PONTANO, Tommaso
PONTANO, Tommaso. – Nacque a Rimini nei primi anni del Quattrocento, e comunque entro il primo decennio del secolo, da Benedetto e da una certa Cecilia. Ebbe almeno una sorella, di cui si ignora il nome, e due fratelli: Petronio e Giacomo, quest’ultimo padre del più celebre Giovanni.
Frequentò la scuola di Guarino Veronese, nella città sull’Adige: lo ricorda il medesimo Guarino scrivendogli appunto da Verona nell’ottobre di un anno imprecisato, ma compreso tra il 1419 e il 1428. Nel terzo decennio del secolo frequentò Venezia, dove strinse rapporti di amicizia solidi e duraturi, specialmente con Leonardo e Bernardo Giustinian, ma anche con Francesco Barbaro e Paolo e Niccolò Barbo. Fu infatti accompagnato da una lettera commendatizia di Leonardo Giustinian ad Ambrogio Traversari, quando si trasferì poi a Firenze per approfondire lo studio della lingua greca, in particolare sotto l’insegnamento di Carlo Marsuppini. Non vi rimase a lungo, allora, giacché presto ottenne l’incarico di insegnamento di grammatica presso lo Studio perugino, probabilmente poco prima del 1428, quando la sua presenza presso l’istituzione cittadina è documentata per la prima volta.
Nel 1429 tornò però a Firenze, in qualità di precettore di Piero di Andrea de’ Pazzi, raccomandato da Niccolò Niccoli, ed esercitò l’incarico per un biennio. Nella città medicea strinse amicizie e relazioni importanti e durature (oltre ai citati Traversari, Niccoli, Marsuppini, Piero de’ Pazzi, anche Patrizi e Bruni, mentre apertamente dichiarerà la propria avversione per Filelfo), partecipando al vasto sodalizio che si raccoglieva anche nei momenti conviviali e di svago attorno a Lorenzo de’ Medici, fratello del pater patriae Cosimo. Il rapporto di confidenza con la famiglia medicea è testimoniato da una missiva non datata, ma certamente scritta da Firenze, da lui indirizzata al giovane Piero, il figlio di Cosimo, nella quale gli chiedeva per brevissimo tempo in prestito la copia che quello conservava di una lettera scritta da Niccolò Piccinino al papa nei giorni precedenti.
A partire dall’anno accademico 1431-32 insegnò retorica presso lo Studio di Bologna. Vi mantenne l’incarico anche negli anni successivi, probabilmente fin dopo la morte di Niccoli, avvenuta il 3 febbraio 1437, giacché ne scrisse a Marsuppini appunto da Bologna, già il 26 febbraio, per esortarlo a comporre l’elogio dell’amico scomparso. Marsuppini gli rispose il 23 maggio, declinando però con garbo l’invito. I rapporti tra i due rimasero comunque eccellenti e l’Aretino dedicherà a Pontano i carmi V e VIII delle sue rime.
I rapporti con gli amici fiorentini restarono comunque saldi e nella città gigliata egli doveva recarsi spesso, se il 20 giugno del 1433, scrivendo a Niccoli, Traversari lo pregava di salutargli, tra gli altri, anche Pontano. Negli anni 1438-39 e 1439-40, anzi, si trasferì nuovamente a Firenze, per tenere la cattedra di eloquenza nello Studio locale, avendo proprio Marsuppini come collega. Il 25 maggio 1440 accettò però l’incarico triennale di cancelliere del Comune di Perugia, con lo stipendio di 180 fiorini annui, cui erano da aggiungere altri 40 come professore di eloquenza nello Studio cittadino. Il 18 ottobre assunse ufficialmente entrambe le cariche, e scelse la città umbra come propria residenza stabile, tanto da chiederne la cittadinanza, presto concessagli dalle autorità locali (3 agosto 1441). Mantenne comunque costanti rapporti culturali con gli amici fiorentini, scrivendo loro dei suoi colloqui intellettuali con gli antichi Greci e Romani e della sua soddisfazione nel vedere concorrere in città studenti ex omni natione, desiderosi di ascoltare le sue lezioni. Frequentarono in quegli anni la sua scuola, nella città umbra, tra gli altri Ciriaco d’Ancona e Pietro Ranzano. Quest’ultimo, anzi – che seguì le lezioni di Pontano nel biennio 1441-43 – nel colmare e precisare molti anni dopo la morte del maestro, con un giudizio altamente positivo, quella che appare come una vera e propria lacuna nell’opera di Biondo Flavio (che non lo menziona), ne sottolineò le grandi capacità retoriche e oratorie, l’eleganza ed erudizione straordinarie. Firenze rimase però sempre il riferimento culturale di Pontano: quando volle approfondire la propria conoscenza certo non eccellente della lingua di Omero, chiese in prestito, forte dell’autorizzazione di Lorenzo de’ Medici e dell’appoggio di Marsuppini, due codici greci custoditi nella biblioteca di S. Marco: uno contenente alcune Vite plutarchee e l’altro una traduzione in greco delle Metamorfosi ovidiane. Nel 1444, subito dopo la morte di Leonardo Bruni (avvenuta il 9 marzo di quell’anno), scrisse due altre lettere a Marsuppini, comunicando all’amico la propria intenzione di comporre un carme funerario per l’occasione.
In qualità di cancelliere Pontano era tenuto a redigere anche epistole e orazioni politiche: nei primi mesi del 1443 scrisse così, per conto del proprio Comune, un’epistola funeraria a Oddantonio di Montefeltro, in morte del di lui padre Guido Antonio, deceduto il 21 febbraio di quell’anno. Qualche anno più tardi compose un’orazione in proditores patriae che oggi pare perduta, da molti giudicata buona: riguardava il tradimento di alcuni Cerretani appoggiati dai Norcini, avvenuto nel 1446. Nello stesso anno fu riconfermato nell’incarico di cancelliere del Comune di Perugia per un quinquennio.
Pontano fece certamente parte dell’ambasceria cittadina che nel marzo del 1447 si recò a Roma a prestare obbedienza al nuovo papa, Niccolò V, anche se non era tra gli oratori ufficialmente accreditati. Non è perciò sicuro che l’orazione pronunciata nella circostanza dai legati fosse opera della sua penna. Di certo, però, in una lettera del 14 aprile narrava con quanta benevolenza e cordialità il pontefice lo avesse accolto in tale circostanza, accordandogli immediatamente l’aumento del salario di cancelliere a 200 fiorini annui. Quanto all’altra richiesta che Pontano presentò a Niccolò V, della quale non conosciamo il tenore, nonostante l’intercessione dei cardinali Domenico Capranica, Giovanni Giovane e Giovanni de’ Primi, il papa ne differì la risposta, che fu poi negativa: ciò provocò in lui perturbatiuncula quadam, come egli stesso scrisse in una lettera di qualche giorno successiva, appena lasciata Roma. Oltre due anni e mezzo più tardi, nel dicembre del 1449, fece invece sicuramente parte ufficiale di una seconda ambasceria, che incontrò il pontefice ad Assisi, mentre da Fabriano faceva ritorno a Roma. In quell’occasione, Tommaso tenne un breve discorso di presentazione del piccolo ma significativo dono (una nave e due fiasche d’argento) che i Perugini offrirono al papa.
Tommaso morì pochi mesi più tardi, a Perugia, nell’esercizio delle sue funzioni: era il 30 luglio del 1450.
Della sua opera letteraria, della cui ridotte dimensioni si lamentavano peraltro già i contemporanei (per esempio Niccolò Barbo), si conoscono e sono state pubblicate, oltre a ventuno epistole (ma altre ventidue restano tuttora inedite), solo quattro brevi orazioni.
Fonti e Bibl.: Le varie testimonianze manoscritte di orazioni e lettere di Tommaso Pontano o a lui dirette sono elencate in P.O. Kristeller, Iter Italicum, 7 voll., London-Leiden 1963-1996, ad indicem. Non vi si trova però segnalato il ms. Vat. Ottoboniano lat. 1677 (XV sec.), che alle cc. 66r-84r bis contiene copia di trentotto lettere di Tommaso, solo ventuno delle quali pubblicate, peraltro non senza imperfezioni nella trascrizione e nei rimandi archivistici. A tutt’oggi inedite sono perciò diciassette delle missive tramandate da quel manoscritto, dove esse sono contrassegnate con i numeri III (c. 67r), IV (c. 67r-v), VI (c. 68r), XII (c. 72r), XIII (c. 72r-v), XIV (cc. 72v-73r), XVII (cc. 74v, 84r), XVIII (c. 75r-v), XX (cc. 76v-77v), XXIV (c. 79r-v), XXVI (c. 80r), XXVII (cc. 80v-81r), XXVIII (c. 81r-v), XXXIII (c. 83v), XXXIV (cc. 83v, 75r), XXXVI (c. 84r bis) e XXXVII (c. 84r-v bis). Tre altre sue lettere inedite si trovano adesso a Manchester, University Library, Christie Col-lection, ms. 3 f 32, cc. 24r-25r (a Evangelista Pontano, da Firenze, 19 novembre), cc. 25r-26r (a Francesco Pontano, da Bologna, 28 ottobre probabilmente del 1431 o 1432) e c. 26r-v (ancora a Francesco Pontano, da Firenze, 9 giugno); e due ancora rispettivamente in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo Avanti Principato, filza CXXXVII, n. 959 (a Piero de’ Medici), e in Biblioteca nazionale Marciana di Venezia, ms. Marc. lat. XIV, 256 (4634), cc. 103r-105r (a Niccolò Barbo).
A. Traversari, Latinae Epistolae, VIII, 47, a cura di C. Mehus, 2 voll., Firenze 1759 (rist. anast. Bologna 1968), II, col. 416; G.B. Vermiglioli, Memorie per servire alla vita di Francesco Maturanzio oratore e poeta perugino, Perugia 1807; R. Sabbadini, Briciole umanistiche, in «Giornale storico della letteratura italiana», XVIII (1891), pp. 216-241, n. IV (in partic. pp. 224-228); L. Manzoni, T. P. Spogli d’archivio, ibid., XXXII (1898), pp. 139-147; A. Segarizzi, A proposito di Niccolò Barbo patrizio veneziano del secolo XV e le accuse contro Isotta Nogarola, ibid., XLIII (1904), pp. 39-54 (in partic. pp. 46-49); A. Zanelli, T. P. (Nuove ricerche ed appunti), in «Bollettino della regia deputazione di storia patria per l’Umbria», XI (1905), pp. 53-78 (in partic. pp. 73-78); P. Pirri, Le notizie e gli scritti di T. P. e di Gioviano Pontano Giovane, ibid., XVIII (1912), pp. 357-496; P. Ranzano, Descriptio totius Italiae (Annales, XIV-XV), a cura di A. Di Lorenzo - B. Figliuolo - P. Pontari, Firenze 2007, p. 132; C. Frova, Scritti sullo Studium Perusinum, a cura di E. Bellini, Perugia 2011, p. 11; I. Pierini, La lettera di Carlo Marsuppini a T. P., in Camenulae, XI (2014), pp. 1-14; Ead., Carlo Marsuppini. Carmi latini. Edizione critica, traduzione e commento, Firenze 2015, ad indicem.