TOVAGLIA
L'uso della tovaglia di tela o di lino stesa sulla tavola durante il pasto ci è testimoniato nell'antichità cristiana dalle rappresentazioni figurate: le raffigurazioni dell'Ultima Cena (musaico in Ravenna, Sant'Apollinare Nuovo), delle Nozze di Cana, del Convito di Erode ci mostrano che la tovaglia era quasi sempre bianca, talvolta con gli orli sfrangiati, e con ornamenti assai semplici. Così soltanto dai documenti e dalle rappresentazioni figurate ci è attestato l'uso della tovaglia da altare, che copre la mensa ricadendo su tutti i lati di essa; uso che è certo fra i più antichi e che nel sec. IX fu tassativamente prescritto dalla liturgia. Di tela, priva di ornamento in principio o soltanto con qualche semplice decorazione cucita (lettere, croci: tovaglia nel musaico di Abele e Melchisedec in San Vitale di Ravenna), la tovaglia liturgica, ricevette una decorazione più complessa nei secoli dopo il 1000, quando troviamo menzione di tovaglie ricamate in opere theotonico come quelle dell'inventario di Bonifacio VIII o quelle più tarde del convento di Altenberg (collezione del principe di Solms-Braunfels). La tovaglia da altare si limitò allora a coprire la mensa ricadendo soltanto sui lati e non sempre fino allo zoccolo: ed ebbe ornato il bordo anteriore e quelli laterali, con motivi tessuti o ricamati. Esempi del genere si hanno fino dal sec. XII (tovaglia trovata nell'arca di Sant'Eriberto a Deutz a motivo di rombi; tovaglia dello stesso secolo ricamata a viticci bianchi nel Museo Cristiano Lateranense); del sec. XIII è quella del duomo di Halberstadt a figure ricamate in bianco e in seta di varî colori, e quella del museo provinciale di Hannover con figure stilizzate di leoni e di angeli ricamati in bianco entro circoletti ornati. Più semplice e limitata in genere ai bordi laterali l'ornamentazione delle tovaglie nelle rappresentazioni figurate del Trecento italiano: a strisce quadrettate (Nascita della Vergine di P. Lorenzetti nel museo dell'opera del Duomo di Siena) o a fasce di diverso colore con motivi uniformemente ripetuti, come è il caso delle tovaglie perugine, il cui uso è largamente attestato sia dalle pitture sia dagli esempî giunti fino a noi.
Erano queste di lino bianco rozzo per lo più tessuto a spina, con strisce di ornamenti di cotone azzurro, nei quali troviamo sia simboli che figure di animali o di piante, o addirittura riproduzioni di monumenti della città (fontana maggiore, Porta Sant'Angelo), l'arme civica, l'insegna di Porta Eburnea (elefante che sostiene una torre). Furono usate promiscuamente sia per l'altare sia per il desco: ce lo assicura il fatto che oltre alle ornamentazioni di carattere profano ne troviamo in esse anche di significato sacro (cervo che beve alla fonte, albero della vita accostato da due cervi affrontati); la loro diffusione andò ben oltre il territorio perugino estendendosi a tutta l'Italia centrale e durando dal sec. XIV al sec. XVI. Di esse sono numerose le riproduzioni in pittura, dalla Cena di Duccio di Boninsegna (Siena, museo dell'opera del duomo) e dalle Nozze di Cana di Giotto (Padova, cappella dell'Arena) alla Messa di San Martino di S. Martini (Assisi, San Francesco), alla Cena del Fariseo di Giovanni da Milano (Firenze, Santa Croce), alla Natività del Sassetta in Asciano, ai due Cenacoli di D. Ghirlandaio (Firenze, S. Marco e Ognissanti), alla Cena stessa di Leonardo da Vinci (copia del Louvre a Parigi); e non minore estensione di tempo abbracciano le menzioni fattene dai documenti che parlano esplicitamente di tovaglia alla perugina.
Anche fuori d'Italia si usarono in quei secoli tovaglie a ornamenti tessuti o ricamati: tovaglie in damasco di lino bianco a piccoli rombi, del Quattrocento, si conservano tuttora alla Marienkirche di Danzica; e riproduzioni se ne vedono in pitture fiamminghe dei secoli XV e XVI come la Circoncisione di Hans Memling (Madrid, Museo del Prado). Col sec. XVI l'uso delle tovaglie così decorate cessa a poco a poco: i dipinti raffigurano solo tovaglie semplici o tutt'al più damascate; scompaiono anche le strisce di seta colorate o ricamate sugli orli che erano state frequenti nel sec. XV; gli esempî conservati hanno bordi di trina o sono addirittura fatti esclusivamente di merletti: così quelle spagnole di età barocca, quelle tedesche con bordi di punto a reticella, e le numerose italiane in cui troviamo applicate tutte le tecniche: il modano, i fili tirati, il reticello, i fuselli. In esse è sempre meno frequente l'ornamentazione figurata, limitata a rappresentazioni di soggetto connesso all'uso stesso della tovaglia (tovaglie da altare, tovaglie nuziali); talvolta ai bordi si aggiungono anche i tramezzi di trina, e la tovaglia viene disposta su un tessuto colorato che vi trasparisce attraverso. Col '700 non si hanno più esempî tipici di decorazione di tovaglie, se se ne tolgono quelle stampate con rappresentazioni figurate di soggetto storico contemporaneo usate in Inghilterra alla fine del sec. XVIII e al principio del XIX. Oltre il culto cattolico, anche altri culti cristiani conservarono l'uso della tovaglia da altare: ll culto protestante la usò di lino bianco senza ornamenti, ad orli decorati di trine o di galloni e solo assai raramente ne ebbe di figurate (una del sec. XVII con scene bibliche ricamate in bianco a San Giorgio di Eisenach). (V. tavv. XXXIII e XXXIV).
Bibl.: L. De Farcy, La broderie du XIe siècle jusqu'à nos jours, Angers 1890, p. 49; G. Cristofani, in Boll. della R. Dep. di st. pat. per l'Umbria, XV, xxxix; pp. 1-2; W. Bombe, Studii sulle tovaglie perugine, in Rass. d'arte, XIV, v, e XV, i; G. Degli Azzi, Le tovaglie artistiche perugine della collezione Rocchi, in Miscellanea del Dizionario industriale italiano, Roma 1923, pp. 502-12; J. Braun, Die liturgische Paramente in Gegenwart und Vergangenheit, Friburgo in B. 1924, n. 184, seg. 208; O. Schmitt, Altartuch, in Reallexikon zur deutschen Kunstgeschichte, I, Stoccarda.