TORBENO
(Turbini, Torbino, Turbinnius, Durbinius, Dorbini). – Fratello del giudice o re di Cagliari Costantino I, Torbeno compare nella scarsissima documentazione sarda tra l’XI e il XII secolo.
È omonimo e contemporaneo di un «Torbini de Lacon» giudice o re di Arborea, figlio di donna Nibata, che in una carta stilata a Oristano il 15 ottobre 1102 effettuò insieme alla moglie e regina Anna de Zori una serie di permute con il cugino Costantino d’Orrubu. Nello stesso documento il giudice si intitola anche «iudice Torbeni de Zori», cognome della moglie o forse anche materno. Il nome della madre si ricava da un atto del successore di Torbeno sul trono di Arborea, Orzocco de Zori (che rinnovò un atto del proprio predecessore, con il quale «iudice Torbeni» autorizzava una serie di atti compiuti da Nibata; Orzocco si definisce nipote di costei, ma non afferma esplicitamente di essere figlio di Torbeno). A Torbeno si riferisce probabilmente il sigillo a legenda greca pertinente a Torbennios archon Arboreas (retaggio della titolatura bizantina ampiamente attestato anche nel giudicato di Cagliari fino al XIII secolo), rinvenuto di recente a Oristano. Del giudice è rimasto ricordo nella toponomastica arborense, il «Corongiu de judice Cerbeni» (lett. «vetta del giudice Torbeno») citato in un documento del 1230 (Mittarelli - Costadoni, 1769, doc. CCCV).
Nel 1089 Torbeno sottoscrisse come donnicellus gli atti di donazione compiuti quello stesso anno in favore dei monaci di S. Vittore di Marsiglia. Agli inizi del XII secolo usurpò il trono a Mariano II (figlio di Costantino I e già associato al padre) o più probabilmente ne fece temporaneamente le veci. Forse per questo non reca il nome dinastico (Torchitorio o Salusio) esibito alternativamente dai giudici cagliaritani (anche se usa il sigillo di Torchitorio: Baille, 1800), né si intitola mai rex.
Nel 1103 «Turbini, omnipotentis Deo gratia iudex karalitanus» (Tola, 1861, doc. I, p. 177), con una cartula donationis redatta probabilmente da uno scrivano pisano e alla presenza di diversi notabili della città toscana, effettuò ampie concessioni in favore dei pisani suoi carissimi amici. Nell’occasione concesse loro l’esenzione perpetua dal pagamento dei dazi che gravavano sulle merci (il teloneo invernale ed estivo) e sul sale, per garantirsene l’appoggio e scongiurarne le mire espansionistiche («ut populus pisanus sit amicus mihi et regno meo, et non offendat studiose neque me, neque regnum meum»). Con analogo titolo è appellato in un altro atto stilato nello stesso anno, con cui donò all’Opera di S. Maria di Pisa quattro aziende (le donnicàlias di Ogliastro, Tolestra, Treche e Tamari), sempre con l’auspicio che «populus pisanus sit amicus mihi et in regno meo, et non offendant me, neque regnum meum studiose» (ibid., doc. II, p. 178).
Negli anni successivi, Torbeno si collocò in posizione subordinata rispetto al legittimo giudice Mariano II, che nel 1108 figura insediato sul trono di Cagliari, grazie al magnum servitium prestatogli dai cives pisani e da quelli genovesi, ai quali fece perciò ampie concessioni fondiarie: ai primi per aver pattugliato con tre galee per un anno intero l’isola sulcitana, consentendogli di recuperare «regno meo et vita [...] cum grandi honore atque victoria» (ibid., doc. VI, p. 181); ai secondi per aver fornito un servizio armato di sei galee. Il fondamentale aiuto prestato dai genovesi a Mariano II, «cui Januensis populus multum servicii intulit, restituendo eum in regno suo» (ibid., doc. XXVII, p. 199), è ricordato ancora in un documento del novembre del 1119.
Comunque, anche in questo nuovo contesto Torbeno continuò a svolgere un ruolo attivo all’interno della casa regnante. Nel 1112 partecipò infatti all’approvazione da parte del giudice di una donazione in favore dei Vittorini compiuta dal vescovo di Dolia: Torbeno (Dorbini) è indicato da Mariano II come avunculus meus. Partecipò quindi alla crociata balearica del 1113-15 celebrata nel Liber maiorichinus, secondo cui Durbinius, «qui quondam regnum censebat calaritanum», si aggregò alla flotta pisana all’altezza dell’insenatura di Caput Album (oggi Capo Falcone, di fronte all’isola dell’Asinara).
Nel 1124, Torbeno (Turbini) – non più giudice ma con il titolo di donnicellus – donò alla chiesa di S. Antioco di Sulci la propria porzione dell’isola con il relativo podere (sémita), avendo l’approvazione del giudice. Nel 1130 è citato in un atto del nuovo sovrano di Cagliari Costantino II (figlio di Mariano II) come «Durbini donnicellus avunculus meus» (Tola, 1861, doc. XXXIX, p. 206), atto al quale Torbeno espresse il proprio consenso insieme ad altri parenti del giudice.
Nello stesso periodo, nella veste di curatore di un imprecisato distretto del giudicato («donnigellu Turbini ki fuit curadori»), fu testimone di una donazione dello stesso Costantino II (Solmi, 1905, n. 5); e ancora in qualità di teste, partecipò (sempre come «donnigellu Turbini») a un altro atto del sovrano cagliaritano (ibid., n. 6). Nei decenni successivi non si hanno più notizie di Torbeno. Si sa solo che nel 1163 era scomparso, se è suo figlio il Barisone «quondam Durbini de Callari» che nell’ottobre di quell’anno depose con le armi il giudice Pietro e poi fu a sua volta estromesso nel marzo del 1164 dallo stesso Pietro con l’aiuto del fratello giudice di Torres, fatti di cui danno conto gli Annali pisani.
Fonti e Bibl.: E. Martène - U. Durand, Veterum scriptorum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium amplissima collectio, I, Parisiis 1724, coll. 523 s., 629-631; L. Baille, Sigillo II de’ bassi tempi illustrato, Torino 1800; P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, III, Torino 1838, nuova ed. a cura di M. Brigaglia, Nuoro 2001, pp. 391, 399-401; M. Guérard, Cartulaire de l’abbaye de Saint-Victor de Marseille, II, Paris 1857, n. 1010, pp. 470-473; P. Tola, Codex diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, sec. XI, doc. XVI, XXI-XXII; sec. XII, docc. I-II, VI-VII, XXVII, XXXIX; sec. XIII, doc. L; A. Solmi, Le carte volgari dell’Archivio arcivescovile di Cagliari: testi campidanesi dei secoli XI-XIII, in Archivio storico italiano, XXXV (1905), pp. 273-330, nn. 5-6; Gli Annales Pisani di Bernardo Marangone, a cura di M.L. Gentile, in RIS, VI, 2, Bologna 1936, pp. 30 s.; D. Puncuh, Liber Privilegiorum Ecclesiae Ianuensis, Genova 1962, docc. 33, 38-39; Carte dell’Archivio capitolare di Pisa, 4, Roma 1969, doc. 15; Enrico Pisano, Liber Maiorichinus de gestis Pisanorum illustribus, a cura di G. Scalia, Firenze 2017, vv. 200-203.
E. Besta, La Sardegna medioevale, I, Palermo 1908, pp. 88, 122; B.R. Motzo, La donazione dell’isola sulcitana a S. Antioco, in Archivio storico sardo, XIII (1920), pp. 75-89; D. Scano, Serie cronologica dei giudici sardi, ibid., XXI (1939), 3-4, pp. 17-125 (in partic. p. 32); F. Artizzu, L’Opera di Santa Maria di Pisa e la Sardegna, Padova 1974; Genealogie medioevali di Sardegna, a cura di L.L. Brook et al., Cagliari 1984, III.11, III.22, V.20, pp. 19, 175 s., 178, 193; E. Putzulu, Costantino (I) di Cagliari, in Dizionario biografico degli Italiani, XXX, Roma 1984, pp. 326 s.; Id., Costantino (II) di Cagliari, ibid., pp. 327 s.; B. Fois, Mariano (II) Torchitorio di Lacon Gunale, ibid., LXX, Roma 2008, pp. 338-340; A. Soddu, Vassalli pisani e genovesi nella Sardegna del XII secolo, in Memorie della Accademia Lunigianese di scienze ‘Giovanni Capellini’, LXXIX (2009), pp. 385-405, docc. 2, 10; P.F. Simbula, I porti nello sviluppo economico della Sardegna medievale, in Attività economiche e sviluppi insediativi nell’Italia dei secoli XI-XV, a cura di E. Lusso, Cherasco 2014, pp. 269-305 (in partic. pp. 275 s.); C. Zedda, Il giudicato di Cagliari. Storia, società, evoluzione e crisi di un regno sardo, Cagliari 2017, p. 73.
Per Torbeno di Arborea: G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales camaldulenses Ordinis sancti Benedicti, IV, Venetiis 1769, Appendix, doc. CCCV, coll. 489-491; F.C. Casula, Onciale e semionciale in Sardegna nel secolo XII, in F.C. Casula - L. D’Arienzo, Studi di paleografia e diplomatica, Padova 1974, pp. 119-135 (in partic. pp. 119, 131); P. Merci, Il più antico documento volgare arborense, in Medioevo romanzo, V (1978), pp. 362-383 (in partic. pp. 365 s.); Genealogie medioevali di Sardegna, a cura di L.L. Brook et al., Cagliari 1984, I.15, p. 163; Ioannis Francisci Farae Opera, a cura di E. Cadoni, I, 2, Sassari 1992, p. 322; E. Blasco Ferrer, Crestomazia sarda dei primi secoli, in Officina linguistica, IV (2003), docc. XII-XIII; P.G. Spanu - P. Fois - R. Zanella - R. Zucca, L’arcontato d’Arborea tra Islam ed eredità bizantina, in Tharros Felix 5, a cura di A. Mastino - P.G. Spanu - R. Zucca, Roma 2013, pp. 515-536 (in partic. Il sigillo bizantino dell’arconte d’Arborea Torbennios, pp. 527-531).