TLINGIT
. Tribù indiana che abita la costa e le isole dell'America settentrionale di NO. dal 60° al 55° lat. N. I Tlingit (da Lī't "gente") si chiamavano un tempo Colosci (o Coliusci), nome proveniente forse da una parola aleutina che indicava il disco inserito nelle labbra delle donne. Si dividevano in una quantità di sottotribù delle quali le più importanti erano i Sitka, i Taku e i Chilkat. La loro lingua, come quella dei Haida, secondo E. Sapir, è lontanamente imparentata con le lingue Dené. Il loro territorio fu ridotto a sud dai Tsimshian e dai Haida, la cui tribù Kaiga'ni li respinse dalla parte meridionale dell'isola Principe di Galles; vennero più volte a conflitto con i Russi, quando questi si stabilirono nell'Alasca.
Con il contatto con i Bianchi i Tlingit da 5400 che erano nel 1890 sono scesi a circa 4000.
Essi formano, insieme con i Haida e i Tsimshian, il sottogruppo settentrionale della civiltà costiera dell'America nord-occidentale, che è distinta principalmente dal matriarcato. Il loro nutrimento era il salmone che appariva con le sue diverse specie in stagioni differenti, l'olegano (Theleichtys), col cui olio commerciavano e altri pesci che venivano catturati con lance, aste uncinate, nasse e ami, mentre i cetacei si prendevano con l'arpone. Quando i branchi di pesci risalivano i fiumi, i villaggi, che erano per lo più situati sulla costa, venivano abbandonati e gli abitanti si stabilivano più a monte per tutta l'estate. La caccia (cervi, orsi, pecore, capre di montagna) era meno importante, come anche l'attività delle donne nel raccogliere molluschi e alghe sulla costa e bacche nelle umide foreste di aghifoglie.
L'abbigliamento consisteva anticamente di pellicce; gli uomini portavano cappelli conici di fibre intrecciate. Le vesti cerimoniali erano riccamente ornate; famose le coperte da danza fatte di pelo di capra o di cane, specialmente quelle in diversi colori lavorate su telaio dai Chilkat. Molto belli erano i panieri intrecciati, e i lavori d'intaglio in legno erano di poco inferiori a quelli dei Haida.
Abitavano in case per più famiglie, fatte di travi, il cui interno era approfondito nel suolo e risaliva con gradini fino al focolare centrale. Le case si allineavano in più file sulla spiaggia di una insenatura riparata o alla foce di un fiume; ivi si ergevano anche i pali totemici, alti fino a 15 m., e si tiravano le barche protette dal sole con coperte di lana o stuoie di fibra di cedro. La loro fabbricazione richiedeva un lavoro immenso: un cedro rosso o un pino Sitka veniva abbattuto con l'ascia di pietra e col fuoco e veniva poi trasformato penosamente in un'imbarcazione atta a navigare. I fiordi, che penetravano profondamente nella terraferma e nelle grandi isole, agevolavano la navigazione. Dove non vi era un collegamento di mare diretto, il passaggio da un braccio di mare a un altro era reso possibile da passaggi preparati per il trasporto terrestre (portages). Si sviluppò così un attivo commercio marittimo. I Tlingit di Wrangel commerciavano anche su per lo Stikine River e i Chilkat avevano vie di commercio fino alle sorgenti dello Yukon. Le armi da guerra erano originariamente l'arco e le frecce, i lunghi giavellotti, le asce da combattimento fatte di pietra o di osso e i pugnali di rame; per la difesa avevano il collare di cuoio, la corazza di bastoncini e l'elmo di legno. Anticamente essi tagliavano la testa al nemico, più tardi lo scotennavano.
Nelle battaglie si faceva uso di trincee di tronchi d'albero (forts). I prigionieri di guerra diventavano schiavi su cui il padrone aveva pieni poteri: poteva, per es., ucciderli nei potlàch; nella costruzione di una casa si uccidevano, a volte, degli schiavi per sotterrarli sotto i pali (sacrificio di costruzione). La tribù si divideva in due clan esogamici: corvo e lupo; presso alcuni Tlingit settentrionali invece del lupo vi era l'aquila. Oltre a questi esisteva un terzo piccolo gruppo, che poteva sposare in ognuno degli altri due. Ogni clan si suddivideva, a sua volta, in una quantità di parentadi con stemma proprio. La parentela era calcolata secondo la madre. La proprietà dell'uomo restava nel suo clan, ne ereditava perciò generalmente il nipote. La posizione di capo e la nobiltà riposavano su basi plutocratiche. I potlàch, che qui avevano luogo specialmente per i funerali, erano necessarî per l'affermazione dell'autorità del capo e i partecipanti ricevevano ricchi doni. Un possesso prezioso erano le lastre di rame, che rappresentavano una sorta di moneta, e ognuna di esse aveva un nome e una storia che vi si collegava. Nei potlàch queste venivano a volte spezzate e gettate nel mare per mortificare i rivali. I morti venivano bruciati, solo gli sciamani erano collocati in mausolei propri. Le ceneri e i resti di ossa venivano riposti in casse di legno posate su colonne, più o meno ornate d'intagli, secondo la riechezza del morto. Gli sciamani, la cui potenza rivaleggiava con quella dei capi, tramandavano generalmente al nipote la loro professione. Ognuno possedeva una quantità di spiriti protettori e per ognuno di essi una maschera speciale. La mitologia si svolgeva intorno alle gesta del corvo, che aveva messo al mondo la luce, l'acqua, il sole e gli animali da caccia e da pesca; il suo ciclo di leggende è molto simile a quello dei Haida.
Bibl.: A. Krause, Die Tlingit Indianer, Jena 1885; A. P. Niblack, Coast Indians of Southern Alaska and Northern British Columbia, in Rep. U. S. Nat. Mus., 1888, Washington 1890; J. R. Swanton, Tlingit Myths and Texts, in Bull. of the Bureau of Am. Ethn., XXXIX (1909).