Vedi TORINO dell'anno: 1966 - 1997
TORINO
Museo Egizio (v. vol. VII, p. 949). - Le origini del Museo Egizio di T. si possono rintracciare intorno al 1630 quando i duchi di Savoia acquistarono la c.d. Mensa Isiaca, una tavola d'altare in bronzo con agemina in argento e rame che, rinvenuta a Roma durante il sacco dei lanzichenecchi, era stata acquistata dal Bembo per passare poi nelle Collezioni Gonzaga. Il pezzo è importante non solo per le sue caratteristiche stilistiche (si tratta di opera romana in stile egizio, probabilmente connessa coll'Iseo Campense), ma anche per il suo rilievo nella storia dell'egittologia. Nel 1759, proprio per l'interesse suscitato da tale «insigne monumento», il re Carlo Emanuele III invia in Egitto Vitaliano Donati, professore di botanica nella Regia Università, ad acquistare antichità per il Museo Universitario, da poco istituito (1724). Da tale spedizione giunsero a T. tre splendide statue tra cui spicca quella in basanite della dea Iside, proveniente da Koptos e datata all'età di Amenophis III. L'interesse per l'Egitto, rimasto vivo nei periodi successivi anche grazie a vivaci confronti tra studiosi circa l'attribuzione di una testa femminile poi rivelatasi secentesca, ha il suo culmine nel 1824, quando su sollecitazione di Carlo Vidua, il re Carlo Felice acquista la collezione di Bernardino Drovetti, un piemontese che, dopo aver seguito Napoleone, era divenuto console di Francia in Egitto.
La collezione composta di oltre ottomila pezzi comprendeva circa cento grandi statue, tra cui soprattutto degne di nota la statua arcaica della principessa Redi e quelle appartenenti al Nuovo Regno di Thutmosis I, Amenophis II e Thutmosis III, di Ramesse II, le sfingi di Ame- nophis III, la statua colossale di Seti I, i gruppi di Aminone e Tutankhamon, di Ḥoremḥeb e Mutnegemet, numerosi sarcofagi con relative mummie, stele itinerarie e votive, papiri, tra cui oltre a numerosi Libri dei Morti, il papiro delle miniere e delle cave dello Wādī Ḥammāmāt, il papiro dei re o canone regio, la pianta della tomba di Ramesse IV, un papiro con scene satiriche ed erotiche. Erano presenti inoltre numerose statuette bronzee di divinità, vasellame e oggetti minori, con una particolare attenzione per la documentazione della vita quotidiana. La collezione, la prima nel suo genere, ambientata fin dal suo arrivo nel Palazzo guariniano dell'Accademia delle Scienze e arricchita da altri acquisti e da doni, rivelò ben presto, rispetto alle raccolte che andavano allora formandosi, le gravi lacune della sua documentazione, risalente soprattutto al Nuovo Regno e all'età tarda e proveniente per la maggior parte dalla zona di Tebe. A colmare tali lacune provvide il nuovo direttore (1894) Ernesto Schiaparelli che dapprima con acquisti (1898) e successivamente, tra il 1903 e il 1920, con scavi in località oculatamente prescelte, riuscì a dotare il museo di oltre diciassettemila pezzi provenienti in parte da siti illustri e connessi con la corte regale come Gīza, Eliopoli, Tebe (Valle delle Regine e Deir el-Medīna), in parte da località provinciali (Gebelein, Asyūṭ, Qaw el-Kebir, Ašmunein) di grande interesse per le singolarità del linguaggio figurativo, vivacemente innovativo rispetto all'aulica compostezza dei modelli classici.
Tra i trovamenti più importanti, ora riproposti in Museo, si citano la tomba intatta dell'architetto Kha e della moglie Merit da Deir el- Medīna (XVIII dinastia) con il suo straordinario corredo di mobili, tessuti, vasellame, cibarie, oggetti della vita quotidiana; i complessi di Gebelein (le tombe degli Ignoti, V dinastia; di Iti, VI dinastia; di Ini, X dinastia, con i loro corredi, le pitture della tomba di un altro Iti, XI dinastia, con scene rituali e di vita quotidiana), di Asyūṭ, di Qaw el-Kebir. Da quest'ultima località provengono i brandelli, tuttora impressionanti pur nella loro frammentarietà, di tombe monumentali appartenenti a principi locali contemporanei degli ultimi sovrani della XII dinastia. Gli scavi, proseguiti da Giulio Farina tra il 1930 e il 1937, portarono a T. da Gebelein una tela preistorica con pittura di barche e di danze funebri, un unicum di straordinaria importanza.
L'ultimo arricchimento del museo, dono dell'Egitto all'Italia quale segno di riconoscimento per l'attiva partecipazione del nostro paese alla campagna UNESCO di salvataggio della Nubia, è il tempio rupestre di Ellesiya, tagliato da Thutmosis III e ora ricostruito nel museo. Dal 1985 sono in corso, e in parte sono già terminati, grandi lavori di ristrutturazione che, oltre a fornire maggiori spazi all'esposizione, permetteranno di ordinare i reperti secondo criteri più aderenti a quelli della moderna museologia.
Bibl.: S. Curto, Storia del Museo Egizio di Torino, Torino 19903; A. M. Donadoni Roveri, Il Museo Egizio di Torino, in S. Donadoni, S. Curto, A. M. Donadoni Roveri, L'Egitto dal mito all'Egittologia, Milano 1990, pp. 224- 277, 281-283.