TOTEMISMO
Concetto. - Questo termine (per l'origine, v. sotto) designa una certa relazione tra l'uomo e un oggetto della natura, p. es., tra un gruppo umano e una specie naturale. Possono essere totem talvolta le piante, più di rado anche corpi celesti o altri oggetti naturali; ma, in generale, il totem animale è così prevalente che è giustificato il cercare, con B. Ankermann, l'essenza del totemismo in una relazione tra l'uomo e un animale.
Per ben comprendere il totemismo, si deve distinguere il totemismo individuale da quello sociale. Il primo riguarda la relazione tra un singolo uomo e un singolo animale. Esso si trova soprattutto in America e viene detto anche, con termine che deriva dai linguaggi degl'Indiani dell'America Settentrionale, manituismo; o, secondo un'espressione dell'America Centrale, nagualismo. Consiste in ciò, che viene a stabilirsi una relazione tra un giovine e un animale, che da questo momento in poi ne diventa lo spirito protettore. Nell'America Settentrionale tale relazione assume un carattere di estasi o di visione, in quanto il giovine si ritira in un luogo solitario e ivi ha in sogno la rivelazione del suo animale totem. Nel Messico un nagual, o totem individuale, è attribuito anche agli dei (v. nagualismo). È incontestabile il rapporto tra queste concezioni e l'idea dell'"anima esteriore" comune a molte popolazioni primitive: secondo parecchie delle quali essa anima dimora in un animale nella foresta, sicché morendo l'animale, muore anche l'uomo con cui esso è collegato.
Il totemismo sociale si riferisce a un gruppo umano nella sua relazione con una specie animale. La parola totem, nella forma totam, fu introdotta in inglese, derivandola dal linguaggio degli Indiani Ojibwa, da J. Long (Voyages and Travels of an Indian Interpreter and Trader, Londra 1791). Da allora in poi il termine totemismo fu universalmente applicato a un rapporto tra animale e uomo, per cui il primo veglia sul secondo, garantendogli salute e prosperità, mentre da parte sua l'uomo evita di uccidere, o di mangiare, ecc., animali della specie del suo totem. Questo concetto generale ha poi subito nell'etnologia e nella storia delle religioni svariate interpretazioni, tanto da diventare sempre più confuso, malsicuro e indeterminato: uno degli scrittori più autorevoli sul totemismo, J. G. Frazer, sostenne successivamente non meno di tre teorie distinte (v. sotto). Oggi questa confusione è stata notevolmente chiarita e si può dire che la scienza è unanime, almeno su alcuni punti fondamentali.
Come tali si possono considerare i seguenti:
1. nel totemismo si ha una relazione tra il benessere del gruppo e una specie animale: la prolificità e la prosperità degli animali garantiscono, in una maniera mistica, il benessere del gruppo. Questa relazione può condurre altresì, ma non necessariamente: a) all'assunzione del nome dell'animale totem da parte del gruppo; b) alla persuasione che il totem sia stato nell'età delle origini il capostipite della stirpe o del gruppo (cfr. il "palo totemico" - inglese totem pole - degl'Indiani d'America, specie di albero genealogico che reca in alto l'animale totem, e in basso gli antenati: v. america, II, tavola a colori a p. 921). Da questa conseguenza dipende probabilmente anche la spiegazione totemica della generazione, per cui in Australia una donna incinta crede che sia penetrato in lei, per essere rigenerato, il totem antenato oppure un embrione di totem.
2. La concezione totemistica porta con sé alcuni tabu, per cui: a) l'animale totem, di regola, non viene né ucciso né mangiato; tuttavia in particolari circostanze questa regola subisce deroghe, e persino si prepara un banchetto totemico rituale che deve servire a rendere più intima l'unione del gruppo con i suoi protettori. Si ha in questo caso probabilmente una connessione con quel tipo di pasto sacrificale in cui i partecipanti si nutrono insieme di un animale considerato sacro. Un caso particolarmente notevole è l'uso degli Ainu (v.), i quali allevano con grande amore un orsacchiotto, per poi ucciderlo e mangiarlo nella grande festa dell'orso. b) il matrimonio nell'interno del gruppo totemico è vietato e i giovani devono cercarsi un coniuge fuori di esso. Ma questa esogamia non è collegata necessariamente con il totemismo. È diffusa specialmente in Australia.
Per molto tempo si è discusso anche se il totemismo fosse veramente da chiamare una "religione". Mentre una parte degli studiosi ravvisava in esso l'origine di tutte le religioni, da altri veniva contestato ogni suo carattere religioso, perché il totem non è una divinità e non gli viene tributato alcun culto. Anche sotto questo aspetto, la questione si è a poco a poco chiarita: da una parte, si abbandona sempre più l'idea di un "pantotemismo"; dall'altra, si è riconosciuto che il carattere religioso di un fenomeno non dipende dal fatto che le divinità siano onorate con un culto. Il totemismo in tanto è certamente un fenomeno religioso, in quanto ha come scopo una "protezione della vita con mezzi soprannaturali" (K. T. Preuss). Da questa idea dipende anche il cosiddetto "accrescimento" o "aumento" del totem, che in Australia viene perseguito con mezzi magici. Se aumenta il benessere del gruppo animale, aumenta anche il benessere del gruppo umano. In conclusione, si può dire che il totemismo ci mostra un collettivo immergersi nell'essenza di un potere sovrastante, ma insieme da assoggettare.
Il totemismo ha infine anche una grande importanza sociale, sebbene non si esaurisca in ciò. "Quando l'uomo, nello stadio della caccia..., costretto dalla necessità della vita e dalla sua occupazione ogni giorno identica, non pensa che all'animale che è nello stesso tempo il suo avversario e il suo alimento, quando egli in certo qual modo s'identifica con l'animale, è semplicemente naturale che questo contenuto della sua coscienza tenda a una manifestazione" (Ankermann). Così sulla base del totemismo si può costruire un ramificatissimo sistema di classi, come in Australia. Il rapporto di parentela viene considerato in base alla comunanza, non del sangue, ma del totem. I raggruppamenti sociali si formano secondo la maggiore o minore distanza dal totem. Tuttavia, l'elemento sociale nel totemismo è secondario. Esso può anche mancare. L'essenziale è che l'animale costituisca per l'uomo una potenza, della quale egli partecipa: e tale partecipazione egli si sforza di aumentare in ogni modo.
Perciò non ci si deve contentare di rivendicare come totemismo i veri e proprî "sistemi" totemistici, bensì si deve considerare come una forma di totemismo ogni rapporto tra l'uomo e l'animale in cui quest'ultimo si contrappone all'uomo come la "Potenza" dalla quale egli dipende e con la quale egli entra nel più stretto rapporto. Quando la tribù Bantu dei Ba-ronga dice del bufalo "tutta la nostra vita dipende da lui", questo è per lo meno un embrione di totemismo, anche se il "sistema" manchi; e quando gli Amandebele dell'Africa meridionale rifuggono dal mungere una certa mucca, perché non si deve mungere "la propria madre", questo è per lo meno un embrione di totemismo genealogico, o sociale, anche se manchi qualsiasi sistema di gruppi o classi totemiche. Sotto questa luce si devono finalmente considerare anche gli svariati elementi "totemistici" delle religioni semiprimitive o superiori, come, per es., la credenza egiziana che il faraone fosse uno sparviero (Horus) e sparvieri erano i suoi antenati.
Distribuzione. - Divisi i popoli in civili, semicivili e selvaggi, il totemismo non s'incontra chiaramente che fra questi ultimi, anzi solo presso una parte di essi, poiché la distribuzione del totemismo risulta la seguente:
1. Nella maggior parte dell'America Settentrionale, dove il suo dominio costituisce un blocco unico dall'Alasca alla Florida; ne sono esclusi, tuttavia, l'estremo Nord, abitato dagli Eschimesi, una zona isolata nella regione delle pianure centrali, e la regione californiana occupata principalmente dagli Shoshoni. Nell'America Centrale e in quella Meridionale il totemismo non si osserva che in pochi punti lontani l'uno dall'altro.
2. Nell'Oceania, in tutta l'Australia e in buona parte della Papuasia, come pure in alcuni punti dell'Indonesia.
3. In diverse regioni dell'India e specialmente nella parte centro-orientale.
4. In numerose zone isolate dell'Africa negra, tanto fra popolazioni bantu quanto fra quelle sudanesi.
Poiché questo fatto interessa tanto la geografia quanto la storia delle civiltà, si è pensato di cercare sopravvivenze del totemismo presso popolazioni semicivili e civili odierne (Berberi dell'Africa minore, l'orso di Berna in Svizzera) e presso quelle del passato (antico Egitto, antica Creta, antica Grecia); ma se numerose tracce possono far supporre un totemismo antico, non esiste però alcun sintomo assolutamente dimostrativo. Così una teoria etnologica moderna (v. eliolitica, cultura) tende a ritenere che tutti i fenomeni della civiltà, posteriori allo stadio della semplice raccolta, siano sorti in Egitto e di qui poi diffusi, e allo stesso focolare attribuisce, per conseguenza, anche l'origine del totemismo: ma la teoria appare poco fondata.
La scuola dei cicli culturali ha messo in rilievo invece due fenomeni di capitale importanza. Il primo consiste nel fatto che tutte le popolazioni più primitive ignorano completamente il totemismo, e cioè: i Boscimani, gli Ottentotti, i Negrilli o Pigmei dell'Africa, oltre a numerose tribù negre; le popolazioni veddoidi di Ceylon e della Penisola di Malacca; gli Andamanesi, i Semang di Malacca e gli Aeta delle Filippine, vale a dire tutti i Negritos o Pigmei d'Asia; alcune tribù indonesiane molto selvagge (e anche quelle relativamente civilizzate) e certe tribù papuasiche specialmente occidentali; quasi tutta l'America Meridionale le cui tribù sono nel complesso notevolmente più primitive di quelle dell'America Settentrionale, dove d'altra parte le più primitive, quelle californiane, ignorano pure il totemismo; tutti gl'Iperborei, dagli Eschimesi ai Lapponi. Così si può dire che, nel complesso, le culture inferiori ignorano completamente il totemismo, il quale si riscontra soprattutto fra le medio-inferiori.
Ma lo studio culturale permette di arrivare a una conclusione ancor più precisa. Esso ci fa constatare che il totemismo è accompagnato generalmente da varî elementi, alcuni dei quali non hanno alcun legame causale col totemismo stesso, ma lo accompagnano, a preferenza di altri elementi culturali, ciò che permette di delimitare un complesso o ciclo culturale, che dall'importanza assunta in esso dal totemismo ha ricevuto il nome di ciclo culturale totemico (v. culturali, cicli).
Non bisogna confondere questo ciclo (o cultura o complesso) totemico i cui elementi si sono raggruppati occasionalmente e si sono conservati insieme per tradizione, col totemismo stesso, i cui elementi, menzionati da principio, formano un tutto e psicologicamente rappresentano un insieme. D'altra parte, la questione se la cultura totemica provenga da una sola area di origine o sia sorta in più punti, non è ancora risolta; se l'origine è multipla, il che sembra piuttosto dubbio, il totemismo non potrebbe comunque essere sorto che in un numero molto limitato di regioni, cioè quelle dove tale cultura è disseminata o diffusa: Africa, India, Oceania, America Settentrionale.
Storia degli studî. - Le spiegazioni che si sono date del totemismo sono state numerose e svariatissime: A. van Gennep, nel 1920, ne prendeva in considerazione non meno di una trentina. Questa varietà deriva in gran parte dal fatto che per molto tempo ha dominato la tendenza a considerare come essenziale, o almeno principalissimo, uno solo dei varî elementi sopra indicati, il che ha prodotto anche le discussioni circa la natura religiosa del totemismo; ma anche dal fatto che le successive investigazioni etnologiche hanno per un tempo considerevole messo gli studiosi di fronte a una serie di fatti nuovi.
I primi fenomeni totemici con i quali la scienza è venuta in contatto furono quelli dell'America Settentrionale; attraverso non solo J. Long, ma un capo Ojibwa divenuto ministro metodista, P. Jones (History of the Ojibway Indians, Londra s. a., ma postumo, cioè dopo il 1856) e un missionario francese, il sulpiziano Thavenet (1763-1845), vissuto a lungo (1794-1815) nel Canada. Ma già nel 1841 sir George Grey (Journal of two expeditions in N. W. and W. Australia) attirava l'attenzione sulla somiglianza fra il totem nordamericano e il kobong australiano.
Tuttavia solo in seguito a una serie di articoli di J. F. Mc Lennan (The worship of animals and plants, in Fortnightly. Review, 1869-70) che considerava il totemismo soltanto come una forma, più sistematica, di zoolatria, il fenomeno attirò l'attenzione di etnologi e storici della religione: così H. Spencer cercò di spiegare il totemismo in connessione con il manismo o culto degli antenati (l'antenato che per certe sue doti avrebbe ricevuto un soprannome animalesco, sarebbe stato poi ritenuto un vero animale), e F. Max Müller con la sua teoria "linguistica" (il totem, in origine semplice emblema, sarebbe divenuto poi un nome, quindi nome di un antenato, infine nome dell'oggetto del culto). D'altra parte W. Robertson Smith elaborava, con particolare riguardo ai popoli semitici, la sua teoria del pasto sacrificale di comunione, che rappresentava anche un tentativo di ravvisare una fase totemistica presso popolazioni dell'antichità; e G. A. Wilken ed E. B. Tylor spiegando il totemismo attraverso la credenza nella reincarnazione delle anime in corpi di animali, cercavano di ricollegarlo con l'animismo (v.) e il culto degli antenati. Dello stesso tipo era la prima delle teorie di J. G. Frazer, che faceva dipendere il totemismo dalla credenza nell'"anima esteriore". Siffatta concezione "individualistica" del totem è comune anche ad altri etnologi, come A. Fletcher e C. Hill Tout (in Journ. of the Anthropol. Institute, XXXIV, 1904) che riportano il totemismo alla credenza degl'Indiani nordamericani in uno "spirito guardiano" (manitu, sulia).
Ma nel frattempo venivano resi meglio noti, attraverso le indagini di B. Spencer e F. J. Gillen, i fatti australiani e in particolare le speciali cerimonie intichiuma (v., e v. australia: La popolazione indigena): nelle quali dapprima si ravvisò una conferma della teoria di W. R. Smith, ma che lo stesso B. Spencer (Some remarks on totemism, in Journ. of fhe Anthropol. Institute, XXVIII) e J. G. Frazer (Observations on Central Australian totemism, ibid., XXVIII) interpretavano invece in senso utilitaristico, come dirette principalmente a ottenere la moltiplicazione, con mezzi magici, di certi animali (o piante) utili.
Una modificazione, in fondo, della teoria di F. Max Müller era quella proposta da J. Pikler e F. Somlò (Der Ursprung des Totemismus, Berlino 1900) che consideravano come elemento principalissimo il nome animale assunto dal gruppo totemico: il quale in origine avrebbe designato sé stesso mediante un emblema (tratto da un oggetto facile a disegnare, come un animale), poi confuso col gruppo stesso, che si sarebbe ritenuto disceso dall'animale e lo avrebbe venerato. Non molto dissimile, la teoria di A. Lang secondo il quale il nome, o il nomignolo, animalesco, assunto dall'orda primitiva o attribuitole e da essa accolto, avrebbe generato la credenza in un rapporto mistico tra l'animale e il gruppo stesso. A. C. Haddon (Report of 72d Meeting of Brit. Assoc. f. the Advancement of Science, 1902) additava l'origine del totemismo nel fatto che un piccolo gruppo umano, vivente in un'area ristretta nella quale abbondava un determinato genere animale, - del quale conosceva perfettamente i costumi, onde l'idea di un certo rapporto - anziché consumarli tutti per la propria alimentazione, ne avrebbe conservato una parte, per scambiarli con altre cose utili.
A sua volta E. Durkheim (Les formes élémentaires de la vie religieuse, Parigi 1912), proponeva una spiegazione in base ai concetti generali della sua scuola "sociologica". Il totem non sarebbe che la forma sensibile assunta (ciascun gruppo ricorrendo alla specie più abbondante nel suo territorio e pertanto ritenuta come dotata di maggior energia vitale) dalla forza impersonale nota come mana (v.): esso sarebbe il simbolo della società stessa, l'emblema con cui il clan totemico si designa e attraverso il quale esprime la sua personalità: emblema sacro, come sacro è il gruppo sociale stesso, il quale con la sua stessa azione sugl'individui è già capace di per sé stesso di suscitare in essi l'idea del divino. Onde la riaffermazione del carattere essenzialmente religioso del totemismo: anzi religione più primitiva fra tutte, in quanto parallela all'organizzazione sociale più primitiva, in cui il vincolo tra i componenti del gruppo consiste solo nel possedere lo stesso totem.
Si può anche ricordare la teoria psicoanalitica di S. Freud (Totem und Tabu, Vienna 1913; traduzione italiana, Bari 1930) la quale con gli elementi proprî della psicanalisi combina la teoria del pasto sacrificale di comunione: il totem sarebbe, cioè, per l'inconscio, una sostituzione del padre arcaico; nell'"orda primitiva" supposta da Atkinson e Darwin, i figli avrebbero ucciso e divorato il padre; poi, sia in rapporto ai loro sentimenti di "ambivalenza" affettiva (amore e odio a un tempo) verso il padre, sia per motivi di conservazione sociale, avrebbero spostato su di un animale il successivo divieto di rinnovare l'atto; che, tuttavia, sarebbe ogni tanto ricordato ed esaltato appunto nel pasto sacrificale.
Ma già J. G. Frazer aveva pubblicato la sua grande opera (v. Bibl.), preziosa raccolta di materiale, in cui egli esponeva la sua terza teoria "concezionale" che ricollega il totemismo alla cosiddetta lucina sine concubitu, cioè alla spiegazione della generazione, indipendentemente da rapporti sessuali (v. sopra). Ancora nel 1916 F. Boas (The origin of Totemism, in American Anthropologist) insisteva di nuovo sulla connessione tra esogamia e totemismo, ravvisando però in quest'ultimo il carattere di un fenomeno complesso.
A poco a poco si veniva però affermando la tendenza a non ricercare più la genesi del totemismo e la spiegazione di esso in uno solo dei suoi aspetti. E Reuterskiöld (v. Bibl.), per spiegare il senso di un rapporto tra il gruppo umano e la specie animale, ricorreva bensì alla convivenza nel medesimo territorio e a concetti utilitaristici, ma in pari tempo riconosceva che la base di questo sentimento sia da ricercare nella mentalità primitiva, in quanto il primitivo non si distingue bene dagli altri esseri viventi e, là dove ravvisa una somiglianza, stabilisce un rapporto d'identità. Allo stesso modo, R. Thurnwald (Die Denkart des Totemismus, in Sitzungsber. der XL Versammlung der deutsch. anthropol. Gesellsch., 1911) ricorreva alla spiegazione utilitaria e a quella "concezionale" più che altro per spiegarsi il "modo di pensare" totemistico; e A. A. Goldenweiser (The origin of Totemism, in American Anthropologist, 1912) insisteva soprattutto sull'idea dell'associazione o combinazione di elementi, o "sintomi" o "principî" diversi, dapprima manifestantisi in piccoli gruppi. poi divenuti "modelli" (patterns) diffusi fra tutti i clan di un gruppo sociale, in ciascuno dei quali questi elementi verrebbero "socializzati" e fino alla formazione definitiva di un'organizzazione totemica. Per suggerimento dello stesso Goldenweiser e in seguito anche alla discussione del problema alla "Semaine religieuse" di Lovanio (1912), W. Schmidt organizzava una specie di consultazione tra specialisti nella sua rivista Anthropos; mentre anche altri studiosi, quali A. Van Gennep (v. Bibl.) e A. Loisy (La cosmogonie des Arunta, in Rev. d'hist. et de littér. relig., 1914; Les rites totémiques des naturels australiens, ibid., 1920) ricorrevano anch'essi a spiegazioni complesse, che in qualche modo cercavano di fondere insieme le diverse concezioni univoche (cioè i varî elementi assunti volta a volta come essenziali).
Sopite le prime, e talvolta vivaci, polemiche svoltesi sull'argomento si stabiliva così un notevole grado di accordo tra gli studiosi, mentre la scuola "storica" nel campo dell'etnologia assumeva il totemismo come forma caratteristica, tale da dare il nome a un intero ciclo culturale (v. culturali, cicli, XII, p. 106).
Bibl.: J. G. Frazer, Totemism and Exogamy, voll. 4, Londra 1910; E. Reuterskiöld, Till frågan om uppkomsten af sakramentala måltider, Upsala 1908, trad. ted. Die Entstehung der Speisesakramente, Heidelberg 1912; id., Der Totemismus, in Archiv f. Religionswissenschaft, XV (1912); B. Ankermann, Verbreitung und Formen des Totemismus in Afrika, in Zeitschr für Ethnol., XLII (1915); id., Die religionsgeschichtliche Bedeutung des Totemismus, in Neue Jahrbücher (1917); Thomas, Gräbner, Goldenweiser, Ankermann, Schmidt, Thurnwald, Meier, Pancritius, Das Problem des Totemismus, in Anthropos, X-XI, XIV-XV (1915-16, 1919-20); A. van Gennep, L'état actuel du problème totémique, Parigi 1920; W. Schmidt e W. Koppers, Völker und Kulturen, I: Gesellschaft und Wirtschaft der Völker, Ratisbona 1924; K. Th. Preuss, Totemismus, in Die Religion in Geschichte u. Gegenwart, 2a ed., V, Tubinga 1931; G. van der Leeuw, Phänomenologie der Religion, ivi 1933; H. Niggemeyer, Totemismus in Vorderindien, in Anthropos, XXVIII (1933); G. Montandon, Traité d'éthnologie culturelle, Parigi 1934; A. M. Hocart, Les progrès de l'Homme, ivi 1935; R. Lowie, Traité de sociologie primitive (trad. dall'inglese), ivi 1935; R. R. Marett, Head, Heart and Hands, Londra 1935.