TOLOSANO
– Il principale autore del Chronicon Faventinum nacque con tutta probabilità verso la metà del XII secolo, in località imprecisata, da una famiglia di cui ci è noto soltanto un fratello di nome Orlando (attestato il 21 maggio 1203).
Non è possibile accertare se il nome indichi una provenienza dalla città di Tolosa. Sta di fatto comunque che l’antroponimo Tolosano è attestato a Faenza, almeno in un paio di casi di quattro decenni più tardi della morte del cronista: un Tolosano fu Andolfo della Panna (o Penna?) e un Andrea Tolosano fanno parte, entrambi, dell’Ordine dei cavalieri della milizia di s. Maria Gloriosa o frati gaudenti. Nel XVIII secolo invalse anche l’abitudine da parte dell’erudizione locale di chiamarlo Agostino Tolosano, ma senza alcuna aderenza alle fonti. Un appellativo che invece accompagna sempre Tolosano è quello di magister, verosimilmente in teologia o retorica come suggerisce la dimestichezza, attestata nel Chronicon Faventinum, con le scritture vetero e neotestamentarie e con gli autori classici, specie Virgilio, seppure il suo latino (al netto degli errori dei copisti) risulti non troppo corretto ed elegante. Non manca qualche prova di una sua consuetudine con il diritto.
Tolosano fu canonico dell’Ordine diaconale della cattedrale faentina di S. Pietro, e per quei non molti elementi biografici che di lui conosciamo è fondamentale la documentazione capitolare (una quarantina di atti) messa in luce dall’edizione di Giuseppe Rossini (1936-1939), che ampliò di molto la documentazione nota agli eruditi fin dal Settecento (Giovanni Benedetto Mittarelli e Giovanni Battista Borsieri). Il 25 aprile 1189 è già chiamato magister; al 19 aprile 1192 rimonta invece la prima attestazione di lui come diaconus in un atto del collegio canonicale recante la sua firma autentica. In genere, tuttavia, in questi atti lo si ricorda soltanto come teste di transazioni di cui è attore il capitolo e come concessionario in proprio o venditore di beni immobili; da ciò si evince che era proprietario di case e terreni in Faenza e territorio. Di qualche rilievo può essere la notizia secondo la quale il 13 settembre 1202, in seguito a una lite fra l’abate della locale abbazia di S. Maria foris portam e l’hospitale di Vincareto, il vescovo di Faenza Teodorico affidò la vertenza al suo giudizio e a quello di altri due canonici: Enrico Tolomei e un certo Martino.
Nel contesto della lotta per il trono di Sicilia fra Enrico VI e Tancredi di Altavilla, Tolosano avrebbe inoltre visto suis oculis, nel tardo 1194 o tutt’al più agli inizi del 1195, condurre prigioniero in Germania il figlio di Tancredi Guglielmo III, morto ormai il di lui padre, assieme alla famiglia e al tesoro regio.
Nel 1219, mentre assumeva un pasto alla mensa comune dei canonici, Tolosano venne colpito da una paralisi che gli tolse l’uso della parola (Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, 1936-1939, cap. CLXXII). Il 15 agosto 1220 donò i suoi beni al vescovo Alberto e ai canonici della Chiesa faentina a beneficio delle anime del fratello Orlando, già defunto e di cui non sappiamo niente, dei genitori e dei – così vengono semplicemente designati – fratres. Non è però possibile chiarire se il termine (usato al genitivo plurale) indichi i confratelli canonici oppure dei fratelli di sangue. Dopo alcuni anni di infermità passati nel dormitorio dei canonici e presumibilmente nell’impossibilità di portare avanti la sua cronaca, Tolosano morì domenica 5 aprile 1226 (ibid., cap. CLXXXIX).
La sua memoria postuma è poi chiamata in causa un paio di volte nel corso del XIII secolo in atti giudiziari concernenti controversie di carattere fondiario tra ecclesiastici e privati e fra ecclesiastici stessi.
Il Chronicon Faventinum fu redatto dall’autore a partire da una data imprecisata. Il testo inizia nel 20 a.C. e si spinge fino al 1236. Occorre dunque distinguere la porzione, maggioritaria, dovuta al canonico faentino che forse non fu in grado di continuare la stesura oltre il 1219, e la successiva continuazione. Tale problema si collega strettamente con quello della tradizione della cronaca.
Il testimone principale, seguito da Rossini nell’edizione novecentesca, è il Manfrediano o Ferniani, un apografo pergamenaceo della fine del XIII secolo conservato presso la biblioteca dei conti Ferniani ed esistente dal 1930 in copia fotografica presso la Biblioteca comunale Manfrediana di Faenza (RF 24-1-89); è tuttavia incompleto e Rossini lo ha integrato servendosi in particolare del Viarani, un ms. cartaceo cinquecentesco che è una copia completa del Manfrediano custodito presso la medesima Biblioteca comunale faentina (ms, nr. 282). Vengono poi i seguenti mss.: l’Azzurrini, secentesco, depositato presso i locali dell’Archivio capitolare del duomo di Faenza; il Mittarelli e il Borsieri, entrambi settecenteschi, perduto il primo e conservato nella Biblioteca comunale faentina (ms. nr. 48) il secondo; infine, il ms. Sarti, ancora settecentesco, e allocato nella Biblioteca universitaria di Bologna (capsa 81).
La critica attuale (Mascanzoni, 1996) è giunta a conclusioni innovative rispetto a una lunga tradizione e a un lungo dibattito sulla struttura e sulla paternità dell’opera.
Nell’Ottocento Heinrich Simonsfeld (1893) tese a destrutturare quasi completamente il Chronicon Faventinum assegnando alla mano di Tolosano addirittura meno di un terzo dell’intera opera, mentre il più recente editore, Rossini (che pubblicò fra il 1936 e il 1939), assegnò a Tolosano più dei due terzi della fonte. Al dibattito parteciparono in seguito Ferdinand Güterbock in vista di un’edizione nei Monumenta Germaniae Historica (1937), Gherardo Ortalli e Augusto Vasina; tutti questi studiosi restarono fedeli allo schema che individuava due continuazioni, una prima dal 1219 al 1226, una seconda dal 1226 al 1236 entrambe con imitazioni dello stile di Tolosano.
Sembra invece innegabile (Mascanzoni, 1996) che abbia operato un primo continuatore coevo a Tolosano, che portò la narrazione fino al 1236, e un secondo, che agì decisamente più avanti nel tempo, vale a dire negli ultimi decenni del XIII secolo. Questi non proseguì la narrazione oltre il 1236 ma introdusse piuttosto tutti o quasi gli elementi estranei al nucleo narrativo faentino (fondazione di Costantinopoli, Longobardi, Carlo Magno, prima, terza, quarta e quinta crociata, molte vicende degli imperatori germanici, lotte fra le città lombarde) e, contestualmente, operò interpolazioni e apportò rimaneggiamenti e frequenti abbellimenti stilistici; ragione per cui pare lecito poterlo definire, oltre che ‘secondo continuatore’, anche ‘interpolatore’.
Infatti il primo continuatore non si discosta per nulla dalla trama locale e filofaentina non tradendo, fra l’altro, nessuna dipendenza da fonti estranee al mondo faentino e rivelando un’intonazione politica antimperiale. Il secondo continuatore o ‘interpolatore’ evidenzia una moralità storiografica non più municipalistica o cittadinesca, ma rivolta ad ampi orizzonti e ispirata a chiara simpatia nei confronti dell’Impero. Mostra inoltre una dipendenza molto stretta da fonti narrative reggiane e lombarde manipolate da Salimbene de Adam, da Jacques de Vitry e da altri cronisti delle crociate (Giovanni di Tolve, Oliviero di Paderborn o Scolastico); dipendenza che per motivi cronologici non è possibile far risalire né a Tolosano né al primo continuatore.
Quantitativamente, sono da assegnare a Tolosano circa 120 capitoli pari al 54% del totale, al primo continuatore una quarantina equivalenti grosso modo al 20% del totale e al secondo continuatore circa 50 capitoli per il 22% del totale; altri sono incerti o da attribuire a una fonte antica di carattere annalistico frutto di un ecclesiastico, membro del capitolo della cattedrale e più anziano di Tolosano su cui poi si innestò la penna del nostro cronista. Se ne può così concludere che il Chronicon Faventinum si configura, per via della sua organicità di concezione e di stesura se non per il poco ordine espositivo (capitoli cronologicamente fuori posto) e per la scarsa omogeneità della narrazione, come una tipica cronaca canonicale a più mani; anzi come la più antica cronaca canonicale (considerando il nucleo fondativo e l’epoca di Tolosano) di ambito emiliano-romagnolo.
Non sappiamo chi fosse il secondo continuatore o ‘interpolatore’ (di sensibilità diversa rispetto a Tolosano e al suo primo continuatore e attivo fra gli anni Settanta e Ottanta del Duecento quando ormai erano intervenuti profondi mutamenti politici e culturali rispetto agli anni in cui scrivevano il Tolosano e chi ne ha immediatamente proseguito l’opera) né ci è noto il nome del primo, anche se con tutta probabilità entrambi dovevano appartenere, in tempi diversi, all’ambiente della canonica cattedrale faentina.
Il Chronicon Faventinum, occorre aggiungere, è una fonte narrativa di assoluta rilevanza perché in certi casi ci riporta notizie uniche, nel senso che queste non sono rinvenibili in nessun’altra cronaca o fonte documentaria coeva. Un testo inoltre a cui, pur con tutti i suoi limiti, attinsero con fiducia le cronache di altre città romagnole, tutte successive al nucleo basilare del Chronicon Faventinum dovuto a Tolosano e a chi ne riprese immediatamente il lavoro.
L’approccio del canonico faentino emerge con molta nitidezza dalle pagine del Chronicon. La vita ecclesiastica è assente dalla cronaca che vibra invece di accesi sentimenti municipalistici nel quadro di una concezione provvidenzialistica della storia e degli avvenimenti e con l’accoglienza anche dell’elemento leggendario. Dal punto di vista degli orientamenti politici generali, Tolosano sembra evidenziare simpatie filoimperiali giacché mai si rinvengono parole di riprovazione o dissociazione nei confronti dei sovrani germanici. Il fulcro su cui si impernia tutta la forza narrativa del Chronicon Faventinum è da rinvenire nell’accurata e puntigliosa ricostruzione dell’impetuosa crescita di Faenza come potenza locale, dei suoi conflitti con nuclei signorili circostanti, della pianura e della montagna, e, soprattutto, della lunga e aspra lotta condotta contro l’antica e temibile Ravenna, di cui Faenza si pone come contraltare. Naturalmente in tali confronti vengono coinvolte anche le vicine città di Imola, Forlì, Cesena e persino Rimini, da un canto, e Bologna dall’altro, in un gioco mutevole di alleanze di cui Tolosano dà scrupolosamente conto. Il tono della narrazione è guerresco, quasi epico in certi passi, e il compiacimento per i successi militari di Faenza sugli avversari e su Ravenna appare molto evidente e pronunciato. Forte è anche il gusto di Tolosano per la ricostruzione, sicuramente arbitraria se non addirittura tutta di sua fantasia, delle concioni che egli mette in bocca ai capi al fine di galvanizzare le truppe prima delle battaglie.
Altra caratteristica stilistica di Tolosano è quella di ornare la sua prosa con brani poetici in cui, oltre a Virgilio, si colgono echi di Orazio, di Ovidio e del pisano Liber Maiorichinus dei primi anni del XII secolo. Abbondano anche i rinvii a testi ecclesiastico-liturgici, scritturistici e patristici, specie da s. Agostino. Occorre però valutare con molta cautela questi aspetti stilistici ed espressivi perché essi ricadono nella complessa questione della composizione del Chronicon Faventinum cui si è accennato.
La fortuna storiografica del Chronicon è stata notevole, in ambiente locale, come prova l’abbondanza di trascrizioni sei-settecentesche e l’attenzione di altri eruditi, a partire dal secentesco Giulio Cesare Tonduzzi fino al novecentesco Rossini passando per Giovanni Antonio Benedetti, Bernardino Azzurrini, Alessandro Grazioli, Andrea Zannoni, Romualdo Mario Magnani, Dionigi Strocchi, Bartolomeo Righi, Gian Marcello Valgimigli, Antonio Messeri, Francesco Lanzoni e altri autori minori; nonostante ciò, l’opera non riuscì a entrare nel piano editoriale dei Rerum Italicarum Scriptores muratoriani perché il vignolese, nonostante accurate ricerche svolte in loco soprattutto attraverso il padre camaldolese Pietro Canneti, non riuscì mai a rintracciarne i manoscritti.
Prima dell’edizione novecentesca di Rossini, l’editio princeps si ebbe a Venezia a opera di Mittarelli nel 1771; seguì poi quella di Marco Tabarrini a Firenze nel 1876.
Fonti e Bibl.: Faenza, Biblioteca comunale Manfrediana, Schedario Rossini, Cronologico, 5, 1177-1196; Cronologico, 6, 1197-1219; Cronologico, 7, 1220-1244; Cronologico, 9, 1279-1300; Soggetti, Cat-Cel, n. 645 e Tho-Tor, n. 555. Edizioni: Chronicon Tolosani canonici Faventini nunc primum editum ex M.sto Codice Faventino cur. J.B. Mittarelli, in Ad scriptores rerum italicarum cl. Muratori accessiones historicae faventinae, Venetiis 1771; Chronicon Tolosani canonici Faventini ab. Johanne Baptista Borserio ex tribus codicibus depromptum..., in Cronache dei secoli XIII e XIV, a cura di M. Tabarrini, Firenze 1876; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum [a.a. 20 a.C.-1236], a cura di G. Rossini, in RIS, XXVIII, 1, Bologna 1936-1939.
J.B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, Venetiis 1775, p. 172; H. Simonsfeld, Untersuchungen zu den Faentiner Chroniken des Tolosanus und seiner Fortsetzer, in Sitzungberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaft, Philosophische Historische Klasse, München, I (1893), 3, pp. 303-372; L.A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, I-XIV, Modena 1901-1922, nn. 2318, 2330, 2448, 2454, 2466, 2486; F. Güterbock, Studi sulla Cronaca faentina del Tolosano con un nuovo esame dei manoscritti, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo, LII (1937), pp. 107-135; G. Ortalli, Aspetti e motivi di cronachistica romagnola, in Studi romagnoli, XXIV (1973), pp. 349-387 (in partic. pp. 349-363); Id., Tra passato e presente: la storiografia medievale, in Storia dell’Emilia-Romagna, a cura di A. Berselli, I, Bologna 1976, pp. 615-636 (in partic. pp. 624 s.); A. Vasina, Mons. Giuseppe Rossini editore del T., in Atti della Giornata di studio in onore di mons. dott. Giuseppe Rossini nel XXV anniversario della morte, 7 ottobre 1989, Faenza 1990, pp. 35-49; Id., T., in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (secc. IX-XV), a cura di B. Andreolli et al., con introduzione di A. Vasina, Roma 1991, pp. 117-121; Id., Le cronache emiliane e romagnole: dal T. a Riccobaldo (secoli XII-XIV), in Il senso della storia nella cultura medievale italiana (1100-1350), Atti del XIV Convegno internazionale di studio tenuto a Pistoia nei giorni 14-17 maggio 1993, Pistoia 1995, pp. 87-104; L. Mascanzoni, Il T. e i suoi continuatori. Nuovi elementi per uno studio della composizione del Chronicon Faventinum, Roma 1996.