TOMMASO II D'AQUINO
Figlio di Adenolfo, giustiziere regio, ambasciatore dell'imperatore in Ungheria, e di Maltruda, figlia di Goffredo Russo. Nel 1225 i genitori erano ancora fidanzati. Nipote di Tommaso I d'Aquino, conte di Acerra (v.). Valletto imperiale nel 1241. Nel 1247 sposa Margherita, figlia illegittima di Federico II. Ha sette figli: Adenolfo conte di Acerra, Cristoforo conte di Ascoli, Landolfo, Enrico, Gubitosa, Giovanna, Isabella. È consiliarius e coadiutor di Gualtiero di Manoppello, insieme al cognato Riccardo, conte di Caserta. Nel 1249 è capitano generale di Spoleto e della Romagna. Morto Federico II (13 dicembre 1250), non passa subito dalla parte del papa. Sostiene Corrado IV e, dopo la scomparsa del nonno avvenuta il 27 febbraio 1251, eredita la contea di Acerra. All'indomani dello sbarco di Corrado a Manfredonia nel marzo, si schiera dalla parte del papa, con il conte di Caserta e con le città di Napoli, Capua e Carinola. Cinge d'assedio Sessa. Ottiene da Innocenzo IV un ampio privilegio di conferma dei suoi feudi, che sono anche notevolmente accresciuti. Assume un importante ruolo a Napoli, che si è data un reggimento autonomo. Il 24 luglio il papa gli scrive pregandolo di riferire a fra Pietro Ostiario, suo inviato speciale, il suo parere, che egli considera vincolante, circa la possibilità di fare la pace con Manfredi e con Bertoldo di Hohenburg, che hanno richiesto, rispettivamente, l'investitura del principato di Capua e della contea di Andria. Nel marzo del 1252 T. è ancora dalla parte del pontefice, che invita l'arcivescovo di Capua a conferire un beneficio a un parente del conte. Dopo poco T. passa dalla parte del cognato Corrado, che nell'agosto 1252 lo perdona e lo riconferma nel possesso dei feudi. Il 23 novembre dello stesso anno Innocenzo IV lo dichiara decaduto dal possesso della contea di Acerra, che viene assegnata a Marino da Eboli. Nel giugno 1253 Corrado emana un nuovo diploma di conferma dei suoi beni. Morto Corrado (21 maggio 1254), T. si schiera con Corradino e con Manfredi. Ottiene da quest'ultimo i feudi di Bisaccia, Conza, Montesarchio, Cicala, Atina, Vairano, Castrocielo. Poiché i rapporti tra Manfredi e il pontefice in quel momento sono buoni, il 7 ottobre 1254 Innocenzo IV gli riconferma tutti i feudi, compresi quelli da poco avuti. Nell'occasione ottiene anche nuovi feudi in cambio della contea di Loreto, che il papa ha concesso a Federico d'Antiochia (v.). Il 18 ottobre Manfredi rompe in modo irreparabile i suoi rapporti con il papa. T. lo accoglie in Acerra, e lo accompagna in una rocambolesca fuga attraverso tutta l'Irpinia, in compagnia di Marino e Corrado Capace. I fuggitivi trascorrono la notte del 26 ottobre in Nusco, feudo di Tommaso. Fedele a Manfredi, cerca di indurre il cognato a intavolare delle trattative con il nuovo papa Alessandro IV, eletto nel dicembre 1254. Manfredi non gli dà ascolto e continua la guerra. Nel biennio 1255-1256 T. segue Manfredi nella guerra contro le schiere pontificie comandate da Ottaviano Ubaldini. Nel febbraio 1256 è a Barletta, nella solenne Curia generale convocata da Manfredi. Nel settembre del 1257 è a S. Gervasio, dove sottoscrive il trattato stipulato tra i veneziani e Manfredi. Nello stesso anno permuta con il consanguineo Tommaso "de Albeto" alcune parti dei castelli di Alvito, Campoli, S. Donato e Settefrati. Il 1o agosto 1258 è presente a Palermo all'incoronazione di Manfredi e costringe a parteciparvi anche un vescovo che gli è legato da fedeltà vassallatica. Per questo motivo è scomunicato. Il 10 aprile 1259 è tra gli interdetti che sono elencati nel decreto di scomunica di Manfredi. Nel maggio acquista una terra a Capua. Nel febbraio 1263 scambia a Napoli una terra con l'abate di S. Pietro a Castello. Costringe poi alla fuga in Ungheria il vescovo di Aquino, che è perciò dotato dal papa di una prebenda il 25 settembre 1263. Nel giugno 1264 è ricordato dal papa tra i feudatari scomunicati nei cui feudi la contessa Siffridina di Caserta può ascoltare la s. Messa. Sembra che a partire dal 1265 abbia ripreso il titolo di conte di Aquino. Nello stesso anno ottiene dal camerario Manfredi Maletta la restituzione di una somma di denaro, ed esporta frumento via mare. Combatte con coraggio nella battaglia di Benevento (26 febbraio 1266) e resiste per qualche settimana dopo la morte di Manfredi. Il 25 marzo si rappacifica con Carlo d'Angiò. Nel maggio il cardinale legato annulla la permuta effettuata da T. a Napoli nel febbraio 1263. Prima del 21 giugno 1266 si reca a Roma, insieme con Riccardo di Caserta, ed è ricevuto da Clemente IV. Il 1o febbraio 1267 ottiene da re Carlo il permesso di andare nuovamente a Roma. In occasione della discesa di Corradino nel 1268 resta fedele all'Angiò. Partecipa all'assedio di Lucera e a quello di Castiglione d'Abruzzo. I suoi procuratores sequestrano i beni di un proditore svevo in S. Angelo dei Lombardi
Tutte le successive notizie relative alla vita di T. sono tratte dai perduti Registri Angioini, e sono state raccolte dagli eruditi prima della distruzione di questi preziosissimi documenti durante la seconda guerra mondiale. Nel febbraio 1269 la Curia gli chiede di verificare se possiede dei feudi quaternati (v.) vacanti. Il 18 maggio scioglie definitivamente i suoi legami di parentela con i Lancia. Sono annullati i promessi matrimoni tra i due suoi figli Gubitosa e Ademario con Galeotto e Costanza Lancia, figli di Galvano. T. ottiene il permesso di riprendere in casa sua figlia, e invia Costanza presso sua madre, che era rinchiusa nel castello Saracinesco. Il 12 luglio si ordina al giustiziere di non molestare il conte per la permuta dei feudi effettuata nel 1257: T. aveva nel frattempo costruito una difesa nel territorio di Alveto, sul quale i cittadini rivendicavano l'esercizio degli usi civici. Il 27 luglio 1269 si fa riferimento alla rivendicazione da parte del comes Acerrarum della natura in servitio di tre feudi in Ugento. Il 13 agosto, a richiesta di T., la città di Ugento è dispensata dal pagamento della doppia tassa per i fuochi, perché è rimasta fedele all'Angiò in occasione della discesa di Corradino. Il 29 agosto il conte rinnova le sue rimostranze contro i titolari dei tre feudi, che egli considera suoi suffeudatari. Nello stesso anno è dispensato dal servizio militare in Romania e ottiene il permesso di esigere le sovvenzioni dalla università di Marigliano. Il 23 ottobre il vescovo di Aversa ottiene una sentenza favorevole alla restituzione di una pescheria, posta presso il lago Patria, già sottratta da re Manfredi e al presente posseduta dal conte di Acerra. Il 22 febbraio 1270 T. intercede nuovamente a favore dell'università di Ugento. Ottiene anche la dichiarazione di aver prestato il servizio militare per l'anno 1268-1269, perché in questi anni si è recato all'assedio di Lucera. Subito dopo ottiene una sentenza avversa ai suoi tre feudatari di Ugento, che erano riusciti a ottenere, dopo l'agosto 1269, la dichiarazione della natura in capite dei loro feudi. Il 20 febbraio 1270 riceve l'ordine di estirpare dalle sue terre la piaga del brigantaggio. Il 31 marzo, a sua richiesta, vengono esonerati dal pagamento dei 'secondi augustali' i suoi vassalli della baronia abruzzese di Venere, Leone e Magliano, e del feudo di Pescina, perché sono stati per tre mesi con il conte all'assedio di Castiglione. Il 6 giugno il gran giustiziere emana una sentenza avversa al conte Aquinensis et Acerrarum, e favorevole agli Ospedalieri di Capua, perché ricevano le 5 once annue loro elargite da T. sulla bagliva di Marigliano e perché venga loro restituita una terra ingiustamente sottratta. Una sentenza, emanata il 6 novembre 1270 dalla regia Magna Curia ancora una volta sulla natura feudale dei tre feudi di Ugento, innesca una nuova lite giudiziaria. Il 7 giugno 1271 T. è chiamato alla presenza del re per mostrare i titoli di possesso della baronia di Venere e del feudo di Pescina, perché il conte Ruggero di Celano ne rivendica il possesso. Non siamo informati sugli sviluppi della vertenza. Certo è che i feudi, diventati di regio demanio, sono concessi al francese Maino de Quinis. Il 7 luglio 1271 è emessa una nuova sentenza che sancisce la natura in servitio dei tre feudi di Ugento. Nello stesso mese si ordina al giustiziere di Terra di Lavoro di entrare in possesso di quella parte della permuta effettuata da T. nel 1257, che è spettata al quondam Tommaso "de Albeto, proditor". Tra il 1271 e il 1272 l'amministrazione angioina inizia una rigorosa inquisizione dei possessi dei feudatari del Regno. Dopo la restituzione delle baronie di Venere e Pescina, gli viene imputato l'illegittimo possesso dei feudi di Mutinati, Agliano, Gagliano, Casale e Torre in Terra d'Otranto, e di alcune terre spettanti all'università di Cuma. Il 27 agosto 1272 T. chiede e ottiene di scegliere come suoi avvocati i giureconsulti di Aversa Pietro e Giovanni. È questo l'ultimo documento superstite che riguarda direttamente il conte, che è successivamente ricordato in documenti del figlio primogenito Adenolfo II conte di Acerra. Muore il 15 marzo 1273, secondo la testimonianza del Necrologio Cassinese 179. La vedova Margherita, per la quale egli ha costruito appositamente il castello detto Matinale sul colle di Cancello e che ha dotato della platea di Suessola, gli sopravvive per molti anni, morendo nel 1297.
Fonti e Bibl.: F. Scandone, Ancora nuovi documenti per S. Tommaso d'Aquino, Napoli 1901; Id., Documenti e congetture sulla famiglia e sulla patria di S. Tommaso d'Aquino, ivi 1901; Id., I d'Aquino di Capua, in P. Litta, Famiglie celebri italiane, ivi 1905-1909; Id., Margherita di Svevia, "Archivio Storico delle Province Napoletane", 21, 1906, pp. 298-335; Id., L'alta valle del Calore, II, Palermo 1916; VII, Napoli 1970; Id., La vita, la famiglia e la patria di S. Tommaso de Aquino, estr. da S. Tommaso d'Aquino. Miscellanea storico-artistica, Roma 1924; Id., L'alta valle dell'Ofanto, I, Città di S. Angelo dei Lombardi, Avellino 1957; G. Tescione, Caserta medievale e i suoi conti e signori, Caserta 1990; E. Pispisa, Il Regno di Manfredi, Messina 1991.