RODARI, Tommaso (Tomaso). – Architetto e scultore originario di Maroggia (Canton Ticino, Svizzera), sul lago di Lugano, documentato per la prima volta a Como il 26 aprile 1480 con il padre Giovanni e i fratelli Donato, Bernardino e Giacomo (Morosini, 1998, p. 80)
La data di nascita non è nota, ma viene posta intorno al 1460.
Il padre Giovanni (documentato dal 1480; già morto il 29 luglio 1491) e il fratello Giacomo (documentato dal 1480 al 1524; già morto il 21 luglio 1525) furono architetti e scultori, mentre i fratelli Donato (documentato dal 1480 al 1526; già morto il 12 febbraio 1533) e Bernardino (documentato dal 1480 al 1533) furono solo scultori, tutti attivi nell’impresa di famiglia a Como. I fratelli Rodari avevano proprietà immobili e beni a livello sia nel comasco sia nell’attuale Canton Ticino, in continuità di rapporti con la terra natìa (Mascetti, 1997, pp. 49-55).
La prima moglie di Tommaso fu probabilmente Maddalena della Torre, di Mendrisio; la seconda una non meglio precisata Maddalena. Il 4 marzo 1527 è citata la figlia Caterina, vedova e con due figli a carico, abitante a Milano nella parrocchia di S. Stefano in Brolo (Motta, 1919). Caterina aveva sposato Nicolò Marzorati, scultore attivo nel duomo di Como e morto nel 1522 circa, da cui ebbe il figlio Paolo, mentre dal pittore comasco Ambrogio Ghezzi ebbe in seguito la figlia Crelia (Mascetti, 1997, pp. 49-55), a conferma dei legami instaurati dai Rodari con l’ambiente artistico locale, secondo strategie collaudate.
La prima notizia sull’operato di Tommaso risale al 25 settembre 1484, quando, in relazione all’esecuzione di alcune sculture destinate alla facciata del duomo comasco, viene definito come «fabricator figurarum» (Soldini, 1993, p. 513). Anche se non si hanno notizie sul suo percorso formativo, in base allo stile delle opere la critica ha suggerito una sua formazione nel cantiere della Certosa di Pavia, nell’ambito dello scultore pavese Giovanni Antonio Amadeo (Soldini, 1993). I due risultano effettivamente in contatto sin dal 1491 (29 aprile), quando Tommaso anticipò a nome di Amadeo una somma di denaro per una fornitura di manufatti in pietra di Saltrio (Varese) (Battaglia, 1998, p. 45): testimonianza, questa, dell’esistenza in anni precoci di un rapporto di fiducia, provato anche dall’avvicendamento nel cantiere della cappella maggiore della chiesa di S. Maurizio a Ponte in Valtellina nel 1498 (Schofield - Shell - Sironi, 1989, pp. 57, 64; Corbellini, 1998).
Tommaso fu attivo principalmente per la fabbrica del duomo di Como, inizialmente come scultore di figure (almeno dal 25 settembre 1484) e in seguito come capo ingegnere per quasi quarant’anni (dal 20 luglio 1487 al 9 giugno 1526). Gli spettano le principali statue della parte centrale della facciata: il Cristo risorto con la Maddalena (1484), l’Angelo della Resurrezione, la Vergine annunciata e l’Angelo annunziante, la Vergine col Bambino e i Ss. Proto, Giovanni Battista, Abbondio e Giacinto (1485), le lunette dei tre portali con l’Adorazione dei pastori, l’Adorazione dei Magi e la Presentazione di Gesù al Tempio (anni ’90 del XV secolo) e le due edicole dei Plinii, datate 1498 e firmate con il fratello Giacomo. Le sculture e i relativi attributi in ferro furono dipinti e dorati ab origine. In corrispondenza dei prospetti laterali, conclusi nel 1513, Tommaso realizzò, con l’aiuto della bottega, il portale meridionale con la Fuga in Egitto, iniziato nel 1491 (come recita una targa all’esterno) e concluso intorno al 1509 (data del portale interno), e quello settentrionale, detto “porta della Rana”, con la Visitazione e l’Assunta, datato 1507 e recante l’iscrizione “IX”, forse da intendersi come 1509 (Meyer, 1900, p. 204 nota 2); sul relativo portale interno figurano le firme di Tommaso e Giacomo.
Eco dei portali del duomo si ritrova a Torno, nel portale della chiesa di S. Giovanni Battista. Caratterizzato dalla particolare struttura architettonica, riconducibile a un’idea di Tommaso, presenta ai lati due grandi bassorilievi con la Visitazione e la Decollazione del Battista; databile al primo-secondo decennio del Cinquecento, è riferibile a uno scultore del suo stretto ambito (Rossi, 1990).
Nel duomo, scalate negli anni ’90 del XV secolo, restano tre monumentali ancone eseguite con l’aiuto della bottega per importanti famiglie comasche: quella della Passione di Gesù per Bartolomeo Parravicini, vicario generale del vescovo, e per il nipote Giovanni Giacomo (firmata e datata 1492), quella della Madonna col Bambino tra i ss. Stefano e Ludovico per il canonico Luigi (Ludovico) de Muralto (datata 1493) e quella della Deposizione per l’arciprete Battista Bossi (firmata e datata 1498; Morosini, 1998). Un altro altare decorato da Tommaso doveva essere quello di S. Abbondio, dove oggi si trova l’ancona lignea di Giovan Angelo del Maino (1514). In loco resta il paliotto con tre scene delle Storie di s. Abbondio (1490 circa), mentre nell’omonima basilica comasca si conserva la relativa statua del santo (datata 1490; Morosini, 1998, p. 81; Rovi, 1998, p. 123 nota 41). Allo scultore è pure da riferire la statua della Madonna col Bambino (altare dell’Assunta) in origine sull’altar maggiore (Cogliati Arano, 1972, pp. 164-166); sicuramente antecedente al 1514, quando è citata come modello, la scultura è databile al 1500 circa.
A questa venerata effigie possono essere collegate una serie di statue sparse tra il Comasco, la Valtellina e il Canton Ticino, che, riproponendone il tipo, ne testimoniano il successo. Tra i precedenti va ricordata la Madonna della chiesa di S. Maria del Sasso a Morcote (1490-95 circa, parte di un’antica ancona smembrata; Calderari, 2009), e, tra le derivazioni, quelle del Museo diocesano di Milano (1500-10 circa, inv. MD 2001.088.001, dalla chiesa parrocchiale di Asso; Zani, 2012), del santuario della Beata Vergine del Monte Bisbino a Cernobbio (1500-10 circa; Laura Damiani Cabrini, comunicazione orale, 2015), della casa parrocchiale di Melano (1510-15 circa, bottega, forse dalla locale chiesa; Calderari, 2010a, p. 103) e della chiesa di S. Maria delle Grazie a Gravedona (1515, con l’aiuto della bottega; Battaglia, 2006), in merito alla quale viene citato proprio il modello comasco.
In ambito architettonico, sotto la guida di Tommaso furono portati a compimento la facciata, la copertura e la decorazione della navata centrale (entro il 1500), il rivestimento dei fianchi (entro il 1513) e l’inizio della costruzione della cappella maggiore (dal 22 dicembre 1513, quando ne furono poste le fondamenta, come ricorda una targa all’esterno dell’abside), il cui progetto era stato approvato nel 1510 da Amadeo, all’epoca ingegnere ducale. Della cappella maggiore già si parlava nel novembre 1487, quando Tommaso approntò un primo modello pochi mesi dopo la sua nomina a ingegnere capo della fabbrica. Nei primi mesi del 1519 (dal 3 gennaio al 2 maggio) ebbe luogo con Cristoforo Solari una lunga discussione su tale struttura, a seguito della quale furono apportate delle modifiche al progetto rodariano. La costruzione procedette comunque molto lentamente, per arrivare a compimento solo nel corso del XVII secolo.
Presso i Musei Civici di Como restano due modelli in legno della parte absidale, uno monoabsidale e l’altro triabsidale, quest’ultimo simile a quanto realizzato. La paternità dei due modelli resta incerta, ma la tendenza della critica è quella di attribuire il primo a Cristoforo Solari (1519) e di ritenere l’altro una rielaborazione di Cristoforo Lombardi verso la metà del secolo (Casati, 2002; Della Torre, 2002; Soldini, 2002).
Il 6 giugno 1498 Tommaso ricevette dalla scuola della Beatissima Vergine Maria a Ponte in Valtellina l’incarico della progettazione e costruzione della nuova tribuna della chiesa di S. Maurizio, in sostituzione, poiché inadempienti, di Amadeo e Giacomo del Maino, già incaricati nel 1495; l’opera, come attesta l’iscrizione presente nel presbiterio, fu ultimata nel 1500 (Schofield - Shell - Sironi, 1989, pp. 57, 64; Corbellini, 1998; Ead., 1999). Stando ai documenti, la direzione dei lavori e l’esecuzione delle sculture sarebbero state compito di Giacomo Rodari. La paternità degli otto medaglioni con gli Apostoli è però stata messa in dubbio, in virtù della loro alta qualità, a favore di Amadeo e collaboratori (Papetti, 2006) o di un anonimo scultore lombardo (Zani, 2015). La questione non è di facile soluzione poiché le sculture, riferibili all’ambito rodariano, si caratterizzano per un senso della composizione maturo e per un espressionismo eccentrico, non altrimenti identificabili nella produzione nota dei Rodari.
Nel 1514 Tommaso fornì il progetto per la riedificazione della chiesa collegiata di Bellinzona, iniziata il 6 maggio 1515 (Brentani, 1916b); essa si caratterizza per l’impianto strutturalmente audace della navata dotata di una luce molto ampia (oltre 18 metri), con un irrobustimento del perimetro murario e la realizzazione di cappelle fortemente svasate. Alla bottega rodariana spettano anche i due portali laterali della facciata e l’acquasantiera piccola (1515-20 circa; Calderari - Soldini, 2010).
A Morbegno è poi documentata la presenza di Tommaso nella realizzazione della facciata (portale, finestre e rosone in pietra di Saltrio) della chiesa dell’Assunta, nel 1517, in società con Ambrogio Ghisolfi, come da contratto del 1515 (Damiani, 1897, pp. 12-14, 16; Galletti, 1983, p. 23). È verosimile che a Tommaso si debba anche ascrivere il precedente ampliamento dell’edificio, consacrato nel 1506, che richiama nella forma la terminazione triconca del duomo di Como.
Sempre a Tommaso sono stati attribuiti altri importanti progetti. Tra questi il santuario della Madonna dei Miracoli di Tirano, in costruzione dal 1505 e consacrato nel 1528 (Giussani, 1926; Bormetti, 1996; Rovetta, 2000); la facciata della cattedrale di S. Lorenzo a Lugano (dal 1517; Calderari - Damiani Cabrini - Soldini, 2010, pp. 98 s.); e la cappella di S. Antonio da Padova (1516 circa), ricostruita secoli dopo da Giocondo Albertolli, a Moncucco di Brugherio presso Monza (Calderari, 2010b, p. 88). Anche il progetto per la chiesa di S. Maria di Piazza a Busto Arsizio, iniziata nel 1517 e conclusa nel 1522 circa, spetta verosimilmente a Tommaso, alla cui bottega sono da riferire i due portali; in alternativa è stato fatto il nome di Antonio da Lonate (Patetta, 2001, p. 201).
Tommaso fu attivo anche per importanti edifici civili pubblici e privati. A Como, nel 1493 (16 giugno), fu coinvolto come esperto nella costruzione della crociera settentrionale del nuovo ospedale di S. Anna, e l’anno successivo (il 6 aprile 1494) gli fu affidata l’esecuzione di una porta per tale crociera (Della Torre, 1995, p. 203). Gli sono anche attribuite le trasformazioni del palazzo di Gian Giacomo Rusca a Como (dal 1514), dove nel 1519 si svolse la disputa tra Tommaso e Cristoforo Solari in merito alla cappella maggiore del duomo (Della Torre, 1998, p. 26), e di palazzo Besta a Teglio (intorno al 1519; Galletti, 1983; Rovetta, 2000, pp. 118-125).
Nel Canton Ticino restano alcune ancone simili a quelle presenti nel duomo di Como, sebbene di dimensioni minori: a Morcote nella chiesa di S. Maria del Sasso (1490-95 circa; Calderari, 2009), a Balerna nell’ex battistero della collegiata (1500-10 circa; Martinola, 1975, pp. 56 s.; Damiani Cabrini, 2013, p. 32), a Mendrisio nel chiostro della chiesa di S. Giovanni (1514, commissionata dal maestro Giovanni Gaggini da Bissone, detto il Genovese; Brentani, 1916a, pp. 31-35; Martinola, 1975, p. 277; Damiani Cabrini, 2013, pp. 30 s.), e a Vico Morcote nella chiesa dei Ss. Fedele e Simone (1515 circa; Brentani, 1916a, pp. 35-37; Damiani Cabrini, 2010). Un’altra opera ticinese notevole per concezione architettonica e qualità dell’intaglio è costituita dal tabernacolo eucaristico della cattedrale di Lugano, del 1510 circa (Brentani, 1916a, p. 38; Calderari - Damiani Cabrini - Soldini, 2010, pp. 105-107).
Tommaso fece testamento a Como il 6 giugno 1526, disponendo di essere sepolto nella cappella di S. Rocco della chiesa di S. Provino (Mascetti, 1997, pp. 49-55). Morì probabilmente tra il 9 giugno 1526, quando nei libri della fabbrica del duomo è attestato il saldo della sua partita, e il 4 marzo 1527, quando ne risulta l’avvenuto decesso (Motta, 1919).
L’interesse della critica per Tommaso si deve soprattutto alla sua lunga attività come capo-ingegnere del duomo di Como (1487-1526). Tra gli studi che hanno maggiormente contribuito a far conoscere la cattedrale comasca tramite il vaglio delle fonti vanno menzionati quelli di Carlo Francesco Ciceri (1811), di don Santo Monti (1892-98; 1897) e di Federico Frigerio (1950), i cui risultati sono confluiti nella monografia di Pietro Gini et al. (1972). Tra fine Otto e inizio Novecento anche alcuni studiosi non locali hanno pubblicato interessanti contributi riguardanti Tommaso; tra questi Johann Rudolf Rahn (1880), Alfred Gotthold Meyer (1900) e Francesco Malaguzzi Valeri (1904). In generale, il suo operato è stato valutato in termini positivi, in modo particolare la costruzione della parte absidale del duomo di Como, anche se tutti hanno rimarcato la qualità altalenante della produzione scultorea, imputata di essersi avvalsa della collaborazione massiccia della bottega. Tra i punti di riferimento stilistici sono stati correttamente individuati Donato Bramante per l’architettura, Amadeo per la scultura e Andrea Mantegna per le incisioni, come ben riassunto da Siegfried Weber (1908). L’unica monografia esistente relativa a Tommaso e al fratello Giacomo si deve a don Santo Monti (1913). Anche sull’attività dei Rodari in Valtellina le prime pubblicazioni risalgono alla fine del XIX secolo, a partire da Guglielmo Felice Damiani (1897), al quale sono seguiti Antonio Giussani (1926), Giorgio Galletti (1983), Francesca Bormetti (1996), Augusta Corbellini (1998; 1999), Alessandro Rovetta (2000) e Vito Zani (2015). Per il Canton Ticino restano validi gli scritti di Johann Rudolf Rahn (1880), Luigi Brentani (1916a e 1916b), Emilio Motta (1919) e Cino Chiesa (1934, pp. 27-40). L’interesse per Tommaso si è risvegliato sul finire del secolo scorso grazie agli studi di Simone Soldini (1993; 2002), con l’acquisizione di nuovi dati principalmente sulla sua attività al duomo di Como, e agli aggiornamenti documentari di Mario Mascetti (1997), Antonio Battaglia (1998) e Daniela Morosini (1998). Di riflesso, anche l’attività nelle terre ticinesi ha visto l’apparire di nuovi contributi, perlopiù puntuali, che hanno permesso di aggiungere o confermare opere sia architettoniche sia scultoree al suo catalogo, di riconsiderarne la cronologia generale e di sostenerne il valore nel panorama artistico della Lombardia prealpina (Calderari, 2009, 2010a, 2010b; Agosti - Stoppa - Tanzi, 2010, pp. 31-34; Calderari - Damiani Cabrini - Soldini, 2010; Damiani Cabrini, 2010; Ead., 2013; Soldini, 2010, pp. 37-40). Tali conclusioni sono confluite nelle voci di accreditati dizionari storici e artistici (Pescarmona, 1996; Soldini, 1998; Calderari, 2011), mentre è ancora da scrivere la monografia di riferimento.
A capo di un’organizzata e stilisticamente fedele bottega in cui operavano anche i fratelli e altri parenti stretti (come Nicolò Marzorati e Francesco Ventretta), Tommaso deve essere annoverato tra i protagonisti dell’architettura e della scultura del Rinascimento lombardo prealpino a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Influenzato dalla corrente espressionista di matrice ferrarese che si diffuse in Lombardia nel cantiere della Certosa di Pavia a partire dai primi anni ’70 del Quattrocento nella declinazione proposta da Amadeo, dal quale riprese le caratteristiche pieghe cartacee e il ricco ed estroso repertorio all’antica, nelle opere della maturità dei primi decenni del Cinquecento il maestro mostrò un fare più morbido e delicato, tuttavia senza mai abbandonare il gusto decorativo lombardo. Con la sua lunghissima attività presso il duomo di Como contribuì alla diffusione nell’antica diocesi lariana del linguaggio architettonico ispirato a Bramante. La critica ha giustamente rilevato nella sua produzione anche influenze veneziane nelle forme arrotondate delle monumentali ancone prodotte per il duomo (Morosini, 1998; Zani, 2013) e nella più tarda facciata del santuario di Tirano (Giussani, 1926), così come nel gusto per il colore che combina differenti tipologie di pietra e inserisce elementi in cotto (Meyer, 1900, pp. 193-224).
Opere. Si elencano in ordine alfabetico per località altre importanti opere riferibili a Tommaso, non citate in precedenza: Firenze, collezione Bardini, bassorilievo con la Madonna col Bambino, 1500-10 circa (Zani, 2012, p. 136); Milano, Museo d’arte antica del Castello Sforzesco, bassorilievo con la Madonna col Bambino e angeli musicanti con stemma della famiglia Pisani, inizio anni ’90 del XV sec., inv. 1175, da una casa in borgo S. Rocco a Como (Fiorio, 2013); Milano, Museo Bagatti Valsecchi, altorilievi con Giuditta e Davide, 1500-10 circa, inv. 971 risp. 972, dalla Casa dei Vitani a Como (Meyer, 1900, p. 213 nota 1; Fiorio, 2003; Calderari, 2010a, p. 103); Morcote, chiesa di S. Maria del Sasso, statua con la Madonna in trono col Bambino, anni ’90 del XV sec. (Calderari, 2009, p. 56); Obino (Castel S. Pietro), chiesa di S. Antonino, statua della Madonna in trono col Bambino, 1500 circa (Calderari, 2009, p. 56); Paris, Musée du Louvre, statua di S. Giovanni Battista, anni ’90 del XV sec., inv. RF 1638, dalla collezione Arconati Visconti di Milano (Bresc-Bautier, 2006, p. 242; Zani, 2013, p. 14).
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