Vedi TOLOSA dell'anno: 1966 - 1997
TOLOSA (Tolosa, Τολῶσσα, Τολόσσα)
1. Topografia antica. - T. appare nella storia al tempo della conquista della Gallia transalpina, come un oppidum dei Volci Tectosagi, occupata circa dal 118 a. C. da una guarnigione romana; si ribellò nel 108 e nel 107 a. C. e fu riconquistata a viva forza nel 106, dal console Q. Servilio Cepio.
Si è discusso se la T. gallica fosse costruita sulle terrazze alluvionali che costeggiano la riva destra della Garonna, cioè nella stessa area dove sorgerà la città romana e poi la città medievale e dove permane il centro della città moderna. Dal XVI sec. numerosi autori hanno voluto cercare questo primitivo stanziamento una diecina di km a S, sull'altopiano e le colline che, attorno al villaggio della vecchia T., dominano dall'alto la vallata della Garonna. Su queste alture il "grande oppidum dei Tectosagi" si sarebbe esteso per circa 200 ettari, densamente abitato durante tutta l'Età del Ferro, poi abbandonato, come Bibracte e Gergovia, in età augustea. Un po' più a S, l'altipiano di La Planho nell'ultimo secolo prima della nostra èra, cioè già sotto la dominazione romana, fu abitato e occupato da necropoli, e una iscrizione latina, una delle più antiche di tutta la Gallia, vi commemora anche l'erezione di un tempio nel 47 a. C. Secondo ogni verisimiglianza questo fu, dall'epoca della conquista fino a verso la fine del regno di Augusto, un luogo di culto, di pellegrinaggio e anche un grande mercato per i vini campani importati dall'Italia; ma nulla prova che lo stanziamento abbia costituito per i Volci Tectosagi, prima della conquista, una piazzaforte difensiva, né sembra più antico di quelli che si erano costituiti a T. stessa, sulla riva della Garonna.
Fin dalla prima Età del Ferro, sul luogo della città attuale, le prime tombe ad incinerazione della necropoli di Saint-Roch si apparentano strettamente a quelle dei Campi d'Urne del Mezzogiorno e, in particolare, a quelle della necropoli di Gabor, a Saint-Sulpice-La-Point (Tarn). Esse risalgono probabilmente al VI o al V sec. a. C. e sembrano pertanto anteriori all'arrivo dei Volci Tectosagi. Questo arrivo, che sembra doversi situare nel corso del III sec., ha senza dubbio accresciuto la popolazione, ma senza modificarne la distribuzione geografica, e la necropoli di Saint-Roch ha continuato ad essere usata, senza interruzione, fino al principio dell'Impero. Prima di questa data noi ignoriamo quasi tutto della topografia di questa T. celtica e poi romana. Da qualche trovamento sporadico, che ricorda il materiale di Saint-Roch, sembra che numerosi stanziamenti abitati si siano agglomerati lungo la riva destra della Garonna.
Nella organizzazione della provincia della Gallia transalpina, T. dapprincipio dovette la sua importanza e la sua prosperità al fatto che essa costituiva, rispetto alla Aquitania ancora indipendente e parzialmente ostile, un avamposto militare e culturale della romanizzazione e soprattutto, dall'epoca di Fonteius, uno dei grandi mercati di vino dell'Italia meridionale, che essa ridistribuiva verso il Rouergue, il Bordelais e i Pirenei.
In età imperiale, nonostante la crisi del mercato del vino, T. restò una città importante, mercato agricolo per i cereali che, attraverso Narbona, si esportavano verso l'Italia, e centro intellettuale, che Marziale definì con l'epiteto di "caro a Pàllade". Essa restò confinata sulla terrazza della riva destra della Garonna, e non arriverà mai, prima del Medio Evo, sulla riva sinistra, nella pianura di S. Cipriano soggetta alle inondazioni.
Il solo elemento della sua topografia, conosciuto con certezza, è la cinta difensiva, che si è conservata, a tratti, quasi intatta fino al XIX secolo. Appoggiata nelle sue due estremità alla Garonna, essa descrive un vasto semicerchio, leggermente allargato, che racchiude sulla riva destra del fiume una superficie di 8o ettari. Ausonio, che vide la muraglia nel IV sec., definì T. città quintupla, quinquiplex Tolosa, volendo significare probabilmente che quattro sobborghi, dapprima distinti dall'agglomerato originale, erano ormai uniti ad esso, all'interno della fortificazione.
Su tutto il fronte di terra, la muraglia è di una struttura perfettamente uniforme. È costruita in scaglie di ciottoli della Garonna, rivestita alla base da un piccolo paramento di conci in calcare, inframmezzato ad una tripla cortina di mattoni, mentre nella parte superiore è rivestita da un semplice paramento in mattoni, ora quasi ovunque scomparso. Delle torri rotonde, vuote all'interno fin dalla base, da 10 a 11 m di diametro, sono state riconosciute in diversi punti. Esse dovevano esistere dappertutto. Tre porte si aprivano sicuramente al S al N e all'E. Forse ve ne erano delle altre. La datazione della cinta resta in discussione, tra il I e il IV sec. d. C. Visto il considerevole territorio che essa ingloba, e che farà di T. nel basso Impero una delle città più vaste della Gallia, essa potrebbe dubitativamente anche risalire alla metà o alla fine del II sec., età in cui T. ricevette il titolo di colonia onoraria.
All'interno di questa cinta fortificata, che resterà quella del Medio Evo, la topografia urbana si può appena indovinare. Ancora segnato dall'allineamento delle strade attuali, il cardo maximus andava dritto da N a S, dalla porta da cui usciva la via per Narbona, a quella della via di Cahors. Perpendicolarmente, il decumanus maximus doveva unire il guado principale, posto nelle vicinanze della chiesa di La Daurade, con la porta che si apriva ad E della cinta, vicino alla cattedrale di S. Stefano. A giudicare dalle parti che si possono identificare, il tracciato delle fogne antiche conferma questa disposizione ortogonale. Questo piano non aveva tuttavia la regolarità geometrica che sarebbe stata propria in una città di nuovo impianto, e sembrerebbe piuttosto l'adattamento approssimativo di un sistema urbanistico ad uno stato di cose preesistente. Il sito del Capitolium, reso illustre nel 250 dal martirio di S. Saturnino, resta in discussione. Alcuni templi sono semplicemente supposti nelle vicinanze della Daurade e di S. Stefano. Solo il teatro è stato effettivamente ritrovato; era stato costruito lungo le rive della Garonna, all'altezza del Ponte Nuovo e poteva accogliere da 6ooo a 65oo spettatori, per una popolazione urbana di 20-25.000 abitanti. Tutti gli altri edifici restano sconosciuti, forse perché, costruiti in mattoni e caduti in rovina a più riprese, sono oggi seppelliti ad una profondità di tre o quattro metri sotto il livello della città moderna.
L'antico agglomerato riceveva l'acqua da due acquedotti. Ad E quello di Guilheméry; all'O il grande acquedotto tolosano, lungo otto km, costruito per allacciare, sulla riva sinistra della Garonna, le sorgenti pure ed abbondanti delle colline di Lardenne. Il condotto era in un primo tratto sotterraneo, poi diveniva aereo ed era sostenuto da una serie di arcate alte che arrivavano ad attraversare la Garonna all'altezza del Ponte Vecchio, prima di raggiungere qualche castello d'acqua che doveva essere vicino alla piazza Rouaix, il punto più alto della città. Il Ponte Vecchio è, secondo ogni verisimiglianza, il solo ponte che sia stato gettato sulla Garonna nell'antichità.
Le necropoli che si stendono nelle immediate vicinanze della cinta, non sono mai state oggetto di una ricerca sistematica. Al N la necropoli della strada di Cahors fu soprattutto una necropoli cristiana, dove le inumazioni si moltiplicarono presso il corpo venerato di S. Saturnino, seppellito sul bordo della strada dopo il suo martirio.
Al di là delle necropoli, gli agglomerati suburbani, praticamente inesistenti nelle zone soggette ad inondazioni o semplicemente paludose, si disperdevano sulle terrazze e le colline, assumendo un carattere prettamente rurale; 4 km a N della città, esisteva però, sulla riva sinistra della Garonna il quartiere di Saint-Michel-du-Touch, dove sorgeva l'anfiteatro romano di Lardenne, capace di accogliere 15.000 spettatori e del quale sussiste ancora lo scheletro in conglomerato. La sua costruzione in un sobborgo lontano, dove la popolazione stabile non poteva essere molto numerosa, si spiega con la prossimità di un santuario pagano, che fu forse costruito sul promontorio che sovrasta la confluenza del Touch e della Garonna, e al quale si sarebbe sostituita, in epoca cristiana, la chiesa oggi scomparsa di Saint-Michel-du-Touch.
Bibl.: I principali studî d'insieme che riguardano, con maggiori o minori dettagli la topografia antica di T. sono: Stevens, in Pauly-Wissowa, VI A, 1936, cc. 1685-1693, s. v.; M. Broens, Essai de topographie antique de T., Parigi 1951 (Mémoires présentés par divers savants à l'Academie des Inscriptions et Belles Lettres, XIV, 2, pp. 287-314); J. Coppolani, Toulouse, études de geographie urbaine, Tolosa 1954, pp. 3-35; Ph. Wolff, Histoire de Toulouse2, Tolosa 1961, pp. 21-36. Per la storia di T. romana: Bull. de litt. eccl. de l'Institut Catholique de Toulouse, 1947, pp. 129-137; M. Labrousse, Sous les pavais toulousains, in Pallas, II, 1954, pp. 128-153; id., Recherches et hypotheses sur l'enceinte romaine de Toulouse, in Hommage à Albert Grenier, Bruxelles 1962, II, pp. 900-927; Abate Braccrabere, l'aqueduc de la "Reine Pédauque" à Toulouse, in Mém. de la Soc. arch. du Midi de la France, XXX, 1964, pp. 59-116.
(M. Labrousse)
2. Museo di Antichità. - Le collezioni di archeologia di T., esposte prima nel convento degli Agostiniani, divenuto museo dopo la rivoluzione, sono state raggruppate nel 1950 e suddivise geograficamente nell'antico Collegio di S. Raymond, ricostruito nel 1523 presso la facciata occidentale della chiesa dell'abbazia di S. Sernin. Il piano terra è stato riservato alle raccolte epigrafiche e a quelle di scultura, il piano superiore alle arti minori.
Le sculture e le iscrizioni antiche che nel XVIII sec. appartenevano all'Accademia Reale di Scienze Iscrizioni e Belle Lettere di T., formarono il nucleo del museo. Aperto nel 1795, s'accrebbe rapidamente grazie alle prospezioni e agli scavi eseguiti nella parte meridionale del dipartimento dell'Alta Garonna dal Cavalier Du Mège, la cui attività, variamente giudicata, fu tuttavia sostanziale per l'accrescimento considerevole delle collezioni nel corso della prima metà del XIX secolo. In un centinaio di anni il museo si arricchì di una gran quantità di iscrizioni pirenaiche, della quasi totalità delle sculture messe in luce a Martres-Tolosane (Alta Garonna) e del gruppo dei ritratti di Beziers (Hérault).
Oltre all'iscrizione della Vecchia-Tolosa (Alta Garonna) datata al 47 a. C., ex voto come quelli della Mater Deum d'Alet (Aude), e di Labroquère (Alta Garonna) e alcuni testi di Narbonne (Aude) e di Saint-Bertrand-de-Comminges (Alta Garonna), le collezioni epigrafiche comprendono principalmente le dediche a divinità pirenaiche di Comminges, come Leherenn ad Ardiège, Abelio a Saint Beat e ad Aulon. Ilixo a Bagnères-de-Luchon, Iscittus a Garin (Alta Garonna). Tra i monumenti funerarî, bisogna anche citare le stele funerarie a busto, di tipo italico, di Martres-Tolosane, di Burgalais e di Gaud (Alta Garonna), ed è necessario menzionare in particolare l'ex voto di Marignac (Alta Garonna) che accenna alle cave di marmo pirenaico donde è stato estratto il materiale di questi monumenti.
Le sculture formano, con i ritrovamenti di Béziers e di Martres-Tolosane, la parte essenziale del museo. Il gruppo dinastico giulio-claudio scoperto nel 1844, a Béziers, comprende tre ritratti femminili e sei ritratti maschili, tra cui quello di Augusto e di Tiberio. La collezione di sculture in marmo greco, italico e pirenaico, messe in luce nella località di Chiragan, a Martres-Tolosanes, nel corso degli scavi del 1826-1830, 1842, 1890-1891, e 1897-1899, comprende repliche di opere greche- come l'Atena di Mirone e quella di Kresilas, l'Artemide di Ariccia, e una testa di Venere Cnidia- una serie di rilievi raffiguranti le fatiche di Ercole, un gruppo di medaglioni con divinità e una cinquantina di ritratti romani, tra i quali si riconoscono effigi di Augusto e di imperatori compresi tra Traiano e quelli della metà del III secolo.
T. e i suoi dintorni sono rappresentati da qualche scultura e dal mosaico di Oceano, scoperto a Saint-Rustice (Alta Garonna); Carcassonne (Aude), è rappresentata da una replica del Discobolo di Mirone e Auch (Gers) da una statua di Giove seduto, in calcare locale.
Il museo custodisce inoltre i torques in oro di Lasgraisses (Tarn) e di Fenouillet (Alta Garonna), una parte della ceramica della Vecchia-Tolosa e del quartiere Saint-Roch di Tolosa, che sono le testimonianze più antiche degli agglomerati urbani sorti alla confluenza delle vallate della Garonna, dell'Ariège e dell'Hers, così come i prodotti dell'officina di ceramica sigillata di Montans (Tarn) e, tra i bronzi, il Mercurio seduto di Pouy-de-Touges (Alta Garonna) e la decorazione del carro di Fa (Aude), raffigurante un felino che assale un cavaliere.
A questi pezzi in maggioranza di origine locale, si è aggiunta una piccola collezione di ceramiche e di statuette in terracotta provenienti dalla Grecia e dall'Italia.
Bibl.: A. Du Mège, Description du Musée des Antiques de Toulouse, Tolosa 1835; E. Roschach, Musées de Toulouse, Antiquités, objets d'art, Tolosa 1865; C.I.L., XII e XV; E. Espérandieu, Recueil général des bas-reliefs statues et bustes de la Gaule Romaine, I, 1907, n. 528 (gruppo di Béziers), p. 472 ss. (Tolosa); II, 1908, n. 836 ss. (Comminges), 891 s. (Martres Tolosane); F. Braemer, Les portraits antiques de Martres-Tolosane, in Bull. soc. nat. des antiquaires de France, 1952, p. 143 ss., tav. II-III.
(F. Braemer)