TOMMASO da Citta di Castello
TOMMASO da Città di Castello. – Nacque a Città di Castello nel 1492 dalla famiglia Gnotti, non si conosce il nome dei genitori.
Indirizzato agli studi letterari e alla carriera prelatizia, fu nominato precettore di Chiappino e Paolo Vitelli e divenne canonico della cattedrale di S. Florido prima di essere ordinato sacerdote. Dopo l’ordinazione partì per un pellegrinaggio in Terrasanta, celebrando a Gerusalemme la sua prima messa. Tornato nella sua città, attratto dalla figura e dall’opera di s. Francesco frequentò i francescani osservanti dell’eremo di Buonriposo e, nel 1534, entrò tra i cappuccini dell’Umbria.
Ebbe molteplici cariche: guardiano del convento di Perugia, definitore generale negli anni 1541, 1543, 1546, 1549, 1552 e 1555, provinciale dal 1546 al 1548 e dal 1550 al 1554 (in questo periodo, con l’aiuto dei Vitelli, organizzò un capitolo provinciale a Città di Castello), provinciale di Sicilia (dove fondò il convento di Modica) nel 1556, 1558 e 1561 vicario generale, quindi ancora definitore nel 1567, 1570, 1573, insieme con il grado di procuratore dell’Ordine, e 1575.
Primo ministro generale cappuccino (i generali cappuccini conservarono la qualifica di vicari fino al 1619, perché formalmente sottoposti ai conventuali) a non provenire dai francescani osservanti, ma dai sacerdoti diocesani, Tommaso nel suo primo triennio di governo, dopo aver staccato la Basilicata dalla provincia di Puglia, in obbedienza a una decisione del capitolo, si impegnò a tutelare l’autonomia dell’Ordine, in risposta a un nuovo tentativo degli osservanti di annullarla, ottenendo, nel 1560, da Pio IV la bolla Pastoralis officii di conferma dei diritti e dei privilegi già concessi ai cappuccini da Clemente VII e Paolo III e di proibizione alle altre famiglie francescane di adottare il loro nome o il loro abito. Inoltre, difese l’austerità di vita e l’applicazione rigida della regola, fino al punto da vietare nuovi ingressi, temendo che un numero troppo elevato di frati potesse comprometterne la povertà.
Nel 1561 intraprese la visita alle province dell’Ordine e nel 1562, apertasi l’ultima fase del Concilio di Trento, fu invitato a parteciparvi insieme con gli altri generali degli Ordini mendicanti. Era una prova dell’accresciuto prestigio e dell’indipendenza dell’Ordine, perché prima di lui solo Bernardino Palli d’Asti aveva preso parte al Concilio, ma in qualità di teologo. Impegnato nella visita, egli mandò a Trento prima il procuratore dell’Ordine Evangelista Ferratina da Cannobio (che sarà poi il suo successore), insieme con un piccolo gruppo di frati particolarmente preparati, poi, appena terminata quella, vi andò di persona, anche se verso la metà del 1563 lasciò la città per il clima nocivo e perché la sua presenza non gli sembrava necessaria, salvo ritornarvi quando cominciarono le discussioni sulla bozza del Decretum de reformatione regolarium. Intervenne su due materie: sull’abito dei francescani, riuscendo a far salvaguardare quello cappuccino mostrandone uno attribuito a s. Francesco, e sulla povertà comune, ottenendo, come per gli osservanti, l’esenzione dal privilegio di possedere immobili concesso agli altri Ordini mendicanti. L’approvazione del Decretum de regularibus et monialibus, il 3 dicembre 1563, che sanciva queste decisioni citando i cappuccini prima degli osservanti costituì di fatto la definitiva approvazione ecclesiale dell’Ordine, dopo la bolla Religionis zelus del 1528.
Secondo gli storici cappuccini del tempo sarebbe stata inoltre discussa la proposta, sostenuta dai conventuali, di dare al superiore maggiore dei cappuccini i sigilli e il titolo di ministro generale di tutti i francescani, da lui però rifiutata. Di certo Tommaso non poté firmare le decisioni delle singole sessioni e la dichiarazione di chiusura del Concilio, il 4 dicembre 1563, perché formalmente impedito dal suo grado di vicario che comportava la mancanza del diritto di voto deliberativo.
Considerato esperto nelle paci, nel luglio del 1563 si era adoperato anche per riappacificare le fazioni della sua città, insieme con un frate Pacifico da Fossombrone, cui aveva permesso di vivere presso il duca di Urbino Guidobaldo Della Rovere, minacciato di morte, il cui fratello, il cardinale legato Giulio Della Rovere, era anche viceprotettore dell’Ordine. Entrambi i Della Rovere erano intervenuti in favore dei cappuccini nei conflitti con gli osservanti. Secondo Mattia Bellintani da Salò (in I cappuccini nell’Umbria..., 2001, p. 132) Tommaso incoraggiò gli studi teologici nell’Ordine. Infatti, non provenendo più i frati, come agli inizi della storia dei cappuccini, dagli osservanti, si rendeva necessaria per loro una formazione teologica. Fu comunque il successivo capitolo generale del 1564 a incorporare nell’Ordine le decisioni conciliari, tra cui anche l’istituzione degli studi teologici in ogni provincia.
Terminato il generalato, tra il 1573 e il 1574 si recò in Sicilia inviato dal commissario Girolamo da Montefiore per dividere l’isola in tre province cappuccine, restandovi fino all’indizione del capitolo provinciale di Messina del maggio del 1574. Poi ritornò nella sua provincia stabilendosi nel convento di Città della Pieve, dove morì il 3 febbraio 1576. Gli è attribuita una raccolta di meditazioni sui misteri della Vergine Maria.
Fonti e Bibl.: Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali dell’Ordine dei Frati minori cappuccini, Parma 1940, ad ind.; Francesco da Vicenza, Cenni biografici scritti dal p. Lattanzio da Terni, in Collectanea Franciscana, X (1940), pp. 511, 522-524; Il contributo degli ordini religiosi al Concilio di Trento, a cura di P. Cherubelli, Firenze 1946, pp. 218, 221, 224, 232 s.; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 1696 s.; G. Abate, Conferme dei vicari generali cappuccini date dai maestri generali conventuali. 1528-1619, in Collectanea Franciscana, XXXIII (1963), pp. 433 s., 438; C. Urbanelli, Storia dei cappuccini delle Marche, Ancona 1978, ad ind.; I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, I, Perugia-Roma 1988, pp. 34 s., II, ad ind., III, 1991, pp. 2413 s., 5226, IV, 1992, pp. 67, 80; E. Ciferri, Tifernati illustri, I, Città di Castello 2000, pp. 128-131; I Cappuccini nell’Umbria del Cinquecento (1525-1619), a cura di V. Criscuolo, Roma 2001, ad ind.; A. Fregona, I frati cappuccini nel primo secolo di vita. 1525-1619. Approccio critico alle fonti storiche, giuridiche e letterarie più importanti, Padova 2006, pp. 50 s., 55, 71; S. Vacca, Momenti e figure della spiritualità dei cappuccini in Italia, Roma 2007, pp. 67 s., 152; D. Giglio, Studi, lettori e studenti nella provincia dei Frati minori cappuccini dell’Umbria dal 1561 al 1702, in Collectanea Franciscana, LXXXVI (2016), pp. 641-668 (in partic. pp. 647 s.).