TOGNI
– Famiglia di circensi attiva dal XIX secolo. Per via della vita girovaga, non per tutti i componenti della famiglia è stato possibile rintracciare luogo e data completa di nascita e morte.
Aristide nacque a Pesaro nel 1853, da Gaetano e da Barbara Marcolini. Lui e la sua famiglia erano dei ‘fermi’ (o ‘contrasti’, ‘gaggi’), termine che nel gergo circense sta a indicare chi non fa parte del mondo del circo. Impiegato al comune di Pesaro e studente di ingegneria, si innamorò della cavallerizza Teresa De Bianchi, nata nel 1859, figlia di Giovanni, direttore del circo Torinese. Si sposarono e iniziarono a girare per l’Italia meridionale con un carro e una scimmia. Aristide si specializzò come clown. Nel 1882 fondarono il circo Vittoria, con un minuscolo tendone dotato di una quarantina di posti.
La coppia ebbe otto figli: Primina, Cesira, Riccardo, Maria, Ercole, Teodolinda, Ugo e Ferdinando, i quali crebbero nel circo dei genitori e iniziarono a lavorare come acrobati, cavallerizzi ed equilibristi. Nel 1919 il complesso viaggiante, con l’autorizzazione di Vittorio Emanuele III, fu proclamato Circo nazionale Togni.
Aristide morì a Pordenone nel 1924 e Teresa qualche anno dopo, ma la dinastia fu prolifica e nel Circo nazionale Togni si raccolsero le famiglie dei fratelli Ercole (Sanremo, 1894-1958), Ugo (Lugo di Romagna, 28 ottobre 1897-21 dicembre 1981) e Ferdinando (Bologna, 13 ottobre 1900-Verona, 29 ottobre 1990).
Negli anni Trenta il circo godeva ormai del favore del pubblico, grazie a spettacoli eleganti e alla capacità di gestire una struttura che si fece via via più complessa: alle scuderie ricche di cavalli si aggiunsero le gabbie con gli animali feroci, per gli spostamenti si iniziò a utilizzare il treno. Il circo alternava le tournées nel tendone a quelle nei teatri durante i mesi più freddi. La concorrenza dei grandi complessi stranieri che circolavano in Italia, tuttavia, era molto forte e nel 1938 il circo rischiò di essere messo in liquidazione. Furono la tenacia e l’entusiasmo delle nuove generazioni a convincere i più anziani a non ammainare lo chapiteau.
Non mancarono nella sua storia imprevisti e incidenti: tra gli altri un incendio scoppiato nelle scuderie del circo a Ventimiglia in cui morirono carbonizzati venti cavalli (1921), alcuni materiali distrutti a causa delle cattive condizioni meteorologiche durante una traversata in nave di ritorno dalla Grecia (1923), ma soprattutto un deragliamento ferroviario nei pressi di Rubiera (Reggio Emilia) che provocò diversi morti, anche a causa delle aggressioni degli animali scappati dalle gabbie: nove leoni, una iena, un boa e parecchie scimmie (1945).
Durante la seconda guerra mondiale il Circo nazionale Togni continuò a realizzare spettacoli. In questo periodo, però, molto materiale fu requisito: i cavalli, insieme agli autocarri e ai trattori, presero la via della Germania e furono sostituiti con buoi e carri. Ercole lavorò in segreto per i partigiani, usò la mobilità del circo per salvare ebrei, comunisti, antifascisti e costrinse alla resa alcuni nazisti arroccati in un albergo nei dintorni di Como.
Nel 1948, fu il primo complesso italiano a visitare l’Egitto. Fu una tournée trionfale, per la quale si scomodò addirittura il sovrano. Il re Fārūq invitò gli artisti a un pranzo – durante il quale corteggiò senza successo Doly (22 gennaio 1920-28 dicembre 1993), una delle figlie di Ercole – e regalò al circo sei cavalli.
Alla fine degli anni Quaranta i Togni eccellevano in tutte le discipline circensi, in particolare nell’acrobazia equestre e nel trapezio volante. Possedevano e addestravano numerosi animali, tra cui tigri, leoni, elefanti e cavalli. Ercole, sempre alla ricerca di novità, creò anche un trio clownesco, i Sorellini, ispirandosi ai celebri clown Fratellini. Il trio era composto dallo stesso Ercole e dai figli Wioris (19 aprile 1923-12 luglio 2004) e Darix (Sanremo, 1° gennaio 1922-Milano, 15 ottobre 1976). In seguito il nano Franco Medori, detto Checco, subentrò a Ercole. Nel 1951, il numero dei Sorellini fu bruscamente interrotto a causa di un devastante incendio avvenuto a Bolzano, nel quale Checco Medori perse la vita.
Nello stesso anno, avvenne la prima scissione familiare. Ercole, Ugo e Ferdinando fecero un tentativo di riunirsi nel 1952, ma nel maggio del 1953, a Roma, giunsero alla separazione definitiva. I Togni si divisero in tre grandi imprese indipendenti: tre circhi, uno per famiglia. Ercole fondò il Circo Darix Togni (intitolato al figlio maggiore, che ne divenne poi direttore); Ugo il Massimo Circo Togni; Ferdinando il Circo Ferdinando Togni.
Negli anni Cinquanta dalla dinastia dei Togni emersero almeno tre artisti che conquistarono reputazione internazionale: Ferdinando come addestratore di cavalli; Cesare (Montebelluna, 30 ottobre 1924-Bussolengo, 1° ottobre 2008), figlio di Ugo, come trapezista; il suddetto Darix come domatore di belve. Tutti diventarono direttori dei tre grandi circhi legati ai rispettivi rami familiari.
Cesare fu la stella della troupe di ‘angeli volanti’ dei Togni, capace di effettuare in volo una tripla piroetta prima di riafferrare il trapezio.
Raccontava: «S’inizia l’oscillazione; poi, al grido “Hep!”, abbandoniamo la presa del trapezio di lancio per afferrare il trapezio che ci arriva di fronte. Il salto è fatto! Se l’orecchio e l’occhio falliscono il momento e il punto giusti, le mani arraffano nel vuoto [...] Si vola, sì, ma non si smette mai d’imparare abbastanza: e soprattutto non si smette mai di cadere. Talvolta la caduta può essere mortale: c’è chi paga con la vita questa passione. L’ebbrezza dello spazio si accompagna continuamente, nel nostro lavoro, con la presenza della morte. Non dimenticatelo» (Cervellati, 1961, p. 370).
In quest’epoca il più celebre dei Togni fu probabilmente Darix. Sposato con Fiorenza Colombo (1923-2012), si specializzò in diverse discipline circensi – acrobatica, clownerie, acrobazie equestri –, ma venne poi attratto irresistibilmente dal lavoro del domatore.
«Non ero mai entrato in gabbia, perché sapevo che a mio padre non avrebbe fatto piacere vedermi domatore. In famiglia c’era già stata mia sorella Doly [...] e mio padre aveva sofferto abbastanza, tanto più che già si era manifestato in lui un disturbo cardiaco [...]. Ma sentivo, proprio come se esistesse in me un segreto da non svelare, ma invincibile, e, in fin dei conti, affascinante, che tra quelle belve, un giorno o l’altro, avrei dovuto avventurarmi. E quel giorno venne» (Bassano, 1973, pp. 49 s.). Nel settembre del 1946, ebbe la sua prima grande occasione: a Torino, il circo rimase senza domatore e lui, nonostante il pochissimo tempo a disposizione per provare, fece lo spettacolo.
Iniziò domando leoni, poi passò alle tigri: «La tigre è infida [...] ma è più intelligente del leone, impara la lezione più presto e la ricorda [...]. Il leone è più “lazzarone”, la tigre, sul lavoro, non ha stanchezza, non ha “vuoti”. Con le tigri si può lavorare tranquilli (relativamente, s’intende) [...]. Direi che la tigre, anche se in apparenza può dare la sensazione di una maggiore prontezza alla ribellione, è invece capace di “rispetto” verso il domatore, e di senso di “responsabilità” [...]. La rivolta o l’aggressione di una tigre è rara ma anche più pericolosa di quella di un leone perché il suo attacco va fino in fondo, fino alla morte» (Bassano, 1973, pp. 62-64).
Darix, in qualità di domatore e controfigura, partecipò a numerosi film del genere peplum, correndo sul set diversi rischi. In una scena del film Spartaco (1953) di Riccardo Freda, girata all’interno dell’Arena di Verona, alcuni leoni avrebbero dovuto raggiungere attraverso una passerella – adeguatamente recintata – una sorta di galleggiante, posto al centro di un improvvisato specchio d’acqua, sul quale si trovava un’attrice legata a una croce. Una leonessa, nel compiere il tragitto, saltò oltre il recinto e si gettò in acqua, tentando di raggiungere a nuoto la donna. Lottando con il forcone e lo scudiscio davanti alla troupe terrorizzata, Darix riuscì a fermare la belva e a farla rientrare in gabbia. Nel film Il più comico spettacolo del mondo, dello stesso anno, di Mario Mattoli, fu la controfigura di Totò nelle scene in cui il protagonista doveva domare delle belve.
Nel 1959 il circo compì un’impresa straordinaria, che gli procurò grande visibilità: sulle orme del cartaginese Annibale, attraversò le Alpi con una carovana formata da tre elefanti, oltre che da cammelli, da dromedari, da lama e da muli.
Darix si caratterizzò per il suo costume da gladiatore: si esibiva con la colonna sonora del film Ben Hur, con una scenografia composta da tronchi di colonne illuminate, all’interno della particolare gabbia creata dal fratello Wioris, in cavetto d’acciaio a rete, senza le sbarre di ferro e dunque con una migliore visibilità dei numeri. Livio, uno dei figli di Darix, ancora bambino e anche lui con il costume da gladiatore, al termine dello straordinario numero del padre, entrava in pista tenendo a bada un gruppo di leoncini, scatenando le ovazioni del pubblico.
Wioris, dopo un grave infortunio al polso, si indirizzò verso la parte tecnica, inventando la gabbia già citata e specializzandosi nella costruzione di tensostrutture. Fu proprio lui a sostenere Darix in uno dei momenti più cupi del Circo Darix Togni: il 29 dicembre 1962, a Milano, un terribile incendio devastò l’intera struttura uccidendo un elefante, tre cavalli e sette serpenti.
Darix fu quasi sul punto di abbandonare la vita circense: «Non ne potevo più. Avevo anche la sensazione non certo campata in aria, che qualche forza nemica avesse perseguitato da anni i nostri circhi. La decisione di ritirarmi fu presa da me solo, durante una notte di veglia accanto agli avanzi fumanti dell’incendio. Ma il primo a darmi la forza di volontà per resistere e continuare fu mio fratello Wioris, che mi fu accanto con tutto il suo appoggio, con tutti i ragionamenti dettati dal suo cuore. Poi fu la volta di un bimbo, di dieci anni, che la sera stessa dell’incendio portò alla RAI una busta con cinquecento lire, “per essere consegnata a Darix, perché ricostruisca al più presto il suo Circo che a noi bambini piace tanto”. Le lettere dei bambini divennero addirittura una valanga. Giungevano non soltanto da Milano ma anche da moltissime città della penisola. Le ho conservate in alcuni bauli, dai quali non mi stacco mai perché fanno parte del mio passato, e mi consolano quando qualcosa mi tormenta. Quelle lettere sono diventate la mia forza» (Bassano, 1973, p. 86).
Negli anni Sessanta i tre circhi Togni si affermarono insieme a quelli delle famiglie Orfei, Palmiri, Casartelli e Canestrelli. «Sanciscono anche in Italia la presenza di un’industria circense solida, di circuito nazionale, elevata qualità artistica, manifesti pubblicitari e modernissime strutture (quasi tutti organizzati su ferrovia). Nei programmi di questi anni spesso compaiono alcuni dei migliori artisti mondiali del tempo» (De Ritis, 2008, p. 295).
Negli anni Settanta i fratelli Darix e Wioris decisero di dividersi. Dopo la morte di Darix, nel 1976, i figli, Livio (nato a Milano il 28 ottobre 1950), Corrado (nato il 12 agosto 1953) e Davio (nato a Milano il 4 ottobre 1959), si riunirono dando vita al Circo I figli di Darix Togni. Nel 1990 fondarono poi Il Florilegio. Il debutto in Francia fu un successo, apprezzato tanto dal pubblico quanto dalla critica.
Sebbene nel nome non ci fosse la parola ‘circo’, Il Florilegio nacque come operazione di recupero del circo classico all’italiana, con spirito nostalgico e autoironia. Caratterizzato da una forte teatralità, si distinse per il virtuosismo della piccola troupe e per la grande quantità di animali presentati in atmosfere oniriche. Inoltre si caratterizzò per l’originalità del tendone: «Perfettamente rotondo [...] offre all’interno un impatto difficile da dimenticare: un imponente lampadario domina la platea, guarnita in alto da un giro di palchi di legno scolpito. Una specie di grande teatro d’opera gitano» (De Ritis, 2008, p. 391). Alla fine dello spettacolo, nella pista del circo, venivano serviti spaghetti, condivisi tra gli artisti e il pubblico. Il Florilegio viaggiò per oltre un decennio in una riuscita tournée ed è tra i circhi che hanno visitato in assoluto più nazioni europee.
Nel 2001 Livio fu eletto senatore con Rifondazione comunista, contribuendo a sensibilizzare la classe politica e l’opinione pubblica verso i problemi del settore.
Divier (nato il 23 agosto 1949), figlio di Wioris, ereditò dal padre la passione per la parte più tecnica e logistica del circo. Ideò diverse strutture avveniristiche, tra cui i Palasport di Milano, di Torino e di Genova, diventando leader di un nuovo settore. Si occupò della parte organizzativa dello spettacolo Stunt Cars, realizzato insieme al fratello Holer (nato il 5 ottobre 1946), il quale è considerato uno dei migliori stuntman d’Europa. Negli anni Settanta lo show aprì la strada agli spettacoli con auto e moto acrobatiche.
Per i Togni altri grandi successi arrivarono dal ramo della famiglia con a capo Ferdinando. Suo figlio Ennio, conosciuto come Enis (Forlì, 26 novembre 1933-Bologna, 30 dicembre 2016), portò in tournée in tutta Europa il Circo Americano, uno dei tendoni più belli d’Europa. L’insegna era stata lanciata in Spagna nel 1946 da Arturo Castilla e fu rilevata definitivamente da Enis nel 1976. Nello stesso anno, il principe Ranieri III di Monaco decise di affidare ai Togni l’organizzazione del prestigioso Festival internazionale del circo di Monte Carlo, la più celebre manifestazione circense a livello mondiale. Per oltre un decennio, Enis si occupò della logistica del festival insieme ai fratelli Adriano, detto Willy (Acquapendente, 21 luglio 1929-Roma, 2 maggio 2007), eccellente domatore di elefanti, e Giordano, famoso come Bruno (Ispica, 6 settembre 1931-Pesaro, 14 ottobre 1988), anch’egli addestratore di animali.
Andrea (nato il 1° aprile 1967), figlio di Bruno, nel 2004 è diventato direttore dell’Accademia d’arte circense di Verona, la più importante scuola di circo italiana.
Flavio (nato a Pescia il 14 giugno 1960), primogenito di Enis, si è fatto apprezzare come addestratore, in particolare di elefanti e di cavalli, anche attraverso originali spunti coreografici ispirati all’universo di Tarzan o a quello dei film di fantascienza. Flavio a Monte Carlo ha vinto per ben tre volte il clown d’argento (1976, 1983, 1998), fino a raggiungere il clown d’oro nel 2011.
Infine è stato il circo di Lidia Togni (Ragusa, 1931 - Siracusa, 8 luglio 2018), figlia di Ugo e sposatasi con Riccardo Canestrelli, a fregiarsi di uno dei più recenti successi ottenuti proprio a Monte Carlo. Suo figlio Vinicio (nato a Trieste il 31 luglio 1963), con un numero equestre, nel 2014 ha ottenuto il clown d’argento nel festival monegasco. Vinicio è conosciuto come Vinicio Togni Canestrelli, a conferma di quanto le famiglie circensi siano allargate, intrecciate.
Per più di un secolo, di generazione in generazione, la dinastia Togni ha saputo tramandare la passione per il circo, creando alcuni dei migliori spettacoli circensi sia in Italia sia nel resto del mondo e incantando milioni di spettatori. Come dichiarò Darix: «Il Circo è la mia vita, è la mia famiglia [...]. La famiglia è il nostro grande e incrollabile chapiteau. La famiglia ci unisce, ci difende, ci fa resistere ad ogni assalto degli elementi naturali e del destino. Credo nel Circo perché credo nella famiglia e nella sua forza morale. Credo nel Circo perché è lo spettacolo più onesto, sano, pulito, che sopravvive ad ogni disfatta. Finché, sotto uno chapiteau [...] esisterà un nucleo familiare, un padre che istruisce i figli sulla pula [la segatura che ricopre la pista], una madre che conosce ogni sacrificio pur di tenere unita la carne della sua carne, il Circo vivrà» (Bassano, 1973, pp. 104 s.).
Fonti e Bibl.: A. Cervellati, Questa sera grande spettacolo. Storia del circo italiano, Bologna 1961, ad ind.; E. Bassano, Darix tra le belve, Genova 1973; M.J. Renevey, Il circo e il suo mondo, Roma-Bari 1985; C. Giudici, Livio Togni, in Il Foglio, 17 giugno 2001; A. Litta Modigliani - S. Mantovani, Il circo della memoria. Storie, numeri e dinastie di 266 famiglie circensi italiane, Trento 2002; D. Mauclair, Histoire du cirque, voyage extraordinaire autour de la terre, Tolosa 2003; R. Leonardi, Gente del circo, Willy Togni. Fatti non parole, in Circo, XXXVIV (2007), 7, pp. 18-20; L. Angelini, L’attore-giocoliere. Da Enrico Rastelli al nuovo circo, Roma 2008; R. De Ritis, Storia del circo. Dagli acrobati egizi al Cirque du Soleil, Roma 2008; A. Serena, Storia del circo, Milano 2008; T. Zaghini, Il circo. Itinerario storico dello spettacolo circense, Rovigo 2010.