RIGHI, Tommaso
RIGHI, Tommaso. – Nacque in data imprecisata fra il 1722 e il 1723 da Domenico Righi, romano (Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Maria in Campitelli, Stati delle anime, 1773-1788). Compì il suo apprendistato nella scultura presso il fiorentino Filippo della Valle, attivo a Roma dal 1725 al 1768. Da lui trasse l’uso di un modellato molto sfumato nella graduazione dei piani, oltre che ampi contatti con committenti e artisti di provenienza toscana.
A questi primi anni di attività nell’orbita di Della Valle è da riferirsi il rilievo in terracotta con la Nascita della Vergine a Berlino (Schlegel, 1988, pp. 24-30), preparatorio per la decorazione in stucco della cappella del Voto nel duomo di Siena, promossa dai Chigi e compiuta nel 1748. La scena venne poi realizzata da Carlo Marchionni, che la firmò nel 1748, mentre Della Valle modellò i rilievi con la Visitazione e la Morte di Maria e Giovan Battista Maini quello con la Nascita della Vergine. Ai rapporti con Della Valle si lega la prima impresa pubblica di Righi, la decorazione a stucco della chiesa abbaziale di Grottaferrata, realizzata nel 1754 per volontà del cardinale Giovanni Antonio Guadagni sotto la direzione dell’architetto fiorentino Giovanni Fiori. La decorazione di Grottaferrata consta di una lapide nella controparete di facciata sostenuta da due figure angeliche e di quattro rilievi ovali distribuiti sopra le pareti laterali con storie mariane. L’esito fu criticatissimo, come rivela una cronaca dell’abate basiliano Filippo Vitale (Zander, 1953, p. 129).
La lezione di Della Valle, che segue il modellato dei grandi francesi di inizio secolo (Pierre Le Gros e Pierre-Étienne Monnot) puntando su una morbida modulazione del risalto, rimase basilare per Righi. La si ritrova in un suo disegno di nudo a sanguigna, firmato, presso l’Accademia di S. Luca, con cui nel gennaio del 1755 si assicurò il secondo premio nel concorso della Scuola capitolina del nudo (Barroero, 1998, p. 381), e nei Quattro rilievi in terracotta siglati T.R. già in collezione Zeri, oggi all’Accademia Carrara di Bergamo (Zeri, 1985, pp. 63 s.; Bacchi - Rossi, 2000, pp. 68 s.). Righi entrò nel 1757 nell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon e nel 1760 in quella di S. Luca (su proposta di Della Valle), dove fu una presenza molto attiva nel settimo e ottavo decennio del Settecento. Di qui passò all’Accademia del nudo come insegnante, un ruolo che ricoprì per otto volte tra il 1762 e il 1782 (L. Pirrotta, I direttori dell’Accademia del nudo in Campidoglio, in Strenna dei romanisti, XXX (1969), pp. 326-334); Barroero, 1998, pp. 366-384). L’affermazione in campo accademico ebbe come effetto un succedersi molto ricco di incarichi fra la fine degli anni Cinquanta e la metà del decennio successivo, puntualmente menzionati dal Diario ordinario di Roma.
Con la cornice dell’Edicola mariana in piazza dell’Orologio nel 1756 iniziò la collaborazione di Righi con il pittore Antonio Bicchierari, suggellata dal matrimonio di Tommaso con Ortensia, l’ultima figlia del pittore, il 27 gennaio 1762. La donna entrò nella casa in via dei Delfini, dove dal 1753 Righi aveva vissuto con le sorelle Caterina e Agata, come segnalano gli Stati delle anime di S. Maria in Campitelli. L’unione fu allietata dalla nascita di sei figli. Non lontano dall’abitazione era la bottega dello scultore, presso S. Caterina dei Funari.
Nel 1762 Righi fu ancora a fianco del suocero nella decorazione della cappella Cesi a S. Marcello, dove realizzò gli angeli e i putti in stucco bianco che incorniciano l’affresco della volta con la Presentazione al Tempio di Bicchierari. Sia qui sia nella successiva decorazione nell’arco trionfale di S. Eusebio il tono decorativo seguito da Righi si distacca dalla stesura già nobile, preannunciante il neoclassico, di cui danno prova sia Domenico Corvi, nei dipinti laterali della cappella Cesi, sia Anton Raphael Mengs nell’affresco della volta di S. Eusebio.
Righi andò affermandosi sempre più dal 1760 come autore di monumenti sepolcrali, ritratti e memorie anche in marmo. I primi suoi interventi in questo senso furono i due Monumenti Lercari (1760) nella cappella delle Ss. Rufina e Seconda presso il battistero Lateranense. Nel 1764 firmò il Monumento di Teresa del Grillo Pamphilj per la basilica di S. Maria degli Angeli ad Assisi. Nello stesso stile ridondante è il Monumento di Alessandro Borgia presso il battistero Lateranense del 1767. Nei successivi monumenti, puntualmente citati dal Diario ordinario, persiste l’intento di racchiudere i ritratti in una cornice sempre più ornata e bizzarra: da quello del Cardinal Ferroni in S. Cecilia, del 1767-68, a quello in onore di Nils Bielke in S. Brigida, su un’idea di Pietro Camporesi, e ancora alla Memoria di Clemente XIII, del 1769, presso la Trinità dei Pellegrini, o al piccolo Monumento del cardinal Merlini Paolucci in S. Marcello (1774-76). In un clima in cui l’imitazione dell’antico veniva indicata da Johann Winckelmann e da Mengs come via necessaria per il rigenerarsi del gusto, e nell’imminenza del viaggio a Roma di Antonio Canova (1779), Righi continuò, con una tecnica ormai raffinatissima, ad assemblare nei suoi monumenti drappi, simboli e putti, dando prova di un’ostinazione frivola che andava facendosi sempre più superata.
Un sintomo del suo progressivo isolamento si ebbe nella querelle per la costruzione del Monumento dello scultore Carlo Pio Balestra, benemerito dell’Accademia di S. Luca, nella chiesa dei Ss. Luca e Martina. Righi, estratto a sorte come autore del cenotafio, propose, nel giugno del 1770, sette progetti e un modello in creta, che venne prescelto. Il progetto iniziale di Righi era troppo dispendioso, e quindi nel settembre del 1772 venne compiuta dagli accademici una nuova selezione fra altri tre modelli presentati dallo scultore. In un clima di aperta incertezza e tensione sulle scelte da farsi, si inserì l’8 ottobre 1772 una lettera di Giovan Battista Piranesi a Mengs che proponeva un radicale ripensamento del monumento, fustigando polemicamente lo stile disimpegnato di Righi. L’illuminante testo piranesiano, pervaso da un profondo senso civile del ruolo dell’artista e dei valori accademici, volti al bene comune, rimase lettera morta. Nel 1777 Righi firmò e scoprì il suo monumento, risolto tutto in verticale: un coacervo di elementi simbolici, distribuiti intorno alla lapide dedicatoria.
Righi si sottomise tuttavia alla moda incalzante del decoro all’antica, quando ad altri spettava il ruolo di direttore dei lavori. Sotto le direttive di Piranesi, lavorò alla decorazione di S. Maria del Priorato fra il 1764 e il 1766 su committenza di Giovan Battista Rezzonico, nipote di Clemente XIII, adeguandosi perfettamente allo stile dell’architetto veneziano, che puntò a una simbiosi delle singole arti in una fantasiosa e dissacrante trasgressione delle regole, estranea al neoclassicismo filoellenico di Winkelmann o al razionalismo integralista di Francesco Milizia. Stando al Libro dei conti della fabbrica, firmato dal capomastro Giuseppe Pelosini e sottoscritto da Piranesi il 10 aprile 1767 (Connors, 1998), Righi avrebbe realizzato due Trofei con la figura della Fama (non più esistenti) nella cuspide della facciata della chiesa, Otto medaglioni in stucco con episodi della vita di s. Giovanni Battista nella volta sopra l’altare, i Busti degli Apostoli nei medaglioni sotto le finestre, circondati da fronde di alloro e festoni, e soprattutto il Gruppo con s. Basilio in Gloria che si innalza sull’altare maggiore, progettato accuratamente da Piranesi come dimostrano i disegni della Pierpont Morgan Library di New York e della Kunstbibliothek di Berlino, ma elaborato da Righi con un superbo e fluido modellato che egli realizzava dal ponteggio plasmando all’istante lo stucco su un’armatura di mattoni, legno e chiodi.
Negli stessi anni Righi venne coinvolto nella decorazione del Salone d’oro di palazzo Chigi. Sotto le direttive di Giovanni Stern (e in previsione del matrimonio fra Sigismondo Chigi e Maria Flaminia Odescalchi), fu avviato il ripristino dell’appartamento al secondo piano del palazzo.
L’intera decorazione è allineata a un gusto antiquariale raffinato e leggero, mai sottomesso ai dettami rigidi della citazione filologica. Le figure preminenti del cantiere furono il pittore Nicolò La Piccola e soprattutto Righi, cui spetta la decorazione degli stucchi di figura. A lui si debbono gli inserti in stucco sulle sommità dei pilastri, e, più in basso, i rilievi con Giochi di putti trattati con un modellato rapido che fa pensare alla pittura compendiaria sfruttando motivi ellenistici riscoperti a Ercolano. I brani più significativi sono tuttavia i Telamoni, che a coppie sostengono le mensole negli angoli del salone, e le Ninfe cacciatrici, aggraziate ed ellenizzanti, sopra le porte.
Nello stesso 1766 Righi partecipò marginalmente ai lavori della cappella della Beata Vergine in Ss. Ambrogio e Carlo al Corso, su progetto di Paolo Posi (Roani Villani, 1980, pp. 60-69), in collaborazione con André-Jean Lebrun, Pietro Pacilli, Agostino Penna e Pietro Rudiez. A Righi vennero commissionati gli angeli sopra il timpano dell’altare e la glorietta di nubi e putti nella cimasa, prova seriale, mentre negli altri artisti (soprattutto Penna) si andava affermando l’uso di un rilievo fermo e idealizzante sotto i dettami della statuaria classica.
Nel settimo decennio del secolo Righi, nella cui bottega si formò Vincenzo Pacetti, raggiunse una certa notorietà (il Diario ordinario lo definisce nel 1767 «celebre scultore e accademico»), e se a Roma accettò lavori anche modesti, come il Medaglione in rilievo che decora la facciata della chiesa di S. Filippo in via Giulia (1769) o la decorazione architettonica all’interno della chiesa di S. Paolo Eremita (1767-75) con Penna e Andrea Bergondi, in periferia si aggiudicò impegni che lo videro protagonista assoluto, come la decorazione a stucco all’interno della chiesa di S. Romualdo, nell’eremo dei Camaldolesi sopra Frascati. Committente fu il cardinale Enrico Stuart, duca di York (dal 1771 vescovo tuscolano), figlio del pretendente cattolico al trono inglese Giacomo III Stuart.
Gli stucchi rivestono tutto l’interno della chiesa, dalla Gloria di angeli e putti sopra l’altare maggiore, ai quattro rilievi con Storie di s. Romualdo sulle pareti della navata, due mensole con Testine di angeli, e quattro lunette con Simboli della vita eremitica e angeli sopra i quattro altari delle cappelle laterali. Un disegno con S. Apollinare che appare a s. Romualdo del Museo nazionale di Varsavia ha permesso di attribuirgli l’intera decorazione (Negro, 1980), condotta con un modellato tenero che sembra sgranarsi nella luce.
Prove di questa raggiunta maturità artistica si trovano anche nel Gruppo di angeli che decora la Cappella delle Ss. Rufina e Seconda presso il battistero Lateranense, intervento finora non documentato, ma che si dovrebbe datare allo scadere del settimo decennio del secolo. Altre realizzazioni molto felici sul piano scenografico sono l’Edicola mariana sulla facciata del palazzo Grossi Gondi a Tor Sanguigna e la decorazione a stucco della cappella del Sacramento nel duomo di Velletri, fatta realizzare dal cardinale Francesco Albani sullo scorcio dell’ottavo decennio del Settecento.
Nel 1777, con un ruolo di rilievo Righi entrò nel grande cantiere di Villa Borghese, che l’architetto Antonio Asprucci, con un gran numero di decoratori, doveva trasformare in uno splendido contenitore delle collezioni di famiglia, con un costante richiamo all’antico. Nella stanza del Sole, Righi fece i modelli di otto bassorilievi realizzati in scagliola da tale Massoni. Nella decorazione del salone di ingresso appartengono a Righi gli otto tondi in stucco che decorano le pareti lunghe, con temi mitologici di soggetto amoroso connessi al matrimonio di Marcantonio Borghese con Anna Maria Salviati. Nei rilievi, Righi diede ancora una volta prova della sua vena tardobarocca. Lontano dal cercare nelle scene la semplificazione lineare che poteva essere suggerita dalle gemme o dalle medaglie antiche come fecero gli altri scultori Pacetti, Massimiliano Laboreur, Francesco Carradori, Giovanni Monti e Luigi Salimei, scelse un rilievo morbido e atmosferico, con risalti sentiti ed effetti naturalistici sul fondo. Altrettanto avviene nei due rilievi compiuti e pagati nel 1778 per la stanza di Sileno, con Re Mida che giudica nella contesa di Apollo e Marsia e il Banchetto di Mida. Nel 1778 il fulcro del cantiere borghesiano si spostò nella galleria sul retro della villa. In quella mistura raffinatissima di passione antiquaria, celebrazione mitologica e ossessione decorativa che è l’assetto neoclassico della galleria, Righi realizzò due degli esagoni con divinità alle pareti (non identificati), mentre il progetto generale spettò a Tommaso Conca e ovviamente ad Asprucci. Ben riconoscibili sono invece i due grandi rilievi con Giunone che incita Eolo contro la flotta troiana e Nettuno che sollecita i venti contro le navi di Enea.
Lo scadere dell’ottavo decennio segnò un evidente declino dell’attività di Righi, con conseguenze economiche pesanti: già nel 1775 egli era in arretrato con la pigione della casa in via dei Delfini, il che gli valse il sequestro di una parte del compenso per il Monumento Balestra; nel 1778, non potendo comprare i materiali per un nuovo lavoro, chiese un prestito alla cugina Maria Vittoria Cipriani. Il pontificato di Pio VI Braschi, iniziatosi nel 1776, segnò un calo delle grandi commissioni, e la diaspora di grandi maestri presso altre corti europee. Sostanzialmente estraneo alla sempre produttiva vena del restauro dei reperti classici, Righi non colse il senso dell’imitazione dell’antico che stava mutando la prassi e il significato della scultura.
Il difficile momento lo portò ad accogliere anche impegni di scarso rilievo, come uno Stemma di Pio VI sulla facciata (1779) e una Fontana con delfini nel cortile del Collegio germanico ungarico (1782), e un Busto di Pio VI in marmo da cui fu tratto quello in bronzo di Giacomo Zoffoli, fuso da Antonio Calamanti, per il monumento del papa a Monticchio presso Ancona (1785).
Con il rarefarsi delle commissioni a Roma, Righi fu costretto, nel pieno degli anni Ottanta del Settecento, a cercare spazi professionali in quelle corti periferiche dove il persistere dell’assetto assolutistico rendeva ancora attuali le allegorie e i miti tanto cari al suo repertorio tardobarocco.
Il 5 ottobre 1783 risulta presente per l’ultima volta alle riunioni dell’Accademia di S. Luca. La partenza per Vilnius, in Lituania, dove era stato chiamato dal vescovo Massalski, avvenne, stando al giornale di Pacetti, il 18 maggio 1784 (Roma 1771-1819: i giornali di Vincenzo Pacetti, a cura di A. Cipriani et al., Napoli 2011, p. 37).
A Vilnius ferveva, sotto la direzione dell’architetto Wawrzyniec Gucewiz, il rinnovamento della cattedrale, poi distrutta nel secondo conflitto mondiale. Per esso Righi, scultore di corte del vescovo per sei anni, con stipendio mensile, realizzò sei statue e sei rilievi nel portico e due gruppi allegorici all’interno. Anche per la villa suburbana di Massalski (in rovina già nel 1830) compì molti bassorilievi. Di quest’attività lituana sopravvive solo il busto di Jacub Briolet, professore di chirurgia presso l’Università di Vilnius, che Righi firmò nel 1789, conservato nel Museo nazionale della città. Nel 1790 Righi si trasferì a Varsavia, presso la splendida corte di Stanislao Augusto Poniatowski, che annoverava, fra gli altri, la presenza di Lebrun ‘primo scultore regio’, il quale fu probabilmente il tramite dell’arrivo del nostro scultore. Nel marzo dello stesso anno, Pacetti annotava nel suo diario (p. 101) di essere andato a stimare i beni di Righi a Roma, con il pittore Vincenzo Berrettini, per una probabile vendita giudiziaria.
A Varsavia Righi realizzò due gruppi in pietra arenaria per i giardini del palazzo Łazienki, repliche variate del Galata morente e dell’Arianna vaticana. Le sculture vennero sostituite nel 1793 da due statue, sempre di sua mano, raffiguranti i due fiumi che bagnano Varsavia, La Vistola e Il Bug, opere modestissime, ancora in loco, ispirate all’iconografia classica dei fiumi giacenti. Seguirono, alle strette dipendenze di Lebrun, interventi marginali (due Coppie di putti nella sala da ballo e tre nella rotonda, a contorno di tre Busti di imperatori). Per l’anfiteatro all’aperto, su disegno di Lebrun, Righi realizzò, fra il 1792 e il 1793, sedici statue in arenaria di Drammaturghi e due con La tragedia e La commedia, tutti pezzi oggi assai lacunosi, alcuni addirittura sostituiti da copie dello scultore Jakbuwski fra le due guerre mondiali. Alle prese con un materiale che gli era poco congeniale, e con le gravi figure all’antica che Lebrun gli suggeriva, Righi dimostrò in questi interventi quanto fosse declinato il suo grande mestiere degli anni romani.
Nel 1795 Stanislao Augusto e il suo cenacolo culturale vennero spazzati via dalla terza e definitiva spartizione della Polonia fra Prussia, Austria e Russia: vecchio e senza orizzonti professionali, lo scultore attraversò gravi difficoltà economiche, morendo a Varsavia nel tardo 1802. Pacetti aveva annotato l’8 ottobre 1802 nel suo giornale (Roma 1771-1819, cit., p. 229) di aver saputo da un figlio di Righi che il padre a Varsavia godeva di buona salute. Il 2 agosto 1802 era stato inserito il suo ritratto nella collezione degli accademici di S. Luca insieme a quello di Bicchierari.
A Varsavia sono conservati dei disegni preparatori, l’uno al Museo nazionale, con la scena di S. Apollinare che appare a s. Romualdo, firmato Righi, da ricondursi alla decorazione dei Camaldoli di Frascati, e un altro foglio presso la Biblioteca Krasiński raffigurante Un episodio della vita di papa Liberio, forse un’esercitazione accademica per i rilievi che ornano il portico di S. Maria Maggiore, realizzati fra il 1742 e il 1743 da Giuseppe Lironi, Pietro Bracci, Giovan Battista Maini e Bernardino Ludovisi, mentre il maestro di Righi, Filippo della Valle, lavorava al gruppo con lo Spirito Santo sopra il timpano della facciata della basilica e alla statua con il Beato Niccolò Albergati in facciata.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Accademia di S. Luca, Libro dei Decreti, vol. 52, c. 164rv; vol. 53, cc. 5, 6, 10v., 12, 18v, 21, 69; vol. 57, c. 319; Registro delle Congregazioni, vol. 55, c. 125; Archivio storico del Vicariato, S. Maria in Campitelli, Stati delle Anime, anni 1773-1788; Libro dei Battesimi, anni 1762-1774; Libro dei Morti, anni 1717-1824; S. Stefano in Piscinula, Libro dei Matrimoni, 27 gennaio 1762; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Archivio Borghese, 5842, mandati 168, 173, 5843, mandati 37, 184, 187, 5844, mandati 41, 82, 209; Biblioteca apostolica Vaticana, Chigi, libro mastro 202, cc. 108 ss.; ibid. ms. 1177 n. 49 ss.; Varsavia, Archivio storico del Castello Reale. Palazzo Łazienski, Note des ouvrages M. le Chevalier Righi quels sont en partie achévés et les autres commencés selon les ordres de Sa Majesté; Chracas, Diario Ordinario, 27 novembre 1756 (Edicola in piazza dell’Orologio), 5 gennaio 1760 (Monumento a Niccolò Lercari), 29 novembre 1760 (Arco trionfale in S. Eusebio), 24, 31 gennaio 1761 (Apparato per M.A. di Sassonia), 14 settembre 1764 (Stucchi nella cappella dei Sette dolori in S. Marcello), 21 gennaio 1764 (Monumento per T. Del Grillo Pamphilj), 11 aprile 1767 (Monumento per A. Borgia), 11 giugno 1768 (Monumento Ferroni), 11 giugno 1768 (Monumento per N. Bielke), 28 ottobre 1769 (Memoria di Clemente XIII), 5 marzo 1774, 18 maggio 1776 (Monumento di C. Paolucci), 18 settembre 1779 (Stemma di Pio VI), 21 febbraio e 14 agosto 1784 (Busto di Pio VI), 17 aprile 1784 (Restauro di una statua di Euterpe nel Museo Pio Clementino); Giornale delle Belle Arti, 1784, pp. 74 s.; E.Q. Visconti, Sculture del Palazzo della Villa Borghese detta Pinciana, I-II, Roma 1796, I, pp. 16, 48, 86; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di San Luca, Roma 1823, pp. 243 ss.; A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese (1893), in Storia dell’arte italiana, XI, Roma 1939, p. 22; G. Incisa della Rocchetta, Il salone d’oro in Palazzo Chigi, in Bollettino d’arte, s. 2, VI (1927), 8, pp. 369-377; S. Ciampi, Notizie di medici, maestri di musica e cantori, pittori, architetti, scultori ed altri artisti italiani in Polonia e Polacchi in Italia, Lucca 1830, pp. 117-120; Z. Batowski, T. R., in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XXVIII, Lipsia 1934, pp. 353 s.; A.M. Ricci, Memorie storiche della arti e degli artisti della Marca d’Ancona, II, Macerata, 1934, p. 412; A. Riccoboni, Roma nell’arte. La scultura dell’evo moderno, Roma 1942, pp. 307 s.; G. Zander, La chiesa medioevale della Badia di Grottaferrata e la sua trasformazione del 1754 in un manoscritto criptense inedito del padre Filippo Vitale, in Palladio, n.s., III (1953), pp. 120-131 (in partic. p. 129); A. Schiavo, La chiesa di S. Paolo primo Eremita, in Capitolium, XXXVI (1961), 3, pp. 8-11; V. Drima, Nieznane Materialy do dzialalnosci Wawrzynca Gucewicza, Piotra Rossi, Tomsza Righi, Oraz Karolai Kazimierza Jelkisch, in Biuletyn historii aztuki, XXVIII (1966), pp. 368-373; H. Noehles, La chiesa dei S.S. Luca e Martina, Milano 1969, pp. 115 s.; R. Lefèvre, Palazzo Chigi, Roma 1972, p. 82; G. Scarfone, La chiesa di S. Brigida, in Alma Roma, XV (1974), 2-3, p. 76; C. Bertelli, Un progetto per “Poet’s corner” e una picca all’Accademia, in Grafica grafica, II (1976), 2, pp. 117-120; G. Scarfone, L’edicola mariana in Piazza dell’Orologio e i suoi autori, in L’Urbe, n.s., XL (1977), 2, pp. 17 ss.; A. Negro, Eremo di Camaldoli, in Villa e paese. Dimore nobili del Tuscolo e di Marino (catal.), a cura di A.M. Tantillo Mignosi, Roma 1980, pp. 239-243; R. Roani Villani, Due opere di Innocenzo Spinazzi e la decorazione della cappella della Beata Vergine in S. Carlo al Corso a Roma, in Paragone, XXXI (1980), 359-361, pp. 60-69; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, p. 62; V.H. Minor, Tommaso Righi’s Roman sculpture: a catalogue, in The Burlington Magazine, 1984, n. 980, pp. 668-675; F. Zeri, Appunti su T. R., in Antologia di Belle Arti, n.s., 1985, n. 25-26, pp. 56-64; U. Schlegel, Die italienischen Bildwerke des 17. und 18. Jahrhunderts. Die Erwenbungen von 1978 bis 1988, Berlino 1988, pp. 24-37; M. Kwiatkowski, Łazienski, Varsavia 1995, p. 26; L. Barroero, I primi anni della scuola del Nudo in Campidoglio, in Benedetto XIV e le arti del disegno. Atti del Convegno internazionale di studi di Storia dell’arte, Bologna ... 1994, a cura di D. Biagi Maino, Roma 1998, pp. 366-384 (in partic. p. 381); J. Connors, Il libro dei conti della Avery Architecture Library della Columbia University, in Piranesi e l’Aventino (catal., Roma), a cura di B. Jatta, Milano 1998, pp. 86-94; F. Petrucci, Documenti artistici del Settecento nell’Archivio Chigi (parte I), in Bollettino d’Arte, 1998, n. 105-106, p. 74 nn. 29, 30, 33, 34, 38; I. Pagani, La chiesa di S. Filippo a Via Giulia. Restauri e manutenzione nel corso del ’700, in Studi sul Settecento romano, 1999, n. 15, pp. 257-269 (in partic. p. 265 n. 54); L. Rebecchini, La chiesa di S. Filippino e annessa casa in via Giulia, in Strenna dei romanisti, LX (1999), pp. 453-460; S. Consolini, T. R., scultore romano, tesi di laurea, relatore O. Rossi Pinelli, Università di Roma La Sapienza, 1999-2000; A. Bacchi - F. Rossi, Cinquanta sculture per Bergamo (catal.) Bergamo 2000, pp. 68 s.; A. Negro, Il Salone d’Oro, in C. Strinati - R. Vodret, Palazzo Chigi, Milano 2001, pp. 177-197; Id., Per T. R., in Studi sul Settecento Romano, 2002, n. 18, pp. 81-149; L. Mocci, Due angeli di T. R. al Gesù di Frascati, in Bollettino d’arte, 2007, n. 141, pp. 99-106; Roma 1171-1819: i giornali di Vincenzo Pacetti, a cura di A. Cipriani et al., Napoli 2011, pp. 6, 13, 14, 18, 24, 37, 47, 92, 94, 101, 223, 229.