ALDROVANDINI, Tommaso
Pittore di architetture, quadraturista, scenografo, nato a Bologna il 21 dicembre 1653, figlio del pittore Giuseppe. È il principale fra i pittori della sua famiglia e quello che ha lasciato maggior numero di opere. Avviato all'arte dallo zio Mauro, frequentò l'accademia di Cesare Gennari e poi quella di C. Cignani, del quale fu spesso collaboratore. Dopo avere ornato due cappelle del portico di S. Luca, andò a Forli, dove dipinse con lo zio e il Cignani la sala del Palazzo pubblico e "imparò allora certa forza di dipignere che sempre poscia adoperò, ed una soave maniera di passare dal chiaro allo scuro nelle cose, che tonde hanno a sembrare, senza che si scopra né dello scuro, nè del chiaro il preciso confine, e senza lasciarvi una pennellata apparire, in quella guisa che dimostrano le cose vere" (Zanotti). Operò poi a Venezia e a Verona e di nuovo a Forli e a Bologna. Qui lavorò in decorazioni nel portico di San Bartolomeo e in vari palazzi, come in quello Marescalchi, dove le figure erano state fatte da Felice Cignani, Ranuzzi ("una galleria e una volta di stanza piccola con maschere significanti la commedia"), Zaniboni ("camera con Donato Creti"),Grassi, Fongarini ("prospettiva in faccia alla loggia "). Dipinse inoltre "tutte le scene del teatro Malvezzi che furono intagliate in rame". Lavorò parecchio a Parma, dove ancor giovane esegui le quadrature nelle sale del Palazzo del Giardino decorate da Carlo Cignani e da Marcantonio Franceschini (1681), e decorò anche una cappella in S. Giovanni (1685).Si recò quindi a Torino, ove operò nella chiesa degli Scalzi (1688) e nella casa Bagnasco (1689) con Giovanni Antonio Burrini figurista, e poi a Ferrara, dove lavorò con Maurelio Scannavini nel palazzo Bevilacqua. Nel 1692 era a Bologna a dipingere la cappella maggiore della chiesa della Madonna dei Poveri. L'attività sua più importante è quella svolta a Genova, dove visse, sia pure con interruzioni, quasi vent'anni, avendo come aiuto Carlo Besoli. Vi ornò le sale del Grande e del Piccolo Consiglio in Palazzo pubblico (distrutte nel 1777), la prima nel 1702 col Franceschini, l'altra nel 1704 col genovese Domenico Parodi, e altre sale nei palazzi Spinola (con Andrea Carlone), Saluzzo (col Palmieri), Gentile, Lomellini, Durazzo Pallavicini e operò anche in diverse chiese. Dipinse poi con Giacomo Boni, allievo di M. A. Franceschini, due cappelle della chiesa dei monaci benedettini di Parma, finché nel 1725 tornò definitivamente a Bologna, dove quattro anni dopo fu nominato accademico clementino. L'A. si occupò anche di progetti architettonici, che eseguiva in legno e terracotta. Fu anche scenografo: si ricordano sue bellissime scene per un Nerone (forse quello di A. Perti), di cui esistono le incisioni nel Gabinetto nazionale delle stampe a Roma.
Morì a Bologna il 23 ott. 1736 e fu sepolto nella chiesa di S. Mamolo, sua parrocchia.
Bibl.: Bologna, Biblioteca dell'Accademia di Belle Arti, Verbali dell'Accademia clementina (mss.), vol. I (1736) (necrologio); Bologna, Bibl. Com. dell'Archiginnasio, M. Oretti, Notizie de' professori del disegno...,ms., vol. B. 130, c. 316; C. O. Malvasia, Felsina pittrice,Bologna 1841, II, pp. 202, 208; S. Sardi, Le volte della cappella maggiore in S. Maria dei Poveri...,Bologna 1692; G. Zanotti, Storia dell'Accademia clementina,Bologna 1739, I, pp. 421-33; II, p. 354;C. G. Ratti, Vite de' pittori genovesi,Genova 1769, II, p. 343; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler,I pp.246 s. (con bibl.); Encicl. Ital.,II, p. 286 (con bibl.); U. Galetti-E. Camesasca, Encicl. d. Pittura ital.,I, p.30 (con bibl.); Encicl. dello Spett.,I, p.258.