NAUCLERIO, Tommaso
– Nacque sul finire del XV secolo da Graziano (già morto nel settembre 1525) e dalla nobildonna Terentina Cerrone, che diede alla luce anche Giovanni, Andrea, Luisa, Angelo e Roberto (Ricca, 1865, p. 411 e n. 10).
Il nonno paterno Giovanni, più volte ambasciatore del Regno di Napoli in Spagna al tramonto dell’età aragonese e morto il 22 marzo 1514, aveva svolto nel 1487 una delicata ma infruttuosa legazione per conto di Ferrante I presso Ferdinando il Cattolico, volta a sanare il trauma internazionale conseguito alla congiura dei baroni (A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, L’Aquila, G. Cacchi, 1582, XX, p. 476, parafrasato da P. Giannone, Dell’Istoria civile del Regno di Napoli Libri XL, III, Napoli 1723, XXVIII, cap. I, p. 465).
Esercitò con pieno successo l’avvocatura nella Napoli ‘imperiale’ delle prime decadi del Cinquecento, rivelando uno speciale talento nel «produrre i giovani» (Giustiniani, 1787, II, p. 190). A cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta frequentò il suo studio, come semplice scrivano, il futuro presidente del Sacro Regio Consiglio Vincenzo de Franchis (cfr. R. Pilati, Officia principis. Politica e amministrazione a Napoli nel Cinquecento, Napoli 1994, p. 413), che lo avrebbe poi riconosciuto come praeceptor (De Franchis, 1628, I, dec. 213, n. 14, I, c. 244v; II, dec. 329, n. 3, c. 327v).
Dopo un periodo, databile dal 1529, in cui fu soprannumerario e durante il quale venne coinvolto in alcune vertenze in materia di precedenza, tra il 1539 e il 1556 fu ordinario nella rota del Collegio dei dottori, di cui difese con puntiglio le prerogative.
Il 5 giugno 1546 si oppose in solitudine alla decisione dell’assemblea di accordare a un membro soprannumerario, il potente presidente della Regia Camera della Sommaria Francesco Antonio Villani, la funzione di promotore per doctorandum. Nell’estate del 1552 elaborò, insieme con Leone Follerio, dapprima una supplica al viceré don Pedro de Toledo (20 giugno) in cui si deprecava lo scadimento della qualità dei dottorandi addebitandolo all’inosservanza dei privilegi angioini; quindi (6 luglio) un memoriale piú articolato, che stigmatizzava le piú frequenti irregolarità commesse negli esami di laurea: dalle modalità di svolgimento al conteggio dei voti, dalla discussione dei puncta (ridotta ai soli argomenti di diritto canonico) ai tempi di preparazione degli stessi, dalla corresponsione delle parcelle alla partecipazione dei due promotori. Altrettanto severa fu la posizione che espresse in un documento datato 31 ottobre 1556, in cui, oltre a spiegare al vicecancelliere Pirro Antonio Lanario perché avesse votato contro l’istanza, avanzata da un laureando, di discutere la dissertazione publice e a porte aperte, da un lato denunciava le turbative create da studenti e bidelli, dall’altro si dissociava dall’opposta delibera assunta dal Collegio non solo in quanto lesiva della dignità del consesso, ma anche perché, in termini generali, permetteva alla maggioranza di recare pregiudizio alla minoranza (Del Bagno, 2000, pp. 151-167).
La sua piena adesione alle piú qualificanti opzioni ideologiche e politiche dei giuristi meridionali sembra confermata dalla notizia che lo vede, su proposta del viceré Toledo, tra i notabili eccettuati dall’indulto seguito al tumulto napoletano del 1547. È dunque presumibile che egli si fosse particolarmente esposto nel contrastare il tentativo del governo asburgico d’introdurre nel Mezzogiorno d’Italia l’inquisizione ‘alla maniera di Spagna’, dalla quale sarebbe stata sensibilmente compressa l’autonomia del Regno di Napoli e del ceto dirigente ‘togato’.
La produzione a stampa di Nauclerio consta essenzialmente delle additiones alle Consuetudines Neapolitanae, che videro la luce per la prima volta in appendice (cc. 6r–23v nuova numer.) all’edizione collettanea veneziana del 1588 (edita da Pietro Dusinelli a spese di Nicolò de Bottis), tra le aggiunte di Felice de Rubeis e Giacomo Aniello de Bottis e gli aggiornamenti apportati da Vincenzo de Franchis. Esse completavano l’apparato che avrebbe corredato il corpus normativo municipale sino alle ristampe settecentesche.
Suddivise per singole consuetudini, le stringate additiones naucleriane consistono in schematiche citazioni (sulle auctoritates tardomedievali, pur presenti, prevalgono i rinvii ai regnicoli Sebastiano Napodano, Andrea d’Isernia e Matteo d’Afflitto) o in altrettanto sintetiche soluzioni ai tipici nodi ermeneutici ingenerati dalla sovrapposizione di fonti: la determinazione dell’ambito applicativo – soggettivo e spaziale – degli usi della capitale (che Nauclerio, sulla scia di Andrea da Isernia, reputava vincolanti persino per il sovrano: cfr. la cons. Si mulier consentiat, c. 18v), la possibilità di interpretarli in senso ‘correttivo’ del diritto comune (cfr. per es. la cons. Ubi dos, c. 16r): questioni affrontate non in termini dogmatici, bensì con taglio casistico particolarmente sensibile a temi come le tensioni giurisdizionali tra autorità regie ed ecclesiastiche o l’intricato contenzioso successorio che irretiva i grandi casati del Regno. L’autore, d’altronde, attingeva palesemente alla prassi del Sacro Regio Consiglio (a c. 11r è citata una pronuncia del 12 giugno 1521) e ai relativi repertori (D’Afflitto e, in misura minore, Antonio Capece). Disponeva inoltre di materiale ‘giurisprudenziale’ manoscritto, che circolava ampiamente tra i doctores: da una sua additio (alla Si quis, vel si qua, c. 10v) si evince l’esistenza di un liber di Annotationes alle consuetudini napoletane compilato da Giovanni Andrea de Curtis (G.B. Bernardino Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 6, Napoli 1770 [rist. anast. Bologna 1977], p. 559), alto magistrato, qui stranamente definito ‘presidente’ del Sacro Consiglio sebbene de Curtis ascese a tale rango nel 1570, quando Nauclerio era morto da tempo. La circostanza lascia supporre che la trascrizione a stampa effettuò un rimaneggiamento del manoscritto originario, senza peraltro riuscire a colmarne tutte le lacune.
Poche pagine di additiones furono sufficienti a consolidare l’autorevolezza di Nauclerio in materia consuetudinaria: nella letteratura giurisprudenziale del Seicento se ne incontrano continue riprove (S. Rovito, Consiliorum seu iuris responsorum cum decisionibus Supremorum Regni Neapolitani Tribunalium in calce cuiuslibet Annotatis Liber Secundus, Napoli 1629, cons. L, n. 13, p. 217; l’anonima Quaestio illustrissima in materia iuris consuetudinariicivitatis Neapolis pubblicata in Id., In singulas Regni Neapolitani pragmaticas Sanctiones Luculenta Commentaria [...], Napoli 1616, pp. 663-671 e in partic. n. 59, p. 671; O. Montano, Controversiarum forensium ad Consuetudines Neapolitanas Feudales, ad ius pontificium, et Coesareum Liber Unicus [...], Napoli 1643 e 1672, controv. IV, n. 1, p. 60; G. Capone, Disceptationum forensium, ecclesiasticarum, civilium, et moralium pluribus in Casibus decisarum t. III, Venezia 1705, discept. 177, n. 5, p. 199; ibid., t. IV, discept. 282, n. 12, p. 218).
Qua e là affiora anche una sua ulteriore, frammentaria produzione, come un’allegazione da lui firmata con Francesco Antonio Villani e Giovan Felice Scalaleone.
Pubblicata parimenti postuma (da G.B. de Thoro, Vota decisiva civilia, criminalia, et mixta usui practico satis accomodata... Pars Secunda, Napoli 1653, votum 24, p. 54), vi si caldeggiava l’inflizione di una pena meramente pecuniaria a carico di Giovanni Antonio Cesarano, nobile rampollo napoletano accusato d’aver ucciso Matteo da Gragnano durante la celebrazione del Corpus Domini: la minore età di Cesarano – comprovata da testimoni genitori di coetanei, dalla fede di battesimo e dall’aspetto dell’imputato – giustificava, secondo i legali, una riduzione della pena, tanto piú se, come nel caso di specie, sussisteva la iusta causa della provocazione e il giovane si segnalava per condotta specchiata e discendenza da optimi parentes.
Da citazioni di passi a lui riferiti si evince che Nauclerio sosteneva, in dissenso dalla prevalente giurisprudenza napoletana di vertice, la capacità del forgiudicato di far testamento; o riconosceva, d’accordo con Tommaso Grammatico, la facoltà di eccepire lo status clericale del congiunto contumace (rispettivamente De Franchis, 1628, I, dec. 213, n. 14, c. 244v; II, dec. 329, n. 3, c. 327v). De Franchis assicurava d’aver desunto quest’ultima teoria da un consilium ventinovesimo – che egli possedeva «ad pennam» – del suo precettore: circolava, evidentemente, una silloge manoscritta di pareri naucleriani, dalla quale i giuristi successivi desumevano i principali orientamenti della suprema giurisprudenza napoletana (cfr. ancora ibid., I, dec. 121, n. 10, c. 128ra circa l’incidenza dei frutti sul calcolo del relevio; e, su una questione simile, A. Capano, De iure relevii Totius fere Christiani Orbis Regnorum Tractatus, Napoli 1630, pars II, quaest. V, n. 11, p. 83). Giustiniani infine (1787, II, p. 291; 1788, III, p. 70) asseriva d’aver visionato, presso la biblioteca del segretario del Sacro Regio Consiglio Gherardo Cono Capobianco, alcune «glosse» di Nauclerio poste a margine dei 69 consilia manoscritti (e inediti) di Giovan Angelo Pisanelli.
Pochi i residui dettagli biografici. Nel 1534, sciogliendo un voto, fece edificare la cappella di S. Maria del Conforto, nei pressi del palazzo vicereale. Intorno al 1541 Luigi Tansillo, in un sonetto scherzoso che incoraggiava Simone Porzio a tingersi la barba, evocava quella fiammeggiante – come i capelli – di Nauclerio, «pur giusto uomo e gran dottor di legge» (1870, p. 110).
Morì il 5 ottobre 1558.
A cura dei nipoti Ottavio, Alfonso, Muzio e Giovan Battista, figli di suo fratello Angelo e di Fulvia Caetani dei duchi di Traetto (deceduta nel 1564), fu tumulato nella cappella di famiglia all’interno della chiesa napoletana di Monteoliveto (poi S. Anna dei Lombardi), adornata di sculture di Annibale Caccavello (Filangieri di Candida). Non si ha notizia di discendenti diretti. Nei primi decenni del Cinquecento un Cosma Nauclerio si macchiò di omicidio (T. Grammatico, Allegationes et Consilia, Venezia, A. Pinzi, 1538, votum II, c. 66ra). Un Prospero, associato al monumento sepolcrale della famiglia, fu insignito – come recita la lapide funeraria – nel 1567 da Sigismondo Augusto II re di Polonia del titolo della nobiltà polacca.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Mss. genealogiciSerra di Gerace, IV, p. 1456; P. De Stefano, Descrittione de i luoghi sacri della citta di Napoli, con li fondatori di essi [...], Napoli 1560, c. 58r; V. De Franchis, Decisiones Sacri Regii Consilii Neapolitani, I-II, Torino 1628; N. Toppi, De origine tribunalium nunc in Castro Capuano Fidelissimae Civitatis Neapolis existentium. Libri quinque. Pars Secunda, Napoli 1659, p. 184; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, Napoli, II, 1787, p. 290 s.; III, 1788, p. 70; E. Ricca, Istoria de’ feudi delle Due Sicilie di qua dal faro intorno alle successioni legali ne’ medesimi dal XV al XIX secolo, III, Napoli 1865, pp. 405-414, 433 s.; L. Tansillo, Capitoli giocosi e satirici [...] editi ed inediti con note di Scipione Volpicella, Napoli 1870, pp. 110, 121, n. 28; Catalogo di tutti gli edifizi sacri della città di Napoli e suoi sobborghi. Tratto da un ms. autografo della chiesa di S. Giorgio ad forum, a cura di S. D’Aloe, in Archivio storico per le province napoletane, VIII (1883), 3, p. 512; A. Caccavello, Diario [...], con introduzione e note di A. Filangieri di Candida, Napoli 1896, pp. CXXVIII, 80, n. 2; N. Cortese, L’età spagnuola, in F. Torraca et al., Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, p. 367; A. Cernigliaro, Patriae leges privatae rationes. Profili giuridico-istituzionali del Cinquecento napoletano, Napoli 1988, p. 175, n. 463; F. Divenuto, Napoli sacra del XVI secolo. Repertorio delle fabbriche religiose napoletane nella cronaca del gesuita Giovan Francesco Araldo, Napoli 1990, p. 142; Tra legislatori ed interpreti nella Napoli d’antico regime (mostra bibliografica), a cura di S. Bagnulo et al., Napoli 1991, p. 103; I. Del Bagno, Legum Doctores. La formazione del ceto giuridico a Napoli tra Cinque e Seicento, Napoli 1993, pp. 113, 232; M.N. Miletti, Tra equità e dottrina. Il Sacro Regio Consiglio e le «decisiones» di V. de Franchis, Napoli 1995, p. 4; I. Del Bagno, Il Collegio napoletano dei dottori. Privilegi, decreti, decisioni, Napoli 2000, pp. 16, n. 23; 89; 142-144; 151-168.