TRACETTI (Traietti, Tragetti), Lorenzino (Laurencinus Romanus), detto «dal liuto»
Nacque a Roma tra il 1550 e il 1552 circa da Francesco Tracetti, musicista di origine fiamminga («gallus belgicus»; cfr. Carlone, 2004, p. 86) impiegato come tenore in S. Lorenzo in Damaso negli anni 1564-1569 e poi probabilmente nel 1571. Nella stessa basilica romana lavorò come soprano dal 1568 al 1569 forse anche un altro figlio musicista, di nome Innocenzo (un terzo figlio si chiamava Giovanni Angelo), e un Lorenzo soprano vi compariva già tra il 1559 e il 1564.
Negli stessi anni del padre, maestro di cappella in S. Lorenzo era Ioanne (Jean) Matelart, anch’egli fiammingo, autore di una Intavolatura de leuto edita in Roma da Valerio Dorico nel 1559; l’anno dopo, anche Francesco collaborò con lo stesso stampatore per l’edizione del Primo libro delli madrigali d’Orlando di Lassus, di cui sottoscrisse la dedica al cardinal Luigi di Guisa. Nel 1586, all’atto dell’ammissione nella Confraternita di Terrasanta, il «musico» Francesco venne descritto come «persona honorata di età matura con maestà di bianca barba» (V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, Galatina 2000, p. 208).
Il giovane liutista – talvolta confuso in passato con due musici di nome Lorenzo al servizio della corte di Parma (cfr. Carlone, 2004, pp. 33-47; Pesci, 2005, pp. 353-355) – è registrato nei pagamenti del cardinal Ippolito II d’Este col nome «Lorencino Traietti» (Pugliese, 1993; Id., 2006). Questa variante dell’appellativo potrebbe indicare che la famiglia avesse assunto il cognome di un nobile protettore (nel Cinquecento la famiglia Caetani dell’Aquila deteneva il titolo di duchi di Traietto, l’odierna Minturno). In alternativa è stata proposta una derivazione dal toponimo latino ‘Trajectum’, che anticamente designava città come Utrecht o Maastricht, oggi in Olanda (Pesci, 1997, p. 237; Carlone, 2004, p. 16). Non è escluso che in Roma la pronuncia della j intervocalica ridotta a sc alveolo-palatale abbia portato alla trascrizione ‘Tracetti’.
Il 2 settembre 1570 il padre di Lorenzino dichiarava che «per esser anco giovane volontieri lo terria anco appresso di lui un pezzo» (lettera del 2 settembre 1570 di Francesco Fellonica, agente di Mantova a Roma, al segretario ducale Aurelio Zibramonte; Carlone 2004, pp. 66 s.). Il ragazzo era però già un professionista rinomato, figurando con la paga mensile di 2 scudi e 20 baiocchi come liutista nella cappella del cardinal d’Este, nella villa di Tivoli. Quattro lettere intercorse tra Roma e Mantova nel 1570/71 (Carlone, 2004, pp. 65-68) documentano il tentativo di quella corte di aggiudicarsi Lorenzino. Ma il giovane, dice l’agente mantovano, preferiva esibirsi per mecenati sempre diversi, «andandosene tutt’il giorno sonando in casa de cardinali et signori»; e in presenza dell’ambasciatore dell’imperatore, «sonando fece stuppir ognuno» (lettera del 2 settembre 1570, cit.). Di fatto, restò al servizio del porporato estense fino ai primi del 1572. Forse per nascondere il proprio fallimento nel tentativo di assumere il liutista, il 10 febbraio 1571 l’agente di Mantova informava poi di aver «inteso alcune cose di lui per le quali lo reputo indegno di tal servitù, et son sicuro che sua eccellentia in pochi dì lo licentiarebbe, et buona sarebbe per Lorenzino che se ne andasse impunito» (10 febbraio 1571, in Carlone, 2004, pp. 67 s.).
Da un documento di donazione registrato dai notai capitolini il 21 febbraio 1580 risulta che a Roma Lorenzino abitava nel rione Trevi e almeno dal 1572 era sposato con la romana Lucrezia Paolini, alla quale regalava 200 scudi d’oro, un clavicembalo, vari oggetti, stoffe e gioielli preziosi, a riprova di uno status sociale ormai agiato (Vita Spagnuolo, 1994, p. 26; Carlone, 2004, pp. 81 s.). Aveva toccato in quegli anni l’apice della notorietà, in Italia e oltralpe. Vari principi, oltre al duca di Mantova, si impegnarono in una sorta di competizione per assicurarsene i servigi: Nicolò Bernardino Sanseverino principe di Bisignano; Giovan Vincenzo Gonzaga priore di Barletta; il cardinal Flavio Orsini; Guglielmo Wittelsbach principe di Baviera, che nel 1574 incaricò il fratello Ernesto e Orlando di Lasso di condur seco Lorenzino in Germania, desiderio inesaudito nonostante la promessa di 200 scudi e viaggio pagato; e dal carteggio tra i due nobili fratelli risulterebbe che perfino il re di Francia, pur di averlo, avrebbe offerto a Lorenzino un regalo di 1000 corone e altrettante di paga annuale (Carlone, 2004, p. 78). Lorenzino viveva bene a Roma con le lezioni private; e negli ultimi tre anni di vita ebbe per allievo il francese Jean-Baptiste Besard (nato intorno al 1567), che a sua volta alimentò in Europa la fama postuma del liutista romano.
Morì a Roma il 20 luglio 1590, lasciando al genitore una discreta raccolta musicale: tre liuti e un chitarrone «usati» e due «casse da leuto vechie», un «gravicembalo grande con suoi piedi» (forse quello già donato alla moglie), «undici libri de intavolatura» (ossia musiche spartite col sistema di cifratura tipico degli strumenti a pizzico) e «una muta di libri da cantare a cinque voci», oltre a quadri, libri diversi, mobili e suppellettili (inventario completo in Vita Spagnuolo, 1994, pp. 41 s.; Carlone, 2004, pp. 84-86). Dai documenti post mortem risulta che Lorenzino possedeva anche una vigna e che abitava «in via ut dicitur passato l’Orso» (ibid.), in seguito e ancor oggi chiamata Vicolo del Leuto.
Il lascito più prezioso di Lorenzino è la vasta produzione di musiche per liuto, che ebbero ampia circolazione anche post mortem. Un monumento alla sua arte eresse Besard con il Thesaurus harmonicus divini Laurencini Romani (Colonia 1603). Il copioso volume è aperto da alcuni epigrammi latini: se l’erudito londinese Elias Assæu apostrofa il musicista come cavaliere dello speron d’oro («Ad dominum Laurencinum civem romanum qui propter insignem testudinis experientiam eques auratus Romæ fieri promeruit»), il biblista Johannes (Fischer alias Piscator) da Siegen decanta i «divina Laurencini modulamina». Su 403 composizioni di diversi autori intavolate, ben 42 sono attribuite a «Laurencinus Romanus», e l’antologia si conclude con un trattatello dello stesso Besard sull’apprendimento dell’arte liutistica, De modo in testudine studendi, «qualem ex Laurencini et aliorum passim observatione ac ipso tantem usu annotare potui» (p. X.x [1]). Questo stesso vademecum fu ristampato in libera traduzione inglese nel Varietie of lute-lessons di Robert Dowland (Londra 1610) per illustrare ai lettori «a fashion of practising on the Lute, such as I could gather out of the observations of the famous and divine Laurencinus, others, and mine owne» (c. Br). Le stesse istruzioni furono poi riprese di nuovo da Besard (Ad artem testudinis, Augusta 1617) e diffuse in vari manoscritti.
Sono state riscontrate 90 composizioni attribuite a Lorenzino in 24 manoscritti di varie nazioni e in edizioni a stampa: preludi, gagliarde, fantasie e ricercare, passemezzi, toccate, romanesche, branle, mattacino, ripresa, courante, tenore, fuga e finale, oltre a sei intavolature di brani vocali (cfr. Carlone, 2005a). Questo corpus, già cospicuo, è stato di recente incrementato di sette nuovi brani per liuto «del S.r Lorenzino Tracetti», grazie al ritrovamento di un manoscritto appartenuto a Orazio Albani, attivo a Roma sul finire del Cinquecento (Franco Pavan lo ha individuato nell’archivio della famiglia Albani in Pesaro).
Una ventina dei 90 brani registrati nel catalogo Carlone (2005a) è in realtà attribuita nelle varie fonti al «Cavaliere del Liuto» (o «Eques Romanus»). A lungo Lorenzino è stato confuso con quest’altro celebre virtuoso, attivo a Roma negli stessi anni e morto nel 1608. Solo di recente è stato messo a frutto il dato contenuto in un passo dei Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini (Venezia 1612, Ragguaglio XII; in Carlone, 2004, pp. 98 s.), che identifica il misterioso personaggio in Vincenzo Pinti «detto il Cavaliere del liuto» (la tesi è poi stata discussa e confermata in Pesci, 2003; Id., 2005). Ne risulta la carriera parallela di due virtuosi che frequentarono gli stessi luoghi e gli stessi mecenati. Di fatto, una serie di attribuzioni incrociate dei brani di Lorenzino all’«Eques» o al «Cavaliere del Liuto» nelle fonti musicali rivela che già all’epoca i due personaggi venivano spesso confusi.
Per esempio, se un brano «Equitis Romani» pubblicato sia in Besard sia in Dowland si ritrova in un manoscritto (Cambridge, Fitzwilliam Museum, 689) col titolo «Fantasia Lorenzino», nella stessa fonte figura una diversa «Fantasia Cavallier du Luth» poi copiata nel manoscritto Rés. Vm7 674-675 della Bibliothèque Nationale di Parigi come «Fantaisie du Mr. de Laurency». Quanto a Vincenzo Galilei, nella seconda edizione del Fronimo (Venezia, eredi Scotto, 1584), dichiara di aver ricevuto da un innominato «gentiluomo nostro fiorentino», oltre a due contrappunti a due liuti (pp. 177-181), un «bellissimo ricercare» (p. 116) che nelle edizioni di Besard e di Dowland è attribuito a Lorenzino (nella tavola del Fronimo il brano in oggetto è registrato come «Ricercare a 4 voci di B.M.»: può darsi che la sigla indichi non tanto l’autore quanto l’ignoto donatore cui allude Galilei, forse Bernardetto Medici, e in tal caso la qualifica di «gentiluomo» non riguarderebbe Lorenzino; cfr. Carlone, 2005a, pp. 4 s.).
Il già citato epigramma latino di Assæus in apertura del Thesaurus di Besard qualifica Lorenzino come «eques auratus», onorificenza conseguita «per l’insigne magistero nel liuto». Entrambi i liutisti si fregiavano dunque di un cavalierato: se il nobile Pinti, verso il 1564, era stato aggregato all’ordine portoghese dei Cavalieri di Cristo, il borghese Tracetti, in epoca imprecisata, sarebbe appunto stato insignito dello speron d’oro (Carlone, 2004, p. 64). La simultanea attività in Roma di due virtuosi di liuto entrambi cavalieri spiegherebbe la confusione delle fonti nelle attribuzioni all’uno o all’altro. Ma i brani certi di Lorenzino e la sua fama postuma bastano a suffragarne il rango di grande maestro europeo tra i due secoli.
A. Pugliese, La cappella musicale del cardinale Ippolito II d’Este, in La cappella musicale nell’Italia della controriforma. Atti del convegno internazionale di studi..., Cento... 1989, a cura di O. Mischiati - P. Russo, Firenze 1993, p. 392; V. Vita Spagnuolo, Gli atti notarili dell’Archivio di Stato di Roma. Saggio di spoglio sistematico: l’anno 1590, in La musica a Roma attraverso le fonti d’archivio. Atti del convegno internazionale, Roma... 1992, a cura di B.M. Antolini - A. Morelli - V. Vita Spagnuolo, Lucca 1994, pp. 26, 41 s.; L. Della Libera, L’attività musicale nella basilica di S. Lorenzo in Damaso nel Cinquecento, in Rivista italiana di musicologia, XXXII (1997), pp. 54-56; M. Pesci, Lorenzo Tracetti, alias Lorenzino, suonatore di liuto, in Recercare, IX (1997), pp. 233-242; D. Fabris, Lorenzino, in The new Grove dict., London 2001, XV, pp. 187 s.; D.A. Smith, A history of the lute from antiquity to the renaissance, Forth Worth, Tx., 2002, pp. 151-153, 181-183; M. Pesci, Il cavaliere disvelato: Vincenzo Pinti, «nella corte di Roma detto il Cavaliere del liuto», in Recercare, XV (2003), pp. 119-147; Id., Lorenzino, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI, Kassel 2004, coll. 471-473; Neapolitan lute music, a cura di J. Griffiths - D. Fabris, Middleton, Wi., 2004, p. XIV; M. Pesci, Lorenzini fra Parma e Roma. Nuova luce su Lorenzino ‘bolognese’, Lorenzino ‘fiammingo’, Lorenzino ‘romano’ e il Cavaliere del liuto, in Recercare, XVII (2005), pp. 349-360; M. Carlone, The knights of the lute, in Journal of the Lute Society of America, XXXVII (2004), pp. 1-125; XXXVIII (2005a), pp. 1-45 (con catalogo delle musiche); Ead., I cavalieri del liuto Lorenzino T. e Vincenzo Pinti: ricostruzione biografica e studio dell’opera, tesi di dottorato di ricerca, Università di Pavia a Cremona, 2005b, 3 voll. (con edizione delle opere); P. Beier, Some observations on the music of Lorenzino and the Knight of the Lute, in Journal of the Lute Society of America, XXXVIII (2005), pp. 47-69; A. Pugliese, Dizionario dei musicisti alla corte di Ippolito II d’Este negli anni 1565-1572, in Palestrina e l’Europa. Atti del III convegno internazionale di studi... 1994, a cura di G. Rostirolla - S. Soldati - E. Zomparelli, Palestrina 2006, p. 108; G. Danieli, La musica nel mecenatismo di Ippolito II d'Este, Torino 2018, ad ind.