TOLENTINO (A. T., 24-25-26)
Città interna delle Marche, in provincia di Macerata. Sorge a 217 m. s. m., in piano, alla sinistra del Chienti, sul primo terrazzo alluvionale del fiume; disposta ai lati (Corso Garibaldi) dell'antichissima strada di fondovalle, la Lauretana, che dal medio Adriatico, per Colfiorito (m. 763), conduce a Roma. Già completamente murata, ha resti notevoli di porte e di mura a sud, sopra il Ponte del Diavolo, e a nord, sotto la ferrovia.
Il territorio comunale di kmq. 94,86, con estremi altimetrici di m. 520 e m. 140, è conformato ad ampia verde conca incavata tra due serie di colline mioceniche parallele al fiume e culminanti presso Colle Bura (m. 491) e il Colle di Tolentino (m. 445); è costituito di fertili terre incoerenti nelle piane quaternarie d'alluvione, di arenarie sulle colline, contenenti anche tenaci sfere silicee e, verso Belforte del Chienti, di rocce sedimentarie gessose, da costruzione.
Il suolo agrario è di ha. 9034, intensivamente coltivato a cereali vigna, gelsi, foraggere; notevole l'esportazione di vino, grano, bovini, bozzoli, nel regno, e di salumi, pollame e uova a Roma.
La popolazione, che nel censimento napoleonico (nominativo) del 1812 s'aggirava intorno agli 8000 ab., saliva nel 1860 a 10.749, nel 1901 a 13.197 (nel capoluogo o centro urbano 4944), nel 1921 a 13.065, nel 1931 a 14.211 (dens. 140 per kmq.) di cui 6253 nel capoluogo: cioè, l'incremento del secolo era più che assorbito dalla città. Tuttavia, la popolazione sparsa (7958) rappresenta, ancora, il 56 per cento.
Industrie storiche, già fiorentissime, sono quelle della lana, delle terraglie o stoviglie domestiche, della concia delle pelli; attuali, le concerie, le industrie metallurgiche e meccaniche, della carta di paglia, dei cuoi artistici, che si esportano all'estero, specie nell'America Meridionale.
Ha un seminario, un ginnasio e una scuola d'avviamento professionale, di lavori femminili (Ciardoni), d'arte; una biblioteca, archivî e raccolte comunali, con oggetti preromani e romani; raccolte di ceramiche presso la basilica; ospedale, orfanotrofio, ricoveri e asili.
Tolentino è servita dalla ferrovia Porto Civitanova-Albacina; inoltre varie linee automobilistiche la congiungono al capoluogo di provincia e a numerosi altri centri.
Monumenti. - La cittadina, che conserva nelle sue costruzioni una ragguardevole tradizione artistica, già nel suo primo aspetto esteriore è resa interessante da lunghi tratti di mura duecentesche con porta coeva merlata alla ghibellina. La sua chiesa più antica ancora esistente è la "Carità" del sec. XI. Anteriore ad essa doveva essere S. Catervo costruita nel sec. VIII, rifatta nel XIII e quindi completamente nel XIX. Del rifacimento del sec. XIII resta il portale principale, il campanile e la cappella del Santo, nella quale, oltre agli affreschi del sec. XV, è un sarcofago del sec. IV. Più importante è però la basilica di S. Nicola, eseguita nel sec. XIII, riformata in età barocca e nella cui facciata è ancora l'elaborato portale del fiorentino Nanni di Bartolo (sec. XV). Una Madonna rosselliniana, un Redentore e una Pietà crivellesche, alcuni reliquiarî del sec. XV sono in questa chiesa; ma la sua importanza è meglio stabilita dal cappellone di S. Nicola, nel quale, oltre all'arca del Santo, di arte toscana del 1474, è considerevole il vasto ciclo di affreschi trecenteschi con le storie di Cristo e di S. Nicola di scuola giottesco-riminese, in cui si è scorta la personalità del Baronzio e della sua scuola. Attiguo a S. Nicola è il chiostro duecentesco del convento agostiniano, singolare per i suoi archi ribassati e i pilastri ottagonali e polistili. Al sec. XIII appartiene anche S. Francesco, il cui interno fu rifatto nel sec. XVIII, e che conserva una Madonna affrescata forse da Giovanni Boccatis (1454) e altri affreschi del sec. XIV. Tra le espressioni più antiche dell'architettura civile notiamo la casa Scorcella e quella Compagnucci del sec. XIII; il palazzetto Mauruzi e la casa Filelfo del sec. XIV; il palazzo Silveri con resti del sec. XV; il palazzo Parisani la cui parte inferiore fu eseguita su disegno del Sangallo. Ancora si conserva, nella seicentesca casa Parisani, l'appartamento abitato dal Bonaparte, dove fu firmata la pace del 1797. Notevole è il museo civico, con resti di opere romane, medievali e del Rinascimento. Nel contado sono importantissimi: l'abbazia di Chiaravalle di Fiastra, eretta nel sec. XII in stile gotico cisterciense; la vecchia pieve di S. Maria con resti del sec. XIII; un ponte sul fiume Chienti, costruito nel 1268 da maestro Bencivegna; e infine il trecentesco castello della Rancia, che fu fondato nel 1352 da maestro Andrea da Como per Rodolfo II Varano.
Storia. - Tolentinum fu città romana del Piceno. È nella lista pliniana dei comuni del Piceno. La sua costituzione municipale è ricordata dal Liber Coloniarum e da alcune iscrizioni. Ebbe scarsa importanza nell'antichità perché posta su una via secondaria.
Un primo ricordo del comune di Tolentino si ha fino dal 1099; da allora venne crescendo d'importanza con la dedizione o l'acquisto dei castelli vicini, tanto che nel 1248 vi ebbe residenza il cardinale Capocci mandato a richiamare all'obbedienza della Chiesa i ghibellini della Marca e, poco dopo (1253), vi risiedeva anche il rettore della Marca come in città fedele, finché non fu occupata da Percivalle Doria per il re Manfredi dal quale, nel 1262, fu esentata da ogni contribuzione. Nel 1265 uno dei Varano, Berardo, tentò d'impadronirsene ma non vi riuscì e i beni che vi possedeva furono confiscati e venduti a pro' del comune. Questo, che godeva di una certa autonomia, nel 1353 aderì alla lega ghibellina promossa dal Visconti arcivescovo e signore di Milano, ma venne ricondotto alla Chiesa dal cardinale Albornoz nel 1355; questi l'assolse da ogni pena e si ritiene lo concedesse in vicariato a Rodolfo Varano capitano delle truppe papali. Rodolfo fu sconfitto dalla lega nel 1377 ma Tolentino non si liberò dalla signoria dei Varano fino al 1389 in cui si ribellò apertamente. Nel 1433 minacciata da Francesco Sforza si rivolse al concittadino Nicola Mauruzi per essere difesa e gli offerse la signoria in luogo degli odiati da Varano; impegnato altrove, egli non poté accorrere, vi andò invece Bernardo da Varano, che venne ucciso e il governo passò in mano di Cristoforo Mauruzi figlio di Nicola. Quando questi fu sconfitto da Filippo Maria Visconti, Eugenio IV dichiarò Tolentino soggetta immediatamente alla Chiesa liberandola da ogni altra signoria (1434). Ma la liberazione fu soltanto nominale perché, per accordi col papa, lo Sforza tornò a dominarvi. Da questo momento (1435) è un continuo alternarsi tra il dominio dello Sforza e quello della Chiesa segnato da ribellioni, demolizione e ricostruzione della rocca (1435, 1438), assedî (1438, 1443), entrata di Alfonso d'Aragona per la Chiesa (1443), ritorno dello Sforza (1444) che poi si ritira definitivamente da tutta la Marca nel 1445. Da allora Tolentino appartenne allo stato pontificio senza subire vicende notevoli fino all'avvento dei Francesi. Nel 1799 venne occupata dai montanari insorti contro di questi che riuscirono a cacciarli dopo sanguinosi combattimenti. Nel 1815 fu quartiere generale delle truppe austriache mandate contro il re Gioacchino Murat che aveva il suo quartiere a Macerata. Nel 1860 entrò a far parte del regno d'Italia.
La pace di Tolentino. - Fu conclusa il 19 febbraio 1797 tra la repubblica francese, rappresentata dal generale Bonaparte, e il papa Pio VI, le cui truppe erano state fugate sul Senio da quelle francesi. I negoziatori del papa erano il card. Mattei, il duca Braschi, mons. Caleppi e il marchese Massimi e le trattative cominciarono il 17 febbraio. Bonaparte pose subito loro l'alternativa o di sottomettersi a prendere come base dei negoziati quelle stipulazioni di Bologna, che non erano state rispettate, o di dover subire le conseguenze della ripresa delle ostilità. I plenipotenziarî pontifici piegarono e il 18 febbraio presentarono un progetto d'accordo, compilato dal Caleppi, che venne respinto da Bonaparte, e sostituito da un altro, in cui egli giungeva a chiedere alla Santa Sede il diritto di esclusiva nel conclave perfino ad elezione del papa già avvenuta. Il Caleppi, principalmente, resistette ad ogni pressione per l'ingerenza del governo francese nel campo ecclesiastico, ma dovette piegarsi a considerevoli sacrifici di natura temporale. Le disposizioni contenute nei 26 articoli del trattato richiedevano, infatti, che il papa licenziasse le sue milizie; che accordasse alla Francia la cessione definitiva di Avignone, del contado Venosino e delle Legazioni di Bologna, di Ferrara e di Romagna; che concedesse ai Francesi l'occupazione di Ancona fino alla conclusione della pace; che, oltre ai 16 milioni, che doveva pagare per i patti di Bologna, ne sborsasse altri 15; che consegnasse molti importanti manoscritti e capolavori d'arte; che deplorasse solennemente l'assassinio di Bassville e desse un'indennità di 300.000 lire ai danneggiati. Dopo cinque giorni, e dopo aver ascoltato il parere d'una congregazione di cardinali, Pio VI ratificò il trattato, che ha grande importanza nella storia del diritto pubblico europeo, poiché per la prima volta il papa cedette parte del Patrimonio di S. Pietro.
Bibl.: H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 421; Corp. Inscr. Lat., IX, p. 530; Statuta seu municipales leges inclitae terrae Tholentini, Macerata 1566; G. Colucci, Delle antichità di Tolentino, in Antichità picene, V; id., Tolentino illustrata con aneddoti, documenti, ibid., XX; C. Santini, Saggio di memorie della città di Tolentino, Macerata 1789; id., Tolentino illustrata... ovvero apologia del... dominio, che su di essa hanno esercitato le famiglie Varani, Accorimboni e Mauruzj, Fermo 1793; S. Collio Servanzi, Sul coro della antica chiesa di S. Catervo in Tolentino, Macerata 1850; id., Reliquiario nella basilica di S. Nicola da Tolentino, ivi 1855; id., Opere sculte e intagliate in legno in diverse chiese della città di Tolentino, ivi 1872; G. Benadduci, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca e peculiarmente in Tolentino, Tolentino 1892; F. Hermanin, Affreschi di G. Baronzio in Tolentino, in Bollettino soc. filol. romana, VII (1905); L. Serra, Arte nelle Marche, Pesaro 1929 e Roma 1934; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, III, Milano 1907, p. 853; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927, pp. 837, 901, 1081; Richemont, in Le Correspondant, CLXXXVIII (1897), p. 842 segg.; J. du Teil, Rome, Naples et le Directoire; armistices et traités, Parigi 1902; L. von Pastor, Storia dei papi, trad. it., XVI, iii, Roma 1934, p. 619 segg.
Il combattimento di Tolentino. - Fra le alterne vicende della campagna di Murat, merita un particolare rilievo il combattimento a carattere decisivo avvenuto nei pressi di Tolentino. Dopo il successo riportato a Pollenza, l'esercito napoletano (12.000 uomini) doveva incalzare l'esercito austriaco (15.000 uomini comandati dal generale Bianchi) e sferrare l'attacco definitivo. Nel frattempo però Murat riceveva notizie sulla situazione interna del suo regno molto preoccupanti e tali da consigliarlo a interrompere l'avanzata. Di questo momento d'incertezza nel campo nemico approfittò il comando austriaco per prendere l'iniziativa di un attacco di sorpresa. Il 3 maggio 1815 forti reparti a cavallo austriaci, sostenuti da un efficace fuoco di artiglieria, caricavano, in direzione di Macerata, le fanterie napoletane. Presso il Monte Milone, a pochi chilometri da Tolentino, si accese il combattimento che doveva decidere delle sorti dell'esercito partenopeo. Le divisioni d'Aquino e D'Ambrosio, costrette alla ritirata, dovettero ripiegare verso Portocivitanova. La demoralizzazione delle truppe era in parte giustificata dalla condotta timida del capo. Perdite napoletane 2300 uomini; austriache, 210 morti e 500 feriti.