BAISO (Abaisi, da Baisio), Tommasino da
Figlio di Giovanni, della celebre famiglia di intagliatori in legno originaria da Baiso (Reggio Emilia). Il primo documento che lo riguarda è un rogito di Rinaldo Zipponari (cfr. Cittadella 1868, II, p. 241) del 17 ag. 1390 che lo dice abitante in "Cinquantina Sancti Blaxii" in Modena e in cui Tommasino si obbliga con l'abate del monastero di S. Bartolo a Ferrara a costruire per la sagrestia, entro un anno, due armadi in noce intagliato con panconi e cassetti per centocinquanta ducati d'oro oltre il vitto per sé e per gli aiutanti. Tra il 1405 e 1406 egli eseguì il coro della chiesa dei Servi a Ferrara per il quale ebbe, dopo aver eseguito due terzi del lavoro, un pagamento parziale di lire marchesane 1808 (cfr. Cittadella 1868, II, p. 241; il coro fu distrutto nel 1598). Da un altro atto in data 18 giugno 1408 (cfr. Cittadella 1868, I, p. 64) risulta che lavorò con "Iacobum de Senis", cioè con Iacopo della Quercia, alla Madonna del pane e della melagrana che Virgilio Silvestri aveva commissionata per il suo altare nella cattedrale di Ferrara (ora nel Museo annesso), ove sul classicismo di Iacopo s'inserisce, specie nelle pieghe falcate, qualche elemento di gotico fiorito nel quale si può riconoscere l'intervento dell'intagliatore.
In questo tempo il B. dovette lavorare e risiedere a Bologna, se è vero che ne ricevette la cittadinanza nel 1407; opere sue erano in questa città e, tra l'altro, due scanni intarsiati in S. Pietro, ora perduti, e una Croce che, secondo il contratto dell'11 dic. 1415, doveva essere adorna di foglie dorate come il perizoma del Cristo, a tutto rilievo, con alle quattro estremità la Madonna, Giovanni, l'Eterno, o un pellicano, e un teschio. L'opera, posta sul pulpito della cattedrale di S. Pietro il 13 ag. 1417, vi rimase fino al 1570; portata allora nella cappella di S. Ambrogio, è poi andata perduta; ad essa aveva collaborato anche il figlio Arduino e "de... soi figlioli" (cfr. Manaresi). Tommasino iniziò anche il coro di S. Francesco a Ferrara, finito poi dai figli Arduino e Alberto (cfr. Zucchini, p. 137). Da un rogito di Giovanni Jacobelli, del 17 febbr. 1423, sappiamo che egli era morto prima di questa data (cfr. Cittadella, 1868, II, p. 241).
Bibl.: L. N. Cittadella, Memorie storiche, monumentali, artistiche del tempio di S. Francesco in Ferrara, Ferrara 1860, pp. 66 s., nota; Id., Notizie amministrative storiche artistiche relative a Ferrara, Ferrara 1868 I,pp. 63, 64; II, pp. 241 s.; C. Borghi, Sulla scuola modenese di tarsia, in Atti e mem. della R. Deputaz. di st. patria per le prov. modenesi e parmensi, V (1870), pp. 61, 62; I. B. Supino, La scultura in Bologna nel sec. XV, Bologna 1910, pp. 47, 77, 144; A. Manaresi, Il crocefisso del pontile nell'antica cattedrale di Bologna, Bologna 1911, pp. 4, 7; G. Zucchini, Due opere d'arte della capp. Bolognini Amorini in S. Petronio di Bologna, in Boll. d'arte, XIII(1919), p. 137; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, I, pp. 5 s. (sub voce Abaisi o da Baisio); Enciclopedia Italiana, V, p. 884 (sub voce Baiso, da).