CAMPAILLA, Tommaso
Nacque a Modica il 7 apr. 1668 da Antonio e Adriana Giardina, nobili. A sedici anni fu inviato a Catania per studiarvi giurisprudenza, ma ritornò ben presto nella città natale dove preferì, favorito dall'agiata condizione familiare, dedicarsi da autodidatta agli studi. Si occupò dapprima di storia, poi, secondo i biografi suoi contemporanei, si addentrò per qualche anno in ricerche d'astrologia giudiziaria. Secondo il Mongitore, un suo volume manoscritto, contenente un centinaio di figure genetliache, sarebbe esistito presso la biblioteca di Modica, ma ora è irreperibile. Si rivolse poi allo studio della filosofia peripatetica, e al tempo stesso si diede a una copiosa attività poetica, di cui ci fa testimonianza il Mongitore, ma che rimase sconosciuta agli altri biografi e studiosi contemporanei e successivi, dal Bovio in poi. I manoscritti dei drammi e melodrammi di contenuto arcadico e sacro sono conservati presso la biblioteca dei gesuiti di Modica, mentre alla Biblioteca comunale di Palermo si possono leggere, sempre manoscritti, I vagiti della penna e alcuni sonetti. Unica silloge a stampa della sua giovanile attività sono Gli Emblemi.
Verso i venticinque anni venne a contatto con quella che si chiamava allora la "nuova filosofia" attraverso la conversazione con un non bene identificato "filosofo cartesiano" (probabilmente il trapanese Michelangelo Fardella), e da allora iniziò a procurarsi, affrontando anche ingenti spese, tutte le opere di Descartes e degli altri moderni filosofi, di cui divenne appassionato cultore.
Debole di salute, studiò tutti i libri di medicina che poté procurarsi, dapprima per curare se stesso, poi anche a beneficio altrui; autodidatta in questo come in tutti gli altri rami dello scibile, raggiunse fama di buon medico e di maestro agli altri medici nella sua città, dedicandosi in particolar modo a combattere la piaga della sifilide: i suoi contributi alla scienza medica sono illustrati dal suo discendente Giuseppe Campailla. Ma nella cura di sé il C. seguiva norme igieniche ritenute stravaganti e discutibili anche dai suoi contemporanei: era sregolato nell'alimentazione, non curava la pulizia della persona tanto da rendere sgradevole la propria presenza, e vestiva panni spessi senza riguardo alle stagioni. Ritroso e timido anche per la bruttezza della persona, accentuata dallo strabismo e dalla difficoltà di parola, non si allontanò mai da Modica, dove peraltro fu onorato, ebbe moglie e figli e fu sette volte, pare contro sua voglia, nominato senatore.
La prima e più celebre sua opera è il poema filosofico L'Adamo, pubblicato in due parti nel 1709 e nel 1723, e più volte ristampato anche fuori di Sicilia.
Si tratta di un poema in ottave, scritto alla maniera epico-didascalica, in venti canti. Adamo, l'uomo primigenio che simboleggia la natura incorrotta, è condotto dall'arcangelo Raffaele a scoprire e contemplare le verità dell'universo, che si manifestano secondo l'ordine e la progressione del sistema cartesiano. Primo di quella che sarà poi una serie di scritti consimili, L'Adamo svolge in chiave apologetica quell'itinerario intellettuale che già era stato tradotto in termini immaginativi, ma con intenzione satirica, dal Daniel nel suo Voyage du monde de M. Descartes:l'itinerario, cioè, della fisica cartesiana. Non mancano, peraltro, concessioni notevoli all'atomismo gassendiano, e acquisizioni della scienza postcartesiana. È certamente lo stesso C. che fa scrivere, nel 1728, per la penna del suo prefatore e laudatore J. de Mazara ed Echebelz, che egli non ha mai lasciato di vista Descartes e - aggiunge Bayle, "sottilissimo seguace di questi"; "tuttavia in molte sentenze, che sono state scoverte false dalla sperienza, o mostrate poco probabili da fisiche dimostrazioni, si è accostato o all'eruditissimo Pietro Gassendo, o, ad altri ingegnosissimi filosofanti, conformandosi sempre agli sperimenti e ragioni del nobilissimo Roberto Boyle dell'Accademia del Cimento, e del gran filosofo e matematico Gio. Alfonzo Borelli". Quello compiuto dal C. non è un apporto di nuovi contributi sperimentali, ma piuttosto la summa eclettica del cartesianesimo del suo tempo combinato col gassendismo e con un aggiornamento scientifico veramente degno di nota; il vanto maggiore è di avere "congiunte, e sposate insieme amichevolmente le due famosissime scuole, fra loro tanto contrarie, di Cartesio e di Gassendo". Fu proprio quest'opera di conciliazione filosofica, oltre che di brillante traduzione letteraria, ad assicurare al poema, oggi dimenticato, una fortuna non indifferente. Quella sorta di storia critica della filosofia abbozzata nel canto quinto, che il Garin vede a ragione come una delle parti più interessanti del poema, è una rassegna ricchissima che testimonia non soltanto della grande erudizione del C., ma degli orientamenti complessivi del cartesianesirno italiano da Cornelio a Borelli e Fardella: quel Fardella che dà l'impronta agli ultimi canti, dove la tematica platonizzante dell'unione ipostatica si fonde con quella malebranchiana della visione in Dio.
L'Adamo, nelle sue diverse edizioni, fu divulgato e acquistato in molte copie a Roma, a Pisa, a Lucca, a Milano, a Vienna e anche inInghilterra. Il Muratori, che pure discusse criticamente quella che era a suo avviso un'adesione eccessiva agli schemi cartesiani (Epistolario, VI, pp. 2713-15: "gli uomini grandi come il signor Campailla, hanno da mettersi in maggior libertà di pensare: è certo che oggidì è calata di pregio oltra monti la sì famosa scuola di Cartesio"), lo lodò definendolo "Lucrezio cristiano" (lettera a G. Prescimone, in L'Adamo, 1783, App., p. IX), non certamente in virtù del contenuto, poiché nettamente il C. si discosta da Lucrezio e biasima il suo traduttore italiano L. Marchetti (L'Adamo, XIX, pp. 76-77), ma per aver dato forma di poema a un sistema filosofico.
Fu lo stesso Muratori il primo a cogliere nel 1727 quel limite del C. che gli precluse, forse più di ogni altra cosa, una fama futura proporzionata al successo ottenuto fra i contemporanei: l'incomprensione di Newton. Ma si deve aggiungere che del Newton il C. quasi sicuramente non ebbe conoscenza prima del 1718, poiché è del 25 febbraio di quell'anno una lettera da Messina in cui G. Berkeley, di ritorno in patria dopo un soggiorno siciliano e un incontro col C., gli promette l'invio da Londra dei Principia mathematica (vedi la prefazione citata del Mazara). Si può ritenere con fondamento che L'Adamo sia giunto a completa stesura prima dello studio del Newton, i cui frutti appariranno più tardi, negli Opuscoli filosofici (dove, a p. 89 del primo Dialogo su Newton, il C. dichiara di averlo letto nel 1723).
Non meno interessante del poema è, per lo studioso moderno, la produzione filosofica e scientifica lasciataci dal C. in prosa. Il C. è uno studioso che, sebbene tenga in gran conto la scienza sperimentale, lavora prevalentemente sui libri. Avvicina il microscopio quando l'oggetto dell'indagine è l'organismo vivente: e da questo punto di vista, sebbene non rechi contributi originali, il suo scritto più vivace è Del moto interno degli animali (1710), dove sono acutamente vagliate e discusse tutte le tesi dei moderni, da Stenone a Ridley, a Bayle, Willis, Borelli, sulla struttura anatomica e sulla dinamica dei tessuti muscolari e nervosi, e dove è costante lo sforzo di salvare il dualismo cartesiano, specie nei confronti dello sviluppo materialistico di esso, portato avanti dal Borelli. Ma nelle discussioni di fisica, il contatto diretto con lo strumento d'osservazione non compare quasi affatto, e il C. si fa apprezzare unicamente per la nitidezza dell'argomentazione e per l'ingegnosità delle ipotesi.
I Problemi naturali, pubblicati nel 1727 ma composti assai prima (così il C. nella dedica, p. 1: "nacquero questi Problemi... quasi ad un parto col mio Poema... come una Appendice del medesimo..."), sviluppano, fuori dalla costrizione metrica, una serie di temi prenewtoniani già affrontati nell'Adamo. L'aspetto più interessante del primo lungo saggio (Della virtù attrattiva), in cui è difesa la teoria cartesiana dei vortici, e ancora interamente ignorato Newton, consiste nel legame, dal C. instaurato nell'ultima parte, fra attrazione fisica e attrazione psichica; l'intento evidente è quello di approfondire i nessi tra il cartesianesimo dei Principia e quello delle Passions de l'âme, ma il C. è più attento e introspettivo studioso della vita psichica che della fisica, e la trattazione del mondo degli affetti è ricca di osservazioni. Fra questi saggi è certamente l'ultimo il più importante, proprio per questa dote del C. di attento indagatore della psiche.
Tratta Del discorso disordinato dell'uomo, e affronta la questione, critica all'interno dell'impianto cartesiano, delle idee di cose materiali, della loro origine, e quindi delle affezioni morbose della mente (ebbrezza, pazzia, delirio, sogno ed incubo). Dinanzi al problema di spiegare manifestazioni della vita psichica strettamente connesse con la condizione del corpo, il C. non esita a correggere drasticamente la teoria cartesiana nel suo cardine, il cogito. Così egli si esprime (p. 180): "l'anima umana, conforme conosce se stessa, per mezzo di una spirituale idea esser sostanza cogitante, così comprende esser Uomo e congiunta ad un corpo organico umano per mezzo di uno speciale moto, che gli spiriti animali a lei intimamente congiunti le rappresentano; e ... gli stessi spiriti animali umani intanto promovono operazioni ragionevoli, ed azioni umane, in quanto sortirono un carattere proprio alla specie dell'Uomo; quell'innato carattere, per cui son diversificati da quei dell'altre specie, altro non è, se non un loro particolar moto, ed una speciale attitudine ad essere determinati ad esercitare le azioni proprie ad un individuo umano". Tutto lo scritto contiene osservazioni interessanti su quello che oggi si chiama l'inconscio, e i cui moti il C. si sforza di spiegare sempre in termini materialistici di flussi d'umori e spiriti animali tra le varie parti del corpo e il cervello.
Nel 1737 videro la luce gli Opuscoli filosofici. Nel primo di questi il C. si sforza di confutare le opinioni di Borelli sull'altezza e profondità dell'Etna, e di sostenere le teorie formulate da Descartes nei Principia sui vulcani e i terremoti; ma i calcoli, salvo qualche eccezione, sono molto meno precisi di quelli del Borelli (il C. pretende ad esempio di accreditare l'opinione degli antichi che l'Etna superi le sei miglia d'altezza, mentre il Borelli aveva calcolato bene, circa tre miglia), e gli spunti teorici sono deboli. Più interessante il Discorso sui sogni, indirizzato al Muratori, il quale era rimasto colpito dai Problemi naturali, e stava lavorando al suo Delle forze della fantasia umana. Il C.sviluppa la sua tematica di dieci anni prima, che conduce verso una decisa materializzazione della mente, in contrasto con lo sforzo muratoriano di salvarne la spiritualità mediante il ricorso alla distinzione tra mente (spirituale) e fantasia (suscettibile di affezioni corporee). Il Muratori non ricevette mai il Discorso desiderato, ma gli bastarono i Problemi del '27 per cogliere con perfetta chiarezza quale differenza vi fosse tra la sua posizione e quella del C., che gli pareva propendere pericolosamente verso Locke.
Dell'ammirazione del Muratori per il C. sono comunque testimonianza gli sforzi fatti per farlo venire ad una università settentrionale, e la presentazione all'Accademia degli Assorditi di Urbino (oltre che di questa, il C. fu membro delle accademie dei Pericolanti di Messina, dei Pastori Ereini e del Buon Gusto di Palermo, e dell'Arcadia, con il nome di Adremone).
La parte più consistente degli Opuscoli è occupata da due dialoghi - Considerazioni sopra la fisica del signor Isacco Newtono - rivolti a confutare il primo i Principia mathematica, il secondo l'Optica di Newton. Entrambi consistono in un lungo sforzo di sostenere, contro il newtonianesimo, la teoria cartesiana dei vortici, e l'ottica cartesiana. Il metodo adottato dal C. nella confutazione di Newton si riduce principalmente al tentativo di mettere l'autore in contraddizione con i suoi propri principî, e rivela l'abituale acutezza nel cogliere qualche punto debole, come la teoria del flusso e riflusso delle maree, che Newton spiega con l'attrazione solare; il C. non arriva alla giusta soluzione, a spiegare cioè le maree con l'attrazione lunare, ma fa leva su questo punto per evidenziare una contraddizione con la teoria del movimento di rotazione e rivoluzione della Terra gravante sul Sole; e si appiglia a questa difficoltà per riproporre integralmente i vortici cartesiani (pp. 204 ss.).
Il centro di tutto il primo dialogo, che è quello decisivo per comprendere la scelta antinewtoniana del C., è costituito dalle pagine in cui egli ritorce la taccia di innatisino dal cartesianesimo al newtonianesimo. "Questo sistema de' vortici è un sistema ideale", sostiene il newtoniano del dialogo (p. 159); però il C. (che, come il Muratori ha ben capito, difende Descartes, ma da un punto di vista antinnatista, proprio di chi ha assimilato la lezione di Locke) interpreta piuttosto il principio della gravitazione universale come un principio innato: "il sistema celeste newtoniano è fondato sopra il principio della gravità innata poco verisimile, molto incomprensibile, e nulla fisico" (p. 157). Egli insomma ha accolto il cartesianesimo, anche se in modo non acritico e con apertura mentale verso altri e più moderni contributi, essenzialmente perché attratto dalla chiarezza e distinzione dei principi matematici applicati alla scoperta deduttiva del mondo fisico; e rifiuta il newtonianesimo, soprattutto per la maggiore complessità dei suoi principi fisici, dietro i quali gli pare di veder risorgere un certo dogmatismo metafisico; in realtà il suo limite rimane quello di un filosofo che tratta di argomenti di fisica senza un proprio bagaglio di verifiche sperimentali. A sostegno dei vortici cartesiani il C. adduce copiose esperienze (come quelle di 's Gravesande sulla forza centripeta e centrifuga, pp. 148-149), che egli manipola poi ingegnosamente ai fini del proprio assunto. La principale obiezione mossa a Newton è quella di aver "trasferito" il principio della gravitazione universale "nel suo vacuo celeste", mentre il C. ritiene di aver dimostrato "che in uno spazio liberissimo, che non resiste punto a' corpi cadenti, non può essercitarsi, né ridursi in atto la potenza di gravare a misura della grandezza, e densità de' corpi, come si osserva in questa nostra atmosfera, in cui i corpi gravi trovano la resistenza dell'aria, dell'acqua, e della terra, le quali impedendo loro o in parte, o in tutto lo scendere abbasso, son cagione, che la quantità di loro materia gravi tutta insieme una sovra l'altra delle particelle constituenti, e tutte sopra l'infima superficie". Ènell'azione di una forza (quella attrattiva) nel vuoto, che pare al C. di ravvisare un residuo metafisico in Newton, ed è, in ultima analisi, la fedeltà ad oltranza alla negazione cartesiana del vuoto a precludergli la comprensione della nuova rivoluzione scientifica del suo tempo.
I dialoghi sono di gradevole lettura, costruiti secondo lo schema galileiano: anche qui ci sono tre interlocutori, uno è cartesiano e rappresenta lo stesso C., uno è newtoniano, e un terzo, più rozzo, è peripatetico e rappresenta Gabriel Daniel, la cui satira anticartesiana il C. si ripromette (p. 213) di confutare in un futuro scritto, che però non abbiamo.
Il C. attese, infine, a un poema sacro, L'Apocalisse dell'apostolo s. Paolo, in ottave, in cui il problema della grazia e della virtù attiva sono posti in termini che risentono l'eco delle discussioni gianseniste. Il poema s'interrompe al canto VII, per il colpo apoplettico da cui fu colto l'autore. Un'opera sistematica di fisica cartesiana - la Filosofia per principi e cavalieri, in due volumi -, dettata nell'ultimo anno della sua vita, fu pubblicata nel 1841.
Il C. morì a Modica il 7 febbr. 1740.
Opere: L'Adamo ovvero il mondo creato, poema filosofico, I, Catania 1709; II, Messina 1723 (successive edizioni: Messina 1728; Roma 1737; Milano 1744; Siracusa 1783); Discorso in cui si risponde alle Opposizioni fattegli dal Sig.r Dottore G. Moncada sopra la sua sentenza della fermentazione, Palermo 1709 (ristampato nelle edizioni del 1737 e 1744 dell'Adamo, e nell'edizione 1784 dell'Apocalisse); Del moto degli animali, Palermo 1710 (ristampa, 1784); Gli Emblemi, Palermo 1715; Problemi naturali, Palermo 1727; Rime di Serpilla Leonzio (pseudonimo del C.), in Rime degli Ereini, Roma 1734, pp. 371 s.; Discorso diretto all'Accademia del Buon Gusto, dell'incendio dell'Etna e come si accende, Palermo 1738 (altra edizione, Milano 1757); Opuscoli filosofici (con le Considerazioni sopra la fisica di Newton in due dialoghi), Palermo 1738 (seconda edizione, Milano 1750; ristampa del 1784); L'Apocalisse dell'apostolo s. Paolo, poema sacro, Roma 1738 (Siracusa 1784, edizione postuma, contenente le altre opere sopra citate, e che costituisce il II volume delle opere complete del C. a cura di S. Sinesio; il I volume è l'edizione siracusana citata dell'Adamo); Filosofia per principi e cavalieri, 2 voll., Siracusa 1841; Lettere di T. C. a L. A. Muratori, a cura di A. Vecchi, Modena 1956.
Inedite sono: La pace tra' pastori e L'unione ipostatica; L'Elmira; Il Ciro in Babilonia; Il San Giorgio e Il San Guglielmo:melodrammi (tutti nella biblioteca dei gesuiti a Modica); I vagiti dell'ingegno, poesie varie (sic, in Mongitore; risultano, con titolo I vagiti della penna, poesie, mss. Biblioteca comunale di Palermo, 4.Qq.B4); Due sonetti, mss. alla Comunale di Palermo, 2.Qq.B.57, n. 4.
Fonti e Bibl.: Saggi e testimonianze di contemporanei: G. Moncada, Discorso ... nel quale stabilisce la sua sentenza sulla fermentazione opponendosi a quella del... T. C. ..., Palermo 1709; G. Prescimone, dedica a Carlo VI dell'edizione 1728 dell'Adamo e trad. latina degli argomenti dei canti (la traduzione dell'intero poema non fu condotta a termine); J. Mazara ed Echebelz, Al savio lettore, prefaz. all'edizione 1728 (contiene anche due lettere al C. di G. Berkeley) e alle successive, dell'Adamo; A. Grana, Riflessioni, nell'edizione dell'Adamo del 1744, con le Risposte dell'autore; S. Sinesio, Saggio biografico, introduzione a L'Adamo del 1783; Id., Dissertazione, introduzione a L'Apocalisse del 1784; A. Mongitore, Bibliotheca sicula, I, Palermo 1707, pp. 258 s.; A. Schiavo Lena, Lettere inedite di L. A. Muratori, F. De Aguirre e A. Lucchesi, s.l. 1907 (indirizzate per lo più al C. circa L'Adamo). Saggi biografici e critici: G. Trieste e Bovio, Notizie storiche spettanti alla vita ed alle opere del ... T. C., in Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, X, Venezia 1763, pp. 55-72; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, V, Venezia 1837, pp. 239-241; X, ibid. 1845, pp. 123-126; D. Scinà, Prospetto di storia letteraria della Sicilia, Palermo 1859, I, capp. III-IV, passim;G. Renda, Biografie degli uomini celebri per lettere e per scienze che vissero in Modica dal sec. XVI al sec. XIX, Modica 1869, p. 77; V. Di Giovanni, Benedetto Stay e T. C., in La gioventù. Rivista nazion. ital. di scienze, lettere, arti, n. s., V (1867), pp. 567-576; Id., Storia della filosofia in Sicilia, I, Palermo 1873, pp. 244 s.; F. Bouillier, Histoire de la philosophie cartésienne, II, Paris 1868, p. 523 (dove cita una stanza dell'Adamo senza fare il nome dell'autore, che probabilmente non conosce); G. M. Mira, Bibliografia sicula, I, Palermo 1875, p. 161; S. A. Guastella, Di T. C. e de' suoi tempi, Ragusa 1880; G. Leanti, La Sicilia nel sec. XVIII, Noto 1907, pp. 136-137, 177-180; F. Stanganelli, Un poeta filosofo dimenticato, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XI (1914), pp. 259-289; G.Foti, T. C., Palermo 1920; G. Capone Braga, La filosofia italiana e francese del Settecento, Arezzo 1920, p. 60; M. M. Rossi, Il viaggio di Berkeley in Italia e i suoi rapporti con un filosofo poeta, in Archiv. für Geschichte der Philosophie, XXVI (1921), pp. 156-165; G. Campailla, Notizie sulla vita e le opere di T. C. sifilografo e biologo siciliano, in Atti del Congr. naz. della Società ital. di st. delle scienze mediche e naturali, Siena 1933, estratto; T. C., filosofo cartesiano, in Acta Secundi Congressus Thomistici Internationalis, Roma 1936 pp. 543-554; O. Condorelli, T. C., in Celebrazioni siciliane, Urbino1940, I, pp. 201-226; F. Barbera, L'Accademia dei geniali, tesi di laurea, univ. di Palermo, anno acc. 1951-52, contenente una nota bibliografica sul C.; E. Garin, Storia della filosofia italiana, II, Torino 1966, pp. 879-882, 916; Enc. Ital., VIII, p. 564.