TODI (A. T., 24-25-26)
Antichissimo centro umbro nella provincia di Perugia, dalla quale dista 47 km. Sorge a 411 m. s. m. su un poggio pittoresco, all'estremità di una dorsale compresa tra i torrenti Naia e Rio e il Tevere. La città conserva ancora un caratteristico aspetto medievale, racchiusa, in parte, da triplice cinta muraria, con strade anguste e tortuose, prevalentemente in pendio; la principale arteria, Via di Borgo Ulpiano, Via Pianciani, Corso Cavour, con direzione E.-O., conduce da porta Romana a Piazza V. Emanuele, centro della città, sulla quale sorgono il duomo e un artistico complesso di edifici monumentali. Lo sviluppo demografico, come quello edilizio, è stato assai lento con periodi alterni di regresso e ripresa: nel 1656 contava 3625 ab.; 2851 nel 1736; 3072 nel 1901; 3325 nel 1911; 3457 nel 1921; 3552 nel 1931. Scarse sono le industrie: notevole è la lavorazione artistica di mobili che vengono esportati anche all'estero. Ha stazione sulla Terni-Umbertide; dalla città si dipartono numerose linee automobilistiche che la collegano ad Orvieto, Amelia, Perugia, Massa-Martana. Il comune ha una superficie di 222,52 kmq., con una popolazione (1931) di 19.645 ab. (18.180 nel 1921).
Monumenti. - Numerosi i resti del periodo di influenza etrusca in cui la citta raggiunse certamente un grande splendore. Al secolo IV a. C. possono essere datate alcune parti delle mura a blocchi rettangolari, simili a quelle di Perugia e Fiesole. La necropoli, i cui resti si rinvennero specie in località "La Peschiera", ha dato preziosi bronzi etruschi, vasi, terrecotte, ecc. Gli oggetti, databili tra il sec. V e il III a. C., sono conservati in gran parte nel Museo di Villa Giulia a Roma e nel Museo Archeologico di Firenze. Dai dintorni di Todi proviene la celebre statua bronzea di Marte (cosiddetto Marte di Todi) conservata al Museo Vaticano: è opera di fredda eleganza ma di grande perfezione tecnica. L'elmo è di restauro. Un'iscrizione in dialetto umbro dice che la statua fu votata da Ahal Trutitis.
Notevoli sono anche i resti della città romana: ad età augustea si può ritenere che risalgano i nicchioni del cosiddetto Mercato Vecchio, grandiosa costruzione architettonica a nicchie sormontata da un fregio dorico. La città ebbe anche un teatro e un anfiteatro di cui restano alcuni avanzi. In età romana furono inoltre restaurate le mura.
La cerchia esterna delle mura di Todi, che racchiude le due altre minori dell'antichità, a quanto sembra è sorta nel 1244. Risale al 1093 S. Niccolò de Criptis di cui restano alcune parti originarie. Al sec. XIII appartengono molte altre costruzioni nella città: alcune casette, qualche chiesa (S. Ilario ora intitolata a S. Carlo, S. Salvatore, S. Maria in Camuccia), la fontana detta di Scarnabecco conservata in talune sue parti, i tre bellissimi palazzi per i quali la piazza ha tanto carattere e tanto fascino. Di questi il Palazzo del popolo fu iniziato nel 1213 e conserva in gran parte le sue rudi caratteristiche romaniche, il Palazzo del capitano è della fine del secolo e lo illeggiadriscono elementi gotici: separati e riuniti da una grande scala, compongono un insieme monumentale e pittoresco. Il Palazzo dei priori, ugualmente degli ultimi del secolo XIII, è stato trasformato al principio del secolo XVI. Anche la fortezza di Pontecuti sul Tevere, con torre a difesa della testa di ponte, risale al secolo XIII, ma ha sofferto più volte in seguito a radicali restauri.
La cattedrale fu rinnovata completamente da maestri comacini, nel secolo XIII; venne poi ampliata con una minore travatella gotica alquanto più tardi, accanto alla navata di destra. Ha mirabili capitelli e altre importanti sculture dei secoli XIII e XIV. Sulla fine del secolo XIII ebbe principio la costruzione, terminata solo verso la metà del Quattrocento, della grandiosa chiesa gotica di S. Fortunato, dai magnifici portali trecenteschi e dall'interno con le tre navate di uguale altezza. Nel 1373, per ordine di Gregorio XI, fu iniziata la rocca, mentre appartiene alla seconda metà del sec. XV la chiesa di S. Maria delle Grazie, trasformata successivamente e oggi intitolata a S. Filippo Benizi.
Il più notevole edificio del Rinascimento a Todi, se non addirittura in tutta l'Umbria, è il tempio della Consolazione. Iniziata nel 1508, la costruzione durò esattamente un secolo.
Sin da principio si ritrova come "capo maestro" Cola da Caprarola, mentre una tradizione già formatasi nel Cinquecento indica come autore del modello il Bramante, la cui arte effettivamente sembra che domini in tutto il mirabile monumento. Più tardi furono impiegati Rocco da Vicenza e Ambrogio da Milano; più tardi ancora Valentino Martelli e Ippolito Scalza. Sono stati via via consultati anche Baldassarre Peruzzi e Antonio da Sangallo il Giovane, Iacopo Vignola e Galeazzo Alessi. La pianta è a croce greca, con ampia cupola slanciata; così all'esterno come all'interno è un raro senso di euritmia.
Altra bella chiesa, ugualmente a croce greca, è quella del Crocifisso, incominciata alla fine del Cinquecento da Valentino Martelli e da Ippolito Scalza. È del 1552 il palazzo Atti; del 1606 la Fonte Cesia.
Quanto alla pittura, si può ricordare un Crocifisso dipinto su tavola in cattedrale e alcuni affreschi nella grande aula del Palazzo del capitano: quello e questi degli ultimi del sec. XIII. Affreschi attribuiti all'orvietano Cola Petruccioli, e perciò della fine del secolo XIV, sono nel convento di S. Prassede. Nel chiostro di S. Fortunato e nella chiesa di S. Maria in Camuccia sono affreschi dei secoli XIV e XV, e appartiene alla seconda metà del secolo XV l'affresco della Madonna delle Grazie nella chiesa di S. Filippo Benizi. Ma la pittura quattrocentesca più preziosa è la Madonna col Bambino e angeli affrescata da Masolino da Panicale nel 1432, dentro la chiesa di S. Fortunato. Opere di Niccolò Alunno si conservavano un tempo a Todi, ma ora non vi sono più.
Di Giovanni Spagna che lavorò a Todi e nei dintorni resta l'Incoronazione della Vergine ora nella pinacoteca dove si trovano - come nella cattedrale - anche alcune altre sue opere. Notevoli, nella pinacoteca, una Madonna col Bambino, del cosiddetto pseudo Pier Francesco Fiorentino, seguace di Filippo Lippi, e una Madonna col Bambino (1524), l'unica pittura sin qui nota di Sebastiano Bencivenni, artista invece assai conosciuto come intagliatore in legno. Nel duomo è il Giudizio, ampio affresco di Ferraù da Faenza detto il Faenzone.
Per il sec. XVII basterà ricordare Cesare Sermei che ha lavorato nella chiesa del convento di Montesanto, e Andrea Polinori, nato a Todi, il quale ha lasciato suoi dipinti in alcune chiese, e ha disegnato l'altare della Consolazione.
Due ricchissimi cori intagliati sono meritevoli di particolare ricordo: quello della cattedrale, opera di Antonio e Sebastiano Bencivenni da Mercatello, interessante anche per gl'intarsî (1521-1530), e quello di S. Fortunato, opera di Antonio Maffei da Gubbio (1590).
Storia. - L'antica Todi (Tuder) appartenne probabilmente in origine agli Umbri; più tardi tra il sec. V e il III a. C. divenne fiorente centro di civiltà etrusca ed ebbe monete proprie su cui si legge il nome Tutere; una abbastanza tarda iscrizione in latino e in celtico fa ritenere che non mancassero neppure influssi gallici. Passata poi con il resto dell'Umbria sotto l'influenza romana, divenne municipio durante la guerra sociale e fu iscritta nella tribù Clustumina. Nella guerra civile sillana parteggiò per i democratici e fu presa da Crasso.
In età augustea vi fu dedotta una colonia di soldati della legione XXXXI e allora la città prese il nome di Colonia Iulia Fida Tuder. Nulla sappiamo sulle vicende storiche di Todi in età romana. La città fu antica sede episcopale.
Nell'età media Todi si presenta con un'importanza che forse può essere un indizio di quella antica. La forte posizione della città posta in una regione dove si svolgevano le più rapide comunicazioni dell'Italia centrale (tra Roma, Arezzo e Firenze; tra Perugia e la Toscana), è indubbiamente la base di questa importanza; ad essa va aggiunta l'esistenza di un vastissimo territorio. Le invasioni barbariche non riuscirono quindi a rovinare questa città da cui gli assalitori si contentarono di ottenere qualche tributo: come fecero i Goti ai quali poi la riprese Belisario. Ma con l'invasione dei Longobardi Todi divenne come il cuneo tra il ducato di Roma e quello di Perugia; perciò Longobardi e Bizantini si accanirono intorno ad essa (nel 590 l'esarca romano occupa Todi; la perde subito dopo e la riprende nel 595).
Reclamata dai marchesi di Toscana e dalla Chiesa, la città fu da Innocenzo III inclusa nel Patrimonio, senza però che le contestazioni imperiali cessassero per questo: ciò provocò un rapido fiorire di vita comunale sostanzialmente indipendente e in continuo contrasto con la Chiesa. Il periodo aureo del comune di Todi va dal sec. XI al sec. XIV. Già nel 1208 sottometteva Amelia, e, poco dopo, Giove e Terni. La città si abbellì. È questa l'epoca in cui Bartolo riordina gli statuti del comune e Iacopone diffonde nell'Italia la fama della sua città, con le sue laudi e con i racconti della sua conversione.
L'esilio avignonese accrebbe l'autonomia del comune che fortificò il suo vasto territorio con 24 fortilizî, e poté mettere in campo un esercito di 5000 fanti e 200 cavalli con cui assalì e prese Orvieto. Tanta potenza sollecitò il favore di Ludovico di Baviera che nel 1329 nominò suo vicario a Todi Raniero degli Atti rafforzando nella città la parte ghibellina; e richiamò l'attenzione di Cola di Rienzo che per amicarsi il potente comune inviò alla sua milizia un ricco gonfalone. Quando la sede pontificia tornò a Roma e il governo papale intraprese l'assoggettamento dei territorî del Patrimonio, Todi reclamò dalla Chiesa il mantenimento della sua secolare indipendenza; ma invano. Non riuscendo ad assoggettare la città, il papa cominciò a cederne la signoria a capi diversi, ciò che doveva incamminare il comune verso il tramonto. Bonifacio IX concesse Todi ad un Malatesta di Rimini dietro l'annuo censo di 3000 scudi d'oro; a lui successe Biordo dei Michelotti, che la tenne fino al 1398; poi Malatesta di Pesaro, poi Francesco Sforza a cui l'aveva conferita Eugenio IV. A questo succedersi di signori corrispondono lotte asperrime tra la famiglia degli Atti e quella dei Chiaravalli.
A tutto pose fine Cesare Borgia, il cui capitano Vitellozzo Vitelli - prendendo motivo da stragi commesse nel castello di Acquasparta da un Altoberto dei Chiaravalli - distrusse questo casato, rase al suolo il castello di Acquasparta e demolì tutte le fortificazioni del comune che perdette da allora ogni vera indipendenza. All'azione di Vitellozzo il comune di Todi aveva concorso con 3000 cittadini armati.
In compenso della perduta autonomia Todi ebbe incoraggiamenti e onori. Nel 1513 il pontefice istituì a Todi un collegio di dottori a cui, in seguito, venne conferita la facoltà di elargire diplomi di notari.
Nel 1809 Todi fu circondario, incluso nel dipartimento del Trasimeno e nel 1814, con la Restaurazione, venne amputato il suo antichissimo territorio, cui si tolsero Massa, Monte Castello Vibio, Collazzone, Montecastrilli, Deruta e Baschi.
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