NANI, Tommaso
– Nacque a Morbegno, in Valtellina, il 21 agosto 1757 da Giovanni, mercante e possidente, e da Luisa Brisa.
Compiuti gli studi secondari presso il collegio Gallio di Como, s’iscrisse nel 1776 alla facoltà legale dell’Università di Pavia. Alunno dal 1779 del collegio Ghislieri, conseguì la laurea il 21 giugno 1781 sotto la guida di Luigi Cremani. Subito dopo la laurea sposò la concittadina Marta Bianchini, dalla quale ebbe Lucia e Giovanni. In seguito esercitò la professione legale in Valtellina, ancora sottoposta al dominio grigione, e tentò di inserirsi nel mondo accademico pavese. Sotto la guida di Cremani, diede alle stampe il De indiciis eorumque usu in cognoscendis criminibus (Pavia 1781) e il De indulgentia criminum et praescriptione (Como 1789).
Nelle due opere svolse una moderata critica alle concezioni tradizionali degli istituti trattati, proponendone l’aggiornamento su basi logiche e razionali riconducibili a principi utilitaristici e di diritto naturale. Nel De indiciis discusse il valore degli indizi nel processo penale e il rapporto esistente tra prova indiziaria e prova diretta, dichiarandosi propenso a valutare la prima alla stessa stregua della seconda. In tal modo assunse una posizione critica verso i ‘pragmatici’ del diritto penale comune, che avevano elaborato una complicata gerarchia di prove legali collegata all’istituto della pena straordinaria. Nani affermò invece che gli indizi, se plurimi e collegati, potevano razionalmente costituire piena prova non solo nei giudizi civili, come comunemente ammesso, ma anche in quelli penali. Nel De indulgentia riunì due brevi dissertazioni dedicate ad argomenti – il diritto di grazia e la prescrizione del reato – assai dibattuti nell’ambito dell’illuminismo penale. Difese entrambi gli istituti, sostenendo che il diritto di grazia era ricompreso nella potestà punitiva del sovrano ed era quindi collegabile a principi di diritto naturale, mentre la prescrizione del reato si fondava, oltre che sull’autorità sovrana, su logici criteri di pubblica utilità. In quegli stessi anni compose anche la dissertazione De dotibus eorumque iuribus, pubblicata sotto il nome di Maria Pellegrina Amoretti come De iure dotium apud Romanos (Pavia 1788).
Grazie a Cremani, fu nominato il 22 dicembre 1794 professore supplente di istituzioni civili e il 14 marzo 1795 professore interinale di Pandette nella facoltà legale pavese. Il 12 ottobre 1795 ottenne la cattedra di istituzioni civili. L’anno seguente gli avvenimenti innescati dall’invasione francese gli consentirono non solo di occupare l’ambita cattedra di istituzioni criminali, abbandonata da Cremani, ma anche di assumere per l’anno accademico 1796-97 le funzioni di decano della facoltà legale. Non troppo conosciuto, né particolarmente legato al vecchio regime, Nani si era calato nella mutevole realtà politica, ideologica e istituzionale che doveva sfociare nella nascita della prima Repubblica Cisalpina già nell’estate precedente, quando aveva partecipato come delegato del Consiglio generale di Valle agli eventi che avrebbero portato al distacco della Valtellina dai Grigioni. Non pregiudizialmente ostile al nuovo stato di cose ma tenace nel contrastare il radicalismo giacobino, rifiutò di pronunciare il giuramento repubblicano di «vivere liberi o morire» e indirizzò ai rappresentanti gli Studi presso l’Amministrazione generale di Lombardia una lettera di protesta contro il rettore Giovanni Rasori e il suo nuovo calendario rivoluzionario. Il 9 novembre 1797 fu nominato membro del Consiglio dei seniori della prima Repubblica Cisalpina in rappresentanza del dipartimento dell’Adda e Oglio. Abbandonò così temporaneamente l’insegnamento universitario per dedicarsi all’attività politica fino alla primavera del 1799, rivestendo per qualche tempo anche la carica di presidente del Consiglio dei seniori. All’inizio dell’occupazione austro-russa il suo nome fu inserito nelle liste di proscrizione dei giacobini e dei simpatizzanti per la Repubblica, ma riuscì a evitare molestie e persecuzioni grazie a una lettera di ritrattazione indirizzata al commissario imperiale Luigi Cocastelli e si ritirò in Valtellina, ove assunse le funzioni di pretore di Traona. Con la ricostituzione della Repubblica Cisalpina e alla riapertura dell’Università di Pavia (23 giugno 1800), tornò agli impegni accademici come docente di diritto criminale.
Membro dal 1802 del collegio elettorale dei dotti e in seguito presidente del collegio elettorale per il dipartimento dell’Adda, occupò un ruolo di primo piano nella facoltà giuridica pavese, nel cui ambito cumulò, come titolare o come supplente, più insegnamenti in ambito sia penalistico sia civilistico. Rettore per l’anno accademico 1804-05, guidò la delegazione universitaria durante i festeggiamenti del maggio 1805 per la visita di Napoleone a Pavia. In tale occasione tenne una lezione alla quale presenziò lo stesso imperatore e pronunciò un discorso celebrativo che Carlo Botta riportò nel XXII libro della Storia d’Italia. Assai vicino agli ambienti di governo, divenne collaboratore del ministro della giustizia Giuseppe Luosi, che il 21 giugno 1805 lo chiamò nella commissione incaricata di progettare i codici penale e di procedura penale, nel 1807 gli commissionò una relazione sul progetto del codice di commercio, e il 30 agosto 1808 lo inserì in una nuova commissione formata per l’elaborazione del codice penale. Nel 1811 Nani curò a Milano l’edizione del Codice dei delitti e delle pene, traduzione del codice penale imperiale francese.
Nel 1810 abbandonò definitivamente l’insegnamento universitario. Il 7 febbraio entrò infatti a far parte del Consiglio di Stato, nella sezione Consiglio degli uditori, suprema istanza di giustizia amministrativa del Regno. Due anni più tardi fu inserito in un altro importante organo giurisdizionale, il Consiglio delle prede marittime. Contemporaneamente fu nominato cavaliere della Corona ferrea e, l’8 febbraio 1812, ‘membro pensionato’ dell’Istituto nazionale di scienze, lettere e arti.
Dopo l’anno 1800 si dedicò a una rilevante produzione scientifica collegata agli impegni didattici e ai lavori di codificazione penale. Nel 1803 pubblicò a Milano un commento alla riforma criminale toscana (Leopoldina) del 1786, intitolato Nuova legislazione criminale da osservarsi nella Toscana … con varie note ed osservazioni. Contemporaneamente diede alle stampe a Pavia una riedizione annotata del Commentarius di Anton Matthes ai libri terribiles (XLVII e XLVIII) del Digesto.
I due contributi mostrano lo stretto legame ideale che all’epoca ancora univa Nani alla tradizione razionalista e giusnaturalista. Il primo è ricco di accenti apologetici verso la normativa di Pietro Leopoldo, ispirata a criteri di umanità, giustizia ed efficienza e ritenuta, sulla scia di Cremani, il punto di partenza per una nuova fase nella storia della legislazione penale. La riedizione del Commentarius di Matthes è invece concepita a fini didattici. La scelta di Nani era caduta su un testo che al suo apparire, nel 1644, aveva rappresentato il manifesto del nascente movimento dottrinale volto al superamento, su basi giusrazionalistiche, del sistema penale d’Ancien Régime, e proprio per questo aveva conosciuto una larga diffusione nella cultura giuridica settecentesca.
Dalla necessità di fornire agli studenti un valido strumento di studio scaturì anche la traduzione dell’Analisi ragionata del diritto civile francese del civilista d’oltralpe Pierre-Louis-Claude Gin, pubblicata a Milano tra il 1805 e il 1809 con un corposo apparato di note. Il progetto dottrinale di maggiore respiro fu però la redazione di un’opera di sintesi della materia penale, frutto della rielaborazione dei testi delle lezioni impartite a Pavia a partire dal 1800. In effetti, fin dai primissimi anni del nuovo secolo Nani aveva curato la redazione di un completo corso manoscritto di diritto e procedura penale, sul quale era intervenuto più volte con aggiunte e miglioramenti. Il primo volume dei Principidi giurisprudenza criminale (Milano 1812), dedicato alle nozioni preliminari e agli istituti di parte generale del diritto penale, fu recensito assai favorevolmente da Andrea Mustoxidi sul n. 363 del Giornale Italiano, pp. 1454-1456.
La fiducia illuminista nella possibilità di realizzare testi normativi tendenzialmente completi spinse Nani verso un’idea formale di codice ormai pienamente ottocentesca e nel contempo lo allontanò dalle posizioni tradizionali circa il problema della interpretazione della legge penale che, secondo lui, doveva essere circoscritta in ambiti ristretti dalla rigida applicazione del principio di legalità. Sulla questione della pena di morte, nel De indiciis del 1781 aveva assunto un atteggiamento originale, sottolineando per primo i profili processuali del problema e giungendo a ‘disapprovare’ la pena capitale alla luce dell’irreparabilità dell’errore giudiziario. Questa posizione, in seguito fatta propria dagli abolizionisti, fu però corretta negli scritti della maturità nei quali, pur continuando a manifestare grande sensibilità per il problema, si limitò ad auspicare l’applicazione della pena di morte a un numero ristretto di fattispecie consigliando l’adozione di una serie di garanzie processuali aggiuntive nei procedimenti che potevano sfociare in una condanna capitale.
Nani non portò a termine l’ambizioso disegno dei Principi, che avrebbero potuto assicurargli un posto di assoluto rilievo nella storia del pensiero penalistico moderno. Nelle adunanze dell’Istituto nazionale del 25 giugno 1812 e del 25 febbraio 1813 ritornò ai temi trattati in gioventù leggendo una dissertazione accademica Sul diritto di grazia (in Memorie dell’Imperiale Regio Istituto del Regno Lombardo Veneto, I, 1819).
Morì a Milano il 19 agosto 1813.
Altre opere: Terminando con universale applauso l’officio di podestà di Traona, Sondrio 1783; Discorso pronunciato ... dal Consigliere di Stato T. N. … Presidente del Collegio Elettorale pel Dipartimento dell’Adda nell’adunanza ... del giorno 30 settembre 1810, Sondrio, s.d.; Osservazioni ..., in Osservazioni al codice di commercio di terra e di mare pel Regno d’Italia, Milano 1807, pp. 34-55.
Fonti e Bibl.: Documenti relativi a Nani e alla famiglia sono reperibili negli archivi parrocchiali di Morbegno, Tirano e Bormio, nell’archivio comunale di Bormio, fondo Bardea, e presso l’Arch. di Stato di Sondrio negli archivi notarili dell’epoca, nel fondo Mss. biblioteca, D.I.2/2, D.I.2/38, D.I.3/37, e nel fondo Romegialli, 127; Arch. di Stato di Milano, Autografi uomini celebri, 147 e 181; Ibid., Studi, p.a., 105 e 413; Ibid., Giustizia punitiva, p.m., in particolare 18 e 21 (ove è conservata la relazione manoscritta sul progetto di codice di procedura penale del 1806); Milano, Biblioteche del Dipartimento di diritto privato e storia del diritto dell’Università degli studi, 67.I.i.17 e 67 ms 51; Pavia, Biblioteca universitaria, Autografi; Ibid., Ticinesi, 96, 97, 98, 358, 728/2, 792/2, 400, 440, 715 (dissertazione pubblicata sotto il nome di Maria Pellegrina Amoretti); Arch. di Stato di Pavia, Università, Rettorato, 227; Bergamo, Biblioteca Civica, Mss. archivio capitolare, 984, 985, 1002, 1003, 1004, 1008; E. Dezza, Il Codice di Procedura Penale del Regno Italico (1807). Storia di un decennio di elaborazione legislativa, Padova 1983, pp. 184 s.; G.P. Massetto, Osservazioni sulla Leopoldina in Lombardia, in La “Leopoldina” nel diritto e nella giustizia in Toscana, a cura di L. Berlinguer e F. Colao, Milano 1989, pp. 400-437; L. Musselli, Da Tamburini a Foscolo: la facoltà legale pavese tra didattica giuridica e suggestioni di cultura globale, in Annali di Storia Pavese, 20 (1991), pp. 91-93, 100; E. Dezza, La scuola penalistica pavese tra Sette e Ottocento, ibid., pp. 103-105, 113-121; Id., Dalle «scienze utili» alle «scientifiche professioni»: la formazione universitaria di Giacomo Giovanetti, in Id., Saggi di storia del diritto penale moderno, Milano 1992, pp. 378-380; Id., T. N. e la dottrina dell’indizio nell’Età dei Lumi, Milano 1992; L. Musselli, T. N. (1757-1813), in Contract, XVI (2000), n. 31, pp. 18-21; M.C. Zorzoli, T. N., in «...parlano un suon che attenta Europa ascolta». Poeti, scienziati, cittadini nell’Ateneo pavese tra Riforme e Rivoluzione, Pavia 2000, pp. 109-114; E. D’Amico, La facoltà giuridica pavese dalla riforma francese all’Unità, in Annali di storia delle università italiane, 7 (2003), pp. 107-122; E. Dezza, Il magistero di Luigi Cremani e la formazione del giurista a Pavia nell’età delle riforme, in Formare il giurista. Esperienze nell’area lombarda tra Sette e Ottocento, a cura di M.G. di Renzo Villata, Milano 2004, pp. 157 s., 160-162; Id., Giuseppe Luosi e il «Codice Napoleone Italiano». Cronaca di una breve illusione, in Giuseppe Luosi, giurista italiano ed europeo, a cura di E. Tavilla, Modena 2009, pp. 251-253; E. D’Amico, La riforma luosiana degli studi giuridici pavesi, ibid., pp. 118-122, 130.