TOPONOMASTICA (nome formato, secondo l'esempio di γραμματική e simili, dall'agg. ὀνομαστικός, composto con τοπός, "luogo" fr. toponymie; ted. Ortsnamenkunde; ingl. toponymics)
È la scienza dell'origine, del significato, della pronunzia, dello sviluppo, dell'epoca e dell'uso dei nomi locali; fa parte dell'onomastica (v.).
È, insomma, lo studio etimologico dei nomi locali (nomi geografici o toponimi) presi nel senso più lato, cioè dei nomi: 1. di luoghi abitati: nomi dei paesi, di contrade, di divisioni amministrative di qualunque ordine, di sezioni dei luoghi abitati (strade, mercati, stazioni di ferrovie, tramvie e simili); 2. di accidenti di terreno nel senso geografico (valli, montagne, baie, punte, promontorî, isole); 3. di corsi d'acqua (ruscelli, fiumi, laghi, mari).
Dal punto di vista fonetico e morfologico un nome locale non si differenzia da un nome comune o appellativo. È formato come quello di suoni e di sillabe conformi alla lingua nella quale si usa. Può essere derivato o semplice, sostantivo o aggettivo, composto o no. Considerata da questo punto, la toponomastica, ancorché faccia parte della geografia descrittiva e del folklore, è nient'altro che una scienza linguistica. Entro questa, però, essa ha un posto speciale a cagione della differenza fra i nomi comuni e i toponimi. Tale differenza è in primo luogo semantica, in quanto ogni nome locale, quando anche sia spiegabile dalla data lingua attuale, evoca l'idea del rispettivo oggetto geografico. Così, per es., dicendo Parigi, Berlino, Londra, Belgrado (etimologicamente "città bianca"), noi pensiamo alle capitali della Francia, Germania, Gran Bretagna, Iugoslavia, e non a una nozione generica come quando diciamo pane, acqua, ece. Ma questa differenza, presa da sola, non giustificherebbe la necessità d'una scienza speciale, se ad essa non si aggiungesse quella, più importante, del suo carattere storico. Legato alla fortuna del rispettivo luogo, un nome locale può esser molto più durevole di un nome comune: su un dato territorio esso può sopravvivere a molti cambiamenti di lingue e di popoli. Si è osservato, per es., che nei paesi indoeuropei soltanto i piccoli corsi d'acqua portano i nomi della rispettiva lingua, mentre i nomi dei grandi fiumi sono preindoeuropei: Sequana, oggi Seine, a causa del suono qu sconosciuto al gallico, deve esser un nome preceltico. Anche i nomi delle isole e delle città nel bacino mediterraneo sono spesso di origine preindoeuropea. Korinthos, avendo la desinenza nth che riappare nell'Asia Minore sotto la forma nd, è un nome pregreco. I Greci, scomparsi dalla Gallia meridionale come popolo costiero, hanno lasciato tuttavia numerose tracce nei nomi delle città della Costa Azzurra: Nikaia oggi Nizza, Antipolis oggi Antibes. I Celti, scomparsi dal bacino danubiano inferiore già prima dell'arrivo dei Romani, hanno lasciato traccia di sé in Bononia oggi Vidin (a. bulg. Brûdin).
Lo stesso appare anche nel campo della storia politica, culturale ed economica. Gli ordinamenti cessano di esistere, ma lasciano tracce nei nomi locali ai quali diedero origine. In tutta l'Europa il cristianesimo è subentrato al paganesimo, ma un Portus Veneris o Mons Mercuri sopravvivono ancora in Portovenere e in Montmartre. Il sistema fondiario romano non esiste più da secoli, ma nomi locali dal tipo aggettivale, derivati col suffisso -anum dai gentilizî romani, si riscontrano ovunque nel territorio dell'impero romano: da Licinianum, p. e., derivano tanto Lézignan in Francia, quanto Lakljan (o Ja-) presso Ragusa di Dalmazia (nome di una piccola isola).
Si possono distinguere due grandi categorie di toponimi: i nomi ereditati da una lingua anteriore a quella che in una data regione si parla attualmente e che quindi riescono ora incomprensibili; quelli creati in varie epoche dal popolo che tuttora occupa la stessa sede, e che sono quindi spiegabili con le varie fasi della lingua di questo. Il primo dovere della toponomastica è d'indicare gli strati storico-linguistici nella toponimia, e il modo della creazione dei toponimi.
La forma dei nomi locali è soggetta a cambiamenti di vario ordine, poiché si trasmette di popolo in popolo, di generazione in generazione, non per mezzo della scrittura, ma oralmente. Il cambiamento più importante è quello dovuto all'adattamento fonetico, alla pronunzia d'un popolo che sostituisce l'altro.
Tale adattamento ci dà la possibilità di distinguere in una data zona diversi strati etnografici. Hispalis, per es., diventò in lingua araba Išbīla; dopo la riconquista della città da parte della Castiglia esso prese la forma di Sevilla. Vi si scorgono quindi chiaramente tre strati etnografici:1. preindoeuropeo (forse iberico); 2. arabo; 3. castigliano. I nomi locali inglesi permettono di intravvedere chiaramente cinque strati: 1. celtico: Eboracum oggi York, attraverso Eoforwic; Sorbiodunum oggi Salisbury (bury traduce dunum); 2. romano (latino): Spinae oggi Speen, Chester da Castrum, Lindum colonia oggi Lincoln; 3. anglosassone: Whittingham "abitazione dei successori di Hwita"; 4. scandinavo: Badby dove -by corrisponde a bury' "castello"; 5. normanno: Richmond. Constatazioni analoghe si possono fare nelle altre regioni europee.
Poiché un nome locale ha il significato della categoria geografica alla quale si riferisce e non quello della nozione comune, esso è esposto nella lingua da cui deriva e cui è stato trasmesso a cambiamenti diversi da quelli dei nomi comuni. Specialmente le sue sillabe iniziali e finali vanno soggette a interpretazioni erronee. Così il ted. Espech (a. 1410) (bosco di "Populus tremula") diventò Messbach (presso Plauen) a cagione della falsa separazione della preposizione im, "in", e l'identificazione della sillaba finale con bach "torrente"; Aegidius diventò ted. Tilgen, attraverso St. Ilgen per erronea separazione della -t; Albarnum continua in Le Bar (Francia), la prima sillaba essendo stata identificata dal sentimento linguistico francese coll'articolo definito; Tiliacum diventò, in tedesco, Dillingen a cagione dell'analogia con altri nomi locali in -ingen, della stessa contrada.
I più strani cambiamenti toponomastici sono dovuti alla cosiddetta etimologia popolare: ted. Ingolfeswies ("prato di Ingolf") diventò Engelwies ("prato dell'angelo"); il celtico Vitodurum, Winterthur (porta dell'inverno"); Crna vas ("villaggio nero" Lika, Iugoslavia) diventò nella bocca della nuova popolazione slava venuta dai Balcani che non conosceva la voce vas, ma selo nel significato di villaggio, Crna vlast ("potenza nera"), per l'identificazione di vas con vlast.
Un nome locale può cambiare anche la categoria geografica che esprime: Narona, antico emporio degli Issaei (oggi Lissa, serbocroato Vis) è oggi in bocca slava il nome di un ruscello Norilj; Sirmium, importante centro del cristianesimo balcanico fino alle migrazioni dei popoli, designa ora una regione intera: il Sirmio, serbocr. Srem.
Il nome locale può anche estendem il suo uso: il nome Danubio, prima di indicare il limes imperii, designava soltanto il cono superiore e medio del fiume, mentre quello inferiore portava il nome tmcio di Istros.
Il prestigio di una lingua o scrittura cagiona molti cambiamenti. L'attuale città di Lubiana si chiamava dagli indigeni Emān. I Romani cambiarono la desinenza -ān in ōna (Emona) nello stesso modo come Barcino, Narbo, Olisipo furono sostituiti da Barcinona oggi Barcelona, Narbona oggi Narbonne, Olisipona oggi Lisboa. Il prestigio di Roma cagionò il mutamento del suffisso in tutto l'impero.
Che un nome locale possa sparire insieme colla sua località, si capisce; ma non è raro il caso che esso sia sostituito da un altro, oppure da una perifrasi o traduzione più o meno esatta, più o meno completa. Ad Argentoratum gallico ("borgo bianco") gli Alemanni sostituivano Strasburg "borgo difendente la strada o il passaggio", avendo il gall. ratiu il significato di "recinto fortificato". Più frequente è la traduzione completa, se il nome è traducibile. Il romeno Cetatea alba "città bianca" è la traduzione totale del turco-tataro Ak-kerman. Lo slavo Carigrad ("città dell'imperatore bizantino") è per metà traduzione, e per metà perifrasi di Kostantinupolis (città di Costantino").
I nomi troppo lunghi vengono talvolta abbreviati: gall. Mediomatricis si raccorciò in Mettis donde l'odierno Metz. Costantinopoli si chiama in greco moderno ἡ πόλις, ch'è presso i Macedo-Romeni Pole. I Turchi hanno assunto dai Greci questa abbreviazione insieme con la preposizione εἰς ‛s tin boli diede nel turco regolarmente Istanbul. Thessalonike fu ridotta già nel latino balcanico in Salona, forma che si mantenne nello slavo Solun e nel macedo-romeno Sărună.
Un altro tipo di sostituzioni toponomastiche ci forniscono le Gallie. Qui i nomi di alcune città importanti risalgono ai nomi dei popoli dei quali erano capitali. Così Lutetia Parisiorum divenne Paris.
Una sostituzione si ha anche quando una nuova popolazione prende a prestito, al popolo preesistente, un nome locale che era un appellativo, ma ripete tale appellativo nella lingua propria. Si ha così: Linguaglossa, Punta d'Ostro (all'ingresso alle Bocche di Cattaro, punta significa lo stesso che sl. ostro), Bannockburn (Scozia, nel sec. XIII soltanto Banoc, parola celtica che vuol dire "corrente limpida", e anche burn significa "la fonte").
Man mano che progredisce la coltura dei terreni, che si creano nuove città, villaggi e strade, stazioni ferroviarie, ecc., e che la conoscenza delle nuove località si fa più estesa e più precisa, un popolo è costretto non soltanto a prendere a prestito i nomi locali preesistenti, ma anche a crearne dei nuovi. Se non siamo in grado ogni volta di stabilire il significato dei nomi ereditati, non conoscendo la lingua alla quale essi risalgono in questo periodo più recente, possiamo invece determinare non soltanto gli elementi del lessico che servirono alla denominazione, ma anche il modo o il carattere del nuovo stabilimento. Così nei composti germanici il secondo elemento -burg, -bach, -hausen, -dorf, -kirchen, -zell, ecc., indica il carattere della colonizzazione. Questo secondo elemento si accoppia ad un nome personale: Arnoldsburg, Waltersbach, Wolframsbrunnen, ecc., e il determinativo, considerato dalla popolazione come generalmente conosciuto, può anche sparire. Si ha così, per es., Friedlos da un più antico Fridolfeshus (casa di Fridolf"). Nei paesi slavi, invece dei composti di questo genere, si ha sin dai tempi più remoti il semplice aggettivo: slov. Ljubno (da ljub "caro", terreno buono) oggi Leoben; Tărnovo (Bulgaria, "spinoso"); russo Jakutsk (città dei Iacuti); polacco Wilno (sul fiume Wilija); Lipsko (da lipa "tiglio") oggi ted. Leipzig; in tutti questi casi la parola mĕsto "località" o gorod "città" si sottointende.
Studiando questi fenomeni, si può giungere alla conoscenza di certe norme, molto utili all'etimologia toponomastica. Così, per es., i toponimi nordici con -sted, -lev, -köb, -böl, -torp, röd, -stadir vengono sempre legati con nomi proprî. Il suffisso gallico - (i)acum serve per le derivazioni aggettivali dei nomi di persona gallici o dei gentilizî romani (es., Lagny da Latiniacum, Chambéry da Cambariacum).
La conoscenza di tali norme giova anche a fissare la cronologia di nomi locali. I più antichi toponimi tedeschi sono quelli collettivi caratterizzati dalle desinenze -idi, -ahi, -ari, -inga, -unga (Lengede, Birkich, Fahmer, Gröningen, Breitungen) ovvero quelli composti con appellativi antichi che la lingua attuale non conosce più: -mar, -mari "palude" (Geismar), -lar "pascolo" (Goslar), -loh "bosco, macchia" (Iserlohn), -affa, -aha "acqua corrente" (Schaffenburg, Fulda). Quelli composti con -rode, -rade, -rot, -reut, -riet "campo novale" risalgono ai diboscamenti carolingici del sec. VIII (Bayreuth, Wernigerode, Neuenrade).
Sono state constatate anche certe mode toponomastiche. Così gli stabilimenti principeschi tedeschi dei secoli XVIII e XIX vengono denominati mediante composti di nome personale e di voci astratte -lust, -ruhe, -höhe (Ludwigslust "capriccio di Luigi", Karlsruhe, pace di Carlo", Wilhelmshöhe "cima di Guglielmo"), mentre il determinativo nei composti più antichi è sempre una voce concreta che camtterizza il tipo dell'insediamento (per es., Wolfsgrund. Fretterive da fractaripa, ecc.).
Quanto al significato, i nomi locali (nll.) vanno divisi in due gruppi: 1. toponimi personali o possessivi; 2. toponimi descrittivi.
Nello stesso modo come i nomi personali, anche quelli locali sollevano la questione dell'autore del nome, di colui che lo ha formato e dato per la prima volta. A questa domanda si può dare soltanto una risposta generale. La denominazione locale può risalire o al consenso spontaneo d'una collettività o a un atto individuale dovuto alla decisione d'una autorità, d'un principe, ecc. Nel primo caso si può darne la cronologia relativa, nel secondo la cronologia assoluta. Si sa con precisione quando Pietro il Grande denominò la capitale della Russia presovietica Pietroburgo (precisamente St.-Petersburg), quando questo nome fu sostituito da Leningrado, quando Bisanzio prese il nome di Costantinopoli, ecc. Fra le due classi non esiste una differenza sostanziale, poiché anche i nomi di origine individuale seguono le analogie dei toponimi esistenti: il ted. Mariental (fondato nel 1770) col nome femminile è calcato sugli altri nll. in -tal "valle". Tuttavia tra le due categorie si nota qualche differenza di ordine stilistico affettivo: nei nomi imposti d'autorità è spesso palese una tendenza adulatoria o glorificante: es., Valentia (da valere) in Valencia (Catalogna), Valence (Francia), Valenza (Italia); (Augusta) Trevirorum, oggi Trier, Augusta (Vindelicorum), oggi Augsburg; le creazioni collettive hanno invece non di rado, per la stessa spontaneità con cui sono sorte, un'impronta umoristica: Crèvecoeur denominazione di una sommità difficilmente accessibile; Chantraine di un terreno paludoso; Chantejal (Francia, in Italia Cantagallo) di un'agglomerazione remota, ecc. Simili nll. sono diffusi in tutto il territorio romanzo.
Le ricerche toponomastiche devono dunque poggiare sulle norme seguenti:1. un nome locale può risalire a un'antichità molto più remota del popolo che lo parla; 2. se un nome locale è preso a prestito da un popolo preesistente, la sua forma si adatta alle nuove consuetudini fonetiche; 3. un nome locale può esser creato da un popolo sulla base del lessico della rispettiva epoca; 4. ogni nome locale, come ogni parola della lingua, ha la sua storia; 5. ogni nome locale ha in principio un significato conforme a un appellativo o a un nome personale. Basata su queste norme, la toponomastica è una scienza schiettamente etimologica che ha il suo metodo linguistico, storico e geografico. L'etimologo che si propone di spiegare l'origine d'un nome locale deve attenersi ai criterî seguenti: 1. non prender le mosse dalla forma attuale, ma dalla più antica; 2. fissare la pronunzia del nome nei dialetti limitrofi; 3. stabilire il valore e la filiazione di tutte le forme storiche e dialettali, spiegarne le variazioni nello spazio e nel tempo; 4. conoscere le lingue, i dialetti (cioè le loro consuetudini fonetiche e le loro parole toponomastiche fondamentali) entro il cui ambito è sorto e si è conservato un dato nl.; 5. conoscere il sito geografico, fisico ed economico della località alla quale il nome si riferisce; 6. conoscere la storia della località.
Per illustrare queste norme metodologiche dobbiamo dare almeno uno o due esempî. Se si vuole indagare l'origine del toponimo Berat, città oggi schiettamente albanese, si deve sapere che la prima attestazione ne risale all'anno 878 (episcopatum Belogradensem che si scrive poi Bel(l)ogradum, Belligradum, Βελαγράδον, Βελεγράδα), e che accanto alla pronunzia albanese Berat esiste anche quella greca moderna e macedoromena Vitardi. La fonetica albanese ci spiega la disparizione dissimilatoria di l e di g nel gruppo delle tre consonanti lgr della forma primitiva. La pronunzia greca moderna dialettale ci spiega il passaggio ad i delle due e inaccentuate del locativo slavo vu Bělgradĕ "in Belgrado" Vilardi. La metatesi ra in ar si trova altrove anche nel greco moderno in Καρδίτζα (= diminutivo slavo Gradec). La storia della contrada ci insegna inoltre che nell'Epiro esisteva fino al sec. XVI una simbiosi slavo-greco-albanese: l'origine del nl. Berat è quindi individuabile con certezza; si tratta di un noto composto slavo di bělŭ "bianco e gradŭ "città".
Come ogni scienza, la toponomastica è autonoma ed ausiliare, essa ha bisogno dell'aiuto di altre scienze e può, a sua volta, fornire ad esse nuovi elementi. Come ogni ricerca etimologica richiede la conoscenza esatta degli oggetti designati dalle parole, così anche le ricerche sulle origini dei toponimi richiedono la conoscenza delle discipline che si occupano dei tipi d'insediamento, come ad esempio la geografia umana, la topografia, l'archeologia, il folklore, gli ordinamenti giuridici relativi al possesso e alle località, la geografia botanica. Basti accennare all'aiuto che le presta l'archeologia. Per mezzo di antiche attestazioni si è stabilito che Dicmo presso Spalato risale ad decimum (lapidem). I casi analoghi nel mondo romano e romanzo confermano questo modo di chiamare date località, in Francia, per es., Oitier e Uchaud risalgono ad octavum (lapidem), e gl'itinerarî romani ci dànno numerosi esempî di stazioni lungo le strade romane dal tipo di Ad vigesimum, ecc. In quanto a Dicmo, le ricerche archeologiche hanno dimostrato che la località si trovava lungo una strada romana e nella distanza indicata dal nome. Così pure è constatato che i toponimi tedeschi composti con -weiler, -weyer, da villare carolingico, sono legati alle strade romane.
Il più importante aiuto che la toponomastica può fornire, a sua volta, ad altre scienze riguarda la paleoetnografia. Nomi di origine latina risalenti alla colonizzazione romana si trovano in territorî oggi germanizzati, slavizzati, arabizzati. I nomi locali dell'Ungheria, Romania, Austria, Grecia, Albania e Germania possono darci notizie sugli Slavi scomparsi oggi per lo più in questi paesi. I toponimi quali Stolp ("colonna"), Stargard ("città vecchia"), Pommern (da pomorâje "litorale"), ecc. nell'odierna Prussia, Pörtschach in Carinzia (da loc. pl. Pořečah da Pořečane "abitanti di un paese al fiume"), Oltel in Romania (affluente dell'Olt, con diminutivo slavo; cfr. in Francia Mosella accanto a Mosa), Selenitza (al nord di Matapan, agg. sostantivo da selo "casale"), ecc., ci dimostrano l'estensione degli Slavi durante la loro migrazione. Nello stesso modo si può studiare l'estensione normanna in Francia, quella scandinava nella Gran Bretagna o in Russia (Varjagi), o l'estensione dei popoli ugrofinnici nei paesi ora slavi (Volga, Moskva, ecc.). Lo stesso vale per l'antichità. I toponimi gallici ci permettono di seguire l'estensione gallica fino alle foci del Danubio (Galati da Galatae). I toponimi greci fanno apparire questo popolo costiero in tutto il bacino mediterraneo (Agde, dipartimento dell'Hérault, da una denominazione dovuta ai marinai 'Αγαϑὴ Τύχη).
In secondo luogo la toponomastica può essere di grande aiuto alla linguistica. Studiando i toponimi in -acum o in -ascum che sono in sostanza aggettivi celtici, rispettivamente liguri, derivati per lo più dai nomi dei possessori di rispettivi terreni, possiamo sapere dove si parlava il gallico o ligure. Nella Francia, i toponimi con ca- invece di cha- ci attestano che nel Medioevo la palatalizzazione, oggi progredita fino al sud, era molto più ristretta. Il toponimo bulgaro Plovdiv (dal tracico Pulpudeiva "città di Filippo", tradotto nel greco Philippupolis, abbreviato poi nel turco Filibé) c'insegna che la lingua degli antichi Bessi si parlava in quei dintorni almeno fino all'epoca dell'arrivo degli Slavi.
Il terzo grande aiuto è quello prestato alla storia nel senso più ristretto del termine. La toponomastica aiuta lo storico nell'identificazione delle forme antiche dei nomi locali con quelle moderne. Essa è utile soprattutto alla storia locale, illustrandone la cultura, la vita economica, lo sfruttamento del terreno, i differenti modi di colonizzazione, la genealogia, gli ordinamenti giuridici relativi al terreno o ai gruppi sociali, la difesa del paese, il suo sistema onomastico, ecc. Va rilevato inoltre anche il eontributo che la toponomastica può apportare alle scienze naturali: alla geografia, alla botanica e alla zoologia storiche, alla conoscenza dei minerali.
Che la toponomastica sia indispensabile alle amministrazioni moderne, al catasto, alla cartografia, ecc., a tutti coloro che hanno bisogno di sapere come pronunziare e scrivere nella lingua letteraria i toponimi dialettali, lo si può indurre dagli errori che si leggono nei catasti e nelle carte di ogni paese per ciò che riguarda la grafia dei nomi locali dialettali.
Bibl.: L'interesse per il significato dei nomi locali è così antico come la scienza storica o linguistica in generale. Ma in nessuna branca scientifica il dilettantismo era così diffuso come in questo: ognuno credeva di essere in grado di trattare di questi argomenti. Gli antichi spiegavano i toponimi ricavando da loro i nomi dei fondatori dei luoghi. Gli storici e linguistici fino al 1840, anno in cui appaiono i primi studî che anche in questo campo di ricerche seguono il metodo storico-comparativo, ricorrevano per lo più all'omofonia nella spiegazione dei nomi locali: così, p. es., Costantino Porfirogenito, Isidoro da Siviglia, gli umanisti, ecc.
Un primo tentativo di storia generale della toponomastica ci è dato da J. J. Egli, Geschichte der geographischen Namenkunde, Lipsia 1886 (oggi del tutto antiquato). Ora invece questa disciplina ha ovunque una serie di cultori esimî, e specie nei paesi germanici esistono società consacrate a questi studî (English Place-names Society a Cambridge; società fiamminga a Lovanio, svedese meridionale a Lund; olandese, danese ecc.; per l'Italia v. sotto: Toponomastica italiana).
Esistono anche periodici: Namn och bygd. Tidskrift f. nord. ortnamnsforskning (red. J. Sahlgren, 1913); Zeitschrift f. Ortsnamenforschung (red. J. Schnetz, Monaco); e rassegne regolari: Chronique de toponymie (red. A. Dauzat, annesso alla Revue des Études anciennes). È impossibile nominare qui gli altri periodici linguistici o storici che apportano articoli su questi argomenti. Notiamo specialmente Glotta (red. P. Kretschmer e W. Kroll) per i nomi antichi.
Un lessico di toponomastica antica non esiste. Di toponimi antichi si occupano: A. Blumenthal, V. Bertoldi, D. Dečev, D'Arbois de Jubainville, J. U. Hubschmied, P. Aebischer, N. Jokl, H. Krahe, F. Ribezzo, K. Oštir, J. Schnetz, E. Philipon, P. Kretschmer, P. Skok, A. Lewy, A. Trombetti, G. Devoto, A. Mayer, M. Budimir, ecc. Citiamo: A. Fick, Vorgriechische Ortsnamen als Quellen für die Vorgeschichte Griechenlands (1905); P. Kretschmer, Das nt- Suffix (Glotta, XIV, 84 segg.) ed altri articoli nello stesso periodico; A. Trombetti, Saggio di antica onomastica mediterranea (Arhiv za arbanasku starinu, III).
Un lessico che indichi i tipi toponomastici indueoruopei non esiste finora. Si ha soltanto F. Solmsen, Indogermanische Eigennamen als Spiegel der Kulturgeschichte, Heidelberg 1922.
Per il territorio romanzo si veda E. Muret, Les noms de lieux des langues romanes, Parigi 1929, e W. Meyer-Lübke, Einführung in das Studium der romanischen Sprachwissenschaft, 3a ed., Heidelberg 1920, p. 263 seg.
Sui toponimi germanici nei paesi romanzi, v. E. Gamillscheg, Romania germanica, voll. 3, Berlino e Lipsia 1934-36.
Sui nomi locali della Penisola Iberica si hanno soltanto studî speciali, dovuti per il catalano a M. de Montoliu, P. Aebischer, W. Meyer-Lübke, ecc., per il castigliano a A. Zauner, G. Sachs, M. Gómez, Moreno, A. Blasquez, R. Menéndez-Pidal, A. Castro, ecc.; per il portoghese a J. Leite de Vasconcellos, H. Lautensach, ecc.
Per la Francia: A. Longon, Les noms de lieu de la France, Parigi 1920-29; H. Gröhler, Über Ursprung und Bedeutung der französischen Ortsnamen, voll. 2, Heidelberg 1913, 1933; A. Dauzat, Les noms des lieux, Parigi 1926. Un vanto della toponomastica francese sono i Dictionnaires topographiques des départements (fino a oggi più di trenta voll.). Della grande schiera degli studiosi di toponimia francese ricordiamo: D'Arbois de Jubainville, V. Bertoldi, A. Dauzat, W. Kaspers, L. J. Juroszek, L. Berthoud, E. Muret, G. Maver, G. Franke, P. Aebischer, H. Gavel, G. Rohlfs, P. Skok, O. Schultz-Gorra, F. Lot, ecc.
Belgio: A. Vincent, Les noms de lieux de la Belgique, Bruxelles 1927; A. Carnoy, Origine des noms de lieux des environs de Bruxelles, Bruxelles 1927; I. Mansion, Oud-Gentsche Naamkunde,'s, Gravenhage 1924; Publications de la Commission de Toponymie et Dialectologie, Bruxelles 1927, segg.; Nomina geographica flandrica, edizione della Società toponomastica di Lovanio.
Olanda: Nomina geographica neerlandica, I-VII, Leida 1885 segg. (ed. della società toponomastica); I. Verdam, Uit de geschiedenis der nederlandsche taal, Dordrecht 1923, p. 143 segg.; I. Schrijnen, Nederlandsche Volkskunde, 2a ediz., Zutphen 1930-33; I, p. 5 seg., II, p. 50 seg.
Germania: F. Mentz, Deutsche Ortsnamenkunde, 2a edizione, Lipsia 1927; E. Schröder, Über Ortsnamenforschung, Wernigerode 1908; id., Die deutschen Burgennamen, Gottinga 1927; R. Kleinpaul, Die Ortsnamen im Deutschen, Lipsia 1912; id., Länder- und Völkernamen, ivi 1919 (coll. Göschen); E. Förstermann, Altdeutsches Namenbuch, voll. 2, 3a ed., Bonn 1923; E. Wallner, Althayr. Siedlungsgeschichte, Monaco 1924; B. Eberl, Die bayerischen Ortsnamen als Grundlage der Siedlungsgeschichte, voll. 2, Monaco 1925-26; H. Jellinghaus, Die westfälischen Ortsnamen, 3a ed., Osnabrück 1923; H. Reimer, Historisches Ortlexikon für Kurhessen, Marburgo 1926; G. Buchner, Bibliographie zur Otsnamenkunde der Ostalpenländer, Monaco 1931; O. Behaghel, Die deutschen Weiler-Orte (Wörter und Sachen, II, p. 42 segg.).
Austria: E. Schwarz, Die Ortsnamen des östlichen Oberösterreich, Reichenberg 1926; L. Steinhauser, Die genitivischen Ortsnamen in Österreich, in Sitzber. dell'Accademia di Vienna, Phil.-hist. Cl., 206; K. Schiffmann, Die Stationsnamen der Staatsbahnen in Oberösterreich, 5a ed., Linz 1921.
I toponimi tedeschi e slavi nei paesi dei Sudeti (Cecoslovacchia) sono trattati da: F. Liewehr, Die Ortsnamen des Kuhländchens, Reichenberg 1926; E. Schwarz, Zur Namenforschung und Siedlungsgeschichte in den Sudetenländern, ivi 1923; id., Die Ortsnamen der Sudetenländer als Geschichtsquelle, Monaco-Berlino 1931.
Gran Bretagna: E. Ekwall, The concise Oxford dict. of English place-names, Oxford 1936; Publications of the English Place-names Society (10 t. fino 1933); A. Mawer e F. M. Stenton, Introduction to the survey of English Place-names, Cambridge 1924; id., The chief elements used in English place-names, Cambridge 1924. Nella stessa collezione sono studiati i toponimi delle contee Bedfordshire, Antingdomshire, Sussex, Nord Riding of Yorkshire, Devon, Northamptonshire, per opera di A. Mawer, F. M. Stenton, A. H. Smith, J. E. B. Gover. Inoltre: A. Mawer, Problems of Place-name study, Cambridge 1929; E. Ekwall, English River Names, Oxford 1928; id., Die Ortsnamenforschung ein Hilfsmittel für das Studium der engl. Sprachgeschichte, in Germ.-roman. Monatschrift, V, pp. 592-608; J. K. Wallenberg, Kentish place-names, Upsala 1931; R. E. Zachrisson, A contribution to the study of Anglo-Norman influence on English place-names, Lund 1909; H. Lindwist, Middle English placenames of Scandinavian origin, Upsala 1912; W. J. Watson, The Celtic placenames of Scotland, Edimburgo 1927; P. W. Joyce, Origin and history of Irish names of place, Dublino 1875-1901. Di toponomastica della Gran Bretagna si sono occupati inoltre: W. W. Skeat, W. H. Duignan, J. B. Johnston, S. Karlström, A. Anscombe, J. J. Kneen, H. Milne, O. S. Anderson, ecc. Vedasi pure: H. Marcus, Der gegenw. Stand d. engl. Ortsnamenforsch., in Arch. f. d. Stud. neuerer Spr., v. 169 (1936).
Danimarca: I. Steenstrupp, Indledende Studier, 1909; De danske Stednavne, 2a ed., Copenaghen 1918; id., Danmarks Stednavne, ivi 1922 segg.; V. Brøndal, Nordøsfyenske Stednavne, Odensee 1925; Sønderjyske Stednavne, Copenaghen 1931.
Norvegia: O. Rygh, Norske gaardnavne, voll. 18, Oslo 1898-1924; Norske elvenavne (1904), Indledning (1898); Magnus Olsen, Farms and fames of Ancient Norway, Oslo 1926; Ættegaard og heligdom, ivi 1927; E. G. Indrebö, Stadnamn fraa Oslofjorden, ivi 1928.
Svezia: Sveriges ortnamn, Ortnamnen i Älvsborgs län, i Värmlands, län, 1906 segg.; I. Lundahl, Falbygdens by och gärdnamnen, Göteborg 1927; N. Lindqvist, Bjärka-Säby ortnamnen, Stoccolma 1926; Ortnamnen i Göteborg och Bohus län (ed. dell'Istituto toponomastico e dialettale presso la Göteborgs Högskola). Fra i numerosi studiosi citiamo A. Noreen e J. Sahlgren.
Paesi Baltici: G. Gerullis, Die altpreussischen Ortsnamen, Berlino 1922; J. Endzelin, Latvijas vietu vārdi, voll. 2, Riga 1922-25. Di nomi lettoni si occupano K. Buga, P. Shmidt, G. Gerullis, J. Plākis e E. Blesse.
Romania: J. Jordan, Rumän. Toponomastik, Bonn-Lipsia 1926; N. Drăganu, Românii în veacurile IX-XV pe basa toponimiei ói onomasticei, Bucarest 1933.
Nei paesi slavi la toponomastica non è così progredita come nei paesi germanici e romanzi. L'opera fondamentale è sempre quella di Fr. Miklosich, Die Bildung der slavischen Personen- und Ortsnamen, 1a ed., Vienna 1874, ristampa, Heidelberg 1927. La bibliografia corrente della toponomastica slava è data dalla Revue des Études slaves, Parigi 1921 segg.
Russia: N. P. Barsov, Materialy dlja istoriko-geografičeskago slovarja drevnej Rusi, Vilna 1865; studî speciali sono dovuti a M. Vasmer, A. Sololevskij, R. Ekblom, A. Kannisto, ecc.
Polonia: St. Kozierowski, Badania nazw topograficznych, voll. 6, Poznań 1917-26; studî speciali sono dovuti a A. Brückner, W. Taszycki, M. Rrudnicki, St. Rospond, L. Zabrocki, K. Dobrowolski, ecc.; W. Maas, Die Entstehung der Posener Kulturlandschaft, Poznań 1927.
Cecoslovacchia: L. Horák, Náš starovêk v pamêti pomístných názvê a místních jmen, Praga 1928; F. Černý e P. Vaša, Moravská jména mistní, Bruna 1907.
Iugoslavia: O. Franck, Studien zur serbokroatischen Ortsnamenkunde, Lipsia 1932; studî speciali di L. Pintar, P. Skok, R. Kolarič, Fr. Ramovš, M. Kos, H. Tuma, ecc.
Bulgaria: Studî di St. Mladenov, St. Romanski, A. T. Iliev, D. Dečev ecc.
Assai intensivamente si sono studiati i nomi locali di provenienza slava nei paesi oggi non slavi. In Germania: da M. Vasmer, A. Brückner, M. Pohland, W. Krogmann, M. Bachmann, L. Lückmann, P. Knauth e da E. Muka, Die wendischen Familien- und Ortsnamen in der Lausitz, Praga 1928; in Austria: da S. Pirchegger, Die slavischen Ortsnamen im Mürzgebiet, Berlino 1927; da I. Stur, W. Steinhauser, ecc.; in Ungheria: da E. Moór, J. Melich, ecc.; in Romania: da G. Weigand, A. T. Iliev, J. Jordan, O. Liebl ardt, I. Karacsonyj ecc.; in Albania: A. M. Seliśćev, Slavjanskoe naselenie v Albanii, Sofia 1931, N. Jokl ecc.; in Grecia da M. Vasmer e G. Weigand.
Sui toponimi greci moderni si hanno soltanto studî speciali: K. Amantos, Die Suffixe der neugriechischen Ortsnamen, Monaco 1903, ecc.
Tutti gli studî toponomastici nei paesi balcanici hanno per base K. Jirećek, Das christliche Element in der topographischen Nomenklatur der Balkanhalbinsel, in Rendiconti Accad. Vienna, vol. 136.
La bibliografia e le relazioni sullo stato attuale degli studî toponomastici formano una rubrica speciale della Zeitschrift für Otsnamenforschung dello Schnetz; finora ci sono le relazioni sulla Romania, l'Alto Adige, l'Olanda, le Fiandre, la Lettonia, l'Austria inferiore e superiore, la Bulgaria, i paesi dei Sudeti, la Norvegia, la Grecia, in provincia renana, la Borgogna, il Baden, l'Alsazia e Lorena, la Pomerania, il Mecklenburg, lo Schleswig-Holstein, Amburgo e Lubecca, la Svezia, il Tirolo, la Turingia, l'Ungheria, la Iugoslavia e la Penisola Iberica. Utili sono anche oggi le rassegne prebelliche sullo stato degli studî toponomastici tedeschi, scandinavi e inglesi dovute a O. Weise (Germ.-romanische Monatschrift, II, 1910, pp. 433-445), a H. Falk (ivi, pp. 374-382) e a V. Mathesius (Ćasopis pro modernî filologii, III, 1913, pp. 371-396).
Toponomastica italiana.
Unità nazionale e differenze regionali. - L'azione livellatrice della cultura ha accentuato assai, nella quasi totalità dei toponimi, o nomi locali (nll.) italiani, il carattere unitario che almeno ad una cospicua parte di essi aveva pur conferito la comune origine latina. Tuttavia, al disotto della superficie, è possibile distinguere tuttora, fra le varie regioni d'Italia, una discreta varietà di aspetti, corrispondenti in parte alle differenze dialettali o alle diversità delle rispettive tradizioni cancelleresche, in parte alla varietà dei substrati etnici. Fra queste diversità sono più facilmente riconoscibili anche per i profani quelle che risultano da particolari suffissi. Il Piemonte, per es., abbonda di nll. in -è (Agliè, Bianzè, Cuorgnè...); il territorio dei Liguri antichi di nomi in -asco (Bagnasco, Cherasco, Pettenasco, Salasco, ecc.; val Verzasca); la Lombardia e il Piemonte hanno in proprio i nll. in -ate (Acquate, Gallarate, Locate, Turate...) e in -asso, -i (Morfasso; Garadassi, Restegassi, Zebedassi); mentre finiscono in -aso, -asio, -agio altri nomi, non solo piemontesi e lombardi, ma anche dell'alta Venezia Euganea (Bricherasio, Moltrasio, Olginasio; Bellagio, Menaggio; Cazzaśo, Fonzaśo, Majaśo, Vigliaśo), e in -acco parecchi nll. friulani (Aveacco, Moimacco, Oseacco, Zegliacco) e alcuni canavesani (Confiacco, Drusiacco). Ai nomi in -icco (Alnicco, Pantianicco) del Friùli (ove la pronuncia di questo suff. è spesso -ìns), corrispondono, in territorio schiettamente veneto, dei nll. in -igo (Lonigo, Orsenigo, Rovigo...); e così ai molti nomi in -àtico, -àdego (anche -àśego) rispondono in certe parti delle Venezie delle forme in -ègo (Cavrègo, Cazzègo, Favarièga, Gnirèga...). Alcuni di questi suffissi possono testimoniare già particolari origini o influssi etnici: come vedremo per -asco, -ate, -aco (del quale suffisso non sono che varianti fonetiche o grafiche così -acco e -ago come, almeno spesso, -aso, -asio), e -ingo, diffuso, nella forma -engo, nell'Italia settentrionale (Casal-pusterlengo, Gossolengo, Marengo...), ma non estraneo alla Toscana (la Bertinga, Gardingo, Toringo, Torre Upezzinghi). In certi casi, solo un esame appropriato ci dimostra che hanno origine diversa uscite che oggi risultano omofone; come accade per i nomi in -ò, che nella bassa Lombardia e nelle Venezie riflette -ao (-atum), ad es., in Ballò, Cambiò, Gambolò, Muggiò, Remondò, Salò (?); mentre nell'Italia già bizantina ha ragione del tutto diversa. Vedremo anche dei nll. di Corsica in -aco, forse accennanti all'etrusco; ma anche i nll. terminanti in -èi, -ài, -òi delle Venezie, come i Baradèi, Ortisèi, Canazèi, Praèi, Rovatèi; i Pradài, Olivài, Lagorài (= -ati, -arji); i Praissói, Vidisói (= -oli), non hanno forse nulla in comune coi molti nomi sardi dei tipi Orosèi, Latzorài, Gavòi, dov'è da riconoscere quasi certamente un avanzo di lingue preromane. Anche i suffissi -eno ed-ena, di nll. sparsi per ogni parte d'Italia, possono avere spesso ragioni diverse, da regione a regione o anche da nome a nome: in Liguria ve n'ha anche alcuni dove -eno è alteraz. di -ano (Capreno, Staglieno). In Toscana varî nll. in -allo, -àvolo, -ollo (tipo Cascialla, Casciàvola, Casciòlle) risalgono a forme latine in -anulus; mentre la Lombardia ne ha alcuni in -oldo da -alto (Bredòldo, Buscòldo, Gazòldo; altre volte -olto, cfr. Cervolto, Rivolta).
Delle differenze regionali dovute a diversa evoluzione fonetica non è il caso di recare qui alcun esempio.
Caratteristiche morfologiche. - Si premette, nell'uso e talora anche nella scrittura, l'articolo a non pochi nll. italiani, in cui o è tuttora, o fu fino a tempo recente, inteso il valore di nome comune o di aggettivo (il Casale, i Bagni, la Pieve; veron. îl Vago; l'Aquila; La Spezia, La Valletta; il Mondovì "monte de Vico"; l'Alghero o su Algheru). In Sicilia hanno l'art. anche nll. di origine araba (la Bagheria. la Sciàra, la Ziza, il Còmiso). È indizio del lungo sopravvivere del carattere aggettivale anche l'articolo che si usa talora davanti a nll. derivati da nomi di possessore dell'età romana (Ven. Eug.: el Pojàn, le Beazzane; tosc. il Gignòro); uso, che spiega certe l iniziali concresciute (ven. L-anzenigo, L-oreggia; lomb. Lu-mezzane, L-uzzano). L'articolo si è unito al nome anche in L-acedonia; vic. L-óngara; trent. L-avìs; mentre talora dell'art. la rimase la sola vocale (A-mantèa, A-matrice); onde si è anche perduta qualche l iniziale legittima (Orero, Oreto; tosc. Aùlla "Laulla, lacunula"; lomb. Intignano). Con varî nomi si saldarono insieme prepos. semplici o articolate: Albisano, Aldùno, Altopascio; In-cariano (S. Pietro-), In-trobbio, An-gèra (-glarea?), An-cionano, Am-bívere; D-almazzago, D-àlmine, D-aste. Non si è ben d'accordo sul genere di certi fluviònimi (Piave, Brenta, Trebbia, Scrivia, Sieve...), che però la storia e l'uso popolare vorrebbero femminili. È discussa la vera natura della vocal finale di molti nll. Nomi che ora finiscono in -a, ma terminavano già in -ae (Pisa, Siracusa, Volterra, lat. Pisae...), paiono ora decisamente riflessi di accusativi plurali in funzione locativa; analogamente a nomi in -o, dove si aspetterebbe -i (Mugello "ad Mucellos", Torino "ad Taurinos"). Forse risalgono a genitivi locativi i nomi in -i la cui forma latina usciva in -um (Alatri, Assisi, Bari, Brìndisi, Chiusi, Sutri; già Alatrium...); mentre nll. in -i, la cui forma latina era in -ae, -es, rispecchiano forse dei locativi plurali in -is (Acqui "Aquae", Càsoli, Cincelli "Centum Cellae", Rívoli "ripulae", Sestri "Segestae", Vercelli, Anghiari "angulares", Confienti "confluentes"; e così nll. quali Bardi, Cagli, Camogli, Lèrici (?), Racconigi, Scarnafigi, Stupinigi, Trevi, in cui si ravvisano nomi più o meno antichi di casato; nonché Anagni, Atri, Capri, Narni, Asti, corrispondenti ad antichi neutri plurali in -a. Si è notato però che in taluni casi si può avere un'eco di condizioni preromane; poiché anche il ligure ebbe una desinenza -is di locativo (sing. o plurale?), e il gallico ebbe -is e -as di accusativo plurale. Reliquie di genitivi latini di appartenenza devono essere nll. toscani del tipo Rèmoli, Poggi-bonsi, Ri-còrboli (nonché tosc. Mont-erchi "Herculis"; romagn. Forlimpòpoli "forum Pòpili"; ven. Minerbe "Minervae", Consélve "caput silvae"; lomb. Bescapè "basilica Petri"); oltreché i nll., non ignoti a nessuna parte d'Italia, derivati da genitivi latini in -orum (piem. Refrancòre "rivus Francorum", emil. Bertinòro "Brittonorum", Monghidòro "mons Gothorum", lomb. Viganò "vicanorum", tosc. Paganòro, ecc.). Ben note le tracce o reviviscenze latine di s plurale nei nll. sardi Iglesias, Domusnovas, Sietefuentes, Tres Nuraghes, ecc., e nei friul. Ciseriis, Liariis, Platischis, Castions...
Nomi etnici. - Varî nomi di antiche popolazioni d'Italia sono perpetuati in nomi di regioni o di luogo: Venezia, di cui una parte è ora detta Eugdnea, Calabria..., Torino "Taurinos", Ventimiglia "Album Intemelium" (inte melo "montani?"); Albenga "A. Ingaunum"; Val Camònica, dai "Camunni"; altri nll. ricordano i Lepontii, gli Anauni "Val di Non", i Trumplini "Val Trompia", i Venostes "Val Venosta", i Vagennrae "Bene Vagienna"; i Senones "Senigallia"; cfr. ancora i nll. sardi Barbagia "Barbaricini", Maureddus "Mauri"; ed anche Lombardia, Romagna. Altri nll. rammentano stanziamenti di famiglie, o di corpi di guardia, di origine barbarica, durante il Basso Impero o poco dopo (Alani, Bàvari, Boemi, Bùlgari, Gèpidi, Goti, Marcomanni, Sàrmati, Soavi, Tàifali, Ungheri: più tardi Greci, Schiavoni). Dei nomi di popolazioni antiche, Italòi sembra sia stato il nome grecizzato di una tribù appunto dello strato italico, come quello degli Opici, di cui Osci fu forse alterazione sannita. Paiono italici i nomi degli Oinothroi; dei Rutuli (cfr. osco-u. rufus), degli Equi (cfr. "Aequum Tuticum"), degli Ernici (sabino herna "saxum"). Il nome Sabini è forma latinizzata da una base sabh, saf (onde "Samnium" da "Safnio"), dalla quale si designarono forse gl'Italici d'Etruria. Marrucini ha il tema di Marruvium; Vestini e Marsi sono nomi sacrali. Gli Umbri (italici del "secondo strato"?) ebbero forse il nome (Umri) da una tribù etrusca; come i Volsci, in cui appare la base di Volsinii. Nomi totemistici si credono (escluso da questa serie, come pare, Italòi): Hirpini "hirpus", e Lucani, che darebbe la traduzione enotria o ausonica di Hirpini ("lucus" lupo); oltre a Piceni e Picentes ("picus"). In Apulia si vide una trasformazione latina del nome oscosabell. Iapudia; in Isubres, un nome assunto da una popolazione gallica, preesistente ad essa. Se mediterranei furono i Sicani, il nome, più tardo, dei Siculi sembra a taluno esserne stato una variante (con suff. ital. -ulus: cfr. in qualche modo Romulus pur di fronte a Romanus), a designare gl'indoeuropei sopraggiunti in Sicilia.
Substrati ed aree etniche. - Superato nell'ultimo trentennio il giusto scetticismo anteriore, si tentò di trarre partito da molte appariscenti corrispondenze tra nomi, certamente antichi, di diverse regioni anche remote dall'Italia, in rapporto con quanto ora è noto delle antiche aree etniche circummediterranee e delle loro lingue; e, comunque, si può già considerare cospicuo l'apporto dato dalla toponomastica alla conoscenza della preistoria italiana. A parte il pericolo che talune omofonie siano state accentuate per adattamento arbitrario, un certo numero di queste corrispondenze rende testimonianza, per molti studiosi, di una primitiva vera e propria unità etnico-linguistica mediterranea, e per altri, con maggior probabilità, di una serie intensa di rapporti culturali esistiti fra le diverse popolazioni mediterranee: poiché anche nella loro toponomastica si può notare un intrecciarsi di correnti diverse: quali una occidentale, libico-iberica, una orientale, asiatica, ed una settentrionale. Sembrano attendibili, a questo riguardo, le corrispondenze avvertite fra alcuni nomi dell'Asia Minore (Mesia, Panfilia, ecc.) ed altresì della Grecia, e i nomi italiani: laz. Astura, piemont. Stura; Caralis; 'Αχράγας "Agrigentum"; Δρέπανον "Trapani"; Maluentum-Malaventum "Benevento"; Μελίτη "Malta" (questo con l'a protonica di Maltése 〈 Melitensis); fra Larius e Λαρῖσα; Tanager, fiume Tànaro e Τάναγρα; Pisae e Πίσα; Centuripae "Centorbi" e l'iberica Contrebia; oltreché, entro i limiti della penisola ("corrispondenze tirreniche"), fra Acerrae e Αχέρων; Ferentum e Frentrum (cfr. Frentani); Κρότων e Cortona; Melpes, Melpum e A-malfi; Silarus e Silis; Velia e Veleia; Segesta di Sicilia e Segestae ligure (Sestri). Approfondendo tali ricerche si poté individuare un certo numero di basi o temi, di diffusione variabile, ma notevole sempre, nell'ambito mediterraneo, di cui ricorrono in Italia: alb (alp per innovazione etrusca?) "monte", arn "fiume", barra, barranca "precipizio", cala, càlava, calanca "frana", fala "altura", ganda "ghiareto", leuco "lucus?", mala "montagna" (più tardi mello; cfr. Lo-mello, Roccia-melone), marra "burrone", naba "conca montuosa", pala "cima, costa" (cfr. fala), sala "terreno paludoso", sar, sero "canale, corso d'acqua" (cfr. "seriola"), taba "rupe", taur (cfr. Tauromenium) "pietra, monte", tal "fiume" (cfr. Taleggio, altoates. Tàljer); e fors'anche grava "sasseto", che, fuori del territorio gallico, compare anche nel laz. rava, nell'abruzz. gravare e nel sicil. gravina. Incroci di importanti filoni mediterranei furono riscontrati nella Sardegna e in Corsica, sulla traccia delle uscite -or di Sénnori, Núoro, ecc.; -ai, -ei, -oi già avvertite (anche -àssai in Ulàssai, Ussàssai); ur di Gallùra, ecc.; e dei suffissi -incu e -itanu di Bivincu, Sarcidano, Campidano, Usellitano...; Cagliaritano, Sulc- (v. qui in fine dell'art.); -an di Oristano (già Aristanis); -aco -aca di nomi còrsi come Alaco, Vacciachi, ecc. E nel territorio della Cisalpina, anch'essa ricca di tracce preromane, sono ben rappresentate certe voci di area ibero-ligure: arrugia "canale", balma "roccia sporgente", barga "capanna di paglia", calma "ripiano nudo su monte", rosa "ghiacciaio"; nonchè dor (cfr. Dora "Duria"), orba, seca (anche secula, onde Secchia; cfr. Sessites "Sesia"?), tic (cfr. Ticinus), vara: tutte voci designanti corsi d'acqua. Voce iberica si crede Iria "città" (vicus Iria "Voghera"); ligure la base di Bòrmio, Bòrmida, Bòrbera, monte Borbo (Corsica); come i nomi di popolo degli Anauni e degli Aventi (da questo forse Voghenza ferrarese "vico Aventia"). La voce penn "capo, rocca, monte" sarebbe ligure e celtica insieme; e liguri o gallo-liguri, i fluvionimi Porcobera (Polcèvera), Sava (cfr. Savona), Rutuba "Roja", cfr. Rotobium "Robbio", còrso Ròdone; come i nomi di città Bergomum e Comum; e lo stesso Benacus; ligure, com'è noto, pare, oltre al suff. asco, che ricorre fin nell'Alta Val Venosta (v. Tarzasca, Calasca), il suffisso -incu di Bodincus (nome ligure del Po), ma che compare anche in altri nomi dell'Italia Settentrionale e dell'Europa nord-occidentale; e ancora quel suffisso -ate di Brunate, ecc., che sembra far testimonianza tuttora della fortuna del suffisso gallo-ligure -atis di nomi di gente (Anesiates, Arusnates, Modiciates) ricordati in lapidi romane. All'elemento etrusco (almeno per i nomi compresi nell'Etruria; poiché gli stessi suff. sono di area mediterr.) si riconducono i nll. in -éna, -enna, -ìna, -ĭne, talvolta scambiantisi fra loro sopra la stessa base; quali Cesena, Crustumena, Ravenna; Fèlsina, Mùtina; Bibbièna, Calavéna, Molvéna, Panténa; Pèrgine, Vécine-Vézzena, diffusi nell'Etruria toscana ma anche nella padana; nomi in -ana (Atrana, Cultana; Càrcana); oltre a fluvionimi come Rumon (nome etrusco del Tevere; onde Roma?), Clanis (Chiani e Lagni di Campania; Clan-te "Chianti"), Volturnus, Trasumennus, Auser (Óseri, còrso Ósari; Serchio); nomi di città: Faesulae, Tuder "Todi" (etr. tular?), e le coppie singolari Velathri "Volaterrae", Veltri "Velitrae"; Tarchna "Tarquinia", Tarkina "Tarracina"; mentre Mantua e Capua (donde, attraverso Καππανός: Campanus) che paiono nomi etruschi (cfr. Mantus, nome di divinità, e Capena), mostrano un suffisso che ricorre anche in nomi forse liguri, come Addua e Genua (indoeur. genu "bocca"?), in nomi iberici (Ascua, ecc.), illirici (Castua, Mèdua) e veneti (Padua). Altrettanto inadatto a discriminare, da solo, è il suffisso -ona, che congiunge, per esempio, Verona, Æmona, Fianona, a Cremona, Dertona, ed anche a Catona, Cortona, Ortona. - Populonia e Vetulonia paiono modificazioni latine del nome di divinità etrusca Fuflhùns (altri ci vede un ligure Boplo) e dell'etrusco Vetluna. Paestum è adattamento etrusco del nome greco Πασειδονία; e Tusci modificazione umbra del nome indigeno Turrhenoi.
Lo strato illirico si può riconoscere in Tergeste (ill. tergo "mercato" cfr. Opi-tergium), Altinum, Brinta (cfr. Brindisi, messap. Βρεντο), dalm. Gravosa; oltreché forse nei fluvionimi Tintavus, Tiliaventius; e nei nomi delle sedi messapiche, come: Barium, Bardulus (Barletta), Vibinum "Bovino", Ostunium, Neritum "Nardò", Rubi "Ruivo", Salapia "Salpi". Dal nome illirico del Natisone, Aquilis, par derivato Aquileia (col suffisso di Noreia, ecc.). Il suffisso -st di Ateste, Tergeste, ed anche -nt di Basento, Cilento, Butuntum, Sipontum, Metapontum (cfr. l'eponimo Μέταβος), Truentum, ecc., e l'-usio di Canusium, Venusia, Bandusia, paiono troppo diffusi quasi dovunque per giudicarli indizî di illiricità. In alcuni antichi nomi loc. siciliani furono rilevate delle rispondenze con nll. balcanici (ad es., Lissos, Talaria, Aleta); e, fra i superstiti o risorti, Enna, Madoníe "Maroneion" (cfr. Maronea tracia), e Adrano o Adernò (cfr. Iader "Zara", e Adria o Hatria, disputabile fra Veneti, Umbri ed Etruschi); ma questi nomi sono spiegabili anche con l'elemento mediterraneo, onde non bastano a provare un'occupazione illirica estesa una volta anche in tutta la Sicilia. Invece nomi siculi come.: Αἴτνη, Gela, Ζάγκλη o Δάγκλη, Μεναῖον "Minèo" (cfr. lat. aedis, gelu, fala, cogn. Menenius) paiono residui italici. A questo elemento italico si ascrivono, nell'intera penisola, molti altri nomi: p. es., è forse dello strato più antico Camars (poi Chiusi), cui si collegano Camerinum, Καμαρῖνα e gli Umbri Camertes; come ausonici paiono Nola (Novla), Hereklanum "Ercolano", Stabiae, Antium (cfr. Amiternum), Liternum, Lautulae, con Laurentes e Lavinium, Norba (Novorba), Privernum (sab. Prifernum), Ulubrae, Suessula, Amasenus, Fibrenus; Abella "città dei meli", cfr. Abellinum; Tibur-Tiberis "montano" (?). Allo strato italico in senso ristretto (osco-sabellico e umbro) apparterrebbero: Trebiue (Trevi), Nuceria (Noukria), Akedonia "Lacedonia", Ocricuhm (ocris "arx"), Casilinum, Atella, Pompaios (Pompeii), Anxur, nome volsco di Terracina (cfr. Anxanum "Lanciano"), Ausculum, Pometia (onde, da Pometinus: Pomptinus); Reate; Teate (cfr. Teanum); Sulmo; e i tami nll. sabini: Bovianum, Iguvium, Hispellum, Ameria, Asisium, Mevania, Sarsina, Urvinum, ecc. Forse spettano agli italici anche Butrium e Spina. Evidente una nota caratteristica osca in Oitfens "Ofanto" (= il fiume, indoeur. oudh "gonfio"), Tifata-Tifernus (cfr. Tiberis), Rufrae. - L'elemento gallico non si rivela molto copioso neppure nella Gallia Cisalpina. Gli appartiene certamente il suffisso -ago, -acco di tanti aggettivi da nomi personali; e fors'anche il suffisso -igo, -icco, pure già accennato. Gallici sono alcuni derivati da nomi di divinità (Meduna, Belligna, da Metuna, Belenus); nomi di città come Mediolanum, Brixia (per alcuni pregallico), Eporedia, Senagallica, Belunum; forse Oscela "Ossola", Laus-Pompeia "Lodi", se Laus vi è latinizzazione di un nome celtico; ed alcuni derivati da nomi comuni, quali dunum "collina" (Duno, In-duno, Chiuduno...), briva (Brivio?), nant valle", bunda ["conca", renos "fiume torrentizio" (attegia "capanna coperta di paglia" è passato nei dialetti), e da nomi di piante, quali limos "olmo", verna ["ontano", eburos "tasso". - Nomi punici superstiti, oltre al dubbio Palermo (Panormus), sono forse il sardo Macomàdas che in punico varrebbe "nuova sede", cfr. Macomèr; Ussaramanna; Gònnos; fra gli antichi, sono punici, pure in Sardegna, Sulkis e Tharros; oltre ad Utica presso Oristano. - Invece risalgono certamente all'antica colonizzazione greca, a parte l'incerto Olbia in Sardegna (Terranova): Cuma, Rhegium, Partlrenope Neapolis, Laos, Elea, Sybaris, Hipponium "Vibo" Siracusae, Ragusa, Messina; Νησίδα lat. "Nisida", Προκύτης, Παρϑενικός. "Partinico", Μαντεῖα "Amantea", Monòpoli "città dei Moni?"; Νικαῖα "Nizza". Un nome greco latino è Tropea (cfr. Turbia) "tropaea". La rimanente toponomastica greca dell'Italia meridionale e sicula è probabile sia, almeno in gran parte, di origine più recente, cioè bizantina, e "riposi su uno strato più antico latino": cfr. ad es., Cefalù, Ahcudi, Filicudi ('Ερεικοῦσα, Φοινικοῦσα); M. Pentadàttilo; Tridàttoli; Aspromonte (ασπρο "bianco"); Sciara-potamo, dove è ξέρος "secco"; Paglio-castro, Scilòtraco (ξυλότροχος), Galliparo (καλλίπορος), Livadia, Molòchio, Spilinga: ed anche Filattiera di Pontrèmoli. Ad influsso bizantino sarebbe dovuta anche l'accentuazione sulla vocale finale di Cagnanò, Coriglianò, Nardò, Paternò, ecc.
Nomi locali romani o romanzi. - La massa dei nomi locali d'origine romana o romanza costituisce l'enorme maggioranza dei nll. italiani ed è, in generale, abbastanza facilmente determinabile e utilizzabile ai fini deglì studî storici e della glottologia. Diedero, e daranno ancora materia di discussione, tanti e tanti nomi particolari, per determinarne l'età (che può ondeggiare entro un numero notevole di secoli), o la ragione effettiva, o le particolarità linguistiche (per es., le trasposizioni d'accento di nomi quali Terni e Tèramo "inter amnes", Intelvi "inter lacus"; Lèvanto "levànte": in rapporto o no coi casi di Tàranto ["Tarentum", ecc.); né sempre chiare sono le condizioni per cui si formarono nuovi nomi accanto agli antichi (Papia dopo Ticinum, Bononia dopo Felsina, Imola dopo Forum Cornelii); e l'esame sistematico di ampie raccolte di nomi, alla luce anche del raffronto con le forme rintracciate sulle carte medievali, diede buoni contributi alla conoscenza dell'onomastica antica e medievale, a quella degli ordinamenti civili e religiosi, e delle condizioni storico-geografiche dei varî luoghi. Si è però ancora ben lontani, anche in Italia, dall'aver esteso questo esame metodico a tutto l'intero territorio nazionale (le regioni più fortunate furono sin qui la Toscana e la regione atesina, e poi le Venezie, il Piemonte, la Lombardia); e in questo sta una delle più gravi difficoltà opposte alla soluzione di un grande numero di problemi: non escluso quello dell'appartenenza, o no, al substrato preromano. Del fondo romano più antico si palesarono nomi augurali o commemorativi, come le varie Augusta (Aosta, sicil. Augusta, sard. Austis); Concordia, Faventia, Fidentia, Florentia, -entiola, Placentia, Potentia; i varî Forum (-Iulii, -Livii, -Popilii, -Sempronii "Fossombrone"; sardo Fordongianus, strana alterazione di Forum Traiani); Julium Carnicum "Zuglio"; Regium Lepidi, se da Rex, soprannome di L. E. Lepido; i riflessi di urbs (Orvieto e Viterbo "urbs vetus" "vetus urbs"; veneziano Mazzòrbo "maior urbs") e di civitas (Civitella, Cividate, -dale...); quelli che ricordano vie o fosse romane (Aemilia, Appia, Annia, Augusta, Claudia, Postumia; oristan. Màssama "via maxima", sardo Siamanna "sa [ipsa] via magna", Dicomano, Desmàn "decumanus, decimanus". Silcia, Mon-sélice "silex"; nll. derivati da callis, compitum, quadrivium, trivium; o da distanze milliarie: Quarto, Settimo, "octavus", "nonus", "decimus", "vigesimus.."), terme e bagni (Acqui, Bagnolo, sardo Bangio-regiu, viterb. Bagnoréa; Términi di Imera), templi o sacelli (Porto-Vénere, Marchirolo, Erchi "Herculis"; derivati da Saturno, Vesta; e da fanum, lucus), teatri (monte Zaro a Pola. Parlasso a Cremona, Parlascio a Lucca, Vorlasci in Italia meridionale "perilasio" nel senso di "anfiteatro"), o altre costruzioni, luoghi abitati, divisioni fondiarie romane (castrum, vigilia, praesidium, praetorium, mausoleum; taberna, figulina, pistoria-pistrinum, fullina, ferraria, cenaculum; vieis, oppidum, agellus, centuria; sardo Muravèra "mura vetere", genov. Portoria "porta aurea". - Dove più e dove meno numerosa è la serie, nel complesso imponente, di nll. originati da quello di possessori di fondi, dell'eià romana (es., Corniglio, Povéglia, Pavia se da Papilia; Camp-orsi); i più con suffissi, quali -ano, -àtico, -àco, -ese, tipo: Bassano, Corigliano, Frignano, Garfagnana, Gnignano già Nonianum; Laiàtico, Lorenzàtica; Ierago, Oriago; Tartigliese). Altri nll., benché presentino o nel vocabolo stesso, o nella fonetica o struttura morfologica, caratteri di vetustà (derivati da fluvius, flexus, confluentes; nemus; paternus, maternus; inter-ambas aquas; Poschiavo, Subiàco "post", "sub lacum", Pomonte, Popéra, Poscolle "post montem, petram, collem", Semifonte "summo fonte": Consélve: Piemonte Ischia "insula"; Pracchia "pratula", Schio "esculetum"; così i nomi in -oro da gen. plur. in -orum, tipo Romanòro), possono appartenere anche ai primi secoli del Medioevo. Nell'ambito vasto dal sec. VI al XIII si possono poi collocare la maggior parte dei nll. delle categorie rimanenti (nll. da nomi botanici, in -eto, -ario (Busseto, Faeto, Filetto, Nocito, Persiceto, Sambuceto; Erbé, e Orbetello "herbetellum"; Arcetri "erieetuli"; Grosséto; Melaré, Novéto; Vitaritu "veteretum", Stincito "lentisketum"; Certaldo "cerretum altum"; Filegàre, Perarolo...), e tutte le altre denominazioni dovute al lessico romanzo. Numerosissimi gli apporti alla toponomastica dalla topolessicografia o geonomastica delle varie regioni (aquàr, sardo abbari, donde un Bari sardo; boa, boàle; bovolènta, ganda, grava, dosso, lama, palù, pesco, péntima, polésine, timpa, serra; mandra, tećć; precòiu "porcorium"); ma abbiamo anche nomi di significato già inteso e ora non più (come verruca, cucco, grumo, meta, motta, ad indicare varie forme protuberanti del terreno; spessa "selva fitta", aggettivi quali glaber, bustus, guasto), e termini che ebbero speciali significati nell'uso giuridico medievale (vicinia, vicanus, vicinatus, concilium, compascuum, commune, presa, quadra, sorte; corte, granza, cella, arca; villa; tornatura, bubulca (terrae); mansum, massa; clausura; hospitium, casa Dei; custodia; decano; conte, ecc.; dominicus, franco, ecc.).
Nell'età romanza entrarono, dove più e dove meno, nella toponomastica italiana, termini germanici del diritto (biunda, braida, burg, eslagium, faderfio, fara, gahagium, laubia, lehen, marca, sala, sculdasia, warda, wardemannia, wiffa, wizza...), oltre alla lunga serie di nomi di proprietario di origine germanica, semplici (tipo: Bonaldo, Borselli, Bricherasio, Grontardo, Guidizzolo, Siccomario, Venegazzù) o con certi suffissi (Baldarìa; Bussol-engo, Picen-engo), o in composizione con nomi comuni (Ca-màldoli, Camp-aldino, Pizzi-ghettone, Pra-lboino, Castel-fidardo igià -Ficardo], Vittuone "vico Todone")... Nei corso dei medesimi secoli si costituì tutta, o quasi, la toponomastica sacra o cristiana che comprende i derivati o composti con basilica, domus, ecclesia, plebs, parochia, abbatia, monasterium, matrice, cappella; abbate, episcopus... e i moltissimi nomi di santi titolari delle chiese, un gran numero dei quali oggi mal riconoscibili (S. Rossore "S. Lussurio", Sorio "S. Giorgio", Orzi-zecchi "S. Giorgio vecchio"; emil. Sacerno "S. Elena"; romagn. Saludècio "S. Lauditius"; piem. Santhià "S. Agata", alto-atesino Sakúń "S. Giacomo", S. Ciama "S. Candido)".
Caratteristici della Sicilia sono, accanto a nomi greci, i toponimi di origine araba (arabo occidentale o maghrebino): come i varî derivati di kalat "fortezza" (Calatafimi, ecc.), ràhal "casale"; al-karah "sentiero"; Alcalà "castello": il Càssero; fiume Alcàntara; Alcamo (n. pers. arabo Alkamouk); i Ganzirri (hinzir "porcile"); la Sciara (sahar "roccia" e "correntc di lava"), la Ziza (da Guglielmo "el Aziz"); Giarra "pilastro per acquedotto", Marzamemi "mars el Hamam". Notevole il tipo dei nll. a traduzione: Mon-gibello (cfr. Lingua-glossa). - Nelle ristrette isole tedesche dei VII e XIII comuni, sopravvivono ancora parecchi nomi di origine tedesca (fra cui sopra Recoaro un M. Spitz e un M. Baffelàn; nel Veronese due Purga "burg" e un Purghestàl, e qualche canaletto detto Rìndola); così pure nella zona dei "Mòcheni" (Alto Perginese): es., M. Jöchl, M. Ardèmole "Heardimpel", M. Gronlait "Kron-lait", M. Fravòrt, Langhébeni, Rénneler "piccoli slavini".
Nel territorio dell'Alto Adige, dei nomi di luoghi abitati (comuni, villaggi, frazioni), quelli di origine tedesca formano, di fronte ai nomi pretedeschi, una piccola percentuale; esaminati alla luce dei documenti d'archivio e dei dati linguistici, vanno rivelando la loro origine relativamente recente e provano che la penetrazione tedesca prima del 1000 vi era molto superficiale. Ad es., in Tschanìn di Tubre, Lavìna di Caldaro, Carlìn di Val di Resia, la ì conservata (di contro a Aldèin, ecc.) dimostra che l'influsso germanico vi fu posteriore al medio alto tedesco; così Plan e Mùles sono moderni di fronte a Plun e Mauls: e l'accento non più ritratto di Meràn, Barbiàn, Gamiòn, Ebiòn (Marianum, Barbianum, Camillianum, Urbianum) ne rivela la germanizzazione moderna, di contro agli altri derivati da predî latini in -anum, ma con accento ritratto, come Èppan, Ghìrlan, Àndrian (Appianum, Cornelianum, Andriano), con cui va Kàltern (Caldàro). Tuttavia anche in questi ultimi nomi lo spostamento d'accento, non accompagnato dalla degradazione vocalica, antico-bavarese, di quei pochi nomi che, come Bozen e Mélten (Bauxanum, Maletum), sembrano perciò risalire ad epoca anteriore al 900, non è argomento per riportarne la germanizzazione ad epoca antica, essendo esso possibile ad ogni momento della formazione della lingua tedesca. Rivendicato all'Italia l'Alto Adige, i nomi tedeschi o intedescati o furono sostituiti con nomi antichi (Vipiteno, Colle Isarco, Castel Firmiano), o restituiti alla forma primitiva (Colmagno, Casabella, Frassineto; Longèga, Fontanafredda: per Gallmein, Gschwell, Verschneid; Zwischenwasser, Kaltenbrunn); altri furono tradotti (Villabassa, Monte Fumo, ecc.). Le inesatte pronunce ancora superstiti Brùnico, Làtemar, Vàiolet, Pènegal, Brònzol, Còrmons e anche Frìuli (in luogo delle pronunce corrette Brunìco, Latemàr, Vaiolèt... Friùli) sono sopravvivenze o ricordi dell'accentuazione tedesca.
Nomi di origine slava, nella Venezia Giulia, sono, p. es., Gradisca, Gorizia, Oslavia, Doberdò, Pod-gora, Hermada, Prepotto (prepot "falce"), Javornik (Javor "acero"); Grimacco (grm "cespuglio"), Patocco (potok "rio"); Dolegna, -gnano (dolenj "basso"), Oppacchiasella (opatje-selo "villaggio dell'abate"); Rieca (rieka "torrente"); Percotto (prehod "traghetto"); Belgrado, ecc. Ma Matajùr, villaggio e montagna, è "monte maggiore" - Dei nomi francoprovenzali in Val d'Aosta segnaliamo alcuni nomi di valle in -anche (Val Grisanche, ecc.) che riflettono forme originarie in -inca. Anche colà recentemente Villeneuve divenne Villanovia, La Salle, Sala Dora; Sestrières, Sestriere; ecc.
La Sardegna presenta nella toponomastica caratteri particolarmente arcaici, mostrando un'altissima proporzione di nll. non latini. Le desinenze di plurale di alcuni derivati dal nome del possessore del fondo (Codrongianus, Congianus, Calengianus) accennerebbero, in modo caratteristico, all'uso dei Sardi di assegnare agli abitanti di un fondo un gentilizio derivato dal nome del proprietario. - Nella Corsica, su varie migliaia di toponimi, se ne contarono solo poche centinaia di origine prelatina.
Di epoca abbastanza recente si rivelano nomi composti, del tipo Malalbergo, Malpensata, Belvedere, Mirabello, Schifanoia, Scaricalàsino, Cantagallo, Serravalle. Date di nascita precise si possono dare a nomi introdotti, si può dire, per decreto: quali Alessandria, l'Aquila, Manfredonia, Pienza, Vittoria di Sicilia, Carloforte di Sardegna, Vittorio Veneto. Negli ultimi decennî si aggiunse qualche epiteto onorario (Andorno Vicca, Morra De Sanctis, Quarto dei Mille, Ronchi dei Legionari), e Pietole fu mutato in Virgilio; S. Remo-Oneglia divennero Imperia; o furono ripristinati i nomi romani con Fidenza, Agrigento, Centuripe, Lucania per Basilicata, ecc. Collegati con le opere di rinnovamento del fascismo sono: Mussolinia, Pontinia, Littoria, Sabaudia, Corridonia, Guidonia, Aprilia.
Aggettivi geografici o "patrionimici". - Questi aggettivi (onde provennero anche molti cognomi) da nomi locali italiani, sono formati, generalmente, mediante i suffissi latini -anus, -ensis, -inus (cfr. Romanus, Mediolanensis, Florentinus). Diffuso è anche il doppio suffisso -ens-anus (onde: -esano, -igiano; -isano): cfr. Chianigiano, Parmesan-Parmigiano, Polesan "di Pola" (e "del Polésine"); ital. meridionale Palmisano, Campisano; i suffissi -olus (tipo: Romagnòlo, Sardegnòlo; friul. Ararùl "di Are"), ed -ino (tipo Monferrino, Feltrino, Trentino, Ragusino, friul. Cividin "di Cividale", ecc.). In certe regioni sono comuni alcuni speciali suffissi: come, nelle Venezie e nell'Emilia, -otto, -atto, -ate (venez. Chioggiotto, Poveliotto, Rovigotto; Schiotto; Valsuganotto, Badiotto: come Candiotto, ecc.; Maragnolàto, veron. Sanśenáto; Cesenate, Ravennate); nella Lombardia qualche -asco (Bergamasco, Comasco, Cremasco); nel friulano e altrove qualche -àr (Zampàr, di Zampis); in territorî che più subirono influssi greci, il suffisso -itano (-ίτης + anu) come in Anconitano, Palermitano, Napoletano (mentre in Sardegna Cagliaritano, ecc., paiono dovuti invece ad influssi mediterranei e specialmente libici), insieme con -eo (di Cotronèo, Messinéo, Raguséo); in Corsica -incu (Aiaccincu, Bonifazincu, Ursasincu) e -accio (forse in rapporto con -aco?; cfr. Bastiaccio, Monacciaccio, Portovecchiaccio).
Bibl.: Per gli studî toponomastici in Italia fra il 1870 circa e il 1925 v. la rassegna di D. Olivieri, Mezzo secolo di studî sulla topon. ital., in Italia dial., II (1926), p. 27; per il metodo e il programma, v. G. Flechia, in Atti Acc. sc. Tor., XV (1880); C. Salvioni, Discorso inaugurale, Pavia 1905-1906; G. I. Ascoli, Per la topon. ital., in Arch. glott. it., suppl. III (1895), e in Studi romanzi, III (1904); Istituto Geografico Militare, Istruzioni per le indagini toponomastiche, Firenze 1936; D. Oliveri, in Silloge ascoliana, Torino 1929, pp. 471-83; S. Pieri, Lettere aperte in It. dial., VI (1930), pp. 202-210. Cenni divulgativi, in Fil. Garlanda, Filosofia delle parole, 2a ed., Roma 1906 (cap. Toponomastica) e G. La Corte, Nomi e paesi d'Italia, I, Ancona 1911, II Valle di Pompei 1923. - Per i rapporti con la geonomastica, v. C. Porro, Terminol. geograf., Torino 1902. - Sui nll. prelatini: H. Nissen, Italische Landeskunde, voll. 3, Berlino 1883-1902; S. Pieri, Di alcuni elem. etruschi nella topon. toscana, in Rend. Acc. Lincei, 1912, pp. 145-190; id., In cerca di nomi etruschi, in Italia dial., IV (1928), p. 20; id., Qualche altro topon. di presunta orig. etrusca, in Riv. indo-gr.-it., 1932, pp. 81-88; C. Battisti, Per lo studio dell'elem. etrusco nella topon. ital., in Studi etruschi, I (1927), p. 327 segg.; P. Aebischer, Sopra alcuni nomi di fiumi toscani probab. preetruschi, ibid., II (1928); id. Remarques sur la topon. de la région de Vetulonia, ibid., V (1931), pp. 347-61; id., Le caractère divin du Sarno, in Revue belge de phil., IX (1930), p. 437 segg.; U. Formentini, Per la storia prerom. del pago (Pagus-tularu?), in St. etr., III (1929), p. 51 segg.; C. Battisti, Tarracina-Tarraco e alc. topon. del nuovo Lazio, ibid., VI (1932), pp. 282-338; Alfonsina Braun, Stratif. d. ling. indoeur. nell'It. Ant., in Atti Ist. ven., 1933-1934; M. L. Wagner, Über die vorrömischen Bestandteile des Sardischen, in Arch. Roman., 1931, pp. 207-47. - Sui nll. di origine italica: G. Devoto, Gli antichi Italici, Firenze 1931, spec. a p. 122 segg.; P. Kretschmer, Die Herkunft der Umber, in Glotta, XXI (1933), 112-125; G. Devoto, Due basi toponom. Rava e Noukria, in Atti Ist. ven., 1933-34. - Elenchi e studî sulle possibili concordanze tirrene o mediterranee, ecc.; F. Ribezzo, L'orig. unità tirrena dell'Italia nella topon., in Riv. ind. gr.-it., IV (1920), pp. 83-97; id., Caratt. mediterr. della più ant. topon. ital., ibid., V (1921), pp. 63-78; A. Trombetti, Saggio di antica onom. mediterr., in Archiv za arbanascu starinu, III, Belgrado 1925; La lingua etr. e le lingue del Mediterr., in Studi etr., I (1927), p. 220 segg.; C. Battisti, I derivati neolat. del mediterr. preindoeur. Pala, in Boll. Soc. fil. friul. Ce fastu?, IX (1933), p. 7; V. Bertoldi, Gava e derivati dell'idronomia tirrena, in Studi etr., III, pp. 293-320 (recens. di S. Pieri, in Italia dial., VI, 1930, pp. 197-98); id., Problèmes de substrat, estr. d. Bull. de la Soc. de ling., XXXII (1931), p. 182; B. Terracini, Osserv. sugli strati più antichi della toponom. sarda, in Atti conv. archeol. sardo, giugno 1926; G. Bottiglioni, Elem. prelatini nella topon. corsa, in It. dial., suppl. I, 1925 (recens. di S. Pieri, in Ital. dial., VI, 1930, pp. 202-210).
Studî di nll. di varie zone ital.: G. Flechia, Di alcuni nll. (in -ano, -aco, -at, -asco) dell'Italia Superiore, in Mon. Acc. scienze Torino (1873); id., Nll. del Napoletano deriv. da gentil. italici, in Atti Acc. sc. Torino, X (1874); id., Nll. d'Italia derivati dal nome delle piante, ibid., XV, pp. 821-47; A. Prati, Nomi di luoghi, in Italia dial., VII (1931), pp. 209-53; D. Oliveri, Parlascio e Tracce di vie rom. nella top. ital., in Arch. glott. it., XXVI (1934).
Studî sui nll. di singole regioni o di ristretti territorî: Toscana: B. Bianchi, La declin. dei nll. della Toscana, in Arch. glott. ital., IX e X (1886-88); S. Pieri, Topon. delle V. del Serchio e d. Lima, ibid., suppl. V (1898; circa 3000 nomi); id., Topon. della Valle dell'Arno, in Rend. Accad. Lincei, Append. al vol. 27°, 1919, p. 446 (4900 nll.: fondamentale il capitolo sui nomi di probabile origine etrusca; recens. di A. Schiaffini, in Rassegna, XXVII [1920], p. 187). Si attende un'altra opera, postuma, di S. Pieri, sul territ. senese e grossetano.
Venezia Tridentina: Due lavori molto invecchiati di P. Orsi e B. Malfatti in Arch. Trent., 1884-85 e Ann. Alp. Trid., XIII (1886); ancora utili quelli di Cr. Schneller, Tirol. Namenforsch., Innsbruck 1890, e Beitrag z. Ortsnamenk. Tirols, I, II, III, 1893-96, e varie ricerche di L. Cesarini Sforza, in Arch. Trent., 1896, 1906, in Boll. Alpin. Rover., 1905, in Boll. Alp. Trid., 1902. Più recenti varî studi accuratisssimi di A. Prati, in Riv. trident., 1909; in Pro cult., suppl. 1910; ibid., 1914; in Arch. glott. it., XVIII (1919). - Su una vasta raccolta del materiale topon. venostano riferì Carlo Battisti al Congr. intern. d. Soc. linguist. romane, Digione 1928 (v. Arch. Alto Adige, XXIII, 1928); e, per cura del Battisti, uscirono già rassegne condotte con mirabile copia e sicurezza d'informaz.: I nomi loc. d. Oltradige Bolzanino, Roma-Bolzano, Istit. Studi Alto Adige, 1934, I nll. del comune di Salorno; ibid., 1935; I nll. dell'Alta Venosta, parte 1a, ibid., 1936; v. anche, C. Battisti, Popoli e lingue nell'Alto Adige, Firenze 1931; id., Profilo bibliogr. di studi sulla topon. dell'Alto Adige, in Boll. bibliogr. della Venezia trident., pp. 303-35.
Venezia Euganea e Giulia: Ben poco utile, oggi, il cap. "Toponomastica" nella Storia di Bassano di O. Brentari, 1884. Seguirono: D. Olivieri, Nomi dei pop. e di santi nella topon. veneta, in Ateneo veneto, 1902; id., Studi sulla topon. veneta, in Studî gl. ital., III (1903); id., Saggio di una illustr. gen. d. top. ven., Città di Castello, 1914 (circa 4500 nomi); id., Postille top., in Atti Ist. ven., 1915-16; id., Il n. loc. ven. Lùpia, in Nuovo Arch. ven., XXXVI (1918); C. Avogaro, Appunti di topon. veron., Verona 1901; A. Prati, Escursioni topon. nel Veneto, in Revue dial. rom., V (1913) e VI (1914); G. Gravisi, Appunti di topon. pisinese, Parenzo 1934 (p. 12) e varî art. in Pag. Istr., passim (dal 1910).
Friuli: L. Camavitto, I nomi loc. d. reg. friulana term. in â o âs, Udine 1896, e A. Wolf, Elenco di denom. loc. del Friuli da n. gentil. rom. e prerom., Udine 1904; meglio assai in C. Salvioni, Spigol. friulane, in Arch. glott. ital., XVI, pp. 242-43. V. anche A. Di Prampero, Gloss. geogr. friulano, in Atti Ist. ven., VII, pp. 1172 segg.; G. B. Della Porta, Nomi delle vie ecc. di Udine, Udine 1931.
Lombardia e Canton Ticino: C. Salvioni, varie notevolissime serie di Appunti, Noterelle, Quisquiglie di topon. lombarda, pubbl. in Boll. st. Svizzera ital. e nell'Arch. stor. lomb., dal 1889 al 1918; G. Longa, Nll. bormini, nel suo vocab. bormino, in Studi Romanzi di E. Monaci, IX, Roma 1912; M. Gualzata, Nll. bellinzon. e locarn., in Bibl. Arch. rom., II (1924); id., Flora e topogr. nella top. ticin., Boll. Soc. Ticin., 1925-26; D. Olivieri, Dizion. di topon. lombarda, Milano 1931 (Aggiunte in Arch. stor. lomb., 1933 e 1935); A. Maragliano, Topon. di Casteggio, 1908.
Piemonte: P. Massia, oltre a studî numerosi su nomi particolari piemontesi, Nll. canaves. da nomi di piante, in Malpighia, Catania 1915; id., Topon. di S. Sebast. al Po, Alessandria 1917; id., Nll. del Novarese, in Boll. stor. Novara, nove serie (dal 1925 al 1932); id., Bricciche di top. monferrina, sei serie, in Riv. storia prov. Alessandria, 1923-30; G. D. Serra, Contrib. topon. alla descr. delle vie romane e romee nel Canavese, in Mélanges d'hist. gén., Cluj 1927 (recens. C. Battisti, Ital. dial., IV, 1928, pp. 291-92); id., Contrib. topon. alla teoria della contin. delle comunità rurali dell'Italia superiore, in Cartea Româneasca, Cluj 1931 (importantissimo, spec. per lo studio dei suffissi e delle desin. dei nll.).
Emilia e Romagna: T. Zanardelli, Nll. in -aticus, in St. glott. ital., III; sei serie di Appunti lessic. e toponom., Bologna 1895-1910; C. Avogaro, Corogr. di Bologna, in Archiginn., XIX, 1923-1924; id., Note topon. bolognesi, in Annuario Lic. scient. Bologna, V (1927-30); D. Olivieri, Nll. emiliani, in St. rom., XV (1920); A. Prati, Arch. glott. it., XVIII (1922).
Altre regioni d'Italia: C. Avolio, Saggio di topon. siciliana, in Arch. glott. ital., suppl. IV (1898); G. Crocioni, Top. di Velletri, in Boll. Soc. geogr., 1901; G. Rohlfs, Scavi linguistici nella Magna Grecia, Halle-Roma 1933 (vedi pp. 185-229); G. Alessio, La toponomastica (in Il sostrato lat. nel lessico e nell'epo-toponom. della Calabria meridion.), in Italia dial., X (1934), pp. 162-89; C. Battisti, Appunti topon. sull'oasi tedesca dei Mocheni (Alto Perginese), in Arch, Ven. Trident., IV (1925), p. 66; Fr. Musoni. Sui nll. slavi della Ven. Giulia, in Riv. geogr. it., IV (1897); P. Aebischer, Études topon. valdôtaines, s. 5a, 1922; J. U. Hubschmied, sopra i nomi loc. del Silvretta e del Bernina, in Clubführer Bündner Alpen, 1931-32; sui nomi tedeschi dei XIII Comuni veronesi v. C. e F. Cipolla, Arch. glott. it., VIII, pp. 237-40; id., Atti Acc. sc. Torino, 1901-02; sui nomi arabi di Sicilia v. G. De Gregorio, Studi glott. it., V, p. 108; VII, pp. 257, 298.
Ricerche speciali: E. Gorra, Il nome di Pavia, in Bibl. Soc. pav. st. pat., 1904; P. E. Guarnerio, Sul nome del Monte Rosa, in Athenaeum, 1915-17; F. Musoni, Sul nome delle Alpi Giulie, in Atti Congr. stor. it., X, p. 309; A. Prati, Ancora del nome Orvieto, in Arch. glott. it., XXIV, pp. 56-59; A. Schiaffini, Int. al nome ed alla storia delle chiese non parrocchiali, ecc. (a prop. del nome basilica), in Arch. stor. it., 1922, p. 42 (recens. G. D. Serra, in Dacoromania, III, 1924); M. Bartoli, Le tre Basolche di Ragusa e la coppia basilica-ecclesia, in Miscellanea Resetar, Ragusa di Dalmazia 1930-31; M. Orlando, Il nome Italia (Spigol. glott., III), Torino 1928; L. Ceci, Il nome di Roma, in Arch. glott. it., suppl. VI (1898), p. 19 segg.; B. Migliorini, Sull'origine del nome di Roma, estr. riv. Roma, 1928; sulla questione dell'accento ritratto di Tàranto, ecc.; v. E. Cocchia, in Riv. di fil. e istr. cl., XV (1886-87); Fr. D'Ovidio, in Arch. glott. it., X, p. 419 segg.; E. G. Parodi, in Riv. fil. istr. cl., XXIV (1896); C. Battisti, Su alc. anomalie nell'accentazione ecc., Gorizia 1924. Per i nomi in -o forse da plur. in -os v. anche G. D. Serra, Sulle origini del nome di Torino, in Atti Soc. piem. archeol., XVI (1933), p. 5. Del nome Versilia e di alcuni nll. lunigianesi si occupò P. S. Pasquali, in Riv. geogr. it., 1934, p. 8, e in Mem. Accad. Lunig., XIV-V (1933-5).