DELLA PORTA (de Porta), Tommaso
Appartenente a un'antica famiglia salernitana, nacque da Giovanni di Matteo probabilmente all'inizio del sec. XIII e fu fratello del più celebre Matteo, arcivescovo di Salerno dal 1263 al 1273.
Le fonti tacciono sull'attività svolta dal D. durante il regno di Federico II. Potrebbe far eccezione un documento dal quale risulta che un "Thomasius de Porta" era giudice a Salerno nel luglio 1238 (Winkelmann): ma l'identificazione di questo giudice con il D. non può essere sicura, per mancanza di altre testimonianze. Possiamo, tuttavia, ritenere a buon diritto che sotto Federico II il D. maturasse una solida esperienza come magistrato regio e come giurista, dato che la prima notizia certa su di lui, risalente al marzo 1260, lo attesta al servizio di Manfredi come titolare della carica di avvocato fiscale presso la Magna Curia. Una carica, questa, di grande prestigio e autorità, cui spettava la difesa delle ragioni del Fisco nelle vertenze giudicate dalla Magna Curia e che veniva assegnata a magistrati particolarmente esperti e capaci.
Dopo la morte di Manfredi, il D. dovette rientrare nella città natale: qui lo troviamo, nel giugno 1266 quando, in qualità di procuratore del fratello arcivescovo, prese possesso di terre che Carlo I d'Angiò restituiva alla Chiesa salernitana dopo averle indebitamente espropriate. La sua lontananza dalla corte e da incarichi regi non dovette, comunque, durare a lungo: al pari di altri funzionari curiali di Manfredi - come, ad esempio, Andrea da Capua, i Della Marra e i Rufolo - il D. passò, infatti, ben presto al servizio del nuovo sovrano.
Nel marzo 1269 Carlo 1 dispose la leva militare per combattere i Saraceni di Lucera e ordinò che ogni Comunità contribuisse con un uomo (oppure con il versamento di un augustale al mese) per fuoco: inviò allora propri rappresentanti in ogni provincia per far eseguire l'ordine. Il D. ricevette tale incarico per il Principato e la Terra Beneventana, insieme con il giustiziere di quella provincia e con Giovanni Siginulfo da Napoli. Nel relativo documento e nel successivo mandato, con cui il sovrano ordinava al giustiziere del Principato di pagare le spese del D., quest'ultimo è indicato con il titolo di avvocato fiscale. E probabilmente egli aveva ripreso già da tempo la carica ricoperta sotto Manfredi, dato che un mandato regio del dicembre del 1269 ordinava allo stratigoto di Salerno di versare al D. 50 once d'oro per retribuzioni degli anni precedenti.
Consigliere e familiare regio, il D. fu chiamato da Carlo d'Angiò a insegnare diritto civile nello Studio napoletano. La nomina dovette avvenire prima del 1272, poiché, con un mandato risalente al gennaio-agosto di quell'anno, il monarca dispose un incremento dello stipendio annuo - 60 once d'oro -, fino ad allora percepito dal Della Porta. Della sua attività di docente abbiamo poche notizie: sappiamo soltanto che egli fu presente alla concessione della licentia docendi a Francesco di Telese, come risulta nel relativo documento del 1273-74, ricordato da tutti gli storici dell'università napoletana a cominciare dall'Origlia (che lo data al 1275). Nulla sembra esser rimasto della sua produzione di studioso: nessuna glossa o additio attribuibile al D. si trova infatti nel Vetus apparatus al Liber constitutionum di Federico II - conservato nella Bibl. apost. Vaticana, cod. Vat. lat. 6770 -, né nei manoscritti del Corpus iuris civilis che contengono glosse e additiones di giuristi napoletani e che sono stati esaminati dal Meyers e dalla successiva storiografia.
Favorito dal monarca angioino - che, ad esempio, gli concesse nei primi mesi del 1272 l'immunità dalle collette -, il D continuò ad operare come avvocato del Fisco e come consigliere regio. Nel 1273 fu tra i membri della corte che ordinò al giustiziere di Terra di Lavoro di prendere possesso delle terre del conte di Acerra. Il 4 sett. 1274 fu tra i sottoscrittori del trattato di alleanza stipulato tra Carlo d'Angiò e le Comunità di Sebenico e di Spalato. Nel febbraio 1276 risulta nella "comitiva regia" che aveva seguito a Roma Carlo d'Angiò impegnato ad esercitare la carica di senatore della città. A partire dal 1277, Poi, fece parte, con il rango di cavaliere, dell'Ospizio regio, l'amministrazione, cioè, degli uffici domestici che Carlo 1 andava organizzando sul modello dell'Hôtel regio francese. Continuò, peraltro, ad esercitare, per lo più insieme con Andrea da Capua, la carica di avvocato fiscale. Secondo lo statuto dei procuratori fiscali, confluito durante il regno di Carlo II nella raccolta che disciplinava l'attività dei principali uffici curiali, i procuratori medesimi dovevano ricorrere al "consilitim" ed al "patrocinium" del D. e di Andrea da Capua in tutte le cause riguardanti il Fisco cui partecipassero in veste di attori o di convenuti (Sthamer; I registri, XXXI). Di tanto in tanto il sovrano gli affidava compiti amministrativi di varia natura: nel maggio 1278, ad esempio, il D. ebbe l'incarico di controllare i conti del giustiziere di Terra di Lavoro.
Il D. è ricordato per l'ultima volta dalle fonti in un documento del 1278-79 (per il De Lellis del 1278) che lo indica come avvocato fiscale insieme con Andrea da Capua e Riccardo de Ayrola. L'8 genn. 1280 era già morto, come risulta da un atto in cui i suoi figli si dichiarano "heredes qd. Thomasii de Porta". Il D. aveva sposato una Bartolomea, di cui si ignora il casato e che è menzionata come vedova del D. in un documento del dicembre 1283 (non è certamente il D. quel "Thomasius de Porta, nepos Nicolai de Porta mil." che nel 1269-70 ricevette da Carlo I l'autorizzazione a sposarsi con "Margarita, figlia iudicis Iohannis Caputgrassi de Salerno": I registri, V, p. 181). Ebbe due figli, Giovanni e Matteo: il primo, nell'agosto 1266, venne nominato rettore della chiesa di Montecorvino nella diocesi di Acerno. Durante il regno di Carlo I, il D. possedeva a Napoli una casa sita nella zona "ubi dicitur vicus de Caraczulis" (Iregistri, XIV, p. 32).
Fonti e Bibl.: J. C. Lünig, Codex Italiae diplomaticus, IV,Francofurti et Lipsiae 1735, col. 438; Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, I,Zagrabiae-Zagreb 1868, p. 110; C.Minieri Riccio, Alcuni fatti riguardanti Carlo I d'Angiò...,Napoli 1874, p. 43;E. Winkelmann, Acta Imperii inedita saeculi XIII,Innsbruck 1880, pp. 633 s.; P.Durrieu, Les archives angevines de Naples, II, in Bibliothèque des Ecoles françaises d'Athènes et de Rome, LI, Paris 1887, p. 367; A.Broccoli, Il Registro di Carlo I d'Angiò 1271 D (ex Regia Sicla), in Arch. stor. campano, II (1893), p. 15;G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d'Angiò, III,Napoli 1902, p. 45; Codice diplomatico salernitano del sec. XIII, a cura di C. Carucci, I, Salerno 1931, pp. 295 ss., 320-24, 363 s., 515; C.De Lellis, Gli atti perduti della Cancelleria angioina, I-II,in Regesta Chartarum Italiae, XXV-XXXI,Roma 1939-1943, ad Indices;E. Sthamer, Das Amtsbuch des sizilischen Rechnunghofes,Burg 1942, pp. 37 n. 105, 178 ss.; I registri della Cancelleria angioina...,II, V, VIII-XV, XVIII, XX, XXI, XXIII, XXVII, XXXI,Napoli 1951-1980, ad Indices; G. G.Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, I,Napoli 1783, pp. 232 s.; E. M. Meyers, Iuris interpretes saeculi XIII, Neapoli 1924, p. XXXII; G. M. Monti, L'età angioina,in Storia dell'Università di Napoli, Napoli 1924, p. 80; E. Besta, Il primo secolo della scuola giuridica napoletana,in Id., Scritti di storia giuridica meridionale,a cura di G. Cassandro, Bari 1962, p. 464;N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, 1, München 1973, pp. 446 s.