FREGOSO (Campofregoso), Tommasino (Masino)
Figlio di Battista e della sua seconda moglie, Ilaria di Paolo Guinigi, nacque presumibilmente tra il 1425 e il 1429, minore forse solo di poco rispetto al fratello Pandolfo. La sua omonimia con il ben più celebre zio paterno Tommaso ha portato talvolta gli storici ad attribuirgli erroneamente cariche e onori spettanti ad altri membri della famiglia Fregoso. Trascorsa l'infanzia lontano da Genova, insieme con i fratelli Pandolfo e Paolo, mentre il padre affrontava, con il primogenito Pietro, anni di guerre e di intrighi ora contro i Visconti ora contro il suo stesso fratello e rivale Tommaso, il F. non compare nelle cronache genovesi fino al 1442, in occasione delle solenni esequie di Battista. Affidato alla tutela del fratello Pietro, sulla base delle volontà testamentarie del padre, fu da lui emancipato il 21 ag. 1448, insieme con Pandolfo e, come quest'ultimo, rimase nell'ombra durante i dogati del cugino Giano (1447-50): la carica di governatore di Savona negli anni dal 1447 al 1453 - attribuita al F. dal Federici e dal Levati - e la sua presunta familiarità con l'umanista Giovanni Mario Filelfo - affermata invece dal Gabotto - sono errori dovuti all'omonimia con lo zio Tommaso.
L'ascesa al dogato del fratello Pietro (8 sett. 1450) non si tradusse in benefici immediati per i suoi fratelli, con l'unica eccezione di Paolo, destinato alla carriera ecclesiastica. Le continue tensioni provocate dai fuorusciti Fieschi e Adorno e dal deposto Ludovico Fregoso non consentivano, infatti, al nuovo doge di minare ulteriormente le basi del suo potere alterando il difficile equilibrio tra i diversi rami della parte Fregoso. Almeno in apparenza, tuttavia, il F. godette della fiducia di Pietro ben più del fratello Pandolfo.
Il 21 apr. 1453 ricevette da Francesco Sforza il feudo di Rivanazzano nell'Oltrepò pavese; investitura in realtà solo nominale, nei fatti esercitata dal fratello Pietro al punto che il duca, alla morte di questo, trasferì l'ubbidienza del feudo alla vedova di lui, Bartolomea Grimaldi.
A partire dal 1453 il F. assunse incarichi sempre più importanti nelle complicate vicende genovesi. Nel mese di luglio venne inviato ad Antibes, insieme con Benedetto Doria, capitano della Riviera di Ponente, per scortare con una nave genovese Renato d'Angiò, diretto in Italia per stringere accordi contro Alfonso d'Aragona: incarico delicatissimo, al quale fu probabilmente chiamato per controllare l'operato del Doria, che già in passato aveva offerto ai Fregoso motivi di dubitare della sua fedeltà.
Il 28 giugno 1454, a seguito della richiesta di nuove navi da parte di Gian Filippo Fieschi, mandato con un'armata contro Napoli, fu nominato capitano di una flotta di galee. Nei mesi successivi prese parte alle complesse procedure per l'allestimento di tali imbarcazioni e per l'arruolamento degli equipaggi. Il 20 agosto, alla presenza dei magistrati genovesi e degli uomini dell'armata, giurò solennemente fedeltà alla Repubblica e il 22 ricevette dal governo della Repubblica le istruzioni per l'impresa. Allestite per consentire a Gian Filippo Fieschi di penetrare all'interno del porto di Napoli e incendiare la flotta aragonese all'ancora, le galee genovesi recavano a bordo equipaggi inesperti della vita di mare, sotto il comando di un capitano che non vantava forse maggiori capacità, tanto che il F. ricevette l'ordine di non attaccare battaglia per alcun motivo prima di essersi riunito con le navi guidate dal Fieschi. Ritardata la partenza fino a settembre, la sua flotta raggiunse finalmente il grosso dell'armata, ma non si unì a essa a causa di alcuni contrasti scoppiati tra i due ammiragli. Lasciate le navi del Fieschi di fronte a Piombino, il F. avanzò verso Napoli e, per quanto informato del pericolo, fece gettare le ancore presso l'isola di Ponza. Sorprese durante la notte dalla flotta di Bernardo Villamarina, le galee del F. si diedero a una fuga disordinata, incagliandosi quindi contro gli scogli di Procida. Riuscito a scampare alla cattura, il F. si mise in salvo a Roma.
La sconfitta, completata dal naufragio delle navi del Fieschi durante il ritorno in patria, provocò una recrudescenza nella lotta tra Genova e Alfonso d'Aragona, ma non ebbe conseguenze sulla carriera politica del Fregoso. Il 16 nov. 1454 gli fu conferita dal doge e dal Consiglio degli anziani la carica di console dei marinai, con il compito di dirimere eventuali controversie tra capitani e membri dell'equipaggio o tra singoli stipendiati, applicando loro le regole stabilite dall'officium Gazarie: in tal modo si sperava di favorire il ritorno a Genova dei marinai di nascita ligure, che frequentavano di preferenza Venezia, dove erano meglio assistiti.
Il 6 luglio 1455 fu inviato a Savona con un contingente di balestrieri, per ordine del doge e del magistrato dei Quattro di balia, con il compito di riportare sotto il controllo della Repubblica le due fortezze della città; a Savona dovette probabilmente fermarsi a lungo per contrastare le frequenti ribellioni del cugino Gian Galeazzo, governatore della città.
Nel marzo del 1456 dovette occuparsi di locali tumulti scoppiati nelle Riviere a causa dei fuorusciti e delle mire dell'"albergo" dei Doria sulla valle di Oneglia: il 17 marzo ricevette da Pietro Fregoso l'incarico di realizzare una tregua tra Benedetto Doria e le Comunità di Albenga e Laigueglia; il 9 maggio sostituì il Doria, dichiarato ribelle, nella carica di capitano della Riviera di Ponente. Pochi giorni più tardi ricevette dal doge l'incarico di stabilire una tregua di due o tre settimane con Gian Filippo Fieschi e Barnaba Adorno, che avanzavano in Val Polcevera.
Firmata la pace tra la Repubblica e Benedetto Doria, il F. venne nuovamente coinvolto nella guerra marittima contro Alfonso d'Aragona. Il 19 maggio 1457 Pietro Fregoso comunicava alla cittadinanza con lettere patenti l'avvenuta nomina del F. a capitano della flotta di galee, con pieni poteri e diritto di vita e di morte, ratificandone ogni azione futura come proprio luogotenente in rebus maritimis. Tale incarico venne ricoperto durante gli anni 1457-58, fino alla rinuncia al dogato da parte di Pietro che, per salvare Genova dagli Aragonesi, cedette la Repubblica a Carlo VII re di Francia. Almeno nel primo periodo della dominazione francese, il F. parve collaborare fedelmente con il nuovo governatore di Genova, il duca di Calabria Giovanni d'Angiò, del quale aveva sposato la sorella Bianca. Il 29 ag. 1458 Giovanni gli indirizzava, infatti, una lettera di ringraziamento per l'aiuto da lui prestatogli contro le famiglie Spinola e Del Carretto, scese in aperta ribellione contro il governo francese; il giorno successivo il F. veniva convocato a Genova. Oggetto della convocazione era forse il desiderio, da parte del governatore regio, di comporre i dissidi sempre più manifesti esistenti con Pietro Fregoso, che mirava a riprendere il potere. Nonostante il legame familiare che lo univa al duca di Calabria, il F. scelse in ultimo di rimanere fedele alla causa del fratello. Il 14 sett. 1459, allorché Pietro, approfittando della partenza di Giovani d'Angiò con la flotta genovese, penetrò all'interno delle mura cittadine, il F. ricevette il compito di sorvegliare la porta di S. Andrea, non riuscendo tuttavia ad assolvere tale incarico forse a causa del desiderio di far bottino diffuso nelle truppe affidategli. Catturato dagli armati rimasti fedeli al governatore francese, non poté impedire che Pietro, rimasto intrappolato entro le mura cittadine, vi trovasse la morte.
Come ribelle al dominio francese, il F. fu decapitato a Genova, nell'ultimo scorcio di quello stesso 1459, insieme con Orlando Fieschi.
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