Togo
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Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Africa occidentale. All'ultimo censimento ufficiale (1981) la popolazione risultava pari a 2.703.250 ab., ma, dato l'elevato tasso di accrescimento annuo, a una stima del 2006 era più che raddoppiata: le scarse risorse economiche del Paese, tuttavia, non sono in grado di far fronte a tale crescita e il PIL pro capite nel 2004 è stato inferiore ai 380 dollari. Molto alta è la percentuale di popolazione con meno di 15 anni di età (43%), ma, nell'impossibilità di destinare investimenti al settore educativo, si riscontra un diffuso analfabetismo (circa la metà dell'intera popolazione). La crisi politica apertasi nel 2005, dopo la morte del presidente Gnassingbé Eyadéma, ha provocato violenze tra opposte fazioni, che hanno spinto più di 20.000 togolesi a cercare rifugio in Ghana (v. oltre: Storia).
La capitale, Lomé, possiede il maggiore porto in acque profonde della costa occidentale africana, divenuto, dopo la guerra che ha sconvolto la Costa d'Avorio, un nodo cruciale del movimento import-export della regione: il traffico delle merci è cresciuto notevolmente, le zone franche situate nell'immediato retroterra appaiono sempre più dinamiche e si mostra in forte espansione anche un'economia informale.
Tra le attività produttive, l'agricoltura mantiene il primato di occupazione; oltre i due terzi della manodopera lavorano nel settore primario, che riesce a coprire il fabbisogno alimentare interno e consente di destinare discrete quantità all'esportazione (cacao e cotone assicurano il 28% degli introiti complessivi del commercio estero). La seconda risorsa del Paese sono i fosfati naturali (1.120.000 t nel 2005), il cui processo di estrazione ha beneficiato di investimenti che hanno permesso di accrescerne le capacità. Il T. è sprovvisto di risorse energetiche ed è quindi costretto a importare prodotti petroliferi; l'aumento dei prezzi di questi ultimi sui mercati internazionali ha inciso molto pesantemente sulla bilancia commerciale. Infine, lo sviluppo di alcune industrie di trasformazione ha determinato la crescere le importazioni di beni strumentali.
Storia
di Emma Ansovini
Agli inizi del 21° sec., a connotare il profilo politico del Paese era ancora il difficile percorso verso la democrazia. Questo, avviato nel 1992, era stato costantemente ostacolato dall'autoritarismo di Gnassingbé Eyadéma (il vero nome del quale era Étienne Eyadéma Gnassingbé), che, conquistato il potere con un colpo di Stato nel 1967, aveva governato con metodi dittatoriali anche dopo l'introduzione del multipartitismo, quando per ben tre volte era stato eletto presidente della Repubblica in consultazioni sempre contestate dalle opposizioni e delegittimate dagli organismi internazionali. Eyadéma poteva confidare sull'appoggio di un esercito numeroso e potente, e, a dispetto delle formali aperture democratiche, esercitava un controllo capillare sull'apparato statale; controllo che si estendeva, grazie al suo partito Rassemblement du peuple togolais (RPT), anche a molte organizzazioni sociali. La mancanza di trasparenza e di garanzie minime sulla regolarità del processo elettorale aveva portato l'opposizione, privata degli strumenti istituzionali per portare avanti le proprie istanze, a boicottare le sedute parlamentari e, in alcuni casi, le stesse elezioni, e a ricorrere a manifestazioni di piazza, che avevano assunto spesso forme assai violente, soprattutto in concomitanza con le tornate elettorali. Gli accordi più volte stipulati tra governo e opposizione, come quello seguito alle elezioni legislative del 1999, non sortirono gli effetti desiderati, lasciando il Paese in uno stato di crisi permanente. Le elezioni, più volte rinviate, si tennero nell'ottobre 2002, senza che le regole previste dall'accordo entrassero in vigore. Il RTP conquistò 72 seggi su 81, ma le consultazioni furono boicottate, come le precedenti, dai maggiori partiti di opposizione, riuniti nella Coalition des forces démocrates (CFD). In dicembre, l'Assemblea appena eletta approvò una serie di emendamenti costituzionali che eliminavano il vincolo di due mandati consecutivi per il presidente, permettendo così a Eyadéma di ricandidarsi, abbassavano l'età per essere eletti da 45 a 35 anni, rendendo in tal modo possibile una futura elezione del figlio del presidente, Faure Essozimna Gnassingbé, e infine ponevano ai candidati dei vincoli di residenza, volti a escludere gli oppositori rifugiati all'estero. Nonostante la situazione di evidente vantaggio, Eyadéma vinse le elezioni presidenziali del giugno 2003 con appena il 57,7% di suffragi. Il voto evidenziava la netta divisione politico-geografica del Paese, con il Nord, a prevalente etnia Kabyé (la stessa del presidente), favorevole al governo, e il Sud vicino all'opposizione. Nell'aprile 2004, con la mediazione dell'Unione Europea (UE), che prometteva di riaprire le linee di credito chiuse dal 1993, ci fu un ennesimo accordo tra governo e opposizione, che però rimase inapplicato. La gestione arbitraria e personalistica delle istituzioni da parte della famiglia presidenziale e dell'esercito emerse in modo clamoroso in occasione dell'improvvisa morte di Eyadéma, avvenuta nel febbraio 2005: Gnassingbé venne nominato alla più alta carica dello Stato nel più assoluto disprezzo delle norme costituzionali, che prevedevano in questi casi il trasferimento provvisorio dei poteri al presidente del Parlamento, il quale aveva l'obbligo di indire nuove elezioni entro 60 giorni. Per ottenere questo risultato il Parlamento prima votò la destituzione del suo presidente, poi cassò dalla Costituzione l'obbligo di indire elezioni e infine nominò Gnassingbé, con la possibilità di restare in carica fino al 2008, scadenza naturale del mandato. Una vasta sollevazione popolare, che costò centinaia di morti e migliaia di feriti e di rifugiati all'estero, e la ferma condanna dell'Unione Africana, della UE e dell'ONU, spinsero Gnassingbé a indire per l'aprile dello stesso anno le elezioni presidenziali, che vinse con il 60,2% dei voti. Violente contestazioni e il mancato riconoscimento della legittimità del voto da parte della UE portarono nell'agosto 2006, dopo nove mesi di colloqui con la mediazione del presidente del Burkina Faso, a un accordo che prevedeva un governo di unità nazionale, elezioni legislative per il 2007, una nuova commissione elettorale, l'eliminazione dell'articolo della Costituzione che obbligava a risiedere da almeno un anno in T. per potersi candidare alla presidenza, e infine un deciso ridimensionamento del ruolo delle forze armate. Nel settembre 2006 l'accordo trovava una prima e importante conferma con la costituzione del governo di unità nazionale.
In politica estera il T. manteneva un rapporto privilegiato con la Francia e tendeva ad accreditarsi come un instancabile operatore di pace, impegnandosi nella risoluzione dei conflitti presenti nell'area.