BALDINOTTI, Tommaso
Nacque a Pistoia il 7 marzo 1451 da Baldinotto, di nobile famiglia, penultimo di nove figli. Dei suoi studi, compiuti forse a Firenze e a Pistoia, sappiamo ben poco: risulta, però, che ad appena quattordici anni già trascriveva Lattanzio, sottoscrivendosi "amator... virtutum" (Petrucci, p. 256), e che nel 1469 pronunciava due orazioni latine nella cattedrale di Pistoia. Nella seconda metà del 1470 egli si trasferì a Roma in casa del cardinale Niccolò Forteguerri, ove continuò a studiare (il fratello maggiore Antonio gli scriveva nel 1471 incitandolo "di prendere aria e non passare 5 ore del giorno incircha di scrivere"; Chiti, p. 31), e cominciò ad acquistare le prime edizioni di classici latini da poco edite in quella città (Petrucci, p. 262). Si trasferì in seguito a Firenze, dove molto probabilmente si trovava già nel 1473 e dove si strinse di amichevole dimestichezza con Lorenzo il Magnifico e con i letterati e gli umanisti dell'ambiente mediceo, in modo particolare con i numerosi, minori poeti in volgare (cfr. Chiti, p. 63). Era allora, in qualità di religioso, addetto alla chiesa fiorentina di S. Reparata; ma continuava i suoi studi classici, seguendo le lezioni del Poliziano, che in questo periodo indirizzò "iuveni eruditissimo Thomae" un carme laudativo in latino. Nello spensierato ambiente dei letterati fiorentini del tempo il B. condusse una vita poco degna di un ecclesiastico, abbandonandosi a numerose e ripetute avventure amorose e intrecciando facili ed oscene dispute poetiche con gli amici rimatori e soprattutto con il Borsi; in quell'ambiente, comunque, per le doti pronte deh'ingegno e per la socievolezza del carattere, godeva di grande reputazione, tanto che il Bellincioni in un sonetto lo definì "allegro et dilettevol più ch'Aprile di buona testa et gusto ancor lo lodo... / Giovane et da partito / La perla in ogni chosa egl'è maestro" (Chiti, pp. 61 s.). Chiara testimonianza degli studi compiuti dal B. in questo periodo, e dei suoi vasti interessi letterari, rimane il codice Cors. 582 della Bibl. dell'Accademia dei Lincei di Roma, vergato di sua mano in una chiara umanistica corsiva e contenente una notevole silloge di composizioni latine in prosa ed in versi di autori coevi, quali Carlo Marsuppini, Naldo Naldi, Marsilio Ficino, il Poliziano e moltissimi altri.
Il felice periodo fiorentino del B. venne però troncato improvvisamente nel 1485, quando la fallita congiura ordita in Pistoia dal padre suo e dal fratello Niccolò contro Lorenzo de' Medici, lo costrinse ad abbandonare Firenze e la lieta brigata degli amici, per rifugiarsi in una sua villa "in forma di palazo" sita in Ràmini, nei pressi della città natale. Ivi il B. cominciò a trascorrere una monotona esistenza di volontario esilio, officiando in qualche vicina chiesetta, studiando, trascrivendo e, soprattutto, continuando a comporre una vera e propria profluvie di poesie volgari e latine indirizzate ad amici e parenti, nonché qualche rima di intonazione politica e religiosa. Alcune di queste poesie dimostrano che, dopo qualche anno, gli fu possibile riprendere gli antichi rapporti con Lorenzo; ma non per questo egli osò o volle ritornare a Firenze. E anche dopo la morte del Magnifico, che lo addolorò moltissimo, egli continuò a dimorare a Ràmini, a Pistoia o anche alla Porretta (di cui celebrò in più di un'occasione i bagni). Venne a morte il 10 marzo 1511.
L'amplissima opera poetica del B. comprende, come s'è visto, sia composizioni in volgare, sia composizioni in latino. Fra le prime, il Chiti distinse quelle di ispirazione amorosa dalle altre di intonazione burlesca o familiare: due filoni poetici, che, qualche volta mescolandosi, ma obbedendo sempre a diverse influenze letterarie, caratterizzarono dalla prima giovinezza alla vecchiaia tutta l'operosità del Baldinotti.
Le rime amorose del B. narrano, in due distinti canzonieri, le vicende di due ugualmente sfortunati amori, l'uno, iniziato nella primissima giovinezza, per una certa Laura, l'altro, più tardo, per una Marietta. In esse il poeta pistoiese ridalca con monotono sforzo d'imitazione i moduli propri del canzoniere petrarchesco, del quale giunge a ripetere perfino i giochi di parole sul nome dell'amata. Ciononostante qualche volta fra le sue rime si fa luce un particolare tono d'ispirazione, delicato e gentile, che serve a figurare con originalità viete situazioni amorose.
Nel comporre le sue numerosissime rime burlesche, quasi sempre originate da dispute poetiche con amici, il B. seguì pedissequamente un altro e ben diverso modello: il Burchiello; ma non arrivò mai a possederne la facilità espressiva, anche se a volte mescolò all'imitazione, tutta esterna, delle acrobazie verbali dell'estroso poeta quella, a lui più consonante, di Lorenzo o del Poliziano. Difficile è comunque riconoscere qualche sprazzo felice nella informe congerie di invettive, oscenità, insipide bizzarrìe, che costituisce buona parte di tali rime burlesche, cui nuoce soprattutto l'eccessiva facilità (egli stesso confessava: "ogni passo ch'io fo fabbrico un verso"; Chiti, p. 68). Di esse migliori sono senz'altro quelle di intonazione familiare, proprie dell'ultimo periodo della vita del B., cui vanno accostate, se non altro per ragioni cronologiche, le poche di ispirazione politica o religiosa. In queste ultime compaiono un sentimento più serio e pensoso della vita, una vena commossa di malinconia, una semplicità formale che dànno veste di originalità a numerosi componimenti. Notevole è ad esempio un sonetto nel quale, dalla solitudine di Ràmini, il B., con il pessimismo tipico del gaudente deluso, fa un bilancio della propria vita: "La vita nostra e querimonia e pianti / sospiri, affanni e tediosi giorni, / soavi pene e voluntari scorni / in dolcissimi versi amari canti... / La vita nostra è come un fumo, un'ombra / suddita a mille casi, a mille morti" (Chiti, p. 56); e l'altro, in cui, con più cupa disperazione, confessa: "Pur mi dibacto e saldamente sfortio / di parer vivo..." (Chiti, p. 109). Fra le poesie politiche felici appaiono i due feroci sonetti indirizzati contro il Savonarola ("Chi ti da di fra' Giorno et fra' Cipolla / poi ch'el tuo nome va in perditione / baptezar ti voglio io fra' Cipollone / ch'el fratesco tuo fumo si bitolla... / Tu se, quel huom, ch'ai messo in precipitio / l'italico paese et tucto guasto"; Chiti, p. 158) e la commossa invocazione a Dio perché voglia salvare l'Italia dalle calamità incombenti, scritta con tutta probabilità nei giorni della discesa di Carlo VIII: "Dolze Padre et Signor, poi che ti piace / la creatura quando ella è in vita / metti concordia et unione et pace / in questa bella Italia sbigoctita... / Salvaci et non guardare a tante offese" (Chiti, pp. 154 s.).
Il B., che poco conosceva il greco (egli stesso ammetteva che col greco "non tengo alcun commertio / poco converso seco e manco pratico"; Chiti, p. 79), scrisse numerosi epigrammi in distici latini, secondo una moda evidentemente appresa durante il soggiorno fiorentino e in particolare alla scuola del Poliziano. Quasi tutti inediti, i suoi "carmina" ripetono i motivi propri alle poesie volgari; divisi in ben cinque libri, essi trattano gli argomenti più vari con un tono leggero e festevole che non manca, qua e là, di grazia. Lo stesso B., comunque, considerava questi epigrammi come produzione minore, quando chiedeva al lettore: "Da veniam spectans mea carmina condita ruri: / facta etiam quadam rusticitate placent" (Chiti, Ancora, p. 15).
Una scelta delle poesie volgari del B. fu pubblicata per la prima volta nel 1702: Saggio delle rime toscane di m. T. B. estratto dai manoscrìtti del detto autore da Fabio Baldinotti…Pisa 1702; altri limitati saggi ne furono dati dal Bacci e dal Chiti in appendice alle loro opere. La maggior parte delle sue rime rimane però ancora inedita nei numerosi manoscritti elencati dal Chiti a pp. 7-15; i "carmina" latini sono contenuti nel ms. Laur. Acquisti 35della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Il cod. Magliab. VII. 7. 1148 della Bibl. Nazionale di Firenze contiene a c. 7 r un ritratto del poeta in abito sacerdotale.
Bibl.: P.Bacci, Notizia della vita e delle Rime inedite di T. B.,Pistoia 1894; A. Chiti, T.B. poeta Pistoiese. Notizie della vita e delle rime,Pistoia 1898; Id., Ancora per T. B.,in Bullett. stor. pistoiese, II (1900),pp. 13 s.; C. Mazzi, Orazione di Antonio Ippoliti nell'assumere il dottorato, ibid., XIII (1911), pp. 118-120; F. Flamini, IlCinquecento,Milano s. d., pp. 545, 551; V. Rossi, Il Quattrocento,Milano 1933, pp. 552, 564; A. Perosa, Studi sulla tradizione delle poesie latine del Poliziano, in Studi in onore di U. E. Paoli,Firenze 1954, pp. 4 ss. dell'estr.; Mostra del Poliziano. Catalogo,Firenze 1955, p. 94, n. 97; A. Petrucci, Alcuni codici Corsiniani di mano di Tommaso e Antonio Baldinotti,in Rendic. d. Accad. nazion. dei Lincei,classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 8, XI (1956), pp. 252-263.