TOLENTINO
(lat. Tolentinum)
Cittadina delle Marche (prov. di Macerata), prossima alla riva sinistra del fiume Chienti, a metà strada tra la costa adriatica e la dorsale appenninica.T. fu centro romano di modesta importanza, impiantato sul sito di un insediamento piceno. Il cristianesimo vi penetrò sul finire del sec. 4°, come attesta l'erezione del mausoleo di Flavio Giulio Catervio, di cui è pervenuto il sarcofago, del tipo a porte di città decorato con episodi biblici, nella cattedrale di S. Catervo (Nestori, 1996). T. fu sede vescovile tra il 487 e il 502, ma in seguito alla parziale distruzione causata dalla guerra gotica ebbe a soffrire un lungo periodo di decadenza che ne determinò l'incorporazione nella diocesi di Camerino. Nel 1099 il vescovo camerinese cedette i diritti sulla civitas all'abate di S. Salvatore Maggiore, che tenne T. sotto la sua giurisdizione fino al 1166, quando subentrarono i signori della Marca Anconitana. Tuttavia dal 1170 è documentata l'attività della magistratura consolare e sul finire del secolo di quella podestarile, la cui azione politico-militare consentì l'incorporazione di diversi castelli del contado (Hagemann, 1944). Nel 1199 la cittadina si sottrasse all'autorità marchionale e imperiale, sottomettendosi al papato, che subito ne riconobbe le libertà comunali.La prosperità economica raggiunta dal Comune di T. nel corso del sec. 13° favorì una considerevole espansione urbana e l'innalzamento entro il 1263 di un'ampia cinta muraria (Forconi, Semmoloni, 1971; Tolentino, 1988), completata sul Chienti dal fortificato ponte 'del diavolo', documentato da un'epigrafe del 1268 conservata nel convento di S. Nicola (Mus. Archeologico). La presenza dei rettori pontifici, che nel 1253 scelsero T. come loro sede nella Marca, fu interrotta solo dalla conquista manfrediana del 1259-1266 (Hagemann, 1946). L'autorità comunale riuscì comunque a mantenere l'autonomia politica, limitando nel suo territorio l'influenza della vicina abbazia cistercense di Chiaravalle di Fiastra (v. Bernardo di Chiaravalle, santo; Cistercensi; Grangia) e contrastando nella prima metà del Trecento le aspirazioni alla signoria cittadina della famiglia Accoramboni. Nel 1353 T. aderì alla Lega ghibellina promossa dall'arcivescovo di Milano, ma due anni più tardi capitolò di fronte al cardinale Albornoz, che la concesse in vicariato a Rodolfo da Varano, signore di Camerino e capitano pontificio. Il dominio della casata da Varano ebbe termine nel 1434, quando Eugenio IV (1431-1447) dichiarò T. soggetta direttamente alla Chiesa.Perduti quasi del tutto i segni monumentali dell'insediamento romano, si conservava fino al 1822 il panteum cum tricoro costruito nel tardo sec. 4° per ospitare le spoglie di Catervio e della consorte in un'area cimiteriale a E dell'abitato. Il sorgere nel Medioevo del culto di Catervio, divenuto il martire Catervo (Delehaye, 1943), trasformò il mausoleo in luogo di pellegrinaggio presso il quale si stabilì il priorato benedettino di S. Maria, citato in un diploma imperiale del 1047 e dipendente dall'abbazia sabina di S. Salvatore Maggiore, talvolta menzionato con il titolo di S. Catervo e/o del Salvatore, com'è documentato a partire dal 1034.Al pieno sec. 11° è riconducibile anche la più antica testimonianza artistica, costituita dall'affresco frammentario con l'episodio delle Vergini sagge rinvenuto nel 1990 nel nicchione settentrionale del mausoleo (Romano, 1994; Nestori, 1996, pp. 64-73). È quindi verosimile che il cenobio avesse trasformato il monumento funerario in chiesa monastica, apportando nel tempo minimi cambiamenti da individuare nell'aggiunta di un piccolo ambiente laterale, noto come le 'carceri di s. Catervo', e nella torre campanaria, innalzata alla metà del 12° secolo. Contestuale al modesto intervento architettonico fu la messa in opera di un portale romanico fornito forse di protiro, da cui proverrebbero sia la lunetta erratica con Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele e i ss. Pietro e Paolo, nella cattedrale di S. Catervo, sia il gruppo di quattro leoni stilofori che attualmente sostengono il sarcofago di Catervio. La costruzione, dopo il 1256, di una più imponente chiesa abbaziale di impianto basilicale con terminazione rettilinea salvaguardò il panteum e il campanile, che furono inseriti nel blocco di facciata; tuttavia gli interventi ottocenteschi - condotti in occasione dell'elevazione di S. Catervo a cattedrale - hanno del tutto alterato l'immagine architettonica del complesso medievale, ribaltando tra l'altro l'orientamento dell'edificio e demolendo gran parte del mausoleo paleocristiano.Nel centro cittadino a partire dal 1270 fu innalzato il convento di S. Francesco, mentre la fabbrica degli Agostiniani (oggi convento di S. Nicola) nel quadrante sudorientale, inizialmente dedicata a s. Agostino, era già in opera nel 1284. La fortuna di quest'ultimo insediamento si lega fin dapprincipio alla figura di Nicola, frate che qui aveva vissuto in ascesi penitenziale e il cui culto era esploso dopo la morte avvenuta nel 1305. L'occasione fornita dal processo di canonizzazione, il cui primo atto si tenne a T. nell'estate del 1325, risultò determinante nel dirigere l'impegno del cantiere a favore di un completamento dell'ala conventuale interessata dall'allestimento del cappellone-memoriale. Con il cambio di destinazione da primitiva sagrestia in cappellone di S. Nicola si attuò la sopraelevazione dell'ambiente, predisposto a ricevere un'alta copertura a crociera costolonata anche in previsione della sua quasi contestuale affrescatura (Pistilli, 1992; 1994). L'esecuzione dell'impresa pittorica, oggi ricondotta agli anni venti (Boskovits, 1989; Benati, 1992) benché non manchino datazioni del ciclo intorno al 1310 (Bisogni, 1987; Bellosi, 1994), spetta a Pietro da Rimini (v.) e alla sua bottega. L'affrescatura risulta progettualmente unitaria occupando la volta, nelle cui vele sono disposti in coppia un evangelista e un dottore della Chiesa, e le pareti dell'aula suddivise in tre registri narrativi: nell'ordine superiore le Storie della Vergine, nel mediano le Storie di Cristo e nell'inferiore episodi della Vita di s. Nicola e miracoli post mortem. Tuttavia all'interno del racconto emerge il divario tra gli estesi interventi della bottega e l'elevato lirismo delle scene ascrivibili a Pietro (per es. Natività, Strage degli Innocenti, Nozze di Cana), il cui stile, influenzato dall'opera di Giotto, risente anche dei modi lorenzettiani di Assisi (Boskovits, 1989). La fabbrica conventuale eremitana fu completata intorno al 1370 dalla costruzione del chiostro, in origine non previsto (v. chiostro). La robustezza di impianto, resa sulla sequenza ininterrotta di forti pilastri mistilinei collegati da archi ribassati, è rinsaldata dalla pesante cornice di gronda decorata da bacini ceramici tardotrecenteschi di fattura centroitaliana, che per numero e qualità costituiscono un insieme eccezionale (Montuschi Simboli, 1994).Nelle collezioni del convento eremitano si conservano le poche vesti liturgiche appartenute a frate Nicola (S. Nicola, cappella delle Sante Braccia) e, soprattutto, un gruppo ligneo della Natività (Mus. dell'Opera del Santuario), di produzione locale ma di ignota provenienza, datato entro la prima metà del sec. 14° (Neri Lusanna, 1992).
Bibl.: L. Serra, L'arte nelle Marche. Dalle origini cristiane alla fine del Gotico, I, Pesaro 1929, pp. 191, 215, 236-237, 271-275; H. Delehaye, Saints de Tolentino. La vita sancti Catervi, AnalBoll 61, 1943, pp. 5-28; W. Hagemann, Studien und Dokumente zur Geschichte der Marken im Zeitalter der Staufer IV. Tolentino, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 44, 1944, pp. 152-288; 46, 1946, pp. 91-218 (trad. it. Tolentino nel periodo svevo, Studia Picena 35, 1967, pp. 1-52; 42, 1975, pp. 1-60); D. Forconi, G. Semmoloni, Aspetti urbanistici di Tolentino nel Medioevo, Studi maceratesi 7, 1971, pp. 186-204; D. Cecchi, Storia di Tolentino, Tolentino 1975; M. Boskovits, La decorazione pittorica del Cappellone di S. Nicola a Tolentino, in San Nicola, Tolentino, le Marche, "Atti del Convegno internazionale di studi, Tolentino 1985", Tolentino 1987, pp. 245-252; F. Bisogni, Gli inizi dell'iconografia di Nicola da Tolentino e gli affreschi del Cappellone, ivi, pp. 255-296; T. Zazzeri, La ''Forma monasterii'' agostiniana e il convento di S. Agostino in Tolentino al tempo di San Nicola, ivi, pp. 373-391; Tolentino. Guida alla storia e all'arte, a cura di G. Semmoloni, Tolentino 1988; M. Boskovits, La nascita di un ciclo di affreschi del Trecento. La decorazione del Cappellone di San Nicola da Tolentino, AC 77, 1989, pp. 3-26 (con bibl.); J. Gardner, The Cappellone di San Nicola at Tolentino: Some Functions of a Fourteenth-Century Fresco Cycle, in Italian Church Decoration of the Middle Ages and Early Renaissance. Functions, Forms and Regional Traditions, "Ten Contributions to a Colloquium Held at the Villa Spelman, Florence 1987", a cura di W. Tronzo (Villa Spelman Colloquia, 1), Bologna 1989, pp. 101-117; E. Neri Lusanna, Il gruppo ligneo della Natività di San Nicola a Tolentino e la scultura marchigiana, in Arte e spiritualità negli Ordini Mendicanti, "Atti del Convegno, Tolentino 1991", Roma 1992, pp. 105-124; P.F. Pistilli, Ipotesi sulle fasi costruttive degli edifici conventuali due-trecenteschi del monastero agostiniano di Tolentino, ivi, pp. 205-233; D. Benati, Gli affreschi del Cappellone di Tolentino, Pietro da Rimini e la sua bottega, ivi, pp. 235-255; S. Romano, Gli affreschi del Cappellone: il programma, ivi, pp. 257-270; A.R. Calderoni Masetti, Sui percorsi narrativi del Cappellone di San Nicola a Tolentino, ivi, pp. 271-273; S. Romano, Le Storie intorno all'Arca: Nicola da Tolentino e la "Pax" marchigiana, in Il Cappellone di san Nicola a Tolentino, Cinisello Balsamo 1992, pp. 23-40; D. Benati, Pietro da Rimini e la sua bottega nel Cappellone di San Nicola, ivi, pp. 41-71; L. Bellosi, Ancora sulla cronologia degli affreschi del Cappellone di San Nicola a Tolentino, in Arte e spiritualità nell'Ordine Agostiniano e il convento di San Nicola a Tolentino, "Atti del Convegno, Tolentino 1992", Roma 1994, pp. 187-206; P.F. Pistilli, Risultati di un'indagine: il convento di San Nicola a Tolentino nel Medioevo, ivi, pp. 259-278; H. Dellwing, Evoluzione del chiostro di San Nicola a Tolentino, ivi, pp. 279-288; B. Montuschi Simboli, I 'bacini' del chiostro di San Nicola a Tolentino, ivi, pp. 289-296; S. Romano, La pittura medievale nelle Marche, in La pittura in Italia. L'Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 199-202; La basilica di San Nicola a Tolentino. Guida all'arte e alla storia, Tolentino 1995; A. Nestori, Il mausoleo e il sarcofago di Flavius Iulius Catervius a Tolentino (Monumenti di antichità cristiana, s. II, 13), Città del Vaticano 1996 (con bibl.).P.F. Pistilli