GHINUCCI, Tommaso
Non si conoscono con esattezza luogo e data di nascita di questo architetto di origine senese, figlio di Bartolomeo, a lungo attivo nel XVI secolo tra Bagnaia, Viterbo, Tivoli e Roma.
Nulla si conosce della sua formazione; mentre si sa che ben presto, nel 1528, ricevette come chierico il beneficio della chiesa di S. Andrea in Vico di Val d'Elsa direttamente dal cardinale Niccolò Ridolfi. In precedenza, nel 1525, era comparso come testimone al testamento dettato da Piero Ridolfi, padre del cardinale.
Negli anni 1535-36 il G. potrebbe aver progettato a Roma la loggia di S. Agata dei Goti, i cui giardini e parte dell'edificio erano utilizzati dallo stesso cardinale Ridolfi (Campbell Byatt, 1981). Nel gennaio del 1538 il G. è documentato a Bagnaia nella casa di Giuliano Gallo a commentare il decreto con il quale il cardinale Ridolfi aveva abrogato un accordo sui prestiti tra la Comunità e alcuni ebrei. Il 9 ag. 1538, nella residenza vescovile di Bagnaia, è registrato il familiare G. in un atto di procura dello stesso cardinale (Archivio di Stato di Viterbo, Notarile Bagnaia, 54, cc. 11 s.). La presenza dell'architetto senese è giustificata dai lavori nel palazzo vescovile, poi della Loggia, e dalla realizzazione in corso del rettifilo stradale di collegamento con la chiesa della Madonna della Quercia, da poco unita a Viterbo anche con un altro rettifilo voluto da Paolo III. Soltanto tra il 13 ott. 1540 e il 3 ott. 1541 si hanno i primi acquisti di fabbricati per comodità e ampliamento del palazzo e delle relative logge, che, insieme con altre nuove strutture, si volevano realizzare proprio sulla strada e sulla porta di accesso al castello, aprendo, presso l'antica torre tonda, un nuovo ingresso più lontano e protetto da un'altra torretta (ibid., 47/1, cc. 58 s.).
Il 9 ott. 1542, alla presenza del G., si precisa che il cardinale Ridolfi per aprire la nuova porta e per la difesa del castello di Bagnaia aveva già fatto demolire tanto la chiesa e la sacrestia di S. Giovanni quanto alcune case private e, nello stesso luogo, aveva realizzato la nuova porta e aveva costruito un'altra chiesa con sacrestia. I privati, le cui case erano state demolite, furono ricompensati dando loro il vecchio ospedale con le relative camere, granai, botteghe e stalle; infine i rettori della Confraternita dei disciplinati di S. Giovanni, amministratori dell'ospedale, accettarono in cambio altri immobili, che lo stesso vescovado possedeva presso Bagnaia. Anche se non si conosce il testo dei cottimi con le maestranze impegnate nel cantiere di Bagnaia, la parte avuta dal G. emerge dai conti degli anni 1542-49. Soltanto il 6 sett. 1553 (ibid., 65/2, cc. 48 s.), su incarico dei rettori della parrocchiale di S. Maria, proprio il G. e il romano Giuliano Gallo, bene informati sulle trasformazioni subite dai luoghi, stimarono in 80 ducati il valore di alcune camere, che, presso la detta chiesa e sopra la porta nuova e l'altra chiesa di S. Giovanni, erano state fatte demolire dal cardinale Ridolfi, per realizzarvi altri ambienti, onde consentire l'ampliamento del palazzo.
Numerosi documenti nel corso del quinto decennio del Cinquecento testimoniano un'assidua presenza del G. a Bagnaia, dove prese parte alle numerose ristrutturazioni cittadine.
Nell'autunno del 1543 da Bagnaia il G. raggiunse il cardinale Ridolfi nella sua diocesi di Vicenza, dove però è da verificare se furono eseguiti su suo progetto i lavori per quel palazzo vescovile.
Il prestigio raggiunto dal G. è testimoniato da una lettera del 1545 di Donato Giannotti, familiare del cardinale Ridolfi, in cui è definito "princeps architectorum". Per i lavori del palazzo di Bagnaia la stessa Comunità fu impegnata nel trasporto di tegole e calce per gli anni 1547-48 proprio su richiesta del G., che propose anche di realizzare una fontana fuori della nuova porta del castello. Il 9 luglio 1549 in una vertenza fra privati, si prestò a fare da depositario lo stesso G., definito "architector" del cardinale Ridolfi (Ibid., Notarile Viterbo, 1041, cc. 490 s.).
Dopo la morte del cardinale Ridolfi, il 16 apr. 1550 il commissario di Giulio III prese possesso di Bagnaia e ne consentì la cessione al fratello Baldovino Del Monte. Già al 9 ag. 1550 è documentato il passaggio del G. al servizio del cardinale di Ferrara, Ippolito (II) d'Este, che a Roma, sulla collina del Quirinale, aveva appena acquistato una vigna con l'intenzione di trasformarla in giardino, e nelle cui opere idrauliche poté servirsi del G., retribuito con uno stipendio annuale di 100 scudi fino al gennaio del 1559.
Nel 1553 al G. fu nuovamente affidato il progetto per l'acquedotto e la fonte fuori porta a Bagnaia.
Il 31 ag. 1555 nel Consiglio di Bagnaia si discusse delle modalità proposte dal G. per completare il nuovo acquedotto nel tratto superiore; la fontana nella piazza fuori del castello fu completata soltanto nel 1577.
Al 15 luglio 1561 sono documentate le spese di viaggio, da Montefiascone a Roma, del G. insieme con l'architetto Giovanni Alberto Galvani e con il pittore Girolamo Muziano nell'interesse del cardinale Ippolito d'Este. Negli anni 1560-61 è probabile che il G. fosse impegnato a risolvere i problemi tecnici per la costruzione dell'acquedotto da Monte Sant'Angelo alla villa d'Este di Tivoli; la sua attività in questo cantiere è documentata dal salario ricevuto fino al dicembre del 1569.
Il cardinale Ippolito d'Este si servì del G. per realizzare anche l'acquedotto e la fontana di piazza della Rocca a Viterbo come attestano alcuni documenti tra il 1562 e il 1563, opera che in passato era stata attribuita erroneamente a Giacomo Barozzi da Vignola.
Gli stemmi dei due cardinali governatori e la stessa iscrizione del 1566 fanno risalire l'inizio dell'opera al cardinale Ippolito (II) d'Este e il termine al cardinale Alessandro Farnese. Il 16 dic. 1562 (ibid., 994, cc. 184-187) lo scalpellino viterbese Paolo Cenni si obbligò a realizzare la prima parte della nuova fontana per 160 scudi, rimettendosi per ogni eccedenza al prezzo "dechiarato da messer Thomasso Ghinucci", presente alla stipulazione dell'atto nel palazzo del governatore. Il 19 dic. 1563 (ibid., 995, c. 53) Paolo Cenni ricevette a cottimo il completamento della fontana con precisi riferimenti sia al modello già fatto dall'architetto senese e sia al "disegno che li darà decto messer Thomasso".
Nel 1565 il G. era impegnato a Roma per il cardinale di Ferrara nei lavori della villa a Monte Cavallo oltre la strada.
Iniziata l'espansione del borgo fuori le mura già a partire dal 1565, il 6 genn. 1567 si decise che nel prossimo arrivo del G. a Bagnaia fossero segnate la piazza e le strade lungo le quali costruire secondo termini da mettersi in opera; così il successivo 3 febbraio furono discusse con lo stesso architetto le modalità e furono elette tre persone con l'autorità di provvedere insieme. Nel Consiglio del 13 febbr. 1567 fu quindi presentato il disegno relativo alla piazza e alle strade con i luoghi dove si sarebbe potuto fabbricare; si propose anche di non fare la strada intermedia verso la chiesa di S. Sebastiano.
Il G. dovette lavorare inoltre fin dai tempi del cardinale Ridolfi alla trasformazione del "barco" da casino di caccia a futura villa Lante.
In particolare al G. possono essere riferiti il primo rettifilo che collega l'antica torre tonda di Bagnaia al portale inferiore del barco, ovvero la "strada nuova con la quale si va al barco" come attesta un atto del 25 maggio 1566 (Ibid., Notarile Bagnaia 72, cc. 16-18); insieme con il portale originario (l'attuale è stato ricostruito dopo l'ultima guerra mondiale). Gli altri due rettifili, che insieme al primo formano il tridente del nuovo borgo di Bagnaia, furono disegnati e delimitati sul luogo, insieme con la piazza, già nel 1567. Nella nuova addizione del barco la successione delle prime tre terrazze ha il lato occidentale coincidente con la prosecuzione del primo rettifilo del tridente; ma il lato settentrionale della prima grande terrazza quadrata è dimensionato in maniera tale da far coincidere il suo punto mediano, dov'è il portale superiore del barco, con l'asse del secondo rettifilo del borgo, mentre l'angolo nordest tocca il lato occidentale del terzo rettifilo. Perciò l'addizione del barco e lo sviluppo del borgo con la piazza e le strade del tridente sembrano essere stati concepiti contestualmente da una stessa persona, e quindi verosimilmente dal G., cui fu anche demandato il controllo della realizzazione.
La collaborazione del G. all'interno della villa e del borgo dovette proseguire successivamente, ai tempi del cardinale Gianfrancesco Gambara, come attesta un documento del 10 dic. 1574 in cui lo stesso cardinale riconosceva i molti servizi resi dal G. nell'architettura del palazzo e del barco (ibid., 78, cc. 102-104).
Il 17 genn. 1577 una strada dismessa, divisa dal G. per commissione del cardinale Gambara, è ceduta a privati, per impiegarne il ricavato nell'ornamento della nuova fonte sulla piazza del borgo (ibid., 114, cc. 470 s.). E ancora il 30 sett. 1581 Michel de Montaigne, nella visita di villa Lante a Bagnaia, ci testimonia che "il medesimo Messer Tomaso da Siena" che aveva lavorato a Tivoli era attivo nel cantiere ancora in costruzione e aveva quindi la possibilità di aggiungere nuove invenzioni alle vecchie, approdando nell'ultima opera ai risultati più interessanti di tutta la sua produzione. Nell'addizione del barco, come opera del G., sono poi descritti la principale fontana, allora con una grande piramide d'acqua, e i quattro laghetti che la circondano con i viali in parte balaustrati e situati proprio sulla prima terrazza quadrata.
Tenuto conto dell'avanzata età è probabile che dopo il 1582 il G. abbia condotto una vita non più attiva professionalmente ma quasi ritirata, preoccupandosi soltanto di gestire le numerose rendite patrimoniali, non trascurando parenti, amici e servitori.
L'ultima volta in cui il G. compare nel palazzo vescovile di Bagnaia è l'8 nov. 1582 (ibid., 115, cc. 115 s.). Alcuni atti del 6 giugno 1587 (ibid., 90, cc. 83-86) fanno risalire a circa quattro anni prima l'acquisto, da parte del cardinale Gambara, di alcuni immobili, presso lo stesso palazzo, sopra i quali fu fabbricata la sala grande dipinta con vari ornamenti; a tale sala probabilmente servirono i 3000 o 4000 quadrucci da pavimento, di mezzo piede quadrato, in parte lisci e in parte di rilievo, acquistati l'8 luglio 1584 e da consegnarsi entro maggio del 1585. Questo potrebbe essere stato l'ultimo lavoro eseguito dal G. per il cardinale Gambara; nel 1585 la Comunità si lamentò per un cancello da lui messo in opera a chiusura di una strada e per il muro di un vicino orto; al momento il cardinale Gambara chiese di lasciargli fare quello che voleva; ma infine, il 28 maggio 1587, si intervenne decisamente.
Non si conosce l'esatta data di morte del G., sicuramente precedente al 21 ag. 1587, quando il vicario vescovile prese formale possesso della casa Ghinucci nel borgo di Bagnaia per quanto spettava al vescovado (Ibid., Notarile Viterbo 683, cc. 43 s.).
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