Tractatus logico-philosophicus (Logisch-Philosophische Abhandlung)
(Logisch-Philosophische Abhandlung) Opera (1921) di L. Wittgenstein. Sulla scorta delle teorie di Frege e dell’atomismo logico di Russell, Wittgenstein applica le tecniche logico-formali di analisi del linguaggio alla filosofia. Il mondo è la «totalità dei fatti», non delle «cose» (1.1), mentre il linguaggio è la «totalità delle proposizioni». Tali proposizioni significano i fatti, ossia ne sono la raffigurazione formale o logica. I fatti ‘atomici’ rinviano a oggetti ‘semplici’, e la ‘forma’ degli oggetti semplici costituisce a sua volta la ‘struttura’ dei fatti atomici, cui corrispondono proposizioni elementari. Queste, in quanto corrispondono a fatti atomici, non possono essere contraddittorie. Il pensiero è infatti «l’immagine logica dei fatti» (3) e la proposizione è una «funzione di verità» delle proposizioni elementari. Ciò comporta una corrispondenza fra proposizioni e fatti, entrambi retti da medesime regole logico-formali; quel che esula da tale corrispondenza origina ‘nonsensi’, ossia proposizioni cui non è possibile applicare le regole logiche di verità o di contraddizione. Il campo della logica e della matematica consta di due tipi di proposizioni: le tautologie, che esprimono la possibilità generale o essenziale dei fatti, e sono vere indipendentemente dai fatti; e le contraddizioni, ossia le proposizioni false. Al di fuori di queste, ossia del discorso scientifico e filosofico rigoroso, vi sono proposizioni di altro tipo – i nonsensi – fra cui rientrano la maggior parte delle proposizioni filosofiche tradizionali e, in partic., quelle metafisiche: «il più delle proposizioni e questioni che sono state scritte su cose filosofiche è non falso, ma insensato» (4.003). La totalità delle proposizioni vere, ossia che sottostanno ai criteri logico-formali del linguaggio, è la scienza naturale (4. 11). Le leggi e la regolarità appartengono unicamente alla logica, mentre al di fuori di essa «tutto è accidente» (6. 3). Le proposizioni che concernono i fatti hanno dunque un carattere contingente, ed è altresì impossibile inferire eventi futuri da quelli presenti. Il nesso causale si riduce, su tali basi, a una forma di ‘superstizione’ («La fede nel nesso causale è superstizione»; 5.1361). La filosofia deve intendersi allora esclusivamente come «critica del linguaggio» (4.0031) e si risolve nella chiarificazione logica del pensiero. È in tale prospettiva che i limiti del linguaggio costituiscono al tempo stesso i limiti del mondo e della filosofia. Questioni più ampie quali il mondo nella sua totalità, ossia in senso metafisico, (6. 44), l’etica (6. 42) o la morte (6. 43) non possono essere poste legittimamente come problemi filosofici. In tal senso Wittgenstein scrive, a conclusione dell’opera, che «su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere» (7).