Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il movimento libertino difende il libero pensiero e critica la religione, intesa come impostura a scopo politico, che sovrappone sistemi superstiziosi di credenze a una morale naturale, fondata sull’ordine biologico del corpo e sulla ricerca del benessere e della felicità. Molte tesi libertine saranno riprese da Hobbes, dai materialisti, dagli utilitaristi e dalla filosofia politica successiva.
Il movimento e la cultura libertina
Nella prima metà del Seicento si diffonde il libertinismo, movimento culturale e filosofico che difende la libera interpretazione personale della realtà e delle norme etiche grazie al proprio “libero pensiero”, autonomo da condizionamenti ideologici, religiosi, culturali e morali.
Idee e tesi dei libertini, spregiudicate rispetto alle norme e alle credenze della cultura comune, si riflettono in una morale non conforme a quella corrente, che viene praticata e diffusa da numerosi scrittori, poeti, filosofi, soldati e pensatori, tra cui alcuni, come Cyrano de Bergerac, diventano personaggi leggendari per la stravaganza ricorrente della loro vita mondana. Cyrano è autore di due romanzi fantastici di grande successo postumo per l’ingegno con cui sviluppa letterariamente le ipotesi libertine sull’universo.
Uno dei centri in cui il libertinismo ha maggiore risonanza è Parigi. Nell’ambiente francese si svolgono polemiche e dibattiti che coinvolgono soprattutto i filosofi di diverse correnti, i moralisti e gli scettici, ma anche storici e poeti. Sono annoverati tra i libertini personaggi come Théophile de Viau, Marolles, Rorarius, Guyde la Brosse, Bouchard, ma frequentano i loro circoli e sono spesso ritenuti libertini anche filosofi come Gassendi.
Occorre però distinguere tra “libertinismo erudito” e “libertinismo dei costumi”. Il primo è un atteggiamento filosofico complesso ed elaborato teoricamente, che riprende anche tesi dei filosofi materialisti e atomisti greci, come l’origine naturale del mondo, l’infinità dell’universo e l’origine dell’uomo dalla materia informe sulla superficie della Terra.
Il libertinismo dei costumi predica invece la ricerca del piacere e della vera natura umana, ovvero della naturale tendenza a soddisfare passioni e desideri e a sfuggire il dolore. Si contrappone perciò totalmente a qualsiasi normativa religiosa, morale o teologica sul comportamento e le scelte etiche da osservare secondo la morale ufficiale.
Tratto caratterizzante della filosofia libertina è l’incredulità religiosa, intesa come negazione dei miracoli e degli interventi sovrannaturali, delle religioni rivelate, dell’immortalità dell’anima, della creazione divina del mondo. Aristocratici e borghesi colti, i libertini non predicano rivolte politiche, ma il relativismo filosofico e un ateismo colto che consenta di vivere liberamente.
I libertini traggono molte tesi dall’epicureismo e da autori antichi riletti criticamente, dalla morale scettica di Charron e Montaigne, dalla lettura eterodossa di Aristotele svolta a Padova riprendendo Averroè, secondo un naturalismo religioso che non esclude l’infinità dei mondi e l’eternità dell’universo.
Dall’epicureismo in particolare traggono la tesi di uno sviluppo progressivo ma irregolare della vita umana sulla Terra, a partire da uno stato originario di natura, la tesi della creazione successiva di un linguaggio di gesti, quindi di un linguaggio verbale articolato, e infine la tesi della costruzione della società umana dalla famiglia tribale originaria.
Il relativismo etico e religioso dei libertini emerge anche dalla conoscenza e dalla comparazione di usi e credenze di popoli differenti nei diversi continenti (noti attraverso le relazioni di viaggio), ma anche dal rifiuto del conformismo imposto dai sovrani, sia cattolici sia protestanti, per quanto riguarda l’etica e la morale.
Francois de La Mothe Le Vayer
Sul Borneo
Sulla divinità
Giovanni Leone, descrivendo il regno di Borno in Africa, che è sì prossimo allo stato di natura che le donne e i fanciulli sono tenuti in comune, aggiunge che non vi è alcuna legge, né ombra di religione. Acosta ci mostra gli indiani occidentali sprovvisti finanche del nome appellativo di Dio, sì che quelli di Messico e di Cuzco, sebbene già dotati di una specie di religione, furono costretti a servirsi della parola spagnola dios, quando lo si fece loro bene o male intendere, non avendo nella loro lingua alcun vocabolo che gli corrispondesse. Champlain ci assicura che gli abitanti della Nuova Francia non adoravano alcuna divinità, lo stesso dicono tutti quelli che hanno scritto del Brasile, e le Lettere gesuitiche sugli avvenimenti d’oriente, datate dell’anno 1626, testimoniano che ci sono ancor oggi dei popoli sul Gange, i quali non riconoscono alcuno spirito superiore.
in Grande antologia filosofica, diretta da M.F. Sciacca e M. Schiavone, Milano, Marzorati, 1968
Numerosi viaggiatori – basti ricordare Ricci e Carletti) –hanno ormai portato dalla Cina, dall’America e dall’Asia notizie e relazioni di viaggio che dimostrano come tutti i popoli abbiano una forma loro particolare di moralità e di credenza religiosa, e come tutti siano perfettamente convinti della verità esclusiva della propria fede. Poiché lo stesso si trova osservando accuratamente gli scrittori antichi, greci e latini, ne deriva la necessità, secondo i libertini, di ammettere che non esistono norme e valori etici universali o innati, poiché tutti i popoli seguono sistemi diversi di valutazione etica delle stesse cose e dei medesimi comportamenti.
I temi ricorrenti
Punto di inizio e fondamento comune della filosofia libertina è l’atteggiamento di rifiuto delle verità rivelate e delle autorità culturali tradizionali, a cominciare dalla filosofia aristotelica e dalla dottrina teologica cristiana. Tutti i libertini sono naturalisti, ovvero ritengono che la natura, il mondo e l’universo stesso seguano proprie leggi di funzionamento indipendenti da un volere divino.
L’autonomia delle leggi di natura fa sì che il mondo e la materia, ma anche l’uomo, possano essere studiati scientificamente a partire dalla loro condizione materiale che viene considerata la condizione normale di cui occorre anche accettare i principi: per esempio, accettando la disposizione naturale dell’organismo corporeo alla ricerca del piacere e del benessere fisico e psicologico.
Materialismo e anima umana
Che l’uomo e il mondo siano materia, fisica e organica, è la principale tesi libertina. La storia del mondo è storia della trasformazione degli elementi fisici da uno stato disordinato primordiale fino alla formazione di esseri viventi, che a loro volta evolvono progressivamente dallo stato di natura alla società.
Savinien Cyrano de Bergerac
Sulla materia, e il suo collocarsi nel mondo
L’altro mondo o gli stati e gli imperi della luna
Ora il fuoco, costruttore e distruttore delle parti e del tutto dell’universo, ha spinto e radunato in una quercia la quantità di figure necessarie a comporre quella quercia. Ma, direte voi, com’è possibile che il caso abbia radunato in un luogo tutte le cose necessarie a produrre quella quercia? Vi rispondo che non fa meraviglia che la materia così disposta abbia formato una quercia, ma che sarebbe stata una meraviglia ben maggiore se, essendo così disposta la materia, la quercia non si fosse prodotta. Un po’ meno di certe figure, sarebbe stata un olmo, un pioppo, un salice; un po’ di più di certe figure, sarebbe stata la sensitiva, un’ostrica, un verme, una mosca, una rana, un passerotto, una scimmia, un uomo. Quando, gettati tre dadi sulla tavola, viene tris di due, oppure tre, quattro e cinque, oppure doppio sei e uno, direte: “Che miracolo! in ogni dado è uscito lo stesso punto, mentre ne potevano uscire tanti altri! Che miracolo! sono usciti tre punti consecutivi! Che miracolo! sono usciti esattamente due sei e l’opposto del terzo”. Son certo che essendo uomo di spirito, non farete mai simili esclamazioni. Infatti, poiché sui dadi c’è solo una data quantità di numeri, è impossibile che non ne esca qualcuno. E con tutto ciò vi stupite che la materia, mescolata alla rinfusa, secondo il capriccio del caso, abbia costituito un uomo, considerando tutte le cose che sono necessarie alla sua costruzione. Ma non sapete che sulla via della formazione dell’uomo, la materia si è fermata un milione di volte a formare ora una pietra, ora del piombo, ora del corallo, ora un fiore, ora una cometa, e tutto ciò per l’eccesso o il difetto delle figure che occorrevano o non occorrevano per determinare un uomo? Sì che non fa meraviglia che un’infinità di materia che cangia e si muove senza posa abbia prodotto a caso i pochi animali, minerali e vegetali che vediamo, più di quanto non meravigli che in cento gettate ai dadi esca un tris. Allo stesso modo è impossibile che da quel moto non si produca qualche cosa; la quale sarà sempre guardata con meraviglia da uno sventato che non riesca a capire quanto poco ci sia mancato che non si producesse.
in Grande antologia filosofica, diretta da M.F. Sciacca e M. Schiavone, Milano, Marzorati, 1968
Base filosofica di riferimento è di frequente per i libertini l’atomismo antico, ma anche la versione moderna offertane da Gassendi e da altri pensatori come Magnenus. L’atomismo trova nella natura e nella materia principi di organizzazione autonomi, indipendenti dal volere divino, senza lasciare spazio quindi a principi mistici e teologici come accadeva nel panteismo e nel neoplatonismo.
L’uomo è pensato di conseguenza come un aggregato corporeo, un essere dotato di corpo e anima: tuttavia i libertini più radicali, come Rocco, Vanini e Pallavicino, sostengono che l’esistenza dell’anima non è certa né provabile, e che comunque se anche l’anima esiste essa è certamente mortale e finisce insieme al corpo.
L’Italia, più di altre nazioni all’epoca, è detta “terra di atei e libertini spregiudicati”, per la grande diffusione di scritti e associazioni libertine, con scambi costanti di lettere tra bibliotecari, eruditi, poeti e scrittori: in ripresa del naturalismo eterodosso e come rifiuto del conformismo della curia romana. Grande sviluppo hanno in Italia il materialismo filosofico e lo studio naturale dell’uomo.
Il più celebre scrittore e filosofo libertino è Giulio Cesare Vanini, che predica la necessità di seguire le sole leggi di natura.
Roma, Firenze, Pisa, Venezia e lo studio di Padova sono i centri del libertinismo italiano. Grande rilievo ha a Venezia l’Accademia degli Incogniti fondata dal Loredano: ne fanno parte anche Cesare Cremonini e Ferrante Pallavicino. Tra tutti i filosofi che gravitano attorno agli Incogniti e al Loredano si devono ricordare soprattutto Rocco, Santacroce, Brusoni, Tarabotti e Scotti.
Ateismo, superstizione religiosa
L’autonomia della natura conduce i libertini a giustificare le passioni umane, ma anche a negare la possibilità di fenomeni straordinari, magici, demoniaci o miracolosi, che vengono considerati credenza superstiziosa oppure frutto di vere e proprie patologie visionarie. Queste credenze magiche diventano fanatismo religioso quando sono utilizzate per giustificare o esaltare una religione.
I libertini criticano innanzitutto le forme superstiziose e popolari di credenza religiosa, dai miracoli alla profezia, ma anche tutte le religioni rivelate in quanto impostura, sistemi organizzati di false credenze diffuse ed utilizzate a scopo politico da caste di sacerdoti e dai sovrani.
Molti libertini di conseguenza – come, per esempio, Naudé e La Mothe le Vayer) – riconoscono alle religioni un ruolo politico in quanto sistemi di giustificazione del potere religioso e politico dei sovrani. In questo senso, le religioni sono utili alla conservazione del potere e come tali possono essere accettate. Ogni religione o sistema etico è relativo e mutevole, ed è un’impostura in quanto insieme di credenze divenute abitudine e sovrappostesi alla vera natura umana. Ogni lettura critica dei testi religiosi ne mostra le incongruenze e svela il fanatismo di chi li predica dogmaticamente.
In Francia, in particolare, si sviluppa una rilettura critica delle fonti antiche, come quella realizzata da François de La Mothe le Vayer nei suoi Dialoghi. Questa rilettura evidenzia le contraddizioni tra i diversi usi dei popoli e le carenze dei testi storici antichi, al fine di rinnovare la storiografia, la filologia religiosa e l’analisi politica.
Gabriel Naudé
Apologia dei grandi uomini ingiustamente accusati di magia
1. Delle condizioni per giudicare gli autori, principalmente gli storici
La prudenza nella critica degli autori (...) è troppo difficile perché possa essere praticata da ogni sorta di persone. L’esperienza che si acquista solo col tempo, la riflessione che bisogna esercitare su ciò che si è concepito, l’esatto discernimento delle intenzioni celate e delle sagge azioni altrui, e soprattutto l’imperturbabilità che deve sempre reggere la fiaccola nella ricerca della verità, dispensano facilmente gli spiriti deboli, leggieri ed ostinati, come pure i giovani, simili, per solito, a colui che è descritto in Virgilio
Ense velut nudo, parmaque inglorius alba,
dall’esercizio di quella censura, nella quale si disimpegnano con più successo e meno difficoltà l’età matura e una tempra non comune. Infatti, essa è riuscita tanto bene ad Erasmo, Vives, Scaligero, Bodin, Montaigne, Cano, Possevino, e molti altri, i quali l’hanno riservata al culmine dei loro studi, che non dovremmo mancare almeno di perfezionarla con il loro esempio - poiché, come avverte Seneca (epist. 39), bona mens nec emitur nec commodatur - e con i precetti che si possono prescrivere in generale per formare e affinare il giudizio. Il primo è quello di dedicarsi spesso alla lettura degli autori che ne hanno dato le più eccellenti prove, come Seneca, Quintiliano, Plutarco, Charron, Montaigne, Vives, e come quei mirabili e grandi geni della storia, che sono Tucidide, Tacito, Guicciardini, Commines e Sleidan, dei discorsi politici ben ragionati, e di tutti coloro a cui si devono molte nuove concezioni, come Cardano e il cancelliere d’Inghilterra Verulam, in tutti i loro libri. Il secondo è di conoscere la dialettica, per poter distinguere con maggior prontezza e facilità il vero dal falso, il semplice dal composto, il necessario dal contingente. E così aprirci la via al terzo e ultimo, che è la conoscenza delle scienze più utili, la pratica più universale e generale possibile degli affari del mondo che deve giovarsi tanto della nostra industria, quanto delle fatiche dei nostri predecessori, per esempio degli storici.
in Grande antologia filosofica, diretta da M.F. Sciacca e M. Schiavone, Milano, Marzorati, 1968
L’ambiente inglese polemizza invece, in particolare, sulla stregoneria e il fanatismo superstizioso, mentre molti protestanti tentano una forma di accordo tra libertinismo e religione intesa semplicemente come principio razionale. Principali esponenti del libertinismo inglese sono Charles Blount e Thomas Burnet.
La natura umana, i mondi e l’universo
L’incredulità religiosa e l’idea dell’autonomia delle leggi di natura conducono i libertini a recuperare alcune tesi dei pensatori materialisti antichi e del secolo precedente: che l’universo sia infinito e che contenga un numero illimitato di mondi abitati, e che il mondo stesso, che ovviamente gira attorno al Sole, sia eterno, non sia stato creato da Dio e duri per l’eternità.
Queste due tesi, dette dell’eternità e infinità dell’universo e della molteplicità dei mondi, sono le più eretiche teologicamente: perché negano che lo scopo del mondo sia ospitare l’uomo, e che Dio si occupi solo della specie umana e solo su questo pianeta. Negano per di più che Dio sia stato così pigro da limitarsi a creare questo unico mondo, credenza considerata dai libertini una vanitosa illusione della specie umana.
La natura umana è determinata dalle condizioni materiali e biologiche di sviluppo, non è universale o innata: ogni popolo elabora miti e riti adeguati all’ambiente in cui vive. La natura dell’uomo è la sua materia corporea con la capacità di mutare forme sociali e culturali secondo le necessità che si presentano.
L’etica
Tutti i libertini sviluppano una forma di scetticismo etico secondo il quale non è possibile affermare con certezza la verità o falsità di una credenza etica, così come la correttezza di comportamenti e azioni dell’uomo. Nessuna credenza religiosa ha valore sufficiente per determinare vita e obblighi degli individui. L’etica è possibile solo in una dimensione individuale che non rinunci al carattere fisico e biologico dell’uomo. È fondata sull’utile e sulla ricerca del benessere: il diritto mira all’utile comune, e il vero scopo della politica è la felicità. Lo stato ideale potrebbe essere democratico e non confessionale se tutti i suoi membri fossero sufficientemente colti.
I libertini ritengono che la religione istituzionale valga come credenza popolare, e che al contrario il filosofo segua un’etica utilitarista indipendente. È infatti molto netta la separazione tra la vita e l’etica del libertino e quella del popolo in generale che deve accettare invece le norme e le dottrine ufficiali dello Stato in cui vive e della sua religione.
Il dibattito politico e storiografico
L’uomo è nato in uno stato di natura senza linguaggio, e si è organizzato progressivamente, creando la parola e le associazioni comuni, fino a generare conflitti tra società diverse e guerre per la supremazia quando ha inventato la proprietà individuale. Lo Stato, per i libertini, si identifica con l’esercizio del potere. L’esercizio del potere politico può essere più o meno razionale.
I libertini seguono di fatto due linee diverse di teoria politica. La maggior parte, tra cui Naudé e La Mothe le Vayer, sostiene i governi assolutistici in quanto esercizio razionale del potere secondo le sole esigenze dell’organizzazione dello Stato come autorità centrale di riferimento.
Gabriel Naudé è soprattutto un analista storico e politico: con metodo razionale esamina le fonti storiche, da cui elimina prodigi e inverosimiglianze. Scrive le Considerazioni politiche sui colpi di Stato e un’Apologia dei grandi uomini, in cui elogia la necessità della politica assolutista e difende la nozione di “ragione di stato”. Solo pochi libertini sviluppano il materialismo e il relativismo etico e politico fino al punto radicale di negare il valore di qualsiasi autorità e rifiutare ogni governo e organizzazione politica: tra questi c’è il trattato anonimo del 1659 Theophrastus redivivus che circola clandestinamente con successo.
Nella tesi libertina radicale lo Stato è potere, imperium, una sorta di mostro che domina gli individui ed esige obbedienza, fedeltà ideologica e politica, assicurata con false ideologie e credenze sociali e religiose. Troviamo qui la radice di tesi riprese poi da Hobbes e dai materialisti del secolo successivo.
Avversari e nemici dei libertini
Nelle polemiche contro i libertini si distingue in Francia Mersenne, che organizza incontri e discussioni tra filosofi e appoggia prima Cartesio, poi i cartesiani nel tentativo di creare una filosofia razionale spiritualista che si opponga al materialismo libertino.
Numerosi sono anche gli scrittori cattolici, spesso gesuiti, autori di trattati rivolti contro gli errori dei libertini e destinati anche alla loro conversione. Ricordiamo tra loro François Garasse, Jean Silhon, Francisco García del Valle, Nicholas Caussin, Yves de Paris, Filippo Fabbri, Leonardo Lessio, Zaccaria di Lisieux, Pierre Bardin, Jeronymo de la Madre de Dios. Una delle prime opere di confutazione dei libertini sono le Dieci lamentazioni sulla miserabile condizione degli atei (1611) del carmelitano spagnolo Jerónymo de la Madre de Dios (vissuto fra il 1560 e il 1620 ca.). A lui si rifà in particolare il teologo belga Leonardo Lessio, che nel volume del 1613 Della Provvidenza Divina e dell’immortalità dell’anima, due libri contro atei e politici confuta le tesi materialiste sulla mortalità dell’anima e sull’inesistenza di Dio, rifacendosi all’opposizione tra materia e spirito. Il letterato francese Pierre Bardin (1590-1637), membro dell’Académie française, ne Il Liceo (1641) critica il pessimismo etico libertino e insegna all’honnête homme a meditare sul percorso che conduce alla fede, percorso di cui la storia romana fornisce un esempio quando alla forza violenta del fondatore Romolo succede il timore religioso imposto da Numa Pompilio. Il gesuita spagnolo Francisco García del Valle (1573-1656) scrive nel 1648 una Storia dell’origine del mondo volta a confutare le tesi dei libertini, qualificati come atei, e in particolare la loro tesi dell’eternità dell’universo. Ne La sintesi del sapere (1648) del frate cappuccino Yves de Paris vengono usati alla rinfusa argomenti di ogni tipo (dottrinale, giuridico, apologetico, esegetico) per confutare il materialismo libertino, cui viene contrapposta la tesi di tipo panteista dell’armonia universale delle cose e del loro comune principio vitale. Nella satira allegorica Il genio dei secoli (1659) il frate cappuccino Zaccaria di Lisieux, letterato e predicatore eloquente, condanna la corruzione dei costumi causata dalla diffusione dei romanzi lascivi, la sfrenatezza dei comportamenti sessuali dei libertini e l’ipocrisia religiosa dei ceti politici, che usano la religione esclusivamente per i loro giochi di potere.