abū Sa῾īd Uthmān. Si tratta di una sala di preghiera quadrangolare, con tre navate sostenute da colonne di onice: i soffitti artesonados in legno di cedro (danneggiati da un incendio e restaurati all'inizio del Novecento) presentano elaborati intrecci policromi. Pannelli di stucco scolpito e decorazioni di ceramica arricchiscono la sala di preghiera e il minareto, facendone una delle opere più affascinanti rimaste dell'epoca moresca (Marçais, 1954, p. 272).
Alle distruzioni coloniali (che non risparmiarono la madrasa Tāshfīniyya, del 1310) sfuggirono le moschee Ūlād al-Imām (1310) e Sayyidī al-Ḥalwī (1353); rimangono inoltre vestigia delle mura di epoca almohade (sec. 12°), alcune porte e la grande vasca (ṣahrīj al-kabīr) costruita da Abū Tāshfīn (1318-1337), profonda m 5 ca. e con una superficie di ha 2.Altri importanti monumenti merinidi trecenteschi, fuori dalle mura della T. medievale, appartengono al sito di Manṣūra e consistono di parti cospicue di una cinta muraria, che si sviluppava per km 4 ca., e di una grande moschea, di cui rimane la facciata settentrionale del minareto, alta m 38.Un altro edificio dell'epoca merinide è la moschea di Sayyidī Abī Madyan (Sidi Bou Médine) ad al-῾Ubbād (elEubbad, a km 2 ca. a S-E di T.), costruita nel 739 a.E./1339, durante il sultanato di Abū᾽l Ḥasan, presso la tomba di un sant'uomo di origine andalusa lì sepolto oltre un secolo prima. Vicino alla moschea si innalza una madrasa, costruita nel 747 a.E./1347, unico edificio di questo tipo rimasto a Tlemcen.
Bibl.:
Fonti. - al-Bakrī, Description de l'Afrique septentrionale, a cura di W. Mac Guckin de Slane, Paris 1911-19122 (1859), pp. 155-159; al-Idrīsī, Le Magrib au 6e siècle de l'Hégire (12e siècle après J.C.). Texte établi et traduit en français d'après Nuzhat al-mustaq, a cura di M. Hadj Sadok, Alger 1983, pp. 92-93; ῾Abd alRaḥmān Ibn Khaldūn, Histoire des Berbères et des dynasties musulmanes de l'Afrique septentrionale, a cura di W. Mac Guckin de Slane, P. Casanova, 4 voll., Paris 1978: II, p. 314; III, p. 332; IV, pp. 59, 126, 138, 141, 190, 219, 292, 427; id., Le voyage d'Occident et d'Orient, a cura di A. Cheddadi, Paris 1980, p. 141; Yahyā Ibn Khaldūn, Kitāb bughyat al-ruwwāḍ fī dhikr al-mulūk min Banī ῾Abd al-Wād, a cura di A. Bel, 2 voll., Alger 1904-1913; Muhammad Ibn Maryam, El Bostan ou jardin des biographies des saints et savants de Tlemcen, a cura di F. Provenzali, Alger 1910; al-Tanasī, Histoire des Beni Zeiyan, rois de Tlemcen, a cura di J.J.L. Bargès, Paris 1852; Leone Africano, Descrizione dell'Africa e delle cose notabili che quivi sono, in G.B. Ramusio, Delle navigationi et viaggi, Venezia 1837, pp. 107-109; C. Brosselard, Inscriptions arabes de Tlemcen, Revue africaine 3-6, 1858-1862.
Letteratura critica. - J.J.L. Bargès, Tlemcen, ancienne capitale du royaume de ce nom, Paris 1859; id., Complément de l'histoire des Beni Zeiyan, Paris 1887; A. Bel, Tlemcen et ses environs, Oran 1909; id., s.v. Tlemcen, in Enc. Islam, IV, 1939, pp. 843-847; W. Marçais, G. Marçais, Les monuments arabes de Tlemcen, Paris 1903; W. Marçais, Musée de Tlemcen, Paris 1906; G. Marçais, Tlemcen, città reale, L'Africa italiana 54, 1934, pp. 147-156; id., Sur la Grande Mosquée de Tlemcen, Annales de l'Institut d'études orientales 8, 1949-1950, pp. 266-277; id., Tlemcen, Paris 1950; id., L'architecture musulmane d'Occident. Tunisie, Algérie, Maroc, Espagne, Sicile, Paris 1954, pp. 192-197, 264-265, 272-277, 290-291; id., s.v. 'Abd al-Wādides, in Enc. Islam2, I, 1960, pp. 95-97; L. Golvin, Quelques réflexions sur la Grande Mosquée de Tlemcen, Revue de l'Occident musulman et de la Méditerranée 1, 1966, 1, pp. 81-90; R. Bourouiba, L'art religieux musulman en Algérie, Alger 1973; L. Golvin, Essai sur l'architecture religieuse musulmane, IV, Paris 1979, pp. 181-189; S.A. Bouali, Les deux grands sièges de Tlemcen, Alger 1984; A. Dhina, Le royaume abdelouadide à l'époque d'Abou Hammou Moussa Ier et d'Abou Tachfin Ier, Alger 1985; R. Bourouiba, Apports de l'Algérie à l'architecture religieuse arabo-islamique, Alger 1986.F. Cresti