TOMMASO DA GAETA
Proveniva dalla famiglia dei Maltacia di Gaeta. In un documento del 1202 viene nominato "dominus Thomasius Maltaccia regiae curiae magister iustitiarius, quondam filius domini Gregorii Pironis" (Tabularium Casinense.Codex diplomaticus Cajetanus, II, Montecassino 1891, nr. 370, p. 327). Tra il 1191 e il 1193 fu notaio nella cancelleria di re Tancredi, mentre l'imperatrice Costanza d'Altavilla, della cui fiducia godette, lo incaricò di missioni diplomatiche presso la Curia romana. In questa funzione Costanza nell'autunno 1195 inviò a Roma T., "devotus et fidelis noster, celsitudinis noster nuncius", per presentare a Celestino III le sue lamentele relative alla nomina di un legato pontificio per Puglia e Calabria, all'ingerenza nell'elezione dell'abate di S. Giovanni degli Eremiti a Palermo e alla consacrazione dell'arcivescovo Ugo di Siponto. Forse aveva assunto già in questa data la carica di giustiziere (v.), con la quale è menzionato nei Gesta Innocentii III a proposito della sua seconda missione a Roma, avvenuta nell'autunno 1198. Questa volta T. era tra gli inviati dell'imperatrice che avevano il compito di preparare un concordato con Innocenzo III; in quella occasione egli consegnò al pontefice i preziosi doni di Costanza. Ma la prima risposta del papa che T. portò a Palermo fu negativa. Tornò quindi a Roma e riprese le trattative, che finalmente portarono alla stipula di un concordato.
Dopo la morte dell'imperatrice (1198), T. si ritirò a Gaeta dove ricevette una lettera di Innocenzo III indirizzata ai magistrati della città. Nel 1200 sembra essersi trovato con un incarico diplomatico a Roma. Alla fine del 1201 o all'inizio del 1202 era di nuovo a Gaeta dove ricevette una seconda lettera del papa. Nel 1202 fu nominato "magister iustitiarius" della Curia regia. Dopo la morte di Marcovaldo di Annweiler (v.), di cui era avversario, tornò in Sicilia. Nell'ottobre 1204 era a Roma come inviato di Guglielmo Capparone, e nell'autunno 1205 e nel 1206 tornò di nuovo a Roma in missione diplomatica.
Sull'attività di T. negli anni successivi non sappiamo nulla. Fu probabilmente lui ad essere inviato da Federico II a Roma nel 1212 per ottenere la conferma dei privilegi del 1198. Nel 1213 fece parte di un'ambasciata di Federico II inviata ai baroni meridionali ancora ostili allo Svevo e portò con sé una lettera di presentazione di Innocenzo III. Nel 1215 consegnò al papa una lettera della regina Costanza riguardante il fratello, il re Pietro II d'Aragona. Probabilmente era anche al seguito della regina quando questa, nell'estate 1216, si recò con il figlio in Germania presso la corte di Federico II. Su incarico di Costanza si presentò alla Curia romana ricevendo da Onorio III tre lettere, di cui una indirizzata a se stesso, chiamato qui "familiaris" dello Svevo.
Con ciò terminò la carriera politica di T., le cui convinzioni politiche probabilmente non erano più in sintonia con la nuova politica attuata nel Regno da Federico II dopo il suo ritorno dalla Germania. Tuttavia, da consumato diplomatico, T. continuò a rivolgere alcuni consigli al giovane imperatore. In lettere, scritte probabilmente a Federico II tra il 1223 e il 1225, gli suggerì di evitare una rottura con il papa e di governare con mano meno dura. Lamentò anche l'eccessivo peso fiscale: "Per l'amor di Dio, signore, fate in modo che trascorra un intervallo fra una gabella e l'altra, siate moderato nell'esigere la corvée, fate risollevare dagli oneri il regno già stremato, che ai tempi felici dei vostri predecessori fioriva ricco di ogni bene; possano le lacrime essere asciugate e cessare i dolori del popolo; agite con maggior mitezza con le popolazioni e le città del vostro regno, che è vostra gloriosa e celebre eredità, affinché i cuori feriti dalla pressione delle tasse e dal cumulo delle riscossioni possano ristabilirsi e dedicarsi fedelmente a voi e a vostro figlio. Perché, se i cuori dei sudditi sono rivolti sinceramente a voi, essi valgono più di ogni fortezza e di ogni esercito messi insieme" (Kehr, 1905, ep. X, pp. 53 s.). Nel 1226 fece di nuovo un appello al sovrano per convincerlo a non cercare lo scontro con il papa. Nello stesso tempo egli si definisce già anziano e ammalato, ma sempre disponibile a servire il suo signore. Non sembra però che Federico II gli abbia dato ascolto.
Da una sua lettera (ibid., ep. VIII) sappiamo che T. era sposato con un donna devota, che era ricco e che non aveva figli. Doveva avere un'ottima istruzione e una vasta cultura; conosceva bene i Vangeli, ma anche Virgilio. Era un uomo religioso e consigliò Federico II di avere fiducia in Dio e di essergli devoto. T. desiderò quindi la concordia tra papa e imperatore, "quibus incurvatur et famulatur totus orbis" (ibid., ep. X), supplicando anche l'imperatore di evitare la rottura con il papa ("Vae mundo a scandalis", ibid., ep. XV). Non meraviglia quindi che i papi lo apprezzassero molto. Innocenzo III lo chiamò "virum utique providum et fidelem ac in apostolice sedis et regni devotione ac fide per multa iam argumenta probatum", mentre Onorio III, in una lettera a Federico II, parlò di T. come di colui "qui inter alios familiares tuos tibi fidelis in prosperis astitit et adversis" (ibid., ep. IV).
Fonti e Bibl.: P.F. Kehr, Das Briefbuch des Thomas von Gaeta, Iustitiars Friedrichs II., "Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken", 8, 1905, pp. 1-76; Tancredi et Willelmi III regum diplomata, a cura di H. Zielinski, Köln-Wien 1982, pp. XX-XXI; Constantiae imperatricis diplomata. Die Urkunden der Kaiserin Konstanze, in M.G.H., Diplomata, XI, 3, a cura di Th. Kölzer, 1990, pp. 8-11; Friderici II. diplomata, inde ab anno MCXCVIII. usque ad annum MCCXII., ibid., XIV, 1, a cura di W. Koch, in collaborazione con K. Höflinger-J. Spiegel e con l'uso del materiale raccolto da C. Schroth-Köhler, 2002, pp. 4 ss., 24. H.M. Schaller, Die Kanzlei Friedrichs II. Ihr Personal und Sprachstil, "Archiv für Diplomatik", 3, 1957, pp. 283 ss. (pp. 207-286); H. Zielinski, Zu den Urkunden der beiden letzten Normannenkönige Siziliens, Tankreds und Wilhelms III. (1190-1194), "Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters", 36, 1980, p. 415 (pp. 433-486); Th. Kölzer, Urkunden und Kanzlei der Kaiserin Konstanze, Königin von Sizilien (1195-1198), Köln-Wien 1983, pp. 72-74; R. Neumann, Parteibildungen im Königreich Sizilien während der Unmündigkeit Friedrichs II. (1198-1208), Frankfurt a.M. 1986, pp. 168 ss., 178-180; W. Stürner, Friedrich II., I, Die Königsherrschaft in Sizilien und Deutschland 1194-1220, Darmstadt 1992, pp. 111 ss., 193 ss. (trad. it. Federico II. Il potere regio in Sicilia e in Germania 1194-1220, Roma 1998, pp. 111, 202). H.M. Schaller, Thomas von Gaeta, in Lexikon des Mittelalters, VIII, Stuttgart-Weimar 1999, coll. 718 ss.