TORY e WHIG
. Con la denominazione di tory, nella vita politica e parlamentare dell'Inghilterra si distinse la corrente dei partigiani del re, della chiesa anglicana, delle tradizioni della proprietà fondiaria e del ceto rurale, in contrapposto con la corrente whig rappresentante la resistenza al sovrano, il principio di tolleranza religiosa, la città di Londra, le ambizioni e gl'interessi di carattere commerciale, marittimo e coloniale.
Concordi nel comune riconoscimento della costituzione e della chiesa nazionale, tories e whigs non si trovarono gli uni contro gli altri se non per dissensi più di grado che di principio e se talvolta giunsero anche a contrasti violenti, conservarono la tendenza a non superare mai certi limiti segnati dal comune senso dello stato e da un senso di moderazione politica che ben si esprime in questa osservazione del Macaulay: la gran maggioranza di coloro che si battevano per la corona era contraria al dispotismo; allo stesso modo, la gran maggioranza dei partigiani del diritto popolare era nemica dell'anarchia.
L'origine dei due termini non è ben chiara. Pare tuttavia che si chiamassero tories le bande armate che, dichiarando di difendere il potere regio, infestavano l'Irlanda, verso il 1652, dopo la sottomissione dell'isola da parte del Cromwell. Di lì la parola si sarebbe diffusa come insulto ai partigiani del re, nel corso del conflitto seguito alla denuncia della clamorosa congiura tramata per uccidere Carlo II, nell'intento di travolgere la chiesa anglicana (1678). Non altrimenti i loro avversarî furono detti whigs, con una parola di probabile origine scozzese, forse col significato di predone, o forse da whig, latte acido di cui si nutrivano i contadini, o da touhig, andare in fretta, o dall'inglese wigh, carrettiere. Certo è che dopo quel contrasto drammatico i due partiti che si erano trovati di fronte conservarono come denominazione ufficiale gli epiteti che si erano allora vicendevolmente scagliati. Tories e whigs rimasero cosi per due secoli alla ribalta della storia inglese che fu tutta intessuta della trama dei loro contrasti e del loro avvicendarsi al potere, finché non si giunse a considerare il whig come a tory out of place, come l'uomo contrastante col tory solo quando non si trovava al potere come lui, ma pronto a diventare tory egli stesso, raggiungendo il potere. Con la seconda metà del sec. XIX e col sorgere di nuovi partiti (radicale, home-rule, laburista, ecc.) il paesaggio dell'Inghilterra parlamentare assunse tutta una nuova configurazione. Tories e whigs diventarono i conservatori e i liberali della regina Vittoria.
La storia dei rapporti fra tories e whigs cominciò con una vittoria dei tories che, tra il 1679 e il 1681 si batterono perché non fosse escluso dalla successione al trono il duca di York, il futuro Giacomo II. Gli stessi whigs, divisi fra loro dall'ardore che staccava dai più moderati gli estremisti come un Shaftesbury, un Russel, un Cavendish, e sempre più invisi all'opinione pubblica che li teneva come possibili promotori di una nuova guerra civile, favorirono del resto il successo tory. L'amministrazione di Londra cadeva nelle mani di questi, l'università di Oxford diventava il loro centro e bandiva la crociata contro ogni forma di liberalismo. Locke veniva privato della cattedra e prendeva la via dell'esilio, come il suo amico Shaftesbury che andava a morire in Olanda. Lord Essex, imprigionato, si toglieva la vita; lord Russell veniva decapitato. Giacomo II, nel 1685, poteva ascendere indisturbato al trono non più contestatogli: nelle singole città, come nella Camera dei comuni, non sedevano ormai che dei tories.
Ma il successo era effimero. Il nuovo re, incoraggiato dalla posizione di sicurezza che pareva garantirgli il paese, peccò di zelo cattolico, portando all'esasperazione chi vedeva nella Riforma l'espressione dell'indipendenza nazíonale e sovrana. Tories e whigs si trovarono allora concordi nel combattere la stessa battaglia, cosicché la rivoluzione del 1688 vide gli uni schierati accanto agli altri per favorire l'avvento di Maria e di Guglielmo d'Orange.
Questa adesione ai programmi e ai metodi whigs da parte dei tories sembrò rappresentare un successo dei primi.
Era una rivoluzione whig che aveva messo sul trono Guglielmo d'Orange; i whigs quindi avrebbero avuto nelle loro mani il nuovo sovrano. Ma questi non poteva rafforzare il potere e la dinastia se non rinnegando le sue origini liberali e diventando conservatore. I tories si alternarono così ai whigs durante tutto il regno di Guglielmo che contò ora sugli uni e ora sugli altri, mentre gli eventi, spesso avversi, della politica continentale dell'Inghilterra, più di una volta e specialmente sugl'inizî della guerra per la successione di Spagna, favorirono i successi del partito tory, tendenzialmente contrario all'ingerenza inglese negli affari del continente, incoraggiata invece dai whigs.
Il tracollo di questi parve segnato nel 1702, con l'avvento al trono di Anna Stuart, intransigente anglicana e tory tanto in politica quanto in religione; ma il partito tory non seppe resistere nella sua compagine interna davanti al problema della partecipazione inglese alla guerra europea. Nell'impossibilità di assumere davanti al paese la responsabilità di un ritiro dalla guerra, il partito si vide diviso fra i partigiani di una guerra difensiva nei Paesi Bassi e i partigiani di una guerra come la volevano i whigs. Le vittorie di Malborough e la presa di Gibilterra, che apriva al commercio inglese la porta del Mediterraneo, fecero il resto, rappresentando il fallimento della politica tory. Il segretario di stato Nottingham, il cancelliere Wright, il guardiano del sigillo privato Buckingham, il luogotenente d'Irlanda Rochester abbandonarono a uno a uno il potere; le elezioni del 1705 diedero una maggioranza whig e imposero di conseguenza un rimpasto ministeriale che facesse larga parte al partito vincitore, finché nel 1708 il trionfo dei whigs fu completo.
L'invadenza e le ambizioni sconfinate di lord e di lady Malborough, le spese eccessive e certe crudeltà della guerra, che non finiva nemmeno dopo le accettabili offerte di pace proposte da Luigi XIV, rivoltarono però la regina e il popolo contro i whigs a cui il clero rimproverava un'eccessiva tolleranza nei confronti dei presbiteriani scozzesi. L'ora della rivincita tory era sonata: la regina, eliminando lord Kent e chiamando a sostituirlo come suo ciambellano il duca di Shrewsbury, che da eminente capo del partito whig si andava avvicinando al toryismo, iniziò un'opera di progressiva eliminazione dell'elemento whig. Intanto Harley e Saint-John, già ministri tories cari alla regina Anna, andavano preparando con una propaganda brillante le elezioni generali, del cui successo non era più possibile dubitare: a uno a uno i precedenti ministri e dignitarî dovettero cedere il posto ad elementi tories (Harley, Darmouth, Ormond). Rochester ritornò al potere come lord presidente; Saint-John come segretario di stato; e le elezioni diedero alla camera quella maggioranza che già si era affermata nel consiglio (1710). Ma il successo non era ancora completo: bisognava eliminare lord Malborough che troppa parte aveva avuto nella guerra e nella politica precedente e che, con le sue ambizioni di dittatore, era giunto a minacciare la stessa successione sovrana. Malborough poteva ancora contare sulla maggioranza whig nella Camera dei lords, ma la creazione di 12 nuovi pari gli tolse anche quest'ultimo appoggio. Con il trattato di Utrecht (1713) che dava al paese la pace e gli assicurava una posizione politica ed economica di particolare eccellenza, la prosperità e la fede nel diritto divino dei principi ritornarono a regnare nell'Inghilterra, rinsaldando ancora di più la posizione già forte dei tories; ma Giacomo il candidato di questi alla successione al trono che si prevedeva vicina, rifiutava di convertirsi all'anglicanesimo, mentre i due massimi rappresentanti del partito, Harley e Saint-John, si allontanavano sempre più l'uno dall'altro, accostandosi il primo ai whigs moderati, insistendo nell'intransigenza il secondo. Nel 1714, alla morte di Anna Stuart, l'accordo fra tories moderati e il partito whig apriva cosi la successione ai Hannover.
La nuova dinastia segnava, per quasi mezzo secolo, il trionfo dei whigs. Ad essi Giorgio I di Hannover doveva il trono e ad essi rimase sempre legato, imitato in questo dal successore. Ai tories, privati ormai del loro programma stuartiano, non rimase altro che stringersi intorno ai Hannover, come già avevano fatto intorno agli Orange, e combattere in nome della nuova dinastia una lotta che giunse anche a clamorose manifestazioni ma che non riuscì a travolgere le posizioni avversarie. Solo con Giorgio III (1760), allevato alla lettura degli scritti di Bolingbroke e di Blackstone, tutto imbevuto di principî assolutistici e legalistici, i tories ritornarono alla ribalta; ma il nuovo re sostituì al principio dei ministri di uno stesso colore politico, caro ai due sovrani che lo avevano preceduto, quello della scelta fra gli uomini giudicati migliori, senza riguardo al partito. Ciò nonostante, gli orientamenti di questo sovrano, anche se più volte furono favorevoli ai whigs, finirono con propendere per i tories, proprietarî di terre (landed men), piuttosto che per i whigs, rappresentanti della ricchezza mobiliare (moneyed men), meno vicini alla sua sensibilità politica e ai suoi ideali domestici. Gl'inizî del regno di Giorgio III, che, per le sue preferenze veniva volentieri caricaturato in tenuta campagnola, coincidevano del resto con gli anni che segnavano in Francia gl'inizî e le prime affermazioni della scuola fisiocratica; in Francia, sulla base del naturalismo agrario dei fisiocratici si giungeva al liberalismo commerciale; in Inghilterra il torysmo sovrano portava alla collaborazione liberale dei whigs.
Dopo il 1783, nel più grande ministro di Giorgio III, il giovane Pitt, tories e whigs riuscirono peraltro a vedere ugualmente il loro capo. Ciò finì con rappresentare una specie di nuovo spirito tory che rimase a lungo dominante in Inghilterra, spirito fatto di lealismo moderato, di conservatorismo, di ambizione nazionale, di simpatia per un potere forte nelle mani di un uomo.
La rivoluzione francese favorì in Inghilterra l'esasperazione dei due partiti, ma tolta una breve parentesi dopo la morte di Pitt (1806), i tories riuscirono a tenere testa ai loro avversarî, rafforzando sempre di più il loro potere attraverso ai successi riportati dall'Inghilterra sulla Francia napoleonica.
Nel 1814 la disfatta francese segnò l'apoteosi del partito e gli assicurò un'influenza eccezionale e una continuità di potere che si protrasse per oltre quindici anni.
Favorevole in politica estera alla Santa Alleanza e alla politica d'intervento, come lo era stato alla causa dei Borboni, ostile alla rivoluzione greca, il partito tory, fedele rappresentante del ceto agrario, fu protezionista in economia quando si trattò di ostacolare l'importazione dei grani francesi resa possibile dalla fine delle guerre napoleoniche, ma attenuò i suoi caratteri estremi, facendosi riformista dopo la morte di Castlereagh (1822), cioè con l'affermazione di lord Canning, paladino di un toryismo temperato che, se conservava i suoi caratteri aristocratico-parlamentari, si schierava tuttavia apertamente contro la politica inglese nella Santa Alleanza, non nascondeva le sue preferenze per i partiti costituzionali dell'Europa e dichiarava le sue simpatie per gl'insorti greci e per le colonie che, liberatesi dalla Spagna, aprivano nuovi orizzonti al commercio britannico.
Col 1830 la rivoluzione francese di Luigi Filippo segnò il risveglio del partito whig che vide ripetersi in Francia i successi della rivoluzione del 1688. Proprio in quell'anno la caduta del gabinetto Wellington segnò in Inghilterra il definitivo ritorno dei whigs al potere. Ai tories restò il solo ruolo di partito d'opposizione parlamentare.
Il partito tory diede alla letteratura politica inglese un giornale come l'Examiner in cui, con Harley e Saint-John si batté pure J. Swift. Accanto a tutta una libellistica pedagogica e d'occasione, animò poi il pensiero di David Hume, trovò in Wordsworth l'esaltatore decadente del governo retrogrado, in Walter Scott l'evocatore e coloritore di tradizioni a uso dell'aristocrazia deliziata di passato.
Furono invece per i whigs D. De Foe, la parola fascinatrice di E. Burke, nonché sir Richard Steele e Joseph Addison, con i loro periodici, il Tatler e lo Spectator, oltre alla Edinburgh Reviev, contrapposto whig della Quarterly Review, fondata dai tories nel 1809.
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