Torino Film Festival
Il Festival internazionale Cinema Giovani (dal 1998 T. F. F.) è nato a Torino nel 1982 per volontà di personalità del cinema e della cultura (come Gianni Rondolino e Ansano Giannarelli, direttori della prima edizione, e Gianni Vattimo, presidente dell'Ente Festival internazionale Cinema Giovani) e con il sostegno delle amministrazioni locali interessate a una politica di miglioramento della condizione giovanile. Fin dalla prima edizione, la manifestazione torinese si è presentata con caratteristiche che, pur con lievi cambiamenti, l'avrebbe poi contraddistinta nell'ampio panorama festivaliero italiano: proposta di film realizzati da registi agli esordi (indipendentemente dai temi affrontati) o di opere con tematiche giovanili, firmate da cineasti giovani o meno giovani; sguardo retrospettivo su periodi di importanti rinnovamenti (come le nouvelles vagues) o su autori che hanno delineato nuovi e soggettivi percorsi artistici ovunque nel mondo. Il T. F. F. ha così scoperto autori come Jane Campion, Gaston Kaboré, Leos Carax, John Sayles, Jim Jarmusch, Alex Cox, Chen Kaige, Ishii Sōgo, Kitano Takeshi, Hou Hsiao-hsien, Alejandro Agresti, Tsai Ming-liang.
La prima edizione, non competi-tiva (25 settembre - 3 ottobre 1982), ha presentato, nelle Sezioni tematiche giovanili, una significativa panoramica del cinema internazionale; tra i film proposti si ricordano: À toute allure (1982) di Robert Kramer; Finyé (1982, Il vento) di Souleymane Cissé; Forty deuce, 1982) di Paul Morrissey. Le altre sezioni erano: Opere prime, Spazio aperto (riservata alla produzione più indipendente e di ricerca), Retrospettiva (sul cinema italiano degli anni Sessanta) e Personali (dedicata allo statunitense Amos Poe). Dopo un anno d'interruzione, il Festival ha ripreso la sua attività con cadenza annuale, a partire dal 1984 e con le direzioni di G. Rondolino (fino al 1988), Alberto Barbera (1989-1998), Stefano Della Casa (1999-2002), Giulia D'Agnolo Vallan e Roberto Turigliatto (dal 2003); inoltre, dalla quarta edizione (1987) si è aperto all'assegnazione dei premi. La prima giuria, presieduta da Jean Rouch, ha premiato ex aequo come miglior lungometraggio Esther (1985) dell'israeliano Amos Gitai e Noir et blanc (1986) della francese Claire Devers, assegnando un premio speciale anche a Tongnian wangshi (1985, Le passate cose dell'infanzia) del taiwanese Hou Hsiao-hsien. Al cinema asiatico, infatti, il Festival ha da sempre dedicato un'attenzione particolare, facendo conoscere al pubblico italiano alcuni dei nomi più rappresentativi delle nuove tendenze in Cina, Giappone, Taiwan, Hong Kong e Iran. Nell'edizione del 1987, vinta dal cinese Chen Kaige con Da yuebing (1985, noto con il titolo The big parade), il concorso è stato ampliato alla Sezione cortometraggi e a quella denominata Spazio aperto.Dal 1988 al 1992 sono stati i lungometraggi europei, soprattutto dell'Est, a dominare il palmarès: Soha, sehol, senkinek (1988, Mai, in nessun posto, a nessuno) dell'ungherese Téglásy Ferenc; Az, grafinijata (1989, Io, la contessa) del bulgaro Petăr Popzlatev; Lyubovnoto lyato na edin lyohman (1989, L'estate d'amore di uno stralunato) del bulgaro Ludmil Todorov, ex aequo con lo statunitense That natural history of parking lots (1990) di Everett Lewis; Bratan (1991, Fratello) del sovietico Bachtjar Chudojnazarov; Vacas (1992) dello spagnolo Julio Medem. Nel 1988 è stato introdotto il premio del pubblico, intitolato al giornalista Achille Valdata; il primo lungometraggio a meritare tale riconoscimento è stato Land der Väter, Land der Söhne (1988) del tedesco Nico Hofmann. Nel 1991 la sezione Spazio aperto (inizialmente internazionale, in seguito solo italiana) si è sdoppiata in Spazio Italia e Spazio Torino (riservata a filmmakers piemontesi), entrambe competitive. Dal 1992 al 1998, e nuovamente dal 2003, il Festival ha ospitato la giuria della Federazione internazionale della stampa cinematografica (Fipresci), istituzione presente nei più qualificati festival del mondo. Le cinematografie asiatiche sono tornate in primo piano fra il 1993 e il 1996, quando il premio principale è andato ai film taiwanesi Qingshaonian Nazha (1992; I ribelli del dio neon) di Tsai Ming-liang e Dosan (1994, Una vita in prestito) di Wu Nien-jen, e ai cinesi Minjing gushi (1995, Poliziotto di quartiere) della regista Ning Ying e Wushan yunyu (1995, In attesa) diretto da Zhang Ming.
Tra i numerosi premi collaterali, aumentati nel corso delle edizioni, un posto di rilievo è occupato, dal 1996, dal premio Cipputi, che segnala il miglior film incentrato sul mondo del lavoro. Nel 1997 una produzione americana indipendente, Clockwatchers (1996) di Jill Sprecher, ha fatto vincere per la prima volta la sezione lungometraggi a un film degli Stati Uniti, seguito nell'edizione del 2000 da George Washington di David Gordon Greene. Tagikistan, Unione indiana e Repubblica Federale di Germania (in coproduzione con l'Austria) sono entrati nell'albo d'oro del T. F. F. rispettivamente con Parvaz-e zanbur (1998, Il volo dell'ape), coregia del tagiko Jamšed Usmonov e del sudcoreano Min Biong-hun, Marana simhasanam (1999, Trono di morte) di Murali Nair e Mein Stern (2001) di Valeska Grisebach. Un film del continente africano è stato premiato per la prima volta nell'edizione del 2002: Satin rouge della tunisina Raja Amari. Il premio per il miglior lungometraggio è tornato in Europa nel 2003 con La fin du règne animal del francese Joël Brisse.
Una delle caratteristiche del T. F. F. è stata quella di dare ampio spazio al cinema italiano in tutte le sue forme e durate (ponendosi come punto di riferimento per il sempre crescente numero di filmmakers che agiscono nel campo narrativo, documentario e sperimentale) e a quello americano, scegliendo i prodotti migliori delle produzioni indipendenti e di quelle hollywoodiane di genere. Accanto all'indagine delle tendenze contemporanee, nel Festival si è sviluppato, fin dalla prima edizione, un lavoro di ricerca sul passato, confluito nell'organizzazione di retrospettive e personali, ma anche nella pubblicazione di volumi finalizzati a una più approfondita analisi storico-critica delle cinematografie e degli autori presentati. Sugli schermi del T. F. F. hanno così trovato un posto privilegiato le cinematografie che, in particolare tra gli anni Cinquanta e Sessanta, avevano rinnovato il linguaggio della settima arte (Neorealismo, Nouvelle vague, Free Cinema, Junger Deutscher Film, New American Cinema e forze indipendenti statunitensi, Collettivo italiano del cinema militante, Nová Vlna, cinema sovietico, polacco, giapponese, egiziano, ungherese, messicano, portoghese, dell'Africa nera, Cinema Nôvo e Marginal brasiliano). Ugualmente ampio spazio hanno avuto gli autori che hanno avanzato proposte originali nel discorso filmico, nei generi, nel confronto con la società (Manoel de Oliveira, Paulo Rocha, Julio Bressane, Jean-Daniel Pollet, Philippe Garrel, Jerzy Skolimowski, Mohsen Makhmalbaf, Arturo Ripstein, Michael Snow; gli americani Stan Brakhage, Robert Kramer, Budd Boetticher, John Carpenter, George A. Romero, William Friedkin, John Milius; gli italiani Gianni Amico, Sandro Franchina, Paolo Gobetti).