topotecan
Farmaco derivato dall’alcaloide camptotecina, isolato per la prima volta dalla corteccia e dai frutti di Camptotheca acuminata, pianta originaria dell’Asia (in Cina conosciuta come xi shu, in Occidente come pianta della gioia). Si utilizza nel trattamento del carcinoma metastatizzato dell’ovaio, dopo che le altre terapie hanno fallito, e nel tumore al polmone a piccole cellule, refrattario ad altre terapie (in questo caso si somministra anche per via orale). Viene usato anche nel carcinoma della cervice in associazione con cisplatino. Numerosi esperimenti in vitro hanno evidenziato diversi meccanismi di farmacoresistenza, di cui attualmente (2009) è difficile caratterizzare l’impatto nell’uso clinico.
Le molecole di DNA si trovano all’interno del nucleo in una configurazione superavvolta, più compatta rispetto al DNA rilassato, occupando quindi uno spazio minore all’interno del nucleo. Per permettere alla cellula di raggiungere rapidamente l’informazione contenuta nel DNA anche nella configurazione superavvolta, esistono enzimi chiamati topoisomerasi. In partic. la topoisomerasi di tipo I ha il compito di legare il DNA, tagliarne uno dei filamenti, farlo ruotare intorno a quello integro e riallacciarlo. In questo modo, si ottiene un rilassamento del DNA. Il t. forma un complesso ternario con DNA e topoisomerasi I, bloccando il processo e, quindi, riducendo la possibilità della cellula (soprattutto di quella tumorale, che è più attiva nella riproduzione) di avere accesso all’informazione genetica, determinandone la morte. L’esposizione della cellula al t. induce inoltre un’aumentata espressione della topoisomerasi di tipo II. Per tale motivo l’associazione di farmaci capaci di inibire questo enzima (per es., le antracicline) con il t. permette di potenziare l’azione antineoplastica, grazie a un danno sul DNA che entrambi i farmaci determinano, agendo su due bersagli differenti.
Il t. non ha una grande selettività per le cellule tumorali, per cui esplica notevole tossicità nei confronti delle cellule del midollo osseo provocando una severa neutropenia (che compare entro 7÷9 giorni dall’inizio della terapia) e trombocitopenia. Inoltre, il t. può indurre una grave malattia polmonare interstiziale, con esito potenzialmente fatale.