TOURS
(lat. Caesarodunum)
Città della Francia centrale, capoluogo del dip. Indre-et-Loire (coincidente con l'antica prov. di Turenna), posta sulla riva sinistra della Loira, in corrispondenza dell'intersezione tra il fiume navigabile e le vie S-N tracciate in epoca tarda.Sede di un arcivescovado, T. fu sempre reputata di grande importanza per i re di Francia; lungamente contesa e poi considerata bonne ville, fu soggetta ad alcune distruzioni. Restaurata, conserva i suoi antichi quartieri, mentre gran parte del suo patrimonio librario andò distrutta nel corso della seconda guerra mondiale.All'inizio del sec. 1° a.C. i Romani fondarono una città relativamente estesa e protetta da opere di sopraelevazione dell'argine del fiume, che prese il nome di Caesarodunum. Nel corso del sec. 4° d.C. la città venne fortificata con una cinta muraria che a S insiste sull'emiciclo dell'anfiteatro e che circonda la c.d. urbs Turonica o civitas Turonorum (toponimi derivati dalla popolazione dei Turoni), la cui estensione si limitava a una modesta altura al riparo da piene e straripamenti. Quando si costituì la provincia Lugdunensis III, T. divenne metropoli di un insieme di nove civitates che comprendeva centri della bassa valle della Loira (Angers, Nantes), del Maine (Le Mans) e l'intera Bretagna (Vannes, Rennes) e che rimase in seguito di competenza dell'arcivescovado. Nel 371, come narra Sulpicio Severo (Vita s. Martini, IX, 3-7; CSEL, I, 1866), Martino venne eletto vescovo da una comunità di cristiani, già all'epoca numerosa e organizzata: dopo la sua morte (397) il luogo della sua sepoltura divenne il centro di un secondo nucleo insediativo indipendente, il castrum Sancti Martini o Châteauneuf, molto frequentato da pellegrini e mercanti.La prosperità e l'aspetto della città sono noti attraverso gli scritti di Gregorio di T., che ne divenne vescovo in giovane età nel 573. Aggiungendosi alle tante chiese e alla cattedrale, le comunità monastiche si insediarono fuori della città, nei siti principali di Saint-Martin (comunità di oltre duecento membri nell'818), Marmoutier (sulla riva destra della Loira, sul sito di un presunto romitorio di s. Martino), Saint-Julien, Saint-Vincent, cui si devono aggiungere diversi insediamenti monastici femminili (per es. Saint-Pierre-le-Puellier). Non sussistono tuttavia vestigia notevoli risalenti all'Alto Medioevo.L'attenzione della dinastia franca per T. si manifestò nel 508, quando Clodoveo vi cinse la corona regia. Anche Carlo Magno ebbe un ruolo nella storia della città: è infatti noto il suo interessamento per lo sviluppo dello scriptorium di Saint-Martin, affidato ad Alcuino di York (v.). La città era allora sede di una potente autorità comitale; tuttavia, dopo le incursioni normanne dei secc. 9° e 10°, facilitate dalla via fluviale, nessun signore la scelse come sede stabile e la sua regione divenne terra di contese tra la casa di Blois e la casa di Angiò. Per motivi strategici, il conte Oddone di Blois fece costruire nel 1034 un primo ponte di legno al fine di evitare una deviazione a monte sino ad Amboise. A sua volta, dopo la conquista del 1044, il conte di Angiò fece edificare un castello, alla testa del ponte, tra la cattedrale e il fiume, nell'angolo nord-est della cinta muraria.La lunga dominazione angioina non fu senza conseguenze sullo stile dei monumenti di T.: anche se il re di Francia si fregiava del titolo di abate di Saint-Martin, la città può essere considerata come una delle capitali del c.d. impero plantageneto di Enrico II; l'immensa basilica di Saint-Martin, la cattedrale, la chiesa di Saint-Lazare del lebbrosario e molti altri edifici religiosi vennero ammodernati nell'ultimo terzo del sec. 12° in stile gotico angioino o plantageneto.Gli effetti negativi delle guerre che portarono all'annessione della Turenna al dominio capetingio, nel 1203, non debbono essere enfatizzati; tuttavia, la scelta di un partito 'alla francese' nel nuovo capocroce della cattedrale, databile negli anni intorno al 1225, è un segno caratteristico della rivoluzione artistica voluta dagli arcivescovi, seguita dai costruttori di Marmoutier, di Saint-Martin e di Saint-Julien.Poco prima del 1356 fu edificata una cinta muraria continua che inglobava Châteauneuf, la cité e i quartieri intermedi ove si erano insediati i conventi degli Ordini mendicanti: solo nel 1385 però venne superata la separazione dei due nuclei insediativi in distinte entità giuridiche e si giunse alla costituzione di un Comune unitario. Le spese sostenute per la costruzione della cinta muraria provocarono un rallentamento dei cantieri monumentali; tuttavia, dal 1428-1430, anche prima che cessassero gli attacchi della fazione angloborgognona, furono attivamente ripresi i lavori della cattedrale.La prima cattedrale venne costruita intorno alla metà del sec. 4° dal vescovo Litorio e riedificata dopo un incendio da Gregorio di T., che la consacrò nel 589-590. È probabile che già allora la chiesa fosse dedicata a s. Maurizio, titolo mai abbandonato ufficialmente malgrado l'uso di denominarla Saint-Gatien a partire dal 14° secolo. L'edificio presentava una caratteristica interessante: la sua estremità occidentale coincideva con la cinta muraria tardoantica, le cui strutture vennero utilizzate per molto tempo come passaggio verso il palazzo vescovile.Le più antiche strutture conservate risalgono alla seconda metà del sec. 12°: una semicolonna posta nell'incrocio del transetto e le sale delle due torri di facciata testimoniano l'adozione dello stile plantageneto (volte bombate, ogive con nervature, mensole scolpite) all'epoca dei vescovi Ioscione (1157-1174) e Bartolomeo di Vendôme (1174-1206). Data la complessità dei lavori, si rese necessario livellare la cinta in modo da formare un largo basamento. La torre meridionale era più piccola e se ne conserva soltanto la sala del primo piano; nella torre nord, nota come grand clocher, ancora si sovrappongono una campata inserita nella navata, una sala dalla volta molto bombata grazie ad archi fortemente cuspidati, poi una sala detta della Calende, assai alta, con ampie aperture, anch'essa con volta a nervature multiple, che doveva superare di molto in altezza l'edificio contemporaneo e le cui finestre risalgono agli inizi del 13° secolo. L'austera articolazione della facciata primitiva, costituita da quattro contrafforti piatti, è ancora riconoscibile sotto il rivestimento flamboyant.Il capocroce è la parte più omogenea e meditata della cattedrale; la sua datazione costituisce un delicato quesito per la storia dell'architettura, in quanto pone il problema dell'adozione di un nuovo stile che rivela il rapporto tra la Chiesa di T. e i re di Francia. L'avvio del cantiere è tradizionalmente connesso a interventi, peraltro non documentati, di Luigi IX negli anni quaranta del sec. 13° e lo stile viene posto in rapporto con opere parigine, in particolare la Sainte-Chapelle. Appare tuttavia probabile che la costruzione abbia avuto inizio una quindicina di anni prima e si sia svolta in due fasi, distinte da un mutamento stilistico, come nelle cattedrali di Amiens e Reims. Il primo livello, influenzato da realizzazioni settentrionali - Chartres, ma anche Soissons o Reims -, venne edificato principalmente per iniziativa dell'arcivescovo Juhel di Mathéfelon, intimo del giovane sovrano, che a partire dal 1242 controllava l'osservanza delle norme connesse alle funzioni liturgiche.I livelli superiori sono di poco successivi, in quanto la struttura lignea delle coperture è stata datata, sulla base della dendrocronologia, alla metà dello stesso secolo. La fine dei lavori è segnata dalla messa in opera delle vetrate, intorno al 1266-1267, data che coincide con l'invio di reliquie dall'abbazia di Agaune da parte di Luigi IX. Il testo di un contratto di acquisto del legname stipulato nel 1279 con l'architetto Etienne de Mortagne non si riferisce quindi al capocroce ma al transetto (Andrault-Schmitt, in corso di stampa).All'esterno, il capocroce si presenta come un reliquiario. Pianta e alzato sono logicamente associati per costruire una piramide 'alla francese', di struttura semplificata ma audace: il perimetro è ottenuto con una serie di absidiole collegate attraverso i loro contrafforti, prima semicircolari poi poligonali, che servono da punto di appoggio agli archi rampanti. All'interno, ai tre livelli dell'alzato - arcate, triforio, cleristorio - corrispondono due livelli di copertura, giacché le volte delle cappelle hanno la stessa altezza di quelle del deambulatorio. Al primo livello, estremamente semplice, si contrappone il piano più alto, dove vengono esaltati i principi del Gotico rayonnant: triforio traforato sormontato da un livello di lastre, anch'esse traforate, che formano un camminamento esterno, remplage, capitelli dal fogliame naturalistico, standardizzazione delle nervature. Di recente sono stati portati alla luce degli intonaci che sottolineano l'architettura con una sobria policromia.Il transetto di Etienne de Mortagne presenta grandi rosoni (quello a N, troppo ampio, venne rinforzato con un montante centrale e due immensi archi rampanti) e facciate delicatamente scolpite, anche se in cattivo stato di conservazione. Nel corpo longitudinale, la cui lenta costruzione è denunciata solo dai particolari, il partito architettonico non subì modifiche: le due campate orientali vennero coperte a volta poco dopo il 1335 (datazione della struttura lignea); tuttavia per molto tempo rimasero collegate alle due torri solo attraverso le cappelle laterali e le corrispondenti navatelle.Nel 1425, le sovrastrutture del grande campanile furono distrutte da un incendio e ciò fornì lo spunto per un nuovo dinamismo architettonico, documentato dalle fonti. Vennero parallelamente portati avanti l'edificazione dei livelli superiori del corpo longitudinale, la sopraelevazione e il rivestimento della facciata antica (rosone centrale di pregevole fattura, attribuibile a Jean de Dammartin) e la messa in opera della struttura lignea (1430-1431). Seguirono gli elementi in stile flamboyant: la decorazione del portale centrale (con la figura di Cristo sul trumeau), la copertura a volta della navata (1467), i portali laterali. Il rivestimento esterno della facciata, realizzato in un tufo molto friabile, venne in seguito sostituito a più riprese. Infine, nel sec. 16°, le due torri furono portate a un'altezza di m 70 (m 26 alla chiave di volta).La decorazione scultorea della cattedrale è di modesta importanza: la statuaria, già incompleta sin dall'origine, è andata distrutta, forse nel corso delle guerre di religione; le statue degli archivolti e del gâble del portale centrale sono state restaurate nel 1849 senza eccessivi scrupoli di fedeltà. I rilievi dei timpani del transetto sono cancellati. I timpani della facciata principale presentano la rara caratteristica di essere traforati da rosoni, come a Reims.Per questo insieme di motivi, l'elemento decorativo di maggiore spicco è costituito dalla serie delle vetrate policrome. Le vetrate della parte bassa del capocroce sono per la maggior parte opere provenienti dalle chiese di Saint-Martin e di Saint-Julien, acquistate e collocate nella nuova sede dai canonici della cattedrale: si tratta di opere dalle quali emerge la diversità delle botteghe operanti a T. nel secondo quarto del 13° secolo. Solamente la vetrata centrale è nella sua sistemazione originaria: per qualità e tipologia iconografica può essere paragonata alle altre vetrate rappresentanti la Nuova Alleanza (cattedrali di Bourges, Chartres e Le Mans). I pochi resti conservati nel cleristorio del transetto e nel triforio, di epoca tarda, sono stati spostati varie volte; la vetrata del rosone principale risale solo agli inizi del sec. 16°, ma le lancette dell'alta navata del capocroce costituiscono un insieme eccezionale, poco restaurato, connesso al cantiere principale, come testimoniano lo stile omogeneo e le menzioni dei donatori, in prevalenza ecclesiastici.La chiesa di Saint-Martin è andata interamente distrutta e attualmente è solo possibile immaginarne la dimensione monumentale e l'audacia, poiché sulla sua area è stato edificato un intero quartiere: la rue des Halles (1798-1802) ne rappresenta l'asse E-O, mentre la rue Descartes ha sostituito il braccio meridionale, costeggiando una nuova basilica che poggia sull'antico rond-point; i resti conservati di due torri fanno parte della fase romanica più recente.Prima del 491, il vescovo Perpetuo fece costruire una splendida basilica in luogo del semplice oratorio eretto sopra la sepoltura del santo. Dopo diverse distruzioni, il tesoriere Hervé, il più alto dignitario del Capitolo dei canonici, diede avvio a una ricostruzione totale, segnata da una dedicazione nel 1014. Sotto il profilo archeologico, sembra difficile datare a questo secolo le fondazioni di un deambulatorio a cinque cappelle radiali, scoperto durante gli scavi del 1886, caratterizzate dall'uso di una muratura con blocchi di medie dimensioni e larghi giunti grigi con stilature: un siffatto capocroce, anteriore a quelli di Orléans e di Tournus, configurerebbe Saint-Martin come un'opera rivoluzionaria rispetto alle altre chiese di pellegrinaggio del 'cammino di Compostela' (Conques, Limoges, Tolosa e la stessa Santiago), con le quali da tempo sono stati istituiti dei raffronti. Non è per altro possibile supporre un cantiere posteriore all'incendio del 1096, data in cui avvenne anche una visita del pontefice Urbano II (1088-1099): la controversia rimane dunque aperta. Il papa, che non procedette alla consacrazione, sicuramente anteriore, deve avere officiato in un edificio assai simile a Saint-Sernin di Tolosa: transetto con navate laterali (pilastri a semicolonna, con giunti in malta rosa e basi a ugnatura diritta) e quattro absidiole, navate laterali doppie, tribune. In ogni caso, l'alzato e il sistema di copertura furono modificati poco prima del 1179 in stile gotico angioino, mentre il capocroce fu ricostruito su una base ancora più ampia nel sec. 13° e a partire dal 14° alcune cappelle vennero allineate sui muri d'ambito.La torre nord di Saint-Martin, detta torre di Carlo Magno, domina ancora oggi la città: essa venne eretta nel corso di una seconda campagna costruttiva in epoca romanica, forse intorno al 1070, sulla parte terminale del braccio del transetto, alcune strutture del quale vennero conglobate e altre conservate. Oltre a due bei capitelli (uno in stile pseudocorinzio, l'altro rappresentante Daniele tra i leoni), va segnalata una sala al primo piano, la cui volta è rinforzata da due nervature a sezione quadrangolare: come a Marmoutier o a Cormery, è possibile individuare la filiazione tra questo tipo di volta, adottato esclusivamente nei campanili, e le prime esperienze plantagenete.La torre dell'angolo sud-ovest della facciata è in larga misura un prodotto della campagna costruttiva del 1175-1180, come denunciano le ammorsature delle volte angioine e molti elementi di una decorazione di analoga ispirazione.Il museo di Saint-Martin è stato organizzato in modo da presentare con la massima chiarezza la storia della collegiata, scandendone le diverse fasi attraverso i reperti. Sono esposti alcuni capitelli autentici o calchi di capitelli scolpiti appartenenti ai diversi cantieri. Reperti ancora più notevoli sono le pitture murali provenienti dalla torre nord, testimonianza di uno stile monumentale che non trova riscontro in altre opere di una regione peraltro ricca di decorazioni pittoriche.La chiesa di Saint-Julien trae origine da un edificio consacrato da Gregorio di T., dietro richiesta di alcuni monaci alverniati che da poco si erano stabiliti nella città, in cui furono deposte alcune reliquie portate da Brioude. Distrutta dai Normanni, la chiesa venne ricostruita e completata con una torre-portico nel 970; un secondo rifacimento avvenne tra il 1032 e il 1040. Del coro, del transetto e della navata romanica, edificati in una terza fase, poco prima della consacrazione del 1084, è pervenuta solo una pittura romanica molto sbiadita con episodi del ciclo di Mosè, posta nella controfacciata occidentale. Infatti, a seguito di un crollo, gran parte della chiesa venne ricostruita in stile rayonnant alla metà del sec. 13°, con un alzato a tre livelli con un triforio, archi rampanti e aperture a remplage. Queste strutture, poggianti sulla torre-portico conservatasi e sulle fondamenta dell'antico transetto, sono di dimensioni modeste, con una singolare abside costituita da un muro piatto, teso tra le absidiole, che conferisce all'insieme un aspetto di incompiuto.Dopo le distruzioni causate dalla Rivoluzione francese, il campanile-portico a pianta quadrata che condiziona la prospettiva di rue Nationale resta uno degli elementi emergenti dell'arte romanica a Tours. I due primi piani, databili alla metà del sec. 11°, sono ritmati da due finestre per ogni faccia; l'ultimo piano, ornato da trifore, è un poco più recente (fine del secolo) e in rapporto alla chiesa vera e propria. Sfortunatamente, un esteso restauro eseguito intorno al 1859 ha completamente mutato l'articolazione del piano terreno, i cui capitelli sono tutti di epoca moderna.A S della cattedrale rimangono alcuni elementi del palazzo vescovile, inglobati nel Mus. des Beaux-Arts. Dalla parte del capocroce, una facciata rappresenta il muro pignone dell'antica grande sala dell'arcivescovado (seconda metà sec. 12°).Posto tra la cattedrale e la Loira, il castello ospita diversi servizi dedicati all'archeologia, al patrimonio e al turismo: le due torri d'angolo ancora esistenti risalgono alle migliorie realizzate per Enrico II Plantageneto (1154-1189).Sull'altra sponda del fiume sorgeva l'abbazia cluniacense di Marmoutier, distrutta nel 1817-1819, ma ampiamente nota attraverso le fonti scritte e iconografiche e oggetto di campagne di scavo archeologico. Era ritenuta la più splendida chiesa gotica di T. - con i suoi m 116 di lunghezza e le volte alte m 32 era ben più grande della cattedrale - e considerata una delle più belle chiese del regno. Eretta in sostituzione della grande chiesa consacrata da Urbano II nel 1096 - con cripta sopraelevata che rialzava il livello del coro, deambulatorio, due transetti -, fu oggetto di una ricostruzione avviata prima del 1227, attribuita a Hugues des Rochescon, seguace del re capetingio, che previde una facciata a due torri e tre portali scolpiti. I lavori proseguirono procedendo da O verso E per ca. cento anni e si conclusero con il portico destinato a proteggere le sculture. Edificato a cominciare dal 1283, con un notevole dispendio economico che tuttavia non esaurì totalmente le risorse finanziarie, il bel capocroce dotato di cinque finestre contigue fu opera dell'architetto Etienne de Mortagne, sepolto nel chiostro nel 1293. Attualmente non restano che alcune vestigia degli edifici esterni alla chiesa, come la torre romanica detta delle Campane.
Bibl.:
Fonti. - J. Maan, Sancta et metropolitana ecclesia Turonensis, Tours 1667.
Letteratura critica. - C. Chevalier, Histoire et description de la cathédrale de Tours, Tours 1875; S. Ratel, Les basiliques de Saint-Martin à Tours, fouilles exécutées à l'occasion de la découverte de son tombeau, Bruxelles 1886; C. Chevalier, Les fouilles de Saint-Martin de Tours. Recherches sur les six basiliques successives élevées autour du tombeau de saint Martin, Tours 1888; K.K. Hersey, The Church of Saint-Martin at Tours (903-1150), ArtB 25, 1943, pp. 1-39: 19; F. Salet, La cathédrale de Tours, CAF 106, 1948, pp. 29-34; F. Lesueur, Saint-Martin de Tours et les origines de l'art roman, BMon 107, 1949, pp. 7-84; B. Chevalier, Tours, ville royale, 1356-1520, Paris-Leuven 1975; C. Lelong, Observations et hypothèses sur l'église abbatiale gothique de Marmoutier, BMon 138, 1980, pp. 117-171; Recherches sur Tours (Laboratoire d'archéologie urbaine, 1), Tours 1981; L. Piétri, La ville da Tours du IVau VIe siècle, naissance d'une cité chrétienne (CEFR, 69), Roma 1983; C. Lelong, La basilique Saint-Martin de Tours , Chambray 1986; Architectures en région Centre, Val de Loire, Beauce, Sologne, Berry, Touraine, a cura di J.M. Pérouse de Montclos (Le guide du patrimoine), Paris 1988; C. Andrault-Schmitt, La cathédrale de Tours: le chevet du XIIIe siècle, CAF (in corso di stampa).C. Andrault-Schmitt
T. si sviluppò come importante centro di produzione di manoscritti soltanto dopo il 796, quando Alcuino di York si ritirò nell'abbazia di Saint-Martin per preparare una edizione emendata della Vulgata; da allora e fino all'invasione normanna dell'853, sia Saint-Martin sia il monastero di Marmoutier ebbero una regolare produzione di manoscritti.L'abbazia di Saint-Martin doveva possedere un'ampia biblioteca, contenente opere di Cicerone, di Livio e di altri scrittori antichi, e anche testi cristiani: tra i libri miniati dovevano essere presenti nel sec. 9° sia il Virgilio Vaticano (Roma, BAV, Vat. lat. 3225) sia il Pentateuco di Ashburnham (Parigi, BN, nouv.acq.lat. 2334). Così, una splendida copia turoniana del De institutione arithmetica di Boezio (Bamberga, Staatsbibl., Msc.Class.5), presentata a Carlo il Calvo intorno all'845, contiene schemi matematici che risalgono al trattato di Nicomaco di Gerasa (sec. 2° d.C.) e un ritratto dell'autore e del suocero Simmaco (c. 2v), nonché personificazioni del quadrivio, che sembrano replicare un esemplare latino del 6° secolo. I canonici di Saint-Martin copiarono inoltre il De re coquinaria di Apicio (Roma, BAV, Urb. lat. 1146), forse per lo stesso regale destinatario. Da questi modelli classici i miniatori di T. svilupparono una caratteristica forma di iniziale, composta di ampie fasce decorate, una versione della capitalis quadrata presente in manoscritti tardoantichi quali il Virgilio Augusteo (Roma, BAV, Vat. lat. 3256).T. si distinse soprattutto per la produzione di manoscritti biblici, in gran parte destinati a essere esportati. I libri prodotti sotto Alcuino contenevano soltanto modeste decorazioni, ma già durante l'abbaziato di Fridugis (807-834), allievo di Alcuino e suo successore a Saint-Martin, in numerosi codici turoniani vennero inserite delle miniature. Esse derivavano in misura consistente da fonti tardoantiche e della prima epoca carolingia, ma fin dall'inizio mostrano anche una forte tendenza ad assimilare nelle immagini concetti teologici.Uno dei primi esempi pervenuti di miniatura turoniana, un evangeliario conservato a Stoccarda (Württembergische Landesbibl., HB II. 40; ca. 830), è per es. ornato da una Maiestas Domini (c. 1v) e, all'inizio di ciascun vangelo, da ritratti degli evangelisti con i loro simboli (cc. 6v, 63v, 95v, 146v). La presenza dei tituli che li accompagnano, ripresi dal Paschale carmen di Sedulio (prima metà del sec. 5°), rimanda a un modello romano del sec. 5°, ma il sistema della decorazione miniata e persino le didascalie suggeriscono una fonte intermedia proveniente dalla scuola di corte di Carlo Magno. Il ritratto dell'evangelista Giovanni alla maniera di Cristo è comunque un'innovazione turoniana: con i capelli grigi, barbato, seduto su un globo mentre proclama (e non nell'atto di scrivere) il suo vangelo, elevato al di sopra della terra in un etere dai toni rosa, riflette la visione di Alcuino, secondo il quale Giovanni, unico tra gli evangelisti, aveva contemplato Dio direttamente e dall'inizio dei tempi. Gran parte della stessa iconografia venne ripetuta in altri evangeliari turoniani (Londra, BL, Add. Ms 11848; Berlino, Staatsbibl., Theol. lat. fol.733; Parigi, BN, lat. 9385) e inclusa nell'evangeliario prodotto nell'849-851 per l'imperatore Lotario (Parigi, BN, lat. 266), nel quale fu anche inserito il ritratto del destinatario del codice. Il programma iconografico venne riaffermato anche nei manoscritti prodotti a Marmoutier, per es. nell'Evangeliario di Arnaldus, (Nancy, Trésor de la Cathédrale), realizzato con la tecnica preferita nel monastero, caratterizzata da profili in foglia d'oro o d'argento. Proviene da Marmoutier anche un sacramentario illustrato (Autun, Bibl. mun., 19bis), che contiene raffigurazioni della gerarchia ecclesiastica, l'immagine di Gregorio Magno, tre scene evangeliche e la raffigurazione dell'abate Raganaldo che predica ai monaci (cc. 1v, 5, 8, 173v).Le grandi bibbie in un unico volume o pandette costituiscono il prodotto più importante e caratteristico di Tours. Legate all'opera di Alcuino sulla Vulgata emendata e prodotte nel numero di due per anno per essere destinate alle chiese del regno e ad altri monasteri, esse costituiscono una classe ben distinta sia per il tipo di impostazione sia per il contenuto: misuravano cm 5037 ca., erano scritte su due colonne di cinquanta/cinquantadue linee ed erano organizzate secondo una gerarchia di scritti che ne favoriva la leggibilità.Rompendo con la tradizione paleocristiana dei testi biblici che circolavano come singole unità, come per es. la Genesi o i Salmi, oppure in piccoli compendi, come i vangeli, queste ampie bibbie utilizzavano le miniature per dimostrare l'unità delle Scritture e per presentare concetti teologici. Tra esse va annoverata la Bibbia detta di Alcuino (Bamberga, Staatsbibl., Bibl. 1), proveniente da Marmoutier e contenente due miniature a piena pagina: un frontespizio dell'Antico Testamento (c. 7v) con le scene della Caduta di Adamo ed Eva, incorniciate da medaglioni contenenti ritratti dei profeti, che appare organizzato su un modello tardoantico legato al manoscritto greco noto come Genesi Cotton (Londra, BL, Cott. Otho B.VI; sec. 5°); a introduzione del Nuovo Testamento (c. 339v), una miniatura dell'Agnus Dei circondato dagli evangelisti all'interno di uno schema cosmologico piuttosto simile a quello presente nel citato Evangeliario di Arnaldus (c. 3v).La Bibbia di Moûtier-Grandval (Londra, BL, Add. Ms 10546), prodotta durante l'abbaziato di Adalhard (834-843), deriva dalle stesse fonti, ma elabora l'iconografia in miniature completamente dipinte. Il frontespizio di Adamo ed Eva (c. 5v), in particolare, cattura l'illusionismo del modello paleocristiano. Sebbene anch'esso tratto probabilmente da antichi modelli di tipo narrativo, il frontespizio al libro dell'Esodo (c. 25v) introduce originali particolari di tipo esegetico: così Mosè è ritratto con gli stessi tratti del volto con cui è reso S. Paolo (c. 477v), per sottolineare il fatto che l'alleanza stabilita con gli ebrei era stata superata da quella stabilita con i gentili; il tabernacolo vuoto riprende la struttura di un tempio del Virgilio Vaticano (c. 60v) per sottolineare un motivo analogo e cioè la Chiesa cristiana che unisce l'ecclesia ex circumcisione e l'ecclesia ex gentibus. Il frontespizio del Nuovo Testamento (c. 352v) elabora la tradizionale Maiestas Domini degli evangeliari turoniani per accordarsi al nuovo contesto, con l'introduzione dei ritratti di quattro profeti dell'Antico Testamento. Infine, un'immagine in due parti basata sul libro dell'Apocalisse (c. 449) e inserita al termine del volume elabora il concetto della sostanziale unità della Scrittura, rivelando che Mosè, Paolo e Giovanni - i quali videro direttamente Dio - recano lo stesso messaggio.Il maggior manoscritto turoniano, la Prima Bibbia di Carlo il Calvo (Parigi, BN, lat. 1), offerta al giovane re durante la sua visita a Saint-Martin nel Natale dell'845, comprende le miniature corrispondenti alle quattro della Bibbia di Moûtier-Grandval, quattro ulteriori figure, numerose iniziali istoriate e trecentosedici versi scritti in oro su pergamena purpurea. Il frontespizio, che mostra s. Girolamo che traduce la Scrittura in un unico linguaggio, producendo i volumi contenenti la Vulgata (c. 3v), enfatizza l'armonia dell'intera Bibbia e, al tempo stesso, pone in relazione i manoscritti con le attività dei canonici di Saint-Martin, che producevano volumi analoghi; la miniatura che ritrae Davide come re e profeta, nell'atto di comporre i salmi in compagnia di quattro cosalmisti (c. 215v), identifica il re dell'Antico Testamento con Cristo; l'immagine del soldato ebreo Saul (c. 386v) trasformato nel missionario cristiano proclama Paolo come antitipo di Mosè.Come avviene per altre miniature turoniane, anche queste, derivate da fonti antiche, sono rimodellate attraverso riferimenti al Virgilio Vaticano e a un manoscritto analogo al trattato del sec. 9° contenente uno schema cosmologico (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 387, cc. 134, 140). Le miniature, in particolare il ritratto dedicatorio che chiude il codice (c. 423), contengono un messaggio politico rivolto a Carlo il Calvo: obbedire alla legge sacra contenuta nelle pandette bibliche. Evidentemente concepito dal poeta Audrado Modico (m. post 853) il canonico più anziano che compose i versi trascritti nel volume, il messaggio si riferisce al conte Viviano, che Carlo il Calvo aveva scelto come abate (845-851), nonostante l'accordo che permetteva ai canonici di scegliere autonomamente il proprio capo.Frammenti di altre pandette turoniane attestano la diffusione di queste opere, che è dimostrata anche dall'influsso che esse ebbero sull'arte successiva. Così, un'altra Bibbia realizzata per Carlo il Calvo a Reims intorno all'870 (Roma, S. Paolo f.l.m., Bibl. dell'abbazia) comprende miniature tratte da un perduto codice turoniano; esemplari turoniani vennero ripresi in manoscritti prodotti in Spagna nel sec. 10°, così come nelle c.d. bibbie atlantiche, realizzate in Italia sulla scia della riforma gregoriana. Miniature turoniane sono inoltre la fonte del portale della Genesi commissionato dall'abate Bernoardo per il duomo di Hildesheim (sec. 11°) e delle vetrate che l'abate Suger fece realizzare per la basilica di Saint-Denis (sec. 12°).La produzione di manoscritti miniati ebbe una rinascita a T. all'inizio del sec. 11°, quando il monastero venne riedificato; intorno al 1100 vi vennero prodotti una raccolta delle Vitae sanctorum riccamente illustrata con scene agiografiche (Tours, Bibl. Mun., 1818), un codice illustrato con le commedie di Terenzio (Roma, BAV, Vat. lat. 3305) e con tutta probabilità un frammento di messale conservato nella cattedrale di Auxerre (senza segnatura). La tradizione romanica è soltanto in piccola parte legata alla grande epoca della miniatura turoniana della prima metà del 9° secolo.
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