TORBA (fr. tourbe; sp. turba; ted. Torf; ingl. turf, peat)
La torba è il combustibile fossile (v. combustibile) più povero e più recente; è leggiera, spugnosa, di color bruno-chiaro o scuro fino a nerastro; se in posto, è di solito inzuppata d'acqua fino al 70%. La torba si è formata nel Quaternario e si forma tuttora.
Formazione. - La formazione è dovuta all'accumularsi lento e continuo di residui vegetali in depressioni del terreno dove si raccoglie acqua e umidità e si realizzano determinate condizioni climatiche e ambientali. È necessario, perché si formino torbiere, che il clima sia umido, temperato o freddo (temperatura media di circa 8°), che il suolo sia di natura non argillosa e che l'acqua sia limpida e formi uno strato di 30-50 cm. di spessore: in questi bacini cresce e si sviluppa rigogliosamente una vegetazione di Muschi (Sphagnum e, se il terreno è calcareo, Hypnum) ai quali si associano piante superiori: Scirpus; Eriophorum alpinum, angustifolium, vaginatum; Rhynchospore alba; Scheuchzeria, Triglochin, Narthecium ossifragum, Viola palustris e altre specie, Menyanthes trifoliata, Comarum palustre, Pedicularis, qualche Ninfeacea, Lemna, Drosera, Pinguicula, Gentiana pneumonanthe, Orchis palustris e fra le piante legnose Calluna vulgaris, Empetrum, Vaccinium, ecc. Sui margini, a seconda delle regioni, vegetano pini, betulle, o alni.
I residui di questi vegetali, ma particolarmente quelli abbondantissimi degli Sfagni e dei Muschi, in seguito a speciale processo di fermentazione, lentamente carbonizzandosi si accumulano attraverso i secoli trasformando la palude in torbiera e la vegetazione in torba.
Nell'America Meridionale (Terra del Fuoco, Isole Falkland, ecc.) le torbiere sono costituite non da muschi ma da Fanerogame: Donatia magellanica, Astelia pumila, juncits grandiflorus, Empetrum rubrum che vegetano in fitte e compatte formazioni sociali.
Le temperature elevate, determinando una rapida evaporazione delle acque e una più attiva decomposizione dei residui vegetali, non permettono la formazione della torba. Quindi le torbiere si trovano nei territorî o nelle zone a clima piuttosto rigido.
Sono perciò molto vaste ed estese in Islanda, in Olanda, in Germania, in Austria, ecc.; in Italia si trovano per lo più nel settentrione, sopra tutto nelle depressioni degli anfiteatri morenici. Si possono distinguere: torbiere di montagna, in Italia in varie zone delle Alpi fino al limite delle nevi perpetue (Moncenisio, Gottardo, Piccolo S. Bernardo, Misurina, ecc.; anche a Campotosto nell'Aquilano; b) torbiere di sbarramento: nelle valli o nelle depressioni chiuse da alluvioni o da morene (valli del Brenta, del Piave, del Serchio, del Velino a Rieti; valli chiuse da alluvioni: S. Giovanni dei Boschi, Avigliana, Alice presso Ivrea, presso il Lago di Varese, presso Verona e Udine; circoscriite da depositi glaciali); c) torbiere d'estuario: hanno origine in seno alle acque salmastre presso le foci dei fiumi; a questa categoria appartengono le grandi torbiere dell'Olanda, della Germania settentrionale e quelle piccole alle foci dei fiumi Po, Adige, Arno, Tevere.
Il grande sviluppo delle torbiere in alcune zone dell'Europa settentrioriale e centrale ha fatto sorgere stazioni sperimentali di bonifica delle zone torbose per restituire tali terre al pascolo e all'agricoltura.
Composizione chimica. - La composizione chimica della torba va da quella del legno a quella della lignite, e si può ritenere intorno ai valori medî seguenti: C 60%, H 6%, O 32%, N 2% (priva di umidità e di ceneri). Le torbe, come le ligniti, sono caratterizzate dalla presenza di acidi umici (che mancano nel legno e nei litantraci che non abbiano subito decomposizione per permanenza all'aria), sostanze brune, a carattere acido e aromatico, insolubili in acqua e in solventi organici, solubili in soluzioni alcaline, e la cui composizione varia fra limiti estesi: C 31-61%, H 3,2-4,9%, N 1,7-3,6%. Esse deriverebbero dalla decomposizione della lignina. Oltre alla cellulosa, vi sono contenute delle idrocellulose, prodotti di condensazione intermedî fra l'amido e le cellulose vere, che trattengono fortemente l'acqua, e che ostacolano l'essiccamento della torba. Esistono pure dei pentosani (in quantità inferiore al 10% la cui percentuale va diminuendo col procedere della fossilizzazione.
Un mc. di torba umida pesa 900-1000 kg., secca 200-300, fortemente compressa 600-800. Il potere calorifico della torba essiccata all'aria è di 3000-3500 cal.; compressa e seccata a 100° è di 4500-5000 cal.
Estrazione. - La torba contiene fino al 90% di acqua e anche più, e in tale stato non è possibile utilizzarla. Il problema dell'essiccamento è di capitale importanza: tutti i processi di essiccamento urtano contro difficoltà economiche, dovute soprattutto al fatto che si deve spendere un gran lavoro per estrarre e far circolare un materiale povero, costituito in massima parte di acqua. Il problema non si può dire ancora risolto praticamente in maniera economica. I metodi adoperati sono: per essiccazione naturale; per essiccazione diretta con calore artificiale; per essiccazione meccanica; per congelamento; per elettrosmosi.
Il metodo più semplice è quello di asciugamento sul terreno, con l'evaporazione spontanea. Le zolle, asportate con le vanghe o con le draghe, vengono disposte a scacchiera, e quindi rimosse, rivoltate, ecc. Quando si hanno strati non omogenei, si distende la torba su piattaforme ricoperte di un leggiero strato di paglia, si batte a lungo, e lo strato omogeneo di 25-30 cm. si divide in zolle che si sottopongono all'essiccamento come sopra. Si può spingere l'essiccamento fino a un contenuto del 20-250% di acqua; ma mentre bastano pochi giorni per ridurre il tenore di acqua dal 90 al 50%, occorrono parecchie settimane per arrivare al 25%, per cui praticamente si arresta il prosciugamento al 35-30%. Tutto questo non può esser fatto che nella buona stagione (specialmente nei paesi nordici), ed è soggetto alle vicissitudini atmosferiche. Il metodo esige inoltre una notevole mano d'opera, una grande disponibilità di spazio, molto tempo, e una lunga immobilizzazione di impianti. Tutto questo viene a gravare molto sul prezzo di costo e rende il processo antieconomico. Si sono quindi studiati molti processi per condurre l'essiccamento in maniera artificiale.
L'essiccamento diretto con calore artificiale non è economico, perché esige molta spesa di calore.
L'essiccamento meccanico per pressione è molto difficile. Il materiale che costituisce la torba (specialmente quella stagionata) deve essere considerato come un colloide irreversibile, che trattiene l'acqua molto fortemente. Particolari difficoltà presenta il dispositivo di uscita dell'acqua, poiché la torba presenta una tale plasticità che sotto pressione si comporta come un liquido fortemente vischioso; di qui la necessità di usare fini reti o filtri resistenti alla pressione. Il lavoro per la spremitura è molto minore di quello di vaporizzazione di un ugual peso di acqua.
Tutti i mezzi che influenzano lo stato colloidale e specialmente quelli che inducono una coagulazione, possono essere utili per favorire i procedimenti di pressione. La coagulazione si può ottenere con l'aggiunta di elettroliti; il lavoro di pressione viene diminuito inizialmente, ma i vantaggi sono limitati.
Col calore si ha la coagulazione delle sostanze colloidali, la viscosità dell'acqua diminuisce, ed è più facile provocarne l'uscita per pressione. Nel processo Ekenberg si scalda la torba a circa 200°; quindi, omogeneizzata e ridotta in poltiglia con acqua e convogliata alla fabbrica, viene riunita in un bacino collettore e condotta all'apparato di carbonizzazione umida. Passa in un apparato a controcorrente, in cui l'acqua calda proveniente dalla pressione finale cede il suo calore, poi in un ricuperatore di calore, in cui la torba proveniente dalla torre di trasformazione con una temperatura di 195° cede il suo calore, raffreddandosi a 750, mentre la torba grezza si riscalda a 140°; viene quindi portata a 200° in un riscaldatore, col vapore di una caldaia, e quindi va in una torre di reazione, in cui permane circa 18 minuti, trasformandosi in torba facilmente pressabile. La poltiglia calda, ceduto il suo calore, va in un collettore e di qui ai filtri-presse, dove è facilmente pressata. Le focacce di pressione vengono eventualmente ridotte in mattonelle.
Col congelamento viene ahbassato il grado di dispersione dell'humus, nella torba, che perde la sua coesione e la proprietà di raggrinzarsi; la torba diventa poco consistente e cade facilmente in polvere. Ciò la rende poco adatta come combustibile, ma meglio adatta come torba da strame.
Infine la torba può venire disidratata per mezzo della elettrosmosi. La poltiglia di torba è compressa in filtri-presse, nelle cui camere si trovano gli elettrodi: l'acqua va al polo negativo, e il pannello con 60% di acqua rimane aderente al polo positivo. Il pannello può essere ancora asciugato o all'aria o con calore di recupero, o bruciando una parte del prodotto; può essere anche utilizzato direttamente, ad es., nel processo Mond.
Usi. - L'uso della torba come combustibile diretto è limitato, e deve esser fatto in vicinanza delle torbiere, per evitare spese di trasporto. È un combustibile scadente, spesso friabile, ricco di materie volatili (da cui la necessità di porre la graticola abbastanza in basso per avere una camera di combustione ampia e quindi una mescolanza con abbondante aria e una combustione completa), a volte ricco di ceneri, che rendono malagevole il governo dei forni. Il valore commerciale dipende principalmente dal contenuto in umidità e in ceneri.
La brichettazione è tecnicamente facile, ma difficilmente il prodotto può reggere la concorrenza con quella della lignite, per ragioni economiche.
La torba può essere sottoposta a distillazione per ottenerne coke e prodotti volatili. Come media si ottiene 50% di coke, fra 3 e 8% di catrame (che a sua volta distillato può dare olî di catrame, ricchi in fenoli, circa il 60%, paraffina e pece), piccole quantità di alcool metilico, acido acetico, ammoniaca, ecc., e gas.
Il residuo della distillazione o coke di torba è simile al carbone di legna; se la torba è povera di ceneri, il coke diventa un prodotto ricercato, poiché è un combustibile puro, reattivo, povero di zolfo; potrebbe essere superiore al coke di fonderia, ma non ha una sufficiente resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Il potere calorifico può arrivare a 7000 cal.
Nel processo Ziegler la distillazione avviene in forni a tino riscaldati dai gas di distillazione che servono anche per l'essiccamento preliminare della torba.
L'utilizzazione più razionale consiste nella gassificazione e contemporanea produzione di ammoniaca; il gas prodotto viene utilizzato come combustibile per la produzione di energia elettrica. L'azoto del combustibile si trasforma in NH3 iniettando vapore a 150° e poca aria. Frank e Caro dimostrarono che l'NH3 proviene dall'azoto combinato nella torba, e che si hanno rendimenti più elevati se si opera a 250°. Si possono ottenere fino a 40 kg. di solfato ammonico per tonn. di sostanza secca e per cento di contenuto in N. Il gassogeno maggiormente adoperato è quello Mond: la torba brucia in un forno a tino (v. figura); i gas di distillazione e il catrame passano in un refrigerante (ricuperatore di calore) e poi in un lavatore ad acqua. Di qui passano in una torre piena di mattoni di gres, da cui cade in pioggia una soluzione di (NH4)2SO3 e H2SO4 che fissa l'NH3 e si raccoglie in un serbatoio. Una parte di essa, mescolata con H2SO4 è rimandata nella torre; la rimanente passa alla concentrazione e lascia cristallizzare il (NH4)2SO4. I gas che escono dalla torre passano in un'altra torre, dove una pioggia di acqua li raffredda e condensa l'eccesso di vapore, e quindi vanno ai gasometri o ai forni.
Questi impianti hanno funzionato in Italia nelle torbiere di Codigoro, di Orentano, di Massaciuccoli; diversi impianti sono stati fatti in Germania. I risultati non sono sempre soddisfacenti, e ciò per cause di ordine economico, dovute non tanto al processo di gassificazione, quanto all'alto costo di produzione della torba e alla difficoltà di approvvigionarsi delle forti quantità necessarie.
La torba giovane, e quindi poco trasformata (specialmente quella di sfagno) viene lavorata meccanicamente per ottenere prodotti in cui si utilizza il suo alto potere assorbente, dovuto alla particolare struttura cellulare (materiale di fasciatura, piccoli cuscini, materiali adsorbenti, ecc.) o chimicamente per ottenere carbone attivo.
La torba lavorata viene setacciata; la parte grossa costituisce lo strame di torba, la più fine la farina. Lo strame è un eccellente letto di stalla, superiore alla paglia: trattiene in media 10-11 volte il proprio peso in acqua (può arrivare anche a 18 volte), e ha notevole potere adsorbente per l'ammoniaca e i composti azotati.
È utile per la rimozione dei rifiuti; se ne ottiene così un concime. La borlanda di melassa con la farina di torba dà una polvere che è un ottimo concime.
La torba ha un alto potere termoisolante: un recipiente immerso in essa si comporta come un vaso Dewar.
Per azione dell'acido solforico si ottengono zuccheri riducenti corrispondenti in media al 50% della torba. Non si è riusciti però finora a utilizzarli per fabbricare alcool.
Produzione. - La produzione italiana di torba è stata nel 1933 di 3820 tonnellate suddivise nel seguente modo: