TORNABUONI
– La famiglia Tornabuoni ebbe origine a Firenze il 19 novembre 1393, quando Simone di Tieri di Ruggero Tornaquinci decise di costituire un casato autonomo lasciando il gruppo dei magnati, dichiarandosi popolano, cambiando nome e insegne araldiche.
La ragione di tale scelta risiedeva nella volontà di accedere nuovamente alle cariche pubbliche precluse al ceto magnatizio fiorentino dalla fine del XIII secolo. La chiusura della classe politica, definita da allora in poi nella sua fisionomia sociale da criteri estremamente selettivi, aveva causato sul lungo termine l’esiziale diminuzione numerica degli eleggibili, mettendo in discussione i principi di ampia mobilità sociale e di consenso dal basso che erano alla base del reggimento. La provvisione dell’11 agosto 1361 aveva posto rimedio alla preoccupante situazione, offrendo l’opportunità ai magnati, su base volontaria, di confluire nel gruppo dei popolani e regolamentando i passaggi. Nei trent’anni successivi, i Tornaquinci utilizzarono reiteratamente l’occasione dando origine a ben cinque nuove famiglie e costituendo un caso eccezionale in tal senso, registrato dai cronisti contemporanei e dai genealogisti posteriori. I Tornabuoni furono gli ultimi in ordine di tempo a compiere la scelta di allontanarsi dal ceppo comune, decisione maturata in Simone di Tieri probabilmente in seguito alla stesura, nel 1377, di una nuova lista nella quale i Tornaquinci, qualificati espressamente come magnati, erano indicati come influenti e inamovibili esponenti del patriziato guelfo.
Tutti i cinque nuovi casati conservarono tuttavia un richiamo araldico e onomastico ai Tornaquinci, dimostrando in tal modo, nonostante l’ineccepibile lealtà al governo di Popolo, di voler mantenere «saldamente i legami di consorteria al di là delle separazioni» (Klapisch-Zuber, 2009, p. 241). I Tornabuoni furono sicuramente i più espliciti nella scelta del cognome che conservasse il riferimento alla loro origine, ma le scelte compiute dai discendenti di Simone Tornaquinci evidenziarono un piano preciso e lungimirante di promozione familiare all’interno delle magistrature di Popolo.
Simone di Tieri morì il 3 dicembre 1393 e fu quindi compito dei figli, Francesco, Filippo e Niccolò, realizzare le aspettative paterne. I Tornabuoni rimasero ad abitare nello stesso quartiere di origine, Santa Maria Novella, limitandosi a spostare gli interessi immobiliari verso l’Arno e ponendo la loro residenza nel Gonfalone del Leon Bianco, il secondo più ricco di Firenze secondo il rilevamento catastale del 1427.
Pur non essendoci giunto un compatto corpus documentario relativo agli affari economico-finanziari dei Tornabuoni, sappiamo, grazie ai rapporti epistolari intrattenuti con Francesco Datini, che essi possedevano una società con filiali a Bruges e a Londra fino ai primi decenni del Quattrocento. Anche la loro politica matrimoniale, volta a stringere legami parentali con i Guadagni, Alessandri, Pandolfi, Pitti e Medici, testimonia il progetto di inserirsi all’interno dell’élite mercantile fiorentina. La volontà di entrare nel novero dei casati più influenti fu declinata dai Tornabuoni in diversi ambiti di intervento: la mercatura, la politica, l’evergetismo e, in misura minore e cronologicamente più tarda, la carriera ecclesiastica. Il punto di contatto fra le varie strade di affermazione furono i Medici, con i quali i Tornabuoni strinsero legami di parentela sino dai primi anni del XV secolo, molto tempo prima dell’inizio del regime instaurato da Cosimo il Vecchio.
Il celeberrimo matrimonio fra Lucrezia (v. la voce in questo Dizionario) di Francesco Tornabuoni e Piero di Cosimo de’ Medici fu solo l’ultimo in ordine di tempo: infatti, nel 1414 Filippo di Simone Tornabuoni aveva concesso in sposa la figlia Sandra a Giuliano di Averardo de’ Medici, nel 1428 il figlio Simone celebrò le sue nozze con Laudomia di Nicola de’ Medici. Quando nel 1434 Cosimo de’ Medici assunse la guida politica di Firenze, i Tornabuoni si trovarono quasi automaticamente a far parte del gruppo dirigente, realizzando così il lungimirante progetto che aveva guidato tanti anni prima la scelta di Simone Tornaquinci.
La strategia di affermazione della famiglia è comunque facilmente leggibile, già nella prima metà del secolo, analizzando i diversi ambiti di attività pubblica. Se infatti Francesco Tornabuoni (v. la voce in questo Dizionario) fu impegnato quasi esclusivamente nell’attività diplomatica, i discendenti del fratello Filippo, morto prematuramente nel 1402, si dedicarono a consolidare la presenza dei Tornabuoni nelle magistrature dello Stato fiorentino. Filippo di Filippo fu ripetutamente membro della Signoria al pari dei suoi tre figli, Giovansimone, Antonio e Giovanfrancesco, estratti tra i priori e i Dodici buonuomini nei decenni centrali del Quattrocento. Il conseguimento del gonfalonierato di Giustizia, la massima carica istituzionale di Firenze, fu appannaggio dei discendenti di Francesco Tornabuoni, in particolare Niccolò, Filippo e Giovanni, che ricoprirono l’incarico in diverse occasioni fra il 1468 e il 1483, non casualmente nel periodo del governo di Lorenzo de’ Medici.
È anche da evidenziare che l’impegno negli uffici intrinseci si accompagnò a un graduale abbandono degli incarichi diplomatici, quasi interamente concentrati nell’azione di Francesco Tornabuoni e del nipote Filippo di Filippo agli inizi del Quattrocento. Nei decenni successivi la famiglia, salvo sporadiche missioni affidate a Giovanni di Francesco, sembrò disinteressarsi della pratica diplomatica per dedicarsi esclusivamente alla politica interna. La scelta fu dettata, con buona probabilità, soprattutto in età laurenziana, dalla natura particolare del governo mediceo che rafforzò i legami di parentela e di clientela come elemento costitutivo dell’oligarchia riunita intorno al Magnifico e, al tempo stesso, incentivò la presenza costante dei suoi più leali e affidabili alleati nelle magistrature cittadine.
A Giovanni di Francesco Tornabuoni, fratello minore di Lucrezia, spettò invece il compito di proseguire l’impegno della famiglia in campo mercantile e di inserire il nome dei Tornabuoni nella luminosa stagione della committenza artistica e architettonica del tardo Quattrocento. La carriera di Giovanni fu legata in modo inscindibile alle alterne fortune finanziarie dei Medici, riscuotendo la fiducia di quattro generazioni della famiglia egemone, da Cosimo il Vecchio a Piero il Fatuo figlio di Lorenzo il Magnifico. Tornabuoni operò sulla piazza romana per oltre trent’anni, dal 1464, quando divenne il direttore della locale filiale del Banco Medici, al 1497, anno in cui, dopo il declino politico e l’espulsione dei Medici da Firenze, fallì il suo estremo tentativo di salvare ciò che restava del Banco.
Non è rimasta alcuna traccia documentaria contabile delle operazioni economico-finanziarie del Banco Medici di Roma, pertanto la loro ricostruzione si basa esclusivamente «sulle superstiti lettere del Tornabuoni ai maggiori» (De Roover, 1970, p. 315). Dal materiale epistolare, anch’esso incompleto, si deduce la lealtà di Giovanni Tornabuoni verso i Medici e il ruolo di rilievo che egli rivestì all’interno del loro sistema affaristico, soprattutto nei decenni in cui le attività del Banco venivano poste dai Medici al servizio della crescente influenza politica. Nel 1466 la filiale di Roma agì da intermediario in relazione all’appalto per lo sfruttamento delle allumiere di Tolfa; nel 1468 Giovanni Tornabuoni condusse le trattative per il matrimonio del nipote Lorenzo de’ Medici con Clarice Orsini; venti anni dopo entrò nella nuova società fondata per salvare dalla bancarotta il Banco Medici di Lione; nel 1489 partecipò all’analoga operazione volta a evitare il fallimento della filiale di Napoli.
Giovanni Tornabuoni si pose sulle orme dei Medici anche per le attività evergetiche: acquistò il patronato della cappella maggiore della basilica di S. Maria Novella e fu il committente del relativo ciclo di affreschi, affidandone l’esecuzione a Domenico Ghirlandaio, molto attivo pure a Roma all’inizio degli anni Ottanta del Quattrocento. I dettagli della realizzazione dell’opera ci sono noti grazie al contratto che disciplinava i rapporti tra l’artista e Tornabuoni e, nonostante il tema religioso prescelto, la cappella, come dettava l’usanza quattrocentesca, fu concepita ed eseguita come una sontuosa galleria di ritratti di famiglia, inserendo così il gusto artistico dei Tornabuoni nella coeva temperie culturale che prevedeva – anzi raccomandava, secondo i consigli di Leon Battista Alberti – l’uso massivo e costante della ritrattistica dei committenti.
Alla cappella lavorò anche un giovanissimo Michelangelo Buonarroti e l’inaugurazione ebbe luogo il 22 dicembre 1490, quando i Tornabuoni godevano ormai da molto tempo di un solido prestigio in termini di visibilità politica, ricchezza economica e sfarzo residenziale. La nuova dimora di famiglia, ubicata nella via fiorentina che ancora oggi è a loro intitolata, fu commissionata da Giovanni Tornabuoni all’architetto Michelozzo Michelozzi, nei decenni precedenti progettista del palazzo Medici.
L’edificio, oggi totalmente modificato nell’aspetto esteriore e nell’assetto strutturale, era già terminato all’inizio degli anni Settanta del Quattrocento e della magnificenza dei suoi interni possediamo un’idea precisa grazie all’inventario stilato nel 1498 dopo la morte di Giovanni Tornabuoni e del figlio Lorenzo.
Anche la carriera ecclesiastica e il più profondo radicamento a Roma furono per i Tornabuoni emanazione diretta del legame con i Medici e dell’azione dei due pontefici Leone X e Clemente VII. Ancora una volta spettò ai discendenti di Francesco Tornabuoni mantenere inalterato l’onore della famiglia, raggiungendo la massima carica municipale romana quando, nel 1527, Clemente VII conferì a Simone Tornabuoni, cugino di Lorenzo il Magnifico e quindi zio del papa, la dignità senatoria da lui esercitata ininterrottamente sino al 1534. Il fratello di Simone, Giuliano Tornabuoni, fu allo stesso tempo castellano di Castel Sant’Angelo e vescovo di Saluzzo dal 1516 al 1530, mentre il nipote Alfonso (v. la voce in questo Dizionario) ne fu il successore alla cattedra vescovile piemontese sino al 1546, quando fu trasferito, probabilmente su suggerimento del granduca Cosimo I de’ Medici, alla guida della diocesi di Borgo Sansepolcro, della quale, fino a pochi anni prima, era stato titolare il cugino Leonardo di Lorenzo Tornabuoni.
La famiglia Tornabuoni si estinse nel XVII secolo.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 5004, c. 312r; Archivio di Stato di Firenze, Catasto, 77, cc. 383r-390r; 369, cc. 411r-422v; 621, cc. 526r-527v; Magistrato dei Pupilli avanti il Principato, 181, cc. 146v-148r; Manoscritti, 421: Piero di Giovanni Monaldi, Historia della Città di Firenze e della nobiltà de’ Fiorentini, cc. 115rv; Notarile antecosimiano, 13186, cc. 159r-160r; Provvisioni, Registri, 49, c. 1r; Tratte, 78, c. 21r; 79, c. 118v; 630, cc. 22r, 43rv; Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, cl. XXVI, cod. 131, c. 269r; Marchionne di Coppo Stefani, Cronica fiorentina, a cura di N. Rodolico, in RIS, XXX, Città di Castello 1903, rubrica 843, p. 364.
G. Pampaloni, I Tornaquinci, poi T. fino ai primi del Cinquecento, in Archivio storico italiano, CXXVI (1968), pp. 331-362; R. De Roover, Il Banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, pp. 303, 315-320, 373, 443, 538; R. Goldthwaite, Wealth and the demand for art in Italy. 1300-1600, Baltimore-London 1993, p. 145; E. Plebani, I T. Una famiglia fiorentina alla fine del Medioevo, Milano 2002, passim; Ch. Klapisch-Zuber, Ritorno alla politica. I magnati fiorentini. 1340-1440, Roma 2009, pp. 240 s.; V. Mazzoni, Accusare e proscrivere il nemico politico. Legislazione antighibellina e persecuzione giudiziaraia a Firenze (1347-1378), Pisa 2010, p. 106; F. Guidi Bruscoli, Mercanti-banchieri fiorentini tra Londra e Bruges nel XV secolo, in «Mercatura è arte». Uomini d’affari toscani in Europa e nel Mediterraneo tardomedievale, a cura di L. Tanzini - S. Tognetti, Roma 2012, pp. 11-44; F.W. Kent, ‘Lorenzo... amico degli uomini da bene’: Lorenzo de’ Medici and oligarchy, in Id., Princely citizen. Lorenzo de’ Medici and Renaissance Florence, a cura di C. James, Turnhout 2013, pp. 227-244; E. Plebani, Giuliano e Alfonso Tornabuoni vescovi di Saluzzo alla corte dei Medici (1516-1546), in Saluzzo città e diocesi. Cinquecento anni di storia, in Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, CIL (2013), 2, pp. 229-242; G. Busi, Lorenzo de’ Medici. Una vita da Magnifico, Milano 2016, pp. 44 s., 56 s.