Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Lo sviluppo delle città, delle professioni artigianali e delle corporazioni professionali mostra in modo evidente che nel XV secolo università e monasteri non sono più i soli centri di produzione della cultura. Dal punto di vista dei saperi tecnici e scientifici, il XV secolo è dominato dalla figura dell’artista-ingegnere. Tipica espressione della cultura delle città italiane e della società in esse fiorita, gli artisti-ingegneri sono i nuovi intellettuali del Quattrocento.
Trattati e manuali
Alla logica dei filosofi che stanno nelle università gli artisti -ingegneri vanno affiancando nuove conoscenze basate sul comportamento dei materiali sottoposto alle norme della matematica e della geometria, sul disegno tecnico e sull’interpretazione, in collaborazione con gli umanisti, dei testi classici. Artisti, artigiani e ingegneri di livello culturale più elevato entrano in contatto con gli ambienti umanistici che nei testi della meccanica ellenistica e della trattatistica tecnica latina cercano risposte a problemi e domande.
La letteratura del Quattrocento è ricca di trattati tecnici che nascono a volte come manuali, altre come presentazioni relative a tematiche particolari. In entrambi i casi, sono testi che contribuiscono in maniera determinante a limitare la distanza tra teoria e pratica, scienza e tecnica, stimolando la cooperazione tra teorici e pratici. Della vastissima produzione quattrocentesca prodotta da artisti, ingegneri e artigiani su specifici argomenti fanno parte le opere di Ghiberti, Piero della Francesca, Cellini, Francesco di Giorgio Martini, Filarete, Leonardo, Leon Battista Alberti, Valturio e altri.
Pittura, scultura, architettura, ingegneria idraulica, costruzione di fortificazioni e macchine di ogni sorta divengono attività di notevole valore intellettuale, fondate su nozioni teoriche e pratiche che vanno precisandosi attraverso la stesura di trattati sempre più dettagliati. I detentori di questo sapere sono ricercati e ben pagati: essi non hanno in comune solo il rinnovato interesse per i testi e i monumenti dell’antichità, ma anche attente osservazioni sperimentali su materiali di volta in volta sottoposti ai procedimenti della tecnica per capirne il comportamento. Nelle opere di artisti, costruttori di strumenti, ingegneri e architetti prende piede una nuova concezione del lavoro, cioè dell’importanza della tecnica, intesa non solo come costruzione ragionata ma anche capace di guidare processi di trasformazione della materia.
Nel Quattrocento, nella parte meridionale della Germania, lo sviluppo delle attività metallurgiche è legato alla crescita di conoscenze e alla disponibilità di strumenti e apparati sempre più efficaci, che hanno un’immediata ricaduta sullo sviluppo dell’alchimia con applicazioni anche in campo medico.
Il disegno tecnico, il linguaggio delle immagini
Di particolare rilievo è il ricorso, da parte di artigiani, ingegneri e artisti, all’immagine e al disegno tecnico per rendere più facilmente accessibile il proprio sapere. All’inizio del XV secolo il repertorio iconografico a disposizione degli ingegneri doveva essere piuttosto limitato. Nei codici con le compilazioni di trattati di età ellenistica di tecnologia meccanica, soprattutto quelli dedicati alla poliorcetica, vi erano illustrazioni che aiutavano la lettura; altrettanto nel testo vitruviano e nelle opere di Apollodoro di Damasco, dell’Anonimo De rebus bellicis e di Vegezio; anche a Bisanzio prima dell’anno Mille circolavano raccolte di testi di poliorcetica con immagini di macchine e dispositivi.
Al XIII secolo datano i disegni del taccuino di Villard de Honnecourt e del Texaurus di Guido da Vigevano; di soggetto militare sono quelli eseguiti da Konrad Kyeser, un dotto soldato della Franconia bavarese al quale dobbiamo un trattato latino intitolato Bellifortis, compilato all’inizio del Quattrocento e dedicato a Roberto, elettore palatino e re di Germania. Kyeser è il primo tecnico a ricorrere sistematicamente al linguaggio delle immagini: attenendosi soprattutto a Frontino e Vegezio, il Bellifortis presenta un compendio visivo degli autori classici di tattica e poliorcetica, con una notevole attenzione verso le armi da fuoco che facevano in quegli anni le prime prove sui campi di battaglia, ai progetti di bagni pubblici riscaldati e alla fabbrica di lucerne per la notte.
Tuttavia, queste raffigurazioni non sempre erano state pensate per illustrare l’argomento del testo, nascendo piuttosto con un manifesto intento ornamentale, come si evince dalla resa approssimativa dei dettagli tecnici.
L’esigenza di illustrare precisamente gli antichi trattati tecnici va meglio definendosi nel corso del XV secolo. Segni evidenti di questo cambiamento si scorgono nei disegni di macchine di Mariano di Jacopo detto il Taccola, attivo nei primi decenni del Quattrocento e autore di centinaia di immagini poste all’interno dei quattro libri illustrati del De ingeneis, dedicato soprattutto a macchine e dispositivi bellici. Vi sono, in questi disegni, evidenti problemi tecnici che ancora devono essere superati e che incidono sulla poca chiarezza delle macchine, inserite in un contesto spesso paesaggistico e ancora prive di una loro autonomia. Anche l’obiettivo del Taccola è quello di far rivivere le conoscenze degli antichi, illustrandone i testi.
L’immagine costituisce dunque per il Taccola un contributo alla lettura del testo, col quale deve integrarsi facilitandone la comprensione. Il problema che ben presto si presenterà agli ingegneri, dal Taccola in poi, sarà quello della relazione tra disegno e materia, tra teoria e pratica. Le soluzioni tecniche che stanno bene e funzionano sulla carta, anche quando eseguite nel pieno rispetto del disegno in scala e delle norme degli ingrandimenti proporzionali, non mantengono le promesse nel momento in cui si devono fare i conti con la materia, che richiede modifiche e adattamenti.
Anche per questa ragione si rende necessaria l’opera dell’ingegnere, che, oltre a scrivere e disegnare, deve possedere abilità pratiche ed essere capace di affrontare le modifiche che si rendono necessarie nel passaggio dal disegno alla realtà fisica.
Ingegneria militare e civile
La rappresentazione grafica, anche se tecnicamente ancora molto sofferente per l’appiattimento bidimensionale, evolve verso una nuova spazialità che mette a frutto le conquiste della geometria, della prospettiva e l’impiego dei nuovi strumenti di precisione e da disegno. Con la loro opera e con l’illustrazione dei testi, artisti, ingegneri e artigiani contribuiscono a diffondere la cultura tecnica che, sebbene legata principalmente all’arte militare, può essere estesa a usi civili.
Col perfezionamento delle tecniche grafiche troviamo infatti immagini di apparati idraulici, gru e imbarcazioni di ogni sorta. Nell’ambito di una tecnologia ormai ampiamente consolidata – quella delle ruote idrauliche per sfruttare l’energia dell’acqua – Mariano di Jacopo progetta un particolare mulino a ricircolo destinato a sfruttare l’alta e la bassa marea. Alcuni ingegneri danno vita a progetti originali per mettere in movimento le imbarcazioni a prescindere dal vento e dall’azione dei rematori: si tratta, sostanzialmente, di imbarcazioni con propulsori a ruota, oppure con remi mossi da dispositivi meccanici. I primi progetti in tal senso erano apparsi già nel corso del Trecento, motivati dal desiderio di introdurre dispositivi per attaccare il nemico durante i momenti di bonaccia, allontanarsi in assenza di vento, procedere all’arrembaggio senza l’ingombro dei remi nella manovra, risalire i fiumi contro la direzione della corrente.
Un manoscritto del 1430 conservato a Monaco di Baviera mostra una piccola imbarcazione militare messa in movimento da quattro ruote a pale. Roberto Valturio nel De re militari ricorre alle illustrazioni per mostrare imbarcazioni di modeste dimensioni, con un solo uomo a bordo, azionate dal moto di due ruote accoppiate e messe in funzione per mezzo di una manovella. La consapevolezza di poter sfruttare l’energia eolica attraversa l’opera di diversi autori del Quattrocento e ispira l’ideazione di apparati probabilmente solo fantasiosi e tuttavia importanti: fra questi, il progetto (1405) di Konrad Kyeser di costruire sulle mura delle fortificazioni degli ascensori azionati dalla forza del vento, per portare rapidamente degli uomini armati sulla sommità delle strutture difensive. L’idea di sollevare pesi grazie all’energia eolica dovette comunque fare presa nella fantasia degli ingegneri dell’epoca. In un codice illustrato conservato a Monaco di Baviera, l’Anonimo della guerra ussita presenta, tra i vari progetti prevalentemente di soggetto militare, una ruota a vento che non solo aziona il mulino, ma consente anche di sollevare dei sacchi di farina. Notevole anche il tentativo di Roberto Valturio di costruire un carro che doveva essere messo in movimento da due ruote a vento. Il Quattrocento vede anche comparire macchine da cantiere di concezione innovativa; d’altro canto, l’epoca è caratterizzata da imprese ambiziose: a Bologna nel 1455 avviene il trasporto della Torre della Magione, alta 20 metri. Una cronaca locale del secolo XV registra le difficoltà affrontate dall’architetto Rodolfo Fioravanti, che l’anno seguente si cimenterà anche nel trasporto della torre di San Biagio a Cento, vicino Ferrara.
Dal punto di vista delle norme da applicare nel cantiere edile, nel 1486 viene stampato a Ratisbona Il libro della costruzione esatta dei pinnacoli, opera dell’architetto tedesco Matthäus Roriczer. Preoccupato di diffondere in maniera chiara le sue teorie sulla costruzione dei pinnacoli delle cattedrali, Roriczer illustra al lettore, attraverso una serie di disegni, come questa operazione possa essere ricondotta al procedimento, già affrontato da Villard de Honnecourt, del raddoppio del quadrato.
L’immagine cui ricorre Roriczer illustra il suo metodo, che prevede il disegno di un quadrato dentro un altro quadrato: quello interno viene poi raddrizzato in modo da farli entrare l’uno nell’altro fino a innalzare il pinnacolo. Le norme sui rapporti proporzionali tra le parti del quadrato continuano dunque a costituire la chiave per affrontare il progetto di diversi elementi delle nuove chiese. Se Roriczer si affida alle immagini per meglio comunicare ai costruttori le sue conoscenze, un documento del 1459 registra l’incontro a Ratisbona di diversi maestri tagliapietre provenienti da città come Strasburgo, Vienna, Salisburgo i quali ratificano, tra l’altro, il divieto di rivelare a chi non è del mestiere l’arte di dedurre l’alzato dalla pianta dell’edificio.
L’illustrazione del De architectura di Vitruvio
Nell’ultimo ventennio del Quattrocento circola anche il testo vitruviano. L’editio princeps è pubblicata da Sulpicio nel 1486 a Roma, risultato concreto degli sforzi, cui partecipano filologi e artisti ingegneri, di rendere comprensibile il testo. Il filologo Sulpicio ha la preparazione per comprendere i punti oscuri del latino vitruviano, mentre gli artisti vanno cercando i segreti della meravigliosa architettura romana e delle macchine che quei progetti avevano reso possibili. D’altro canto, gli edifici antichi di Roma offrono il materiale con cui confrontare il testo. Sulpicio non fornisce un apparato illustrativo perché, non avendo trovato le immagini originali, considera difficile inserirle in un secondo momento. La perdita delle illustrazioni originali del De architectura finisce col costituire uno stimolo per artisti e ingegneri che cercheranno di ricreare il perduto repertorio. Anche gli Arabi avevano affrontato questo problema, illustrando di loro pugno molti dei trattati tecnici di cui curavano la traduzione e che, privi di immagini, erano considerati di difficile interpretazione: per esempio, verso la fine del IX secolo il matematico arabo Qusta ibn Luqa traduce la Meccanica di Erone di Alessandria, aggiungendo e modificando immagini di cui nell’originale non vi era traccia per facilitarne la lettura.
L’inserimento delle figure nel testo vitruviano diviene un’esigenza a partire dalla prima edizione illustrata a stampa, pubblicata nel 1511 a Venezia da fra’ Giovanni Giocondo (1433 -1515), filologo e architetto, esperto nel disegno di edifici e macchine. Impegnato sia in Italia sia in Francia, è ricordato nei documenti dell’epoca come architectus, mechanicus, antiquarius. Quando decide di illustrare il testo vitruviano l’esperienza nel disegno tecnico non gli manca, dal momento che nel 1492 ha eseguito 126 disegni per due libri di Francesco di Giorgio Martini relativi ad architettura e apparati bellici. Tra l’altro, fra’ Giocondo è anche indicato come autore delle illustrazioni della prima edizione, pubblicata a Verona nel 1472, del De re militari di Valturio, il primo trattato tecnico con immagini.
È interessante seguire il metodo di lavoro di fra’ Giocondo: nella dedica a Giulio II, contenuta nella premessa al trattato di Vitruvio, spiega di avere collezionato molti codici e confrontato il testo con i resti archeologici: questa è dunque l’origine delle raffigurazioni di edifici ed elementi architettonici, ma non dei disegni di macchine del libro X, sui quali – lo desumiamo dalle lezioni che tiene su questo tema a Parigi all’inizio del Cinquecento – sta da tempo meditando. D’altro canto, prima che il secolo volga al termine Lorenzo Ghiberti (1378-1455) inserisce nei suoi Commentarii alcuni brani di Vitruvio tradotti in volgare e Francesco di Giorgio Martini si impegna in affannose ricerche per entrare in possesso di questo testo. Ottenuta una traduzione in volgare del De architectura, Francesco di Giorgio si sarebbe poi cimentato in una traduzione, eseguita prevalentemente da solo, di cui resta preziosissima testimonianza in un manoscritto oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze.
L’interesse di fra’ Giocondo per Vitruvio va quindi, idealmente, a chiudere un secolo, il XV, che vede le prime manifestazioni della fondamentale collaborazione tra umanisti e artisti ai fini di una migliore comprensione della cultura tecnica degli antichi.
Testi e immagini
La conoscenza di piante, animali, minerali e razze umane trae un notevole beneficio dalla diffusione di immagini che raccontano quanto e più di pagine e pagine di testo. Un globo terrestre contiene informazioni più immediatamente riconducibili alle conoscenze di geografia che non la lettura di un trattato e i primi tentativi di classificazione delle specie animali e botaniche trarranno dalle illustrazioni un notevole beneficio, che mostrerà i suoi frutti nelle opere del secolo successivo.
Guardate con occhi attenti, le rappresentazioni del cosmo e della terra che compaiono nella Cosmographia di Claudio Tolomeo – edita a Bologna nel 1477 – e disegnate da Taddeo Crivelli, la raffigurazione del corpo umano nelle tavole anatomiche del Fasciculus medicinae, pubblicato a Venezia alla fine del XV secolo, contengono più informazioni di quante se ne potevano trarre dalla meticolosa lettura dei classici.
L’illustrazione tecnica e naturalistica costituirà, soprattutto nei secoli successivi, con la maggiore affermazione del libro a stampa, un nuovo e potentissimo mezzo di comunicazione per l’approfondimento e la diffusione della pratica di scienza e tecnica. La rilevanza delle immagini nel progresso della scienza ha notevole importanza non solo nell’alimentare studi e dibattiti tra specialisti, ma anche per l’effetto di attrazione nei confronti della gente comune; le idee, le teorie scientifiche, i nuovi prodotti della tecnica possono essere comunicati alle generazioni presenti e future sia attraverso il testo scritto che attraverso le illustrazioni.