FRIGNANI, Tommaso
Nacque, probabilmente a Modena, nel secondo decennio del XIV secolo, da Cesare di Ottavio, in una famiglia originaria del contado circostante, denominato Frignano, e appartenente alla piccola nobiltà locale. Abbiamo poche notizie in merito ai primi anni di vita del F.: con ogni probabilità entrò molto giovane nel convento di S. Francesco di Modena, divenendone custode nel 1349; pochi anni dopo, nel 1352, il F. era già ministro provinciale dell'Ordine per l'Emilia-Romagna. Nel 1360 ricoprì, dopo essere stato uno dei nove riformatori dello Studium teologico di Bologna, l'incarico di professore presso lo stesso ateneo; del suo breve periodo d'insegnamento ci sono rimasti manoscritti, commentari teologici e un breve trattato intitolato De providentia. Il suo ruolo di ministro generale lo portò a intervenire in diverse questioni interne all'Ordine: così, nel 1363, sollecitò, presso il cardinale legato Egidio Albornoz, un intervento più severo per reprimere un abuso disciplinare nel monastero delle clarisse di S. Guglielmo di Ferrara. I legami intercorsi tra il F. e il cardinale Albornoz dovettero essere molto cordiali e amichevoli se un anno più tardi, in occasione della stesura del testamento rogato in Assisi il 29 sett. 1364, il F. fu nominato dall'Albornoz suo esecutore testamentario.
L'incarico di ministro provinciale fu ricoperto dal F. fino al capitolo generale di Assisi del 1367 quando, il 6 giugno, venne eletto all'unanimità ministro generale dell'Ordine, quale successore di Marco da Viterbo; la sua nomina suscitò però, stando alla storiografia minoritica, l'invidia di Tommaso Racani di Amelia, ministro della provincia umbra. L'anno seguente il F. presiedette il capitolo provinciale dell'Ordine tenutosi a Foligno e in tale occasione egli concesse a Paoluccio Trinci, figlio di Corrado, signore di Foligno, il diroccato convento di Brogliano, poco distante dalla cittadina umbra. Con questa iniziativa Paoluccio Trinci dette vita alla Congregazione dei fraticelli dell'osservanza, destinata a diventare, nel XV secolo, l'ala più importante del rinnovamento dell'Ordine. Intorno all'iniziativa di Paoluccio e dei suoi confratelli, all'austero e rigoroso stile di vita da essi praticato, si concentrarono fin dai primi tempi i sospetti delle gerarchie ecclesiastiche, timorose di una recrudescenza dei movimenti ereticali. Fra le prime vittime di questo atteggiamento d'ostilità nei riguardi del movimento vi fu proprio il F., che venne esplicitamente accusato dal già ricordato Tommaso Racani, insieme con Nicolas de Besse, cardinale protettore dell'Ordine, di sostenere le eresie dei fraticelli. Verso la fine dell'anno papa Urbano V lo sospese dalla carica e dalle funzioni di ministro generale.
Il F. si dovette trovare allora in una situazione di grande incertezza e disorientamento, ma ricevette l'aperto ed esplicito sostegno di alcune delle maggiori personalità laiche ed ecclesiastiche del tempo. Fra queste ricordiamo Francesco Petrarca che in una lettera inviata a Urbano V il 1° genn. 1369, sottolineò le qualità intellettuali e i meriti spirituali del F., tutte doti che escludevano qualsiasi dubbio in merito alla sua ortodossia. Non sappiamo in quale occasione il F. e il Petrarca si fossero conosciuti: il tenore della missiva contenuta nelle Seniles (XI, 11) attesta la loro reciproca familiarità, ma non fornisce nessuna notizia in merito ai loro incontri. Oltre al Petrarca il F. ebbe in questo periodo l'aperta solidarietà di Pierre Roger di Beaufort, il futuro Gregorio XI, familiare e prossimo di Urbano V, e di Nicolas de Cabasolle, divenuto a sua volta nel giugno 1369, alla morte di Nicolas de Besse, cardinale protettore dell'Ordine francescano.
Nella primavera del 1370, nel corso del capitolo generale dell'Ordine apertosi a Napoli il 2 giugno, si svolse l'inquisizione nei confronti del F. che fu dichiarato innocente, sciolto da ogni sospetto di eresia nonché reintegrato nella sua carica di ministro generale. Ebbe allora inizio per il F. una nuova fase, estremamente impegnativa, che lo vide ricoprire delicate e importanti missioni diplomatiche per conto del Papato. Nel 1371 egli era a Genova per riconciliare le nemiche consorterie dei Fregoso e dei Fieschi; questi ultimi, guidati in particolare dal vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, conducevano una politica di aperto sostegno a Gian Galeazzo e Bernabò Visconti, signori di Milano; la riappacificazione fra le due famiglie, avvenuta il 2 maggio 1372, comportò per Genova l'ingresso nella lega voluta da Gregorio XI per frenare l'espansionismo dei Visconti; tale adesione, siglata formalmente un anno più tardi, fu auspicata e perseguita dal F. in tutte le sue fasi, come attestano numerosi documenti.
Nel frattempo il F., sempre per conto della Repubblica genovese, si impegnò a favorire la pace fra questa e il Regno di Cipro dove, in coincidenza con l'ascesa al trono di Pietro d'Antiochia Lusignano, erano scoppiati nei quartieri genovesi dell'isola violenti tumulti contro i residenti della colonia che avevano compromesso il controllo politico ed economico esercitato da Genova su Cipro. Anche in questa occasione la mediazione del F. si rivelò particolarmente importante; egli, infatti, sollecitato in modo diretto dal pontefice, oltre a esortare i Genovesi a una soluzione di compromesso, vigilò sulla missione di due emissari apostolici, Guglielmo, vescovo di Narni, e Giovanni degli Abbati, auditore di Curia, successivamente inviati dal papa a riappacificare le due parti in lotta. Nel mese di luglio dello stesso anno il F. fu nominato arcivescovo di Grado. Abbandonò allora la carica di ministro generale dell'Ordine francescano, proseguendo la sua carriera diplomatica: la sua nomina infatti rientrava nell'accorta politica pontificia desiderosa di avere un esperto mediatore nei territori nordorientali della penisola, tale da garantirne una maggiore stabilità politica in vista del rientro della sede papale da Avignone a Roma.
Nel 1373, dopo la solenne adesione di Genova all'alleanza antiviscontea già ricordata e la pacificazione dei Genovesi con i Ciprioti, il F. si spostò a Venezia dove fu impegnato a porre termine al lungo conflitto che opponeva la Serenissima contro il signore di Padova Francesco (I) da Carrara.
Con l'avvento dei Carraresi infatti, e in particolare sotto Francesco (I), la città di Padova aveva esteso in modo considerevole il proprio dominio che comprendeva anche le città di Feltre e Belluno, minacciando in modo costante Venezia e i territori a lei soggetti. Nel quadro di questa politica espansionistica Francesco da Carrara si era alleato con Ludovico I d'Ungheria e la città di Genova, tradizionali nemici della Serenissima, e aveva avviato contro essa una campagna militare. Insediatosi nella diocesi gradense il F. avviò un'intensa attività diplomatica volta in primo luogo a far desistere gli alleati dal loro appoggio in favore di Francesco. I tentativi del F. non ebbero successo e Venezia affrontò poco tempo dopo, nell'estate del 1373, un rapido conflitto contro la città di Padova conclusosi, grazie anche a una congiura interna contro il Carrarese e all'abbandono dell'alleato ungherese, in un pieno successo. Fu proprio il F. a recarsi a Padova, il 27 luglio, per esporre a Francesco le linee essenziali del trattato di pace, considerato dai cronisti locali estremamente umiliante per il signore di Padova, ritornando qualche giorno dopo a Venezia, per riferire le controproposte di Francesco da Carrara.
A Venezia, nel mese di agosto, il F. fu raggiunto da suo nipote Giovanni Conversini, altrimenti noto come Giovanni da Ravenna. Giovanni era figlio di Conversino, fratello del F., deceduto a Buda in Ungheria dove si trovava in qualità di medico personale del re Ludovico d'Angiò (anche un altro fratello del F., Bonatto, era medico ed esercitò lungamente a Bologna). I rapporti intrattenuti dal Conversini con il F., che fu per lungo tempo il suo tutore, furono spesso burrascosi dato il carattere irrequieto del nipote, ma animati comunque da affetto, come testimoniano alcuni passi dell'opera dell'umanista ravennate. Anche in quell'occasione però, per ignoti motivi, il F. e Giovanni litigarono aspramente.
Il 21 settembre venne siglata la pace fra Venezia e Padova alla presenza del F. che ne era stato, secondo quanto riferito dai contemporanei, uno dei principali artefici. In quell'occasione rincontrò probabilmente il Petrarca, che era anch'egli presente all'avvenimento come oratore e accompagnatore di Francesco Novello, figlio del da Carrara.
Negli anni successivi il F. fu soprattutto impegnato in questioni ecclesiastiche e in particolare nella soluzione dei contrasti esistenti fra regolari e secolari nella diocesi gradense; anche il papa si rivolse a lui in due sole occasioni al solo scopo di trovare una degna sistemazione ad alcuni magistri in sacra pagina. La stima e l'amicizia dimostrata da Gregorio XI nei confronti del F. non venne comunque meno e fu confermata nel 1378, quando il papa, poco prima di morire, lo nominò cardinale, titolare per la chiesa dei Ss. Nereo e Achilleo. Il F. si stabilì con ogni probabilità a Roma, dove nel frattempo si era aperta, con l'elezione di Bartolomeo Prignano, salito al soglio pontificio con il nome di Urbano VI, la lunga e travagliata vicenda dello scisma d'Occidente. Presso la Curia romana egli svolse l'incarico di cancelliere e di inquisitore nei confronti dei fautori dell'antipapa. Nel 1379 venne aperto il processo per la canonizzazione di Birgitta di Svezia, la nobildonna svedese morta a Roma nel 1373, divenuta ben presto oggetto di culto e di venerazione presso il popolo romano: in tale occasione il F. svolse il ruolo di commissario e presiedette all'intera raccolta delle testimonianze. Negli anni successivi il F. si impegnò, anche se in tono minore, in questioni riguardanti la vita religiosa del tempo: nel 1380 gli fu affidata l'organizzazione e la supervisione delle visite presso i monasteri camaldolesi, volute da papa Urbano VI per favorirne la riforma interna.
Tale incarico, per il quale fu molto lodato dall'umanista Coluccio Salutati, non fu seguito per lungo tempo dal F. in quanto già prima del 30 luglio 1381 egli era deceduto a Roma. In questa data infatti il Senato veneto raccomandava a papa Urbano VI il francescano Ludovico da Venezia, successore del F. al cardinalato. Il F. venne sepolto nella basilica di S. Maria in Aracoeli, punto di riferimento della comunità francescana di Roma.
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