LUNETTI, Tommaso
Nacque a Firenze nel "popolo" di S. Maria del Campo il 10 genn. 1490 da Stefano e da Ginevra, figlia di Bartolomeo, fratello dei miniatori Gherardo e Monte di Giovanni di Miniato.
Da Vasari si sa che fu allievo di Lorenzo di Credi. Con ogni probabilità, però, fu avviato alla professione artistica presso la bottega paterna. Stefano fu infatti architetto e miniatore, specializzazione, quest'ultima, che il L. dovette apprendere in età giovanile.
Con tale qualifica insieme con quella di pittore, infatti, viene spesso ricordato nei libri della Compagnia della Purificazione e di S. Zanobi, alla quale, come già il padre, il L. fu iscritto dal 1501 al 1514 ricoprendo anche alte cariche (Levi D'Ancona, pp. 250 s.).
Garzelli ha ricondotto alla sua mano la Deposizione di Cristo in una pagina dell'Ufficio della Passione, scritto per papa Giulio II nel monastero delle Murate di Firenze entro il 1510 (già collezione Abbey). L'attribuzione si fonda su confronti con le opere certe del L., nonché sul riscontro di un'ascendenza di Lorenzo di Credi e di Monte di Giovanni di Miniato, con il quale aveva per anni collaborato il padre Stefano.
L'attività pittorica del L. è testimoniata a partire dagli anni 1510-11, quando, secondo Vasari, sotto la direzione di Andrea di Cosimo Feltrini, collaborò alla decorazione della facciata di S. Maria de' Servi a Firenze, dipingendo in due nicchie una perduta Annunciazione.
Nei citati registri della Compagnia della Purificazione sono menzionati alcuni dipinti eseguiti dall'artista, di cui si sono ormai perse le tracce: nel 1512 lavorò "lassù dalaltare varie pinture ausso di padiglione" (Levi D'Ancona, p. 250); e a una Crocifissione si riferiscono altri pagamenti del 1513 e del 1514. Il 24 marzo 1512 abbandonò la Compagnia, per la quale, comunque, restaurò nel 1519 uno stendardo che era stato dipinto dal Beato Angelico (ibid., pp. 250 s.).
L'unica opera citata da Vasari di cui si ha oggi conoscenza è la Natività commissionata da Marco Del Nero per l'oratorio della sua villa ad Arcetri (Prato, collezione Cariprato). Accettata è la datazione agli anni 1520-25 (Steckhow, p. 135).
La matrice fondamentale dell'opera è la maniera di Lorenzo di Credi, del quale il L., secondo Vasari, seppe imitare la nitidezza nella resa delle superfici, levigate e plasticamente evidenziate mediante un uso diffuso della luce. Dal maestro riprese anche l'estrema cura nei dettagli, soprattutto dei volti, e la simmetria nel disporre le figure principali. Il paesaggio dello sfondo e le tavolette della predella rivelano un cromatismo più sciolto legato a fra' Bartolomeo (Bartolomeo di Paolo), ma anche al Bachiacca (Francesco di Ubertino) e a Giovanni di Lorenzo Lanciani, ovvero il Maestro dei Paesaggi Kress (Tamborino, p. 59).
Sulla base di tali caratteri formali sono ormai convincentemente acquisiti al catalogo del L. la Natività di S. Maria di Marcialla e un'altra in collezione privata (Zeri), nonché quella già presso l'Apsley House a Londra (Bencistà, p. 213); l'Angelo della collezione Davenport a Capesthorne Hall nel Cheshire e quello presso la Yale University (ibid., pp. 210 s.); e, infine, la Madonna con il Bambino e s. Giovannino della Galleria nazionale di arte antica, Palazzo Barberini, Roma (Steckhow, p. 136).
Merito di Steckhow (p. 135) è di avere riconosciuto nel L. l'autore del Ritratto virile firmato "Tommaso Fiorentino" e datato al maggio del 1521 (New York, The Metropolitan Museum of art). Per impaginazione e resa formale, gli studiosi ne hanno sottolineato il radicamento nella tradizione ritrattistica fiorentina di primo Cinquecento, con particolare riferimento a Ridolfo del Ghirlandaio (Zeri - Gardner).
Notevoli affinità si riscontrano con un Ritratto di dama del Museo del Cenacolo di S. Salvi a Firenze (La Porta, p. 39). Convincente anche l'attribuzione del Ritratto d'uomo in collezione Patrizi a Roma e del Doppio ritratto della Galleria Palatina di Firenze (Padovani).
Il 28 sett. 1530 risulta essere stato testimone alla redazione di un codicillo voluto da Andrea del Sarto in aggiunta al suo testamento (Cioni); fu testimone ancora al testamento di Lorenzo di Credi il 3 apr. 1531 (Gaye).
Da Vasari si sa anche che il L. si specializzò nella pittura di drappelloni, della quale divenne a Firenze uno dei massimi interpreti. Un documento del 21 apr. 1537 informa che il priore della badia fiorentina gliene commissionò ventidue, terminati entro la fine di giugno dello stesso anno (Colnaghi). È sempre il biografo aretino a dar la notizia che dopo la morte del padre (10 dic. 1534) il L. portò a termine alcuni cantieri architettonici da questo avviati (come il ponte sulla Sieve, presso l'omonima località, e quello sul Bisenzio a San Piero a Ponti) e che successivamente la sua attività come architetto proseguì soprattutto per l'arte della lana, per la quale progettò alcune abitazioni dietro la chiesa dell'Annunziata a Firenze.
L'ipotesi di un soggiorno in Spagna durante gli ultimi anni della sua vita, avanzata da De Angelis e ripresa da Zeri (p. 253), sembra ormai esclusa (Costamagna - Fabre, p. 73).
Come riferisce Vasari, il L. morì a Firenze nel 1564; fu sepolto presso la chiesa di S. Marco.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite( (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1879-80, IV, p. 570; V, pp. 129, 207; L. De Angelis, in L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia, I, Firenze 1834, p. 142 n. 1; Carteggio inedito d'artisti, a cura di G. Gaye, I, Firenze 1839, p. 372; M. Cioni, Il codicillo d'Andrea del Sarto, in Rivista d'arte, VI (1909), p. 237; W. Steckhow, Tommaso di Stefano, in Pinacoteca, I (1928-29), pp. 132-135; M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo. Documenti per la storia della miniatura, Firenze 1962, pp. 250 s.; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Florentine school, I, London 1963, p. 208; F. Zeri, La mostra "Arte in Valdelsa" a Certaldo, in Bollettino d'arte, XLVIII (1963), 2, pp. 252 s.; F. Zeri - E. Gardner, The Metropolitan Museum of art. Italian paintings. Florentine school, New York 1971, pp. 195 s.; P. Costamagna - A. Fabre, Un ritratto di T. di Stefano agli Uffizi, in Prospettiva, 1985, n. 40, pp. 72-74; A. Garzelli, Miniatura fiorentina del Rinascimento 1440-1525. Un primo censimento, I, Firenze 1985, pp. 336 s.; S. Padovani, in Andrea del Sarto 1486-1530. Dipinti e disegni a Firenze (catal.), a cura di S. Padovani, Firenze 1986, pp. 181 s.; D.E. Colnaghi, Dictionary of Florentine painters from the 13th to the 17th centuries, a cura di M. Gregori, Firenze 1986, p. 165; P. La Porta, Ritratto di Puligo, in Prospettiva, 1992, n. 68, pp. 39, 43 s.; L. Bencistà, in L'età di Savonarola. Fra Bartolomeo e la scuola di S. Marco (catal.), a cura di S. Padovani, Firenze 1996, pp. 210 s., 213; F. Navarro, in Domenico Puligo (1492-1527). Un protagonista dimenticato della pittura fiorentina (catal.), a cura di A. Capretti - S. Padovani, Firenze 2002, pp. 118, 136; A. Tamborino, in Palazzo degli Alberti. Le collezioni d'arte della Cariprato, a cura di A. Paolucci, Prato 2004, pp. 57-59; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 471.