TOURNUS
Cittadina della Francia centro-orientale (dip. Saône-et-Loire), posta nella Borgogna meridionale, sulla riva destra del fiume Saône. Nell'875 Carlo il Calvo fece dono dell'abbazia di Saint-Valérien, del castrum e della villa di T. ai monaci che, partiti dall'isola di Noirmoutier con le preziose reliquie di s. Filiberto, fuggivano le invasioni normanne.L'attuale topografia della città riflette l'originaria presenza di due poli di sviluppo: a N gli edifici dell'abbazia sovrastano il fiume Saône; a S la chiesa e il quartiere della Madeleine (antica chiesa di Sainte-Marie-du-Châtel) occupano l'area del castrum antico e si ergono su di un'altra altura. Tra i due poli, lungo un asse N-S parallelo al corso del fiume, si sviluppò durante l'Alto Medioevo un insediamento intermedio che comportò la creazione della parrocchiale di Saint-André, citata in un documento del 1120 (Henriet, 1990, p. 241). A seguito del suo imponente sviluppo, durante i secc. 11°-12°, l'abbazia, posta già allora sotto il patronato di s. Filiberto, divenne un polo di attrazione di primaria importanza, come dimostra l'ampiezza del cimitero situato vicino al monastero, intorno alla chiesa di Saint-Valérien.Sovrana di T., l'abbazia proteggeva e faceva vivere la popolazione di un borgo che, a partire dal 1202, era circondato da una cinta muraria che includeva l'antico castrum, le nuove zone di insediamento e l'abbazia stessa. Nel tessuto della città moderna si conserva un certo numero di case medievali, attualmente in corso di studio. Mentre la chiesa di Saint-André è andata distrutta dopo la Rivoluzione francese, la cappella di Saint-Valérien e la chiesa della Madeleine, ambedue ricostruite nel corso del sec. 12°, costituiscono una testimonianza della prosperità del borgo in quell'epoca.La storia del complesso percorso che condusse le reliquie di s. Filiberto dall'isola di Noirmoutier alla valle della Saône è sufficientemente nota grazie a fonti narrative, alcune delle quali contemporanee agli eventi. Le travagliate vicissitudini, iniziate nell'836, si conclusero solo un secolo più tardi: infatti i monaci, dopo aver compiuto a tappe una fuga verso E per sottrarre le reliquie di s. Filiberto ai possibili attacchi dei Normanni, trovarono rifugio a T., ma poi dovettero affrontare nuovi rischi, in particolare le incursioni degli Ungari e si confinarono provvisoriamente a Saint-Pourçain. Al loro definitivo ritorno a T., nel 947, ricostruirono la chiesa abbaziale, nella cui cripta trasferirono le reliquie di s. Valeriano.Questa chiesa del sec. 10° era destinata a scomparire, integralmente o in parte, nell'incendio scoppiato nel 1007/1008, durante la celebrazione della festa di s. Vitale, e propagatosi, a quanto sembra, all'intero complesso monastico. Secondo il Chronicon di Falcone, della fine del sec. 11°, sarebbe stata risparmiata dal fuoco solamente la cripta coperta a volta, dov'erano custodite le reliquie dei santi. In ogni caso, l'abate Bernier (1008/1009-1028) diede avvio alla ricostruzione e il nuovo capocroce fu consacrato nel 1019, con una cerimonia cui presenziarono numerosi dignitari ecclesiastici e i principali esponenti dell'aristocrazia locale.Per molto tempo si è supposto che la cripta risparmiata dall'incendio del 1007/1008 fosse stata conservata nella nuova chiesa abbaziale, ma, come ha recentemente dimostrato Henriet (1990; 1992), le cose andarono altrimenti. La pianta a deambulatorio con cappelle radiali, adottata per i due livelli della costruzione, non soltanto appartiene a un'unica campagna di lavori, ma costituisce uno dei più antichi esempi rimasti di un tipo di capocroce che ebbe in seguito notevole diffusione in epoca romanica in varie regioni della Francia.
La cripta è pervenuta praticamente integra: essa comprende una sala centrale circondata da un deambulatorio (larghezza m 3 ca.) concepito come un corridoio semicircolare coperto da una volta a botte lunettata sul quale si aprono cinque cappelle a pianta quadrangolare. Una porta assiale e quattro aperture laterali garantiscono un'agevole comunicazione tra il deambulatorio e la sala centrale. Questa è composta da tre navate di cinque campate coperte da volte a botte lunettate che poggiano su file di sottili colonnette; la campata occidentale è compresa tra enormi blocchi di muratura previsti per sostenere i pilastri orientali della crociera del transetto. La cripta di Saint-Philibert, cui si accedeva dal transetto attraverso due scale dritte, riprende, con più coerenza, il partito architettonico adottato poco tempo prima nella cattedrale di Clermont-Ferrand. La pianta quadrangolare delle cappelle appare come un carattere arcaico comune ai due edifici; ma T. non si ritrovano le incertezze planimetriche che conferiscono una fisionomia sperimentale al modello.La ricostruzione delle volte dell'abside e del coro, effettuata agli inizi del sec. 12°, non consente di avere un esatto quadro dello sviluppo verticale del santuario. È tuttavia probabile che né il coro, sicuramente coperto da una volta a botte, né l'abside, di cui è ancora visibile l'imposta della volta a catino, avessero alte finestre. I possenti pilastri rettangolari delle due campate meridionali del coro creano un forte contrasto con le arcate dell'emiciclo, che aprono prospettive sul deambulatorio. Quest'ultimo, pur ampiamente restaurato nel sec. 19°, non ha subìto modifiche di rilievo. La sua volta a botte anulare, rafforzata da piccoli archi trasversali piatti, ricade, sul lato esterno, su una lunga serie di arcatelle che contornano alternativamente gli accessi alle cappelle e le finestre.Nella costruzione dell'abside di Saint-Philibert, la pietra da taglio fu usata con una certa larghezza; utilizzata con apparecchiatura di medio modulo all'interno, compare all'esterno solo agli angoli delle cappelle, rinforzandoli, e intorno alle finestre; il resto dei muri è costruito in petit appareil di ciottoli, talvolta disposti a spina di pesce. Un analogo accostamento di due tipi di apparecchiature murarie si ritrova a T. nella piccola cappella di Saint-Laurent, edificata sicuramente negli anni intorno al Mille a N dell'abbazia.La costruzione unitaria delle parti orientali della chiesa di Saint-Philibert è confermata dalla decorazione scultorea. I capitelli della sala centrale della cripta, della serie di arcatelle del deambulatorio, dell'emiciclo e delle cappelle orientate che si aprono sui bracci del transetto presentano lo stesso repertorio di palmette più o meno stilizzate che si inscrivono nella tradizione carolingia dei capitelli corinzieggianti, rimasta viva a T. sino alla fine del cantiere della chiesa.Dopo la realizzazione del capocroce e del transetto venne intrapresa, sicuramente negli anni 1035-1040, la costruzione della galilea e poi del corpo longitudinale. L'analisi di queste due parti dell'edificio deve essere condotta congiuntamente: gli elementi principali della loro struttura rivelano infatti un progetto coerente, probabilmente dovuto a un unico architetto. Vi si ritrovano gli stessi massicci pilastri cilindrici sovrastati da imposte costituite da due mensole sovrapposte, le medesime arcate a singola ghiera e spigoli vivi, la stessa possente ossatura di archi trasversali e longitudinali, lo stesso tipo di muratura in petit appareil i cui giunti presentano stilature eseguite con una punta metallica.
La galilea di Saint-Philibert (lunghezza m 20 ca., larghezza m 17) costituisce la più antica testimonianza esistente di un tipo architettonico adottato in modo continuativo in Borgogna fino alla metà del 12° secolo. Al pari dei Westwerke carolingi da cui deriva, la galilea di T. comprende una cappella - dedicata a s. Michele - posta al di sopra di una sala bassa da cui si accede alla navata. Tuttavia, a differenza delle costruzioni carolinge, la galilea di T. presenta un impianto basilicale a tre campate: in entrambi i livelli la navata centrale è sensibilmente più larga di quelle laterali, ma, mentre al piano terreno le volte a crociera della navata centrale e le volte a botte trasversali delle navate laterali culminano tutte a m 7,40, la navata centrale del primo piano (altezza m 12,50) è coperta da una volta a botte longitudinale, prende luce da una fila di finestre alte ed è contraffortata da navate laterali coperte da una volta a quarto di cerchio. La cappella del primo piano non differisce, quindi, né per dimensioni né per struttura, dalle altre chiese con copertura a volta edificate all'incirca nello stesso periodo in Borgogna, per es. quella del priorato di Saint-Martin a Chapaize.Mentre al piano terreno la galilea di T. comunica con la navata centrale attraverso tre aperture a tutto sesto, le scale dritte che dalle navate laterali consentivano l'accesso alla cappella del primo piano furono distrutte in epoca imprecisata, come l'abside pensile che, a E, sovrastava la porta centrale.
La facciata occidentale, fiancheggiata da due torri a pianta barlonga che partono dal primo piano, presenta, come i muri laterali della galilea, una decorazione a lesene e arcatelle la cui ripartizione non rispecchia l'andamento spaziale dell'interno e si sviluppa tanto più liberamente in quanto la presenza delle finestre, le cui aperture sono ridotte a feritoie verticali, non è di alcun ostacolo.Le soluzioni adottate per la copertura della navata rispondono alla stessa logica che guida l'impostazione della galilea. Gli alti e possenti pilastri circolari che sorreggono le grandi arcate furono peraltro innalzati quando la galilea era in fase di costruzione: il raccordo tra le due parti dell'edificio è visibile nelle fasce inferiori, mentre le parti superiori sembrano essere state concepite l'una in funzione dell'altra. Se per le navate laterali l'impiego di volte a crociera è conforme a un uso frequente, la scelta per la navata centrale di volte a botte trasversali dimostra una reale originalità. Tale scelta consentiva l'apertura di grandi finestre non soltanto nelle navate laterali, ma anche in quella centrale, senza che l'equilibrio delle volte ne risultasse compromesso. In seguito, furono tuttavia pochi gli architetti che riproposero questa soluzione generatrice di superbi effetti plastici e luminosi. È peraltro vero che la spinta accumulata dalle volte a botte trasversali non era esente da rischi per la crociera del transetto: a T. si rese inoltre necessario foderare i pilastri orientali della navata e, agli inizi del sec. 12°, non soltanto ricostruire a un'altezza più idonea la cupola, ma intervenire su tutto l'insieme delle volte delle parti orientali.
A S della chiesa di Saint-Philibert si trova un eccezionale complesso di edifici monastici datati all'11°-12° secolo. Del chiostro si conserva solo il braccio settentrionale addossato alla navata della chiesa e costruito contemporaneamente a essa. La galleria presenta larghe arcate a tutto sesto, che ricadono su colonnette addossate a possenti setti in muratura, e conserva una serie di capitelli con decorazione a palmette, che rientrano nella stessa tradizione dei capitelli della chiesa. Una serie di capitelli istoriati, provenienti da un'altra galleria del chiostro ed esposti nell'antico locutorium, prova che verso la metà del sec. 12° vennero qui eseguiti dei lavori.Agli inizi del sec. 12° risalgono le arcate d'accesso alla sala capitolare. Quest'ultima, affiancata a N da un vano piccolo e stretto e sovrastata da un ampio dormitorio, venne parzialmente ricostruita e dotata di una copertura a crociere ogivali nel 1239. Il grande refettorio che occupa il fianco sud del chiostro è anch'esso della prima metà del sec. 12°, mentre gli edifici situati sul lato occidentale - una grande cantina con tetto a capriate e il locutorium addossato alla facciata della chiesa - risalgono per alcune parti all'11° secolo.
Bibl.:
Fonti. - Vita s. Filiberti, in Monuments de l'histoire des abbayes de Saint-Philibert (Noirmoutier, Grandlieu, Tournus), a cura di R. Poupardin, Paris 1905, pp. 1-18; De translationibus et miraculis sancti Filiberti, ivi, pp. 19-70; Falcone, Chronicon Trenorchiense, ivi, pp. 71-121; P.F. Chifflet, Histoire de l'abbaye royale et de la ville de Tournus, Dijon 1664; P. Juénin, Nouvelle histoire de l'abbaye royale et collégiale de Saint-Filibert et ville de Tournus, Dijon 1773.
Letteratura critica. - H. Curé, Saint-Philibert de Tournus, Paris 1905; J. Virey, Saint-Philibert de Tournus, CAF 91, 1928, pp. 368-425; J. Vallery-Radot, Saint-Philibert de Tournus, Paris 1955; J. Henriet, Saint-Philibert de Tournus. Histoire. Critique d'authenticité. Etude archéologique du chevet (1009-1019), BMon 148, 1990, pp. 229-316; id., Saint-Philibert de Tournus. L'oeuvre du second maître: la galilée et la nef, ivi, 150, 1992, pp. 101-164; Saint-Philibert de Tournus. Histoire. Archéologie. Art, "Actes du Colloque du Centre International d'Etudes Romanes, Tournus 1994", a cura di J. Thirion, Tournus 1995.E. Vergnolle