FREGOSO (Campofregoso), Tommasino
(Campofregoso Figlio di Giano, doge nel 1447-48, e della nobildonna corsa Violante (da alcuni genealogisti nominata come Anna), figlia di Francesco dei signori di Brando, nacque forse in Corsica tra il 1437 e il 1443. Unico figlio maschio, ereditò alla morte del padre, nel 1448, il possedimento di Sarzana e i territori annessi, in comproprietà con la nonna paterna Caterina Ordelaffi e con lo zio Ludovico. Come signore di Sarzana, ratificò nel 1454 il trattato stipulato tra il doge Pietro Fregoso e Gian Luigi Fieschi, che poneva fine alle lotte fra le due fazioni familiari nonché alla pace di Lodi. Rimasto estraneo alla vita politica genovese durante il dogato di Pietro e la successiva dominazione francese su Genova, venne coinvolto, nel 1461, nei progetti di Ludovico Fregoso riguardanti la Corsica, infeudata ai Fregoso da papa Niccolò V nel 1449 e ceduta in seguito da Pietro al Banco di S. Giorgio nel 1453. Il piano di Ludovico, nuovamente assunto al dogato, di recuperare l'isola come privato possesso familiare trovava nel F. il candidato più adatto per i suoi legami di parentela con la nobiltà corsa. Presi accordi, in Sarzana, con il vescovo di Aleria e una legazione di notabili dell'isola, il F. non poté recarsi immediatamente in Corsica, a causa dell'opposizione del Banco di S. Giorgio. Sbarcato finalmente sull'isola con la propria famiglia, vi conobbe alterne fortune, non ultima la cattura e il ritorno coatto a Genova. Liberato per intercessione dell'arcivescovo Paolo - cugino del padre e subentrato per un breve periodo nel 1462 a Ludovico quale doge di Genova - il F. ritornò in Corsica, riconosciuto come signore e governatore dell'isola dalla popolazione locale. Appoggiato dalla famiglia Fregoso nei suoi interessi dinastici, non poté però contare apertamente sull'appoggio della Repubblica, nemmeno durante il governo dei suoi stessi congiunti, per la continua opposizione del Banco di S. Giorgio. Alla luce di questa situazione si deve probabilmente intendere la lettera con cui il 14 febbr. 1463, il doge Paolo Fregoso lo esortava ad abbandonare l'impresa e a ricondurre la Corsica sotto l'obbedienza del Banco.
Il passaggio di Genova e di tutti i suoi domini sotto il controllo sforzesco, nel 1464, lo privò dell'appoggio, velato ma costante, dei membri della sua famiglia. Il nuovo signore di Genova, Francesco Sforza, non perse, infatti, tempo nel dichiarare le proprie intenzioni riguardo all'isola: già nel maggio del 1446 indirizzava al F. due lettere per rivendicare il proprio controllo sulla Corsica e ordinare che non venisse fatta nell'isola alcuna innovazione senza sua licenza. Il F. non attese le milizie ducali per lasciare la Corsica: il 18 sett. 1464 lo Sforza venne informato della fuga del F. che, raccolto quanto più denaro possibile, si era rifugiato prima a Pietrasanta, poi a Sarzana.
La forzata inattività lo indusse a occuparsi dell'amministrazione di Sarzana, riaffermando su di essa i propri diritti ereditari. Nel 1465 vendette il castello di Madrignano, in Lunigiana, ad Azzone Malaspina, marchese di Mulazzo. Alla morte della nonna paterna Caterina Ordelaffi, nel 1466, ottenne, probabilmente in contrapposizione con lo zio Ludovico, il riconoscimento da parte dei Fiorentini del suo rango di consignore di Sarzana e il titolo di aderente del Comune di Firenze. Il 27 febbr. 1468, in accordo con Ludovico, vendette Sarzana e i luoghi da essa dipendenti ai Fiorentini, ricavandone per sé la somma di 12.000 fiorini.
L'assassinio di Galeazzo Maria Sforza, nel 1476, indebolì presso i Genovesi l'autorità del Ducato di Milano e favorì il ritorno in città dei capi delle antiche fazioni. Rientrato in patria nel 1477 insieme con Paolo Fregoso, nonostante l'opposizione di Ibleto Fieschi, il F. riparò l'anno stesso in Corsica, dopo la sconfitta della sua fazione.
Imbarcatosi con 400 soldati, sbarcò a Capo Corso nel mese di luglio del 1477. Occupata Begulia, riunì in parlamento la popolazione e i caporali dell'isola e impose loro il giuramento di fedeltà. La morte del suo capitano, Carlo Della Rocca, provocò tuttavia non pochi rallentamenti nella conquista dell'isola, sulla quale la duchessa Bona Sforza, vedova di Galeazzo Maria, vantava ancora il dominio. Sconfitto e imprigionato da Ambrogio da Lunghignano, comandante delle truppe sforzesche, il F. venne condotto prigioniero prima a Bastia, poi a Genova e infine a Milano. Dietro consiglio del cancelliere ducale Cicco Simonetta, la duchessa gli restituì la libertà e, vista l'impossibilità di riaffermare il suo dominio su Genova, prese accordi con il doge Battista Fregoso riguardo al reggimento della Corsica.
Mandato come commissario nella Riviera di Levante per conto della duchessa, che gli fornì provvigioni onorevoli, il F. ricevette da lei l'investitura dell'isola. Il 10 sett. 1478, Bona trasmetteva al governatore di Corsica, Giovanni Antonio Cotta, l'ordine di passare le consegne al F., che aveva promesso fedeltà agli Sforza e si era impegnato a non suscitare o consentire nessuna ribellione contro di loro.
Per maggior garanzia dell'accordo, in base al quale il nuovo governatore avrebbe dovuto versare nelle casse ducali 1.000 ducati l'anno, il F. dovette lasciare a Milano la moglie e i figli, con l'impegno che non si allontanassero dalla città senza licenza ducale; disposizione che venne però ben presto cancellata.
Recatosi nell'isola, il F. estese il suo dominio su quasi tutto il territorio, confermando le convenzioni stipulate dagli Sforza con i notabili corsi, e si unì con un doppio legame dinastico con Gian Paolo di Leca, attraverso l'unione di suo figlio, Giano (II) con Aldabella di Leca e quella di Ristoruccio di Leca con sua figlia Lucrezia. Non tardò peraltro a tornare a Genova e a inviare un messaggero a Milano per chiedere un aumento della propria provvigione, senza però ottenerlo. Sceso in campo contro gli Sforza in Lunigiana, cercò invano di indurre alla ribellione anche i marchesi Malaspina di Mulazzo imparentati con lui, grazie al suo matrimonio con Caterina Malaspina.
Il 5 giugno 1480 ricevette la nomina a capitano della Riviera di Ponente. Tornato in Corsica, dove la sua politica fiscale gli aveva suscitato non pochi oppositori, rientrò a Genova nel 1482, lasciando al proprio posto il figlio Giano, con il titolo di conte di Corsica. Le non buone prove fornite da lui e dal suo sostituto resero ulteriormente impopolare il dominio dei Fregoso. Il 24 luglio 1483, il F. si risolse infine a vendere i propri diritti al Banco di S. Giorgio per la somma di 2.000 ducati d'oro.
Nominato presidente dell'ufficio delle Podesterie, fu posto, il 13 sett. 1484, a capo dell'ambasceria destinata a recare l'omaggio di Genova all'appena eletto papa Innocenzo VIII, il genovese Giovanni Battista Cibo; missione iniziata solo all'inizio del 1485, a causa del blocco delle vie di mare e di terra determinato dalla guerra di Sarzana. Nel 1487, scoperta la parte da lui tenuta nella ribellione operata dal nobile corso Gian Paolo di Leca contro il Banco di S. Giorgio, fu imprigionato nel castello di Lerici dal quale, nonostante la stretta sorveglianza, riuscì a fuggire. Dopo la deposizione del doge Paolo Fregoso che lo aveva nel frattempo nominato capitano della Riviera di Levante, il F. si ritirò a Napoli dove esercitò le funzioni di consigliere del re aragonese. Catturato al momento dell'ingresso di Carlo VIII in città (1495), venne rinchiuso nel Castelnuovo, quindi, liberato, si ritirò a Verona. Nel 1498 gli venne conferita, stando al Litta, la cittadinanza veneziana.
Il 19 novembre dello stesso anno stipulò un testamento che lasciava erede il figlio Giano dei considerevoli beni depositati presso banchieri genovesi e fiorentini. Dopo questa data non si hanno più notizie del F. che dovette morire poco tempo dopo.
Sposatosi con Caterina Malaspina, figlia di Azzone, marchese di Mulazzo, dei suoi figli maschi gli sopravvissero, forse, solo Giano Maria, che ricoprì la carica di doge di Genova tra il 1512 e il 1513 e fu capostipite del ramo dei Fregoso di Padova e di Verona.
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