Vedi TRAIANO dell'anno: 1966 - 1997
TRAIANO (M. Ulpius Traianus)
Imperatore romano. Nacque nel 53 d. C. a Italica, nella Baetica, da famiglia originaria da Todi. Accompagnò da giovane il padre, legato della Siria, quindi percorse rapidamente gli alti gradi della carriera senatoria. Fu console nel 91 sotto Domiziano e nel 97 venne adottato da Nerva, a cui successe l'anno seguente, avendo appena quarantacinque anni. Condusse dal 101 al 107 le due guerre daciche, immortalate nella colonna che fu inaugurata nel 113 (v. colonna di traiano). Celebrò nel 108 i decennalia del regno. Le guerre contro i Parthi si svolsero fra il 114 e il 117. Morì a sessantaquattro anni nel 117 a Selinunte di Cilicia.
Da Plinio (Panegir., 10, 3; 22, 2) e da Dione Cassio (Hist. Rom., lxviii, 31, 3) apprendiamo che T. era alto di statura, di nobile e dignitoso aspetto e che aveva i capelli precocemente canuti. Moltissime sono le monete che conservano la sua immagine, e il numero dei ritratti scultorei è superato solo da quello di Augusto. È stata più volte e autorevolmente asserita l'importanza decisiva del periodo traianeo nell'arte romana, con particolare riferimento al rilievo; ma un apporto notevolissimo alla sua formazione è dato anche dalla ritrattistica. Soprattutto si ha la creazione, col busto del decennale, di un nuovo tipo iconografico, che comprende le spalle e il petto, e di una nuova concezione del ritratto imperiale che tende ad esprimere la maestà del comando, mentre prima esso oscillava fra lo stile realistico del ritratto privato e quello antico onorario con forme idealizzate. Col ritratto di T. i due concetti e le due serie si fondono in un contenuto nuovo. Un linguaggio formale, che già si affaccia nella testa di Nerva da Tivoli, si afferma nei primi ritratti di Traiano. Esempî caratteristici sono: la grande testa di Villa Albani e quella del Museo Archeologico di Venezia, una testa nel commercio antiquario romano, una a Monaco, Residenza, e una al museo di Francoforte. Queste opere da riferire ad artisti di diverso temperamento, hanno però in comune alcuni caratteri: l'antidecorativismo, che riduce la chioma a una calotta, in cui le singole ciocche sono simili a strisce, distinte fra loro da linee poco più che graffite; la tendenza al linearismo, visibile nel contorno degli occhi e nelle rughe, prevalente sul gioco muscolare; talora il realismo descrittivo, che è stato interpretato come un ritorno allo stile repubblicano. Caratteri tutti in netta antitesi con le tendenze ellenistiche dell'arte domizianea. T. appare nei ritratti sopracitati pettinato a lisce ciocche cadenti a frangia sulla fronte, dove le punte divergono leggermente nel mezzo. Si tratta evidentemente della pettinatura realmente usata dall'imperatore, che è rappresentata anche in taluni ritratti di diverso indirizzo stilistico, i quali per questo particolare antiquario vanno egualmente ascritti all'inizio del regno. Tale corrente iconografica, che si giova di un modellato più mosso, e raffigura la chioma voluminosa e ondulata, è rappresentata dal busto Capitolino, Sala Imperatori 27, e da due ritratti del Louvre, 1250 e 1134. Nella linea di sviluppo dei primi ritratti citati rientra invece una serie di opere, che si crede di poter assegnare agli anni dal 103 in avanti sulla base di un nuovo tipo iconografico, che appare nelle emissioni monetali. Tali opere sono caratterizzate dal rendimento dei capelli, altrettanto lisci e poco voluminosi, ma con le punte uniformemente volte verso destra; inoltre in taluni casi dalla pesante corona civica. Neppure questi ritratti discendono da un solo archetipo; al contrario, anche i più affini si differenziano fra loro, almeno come rielaborazioni del tipo originario. Nelle teste degli Uffizî, del Palazzo Corsini al Prato, in quella di Samo e nella statua eroica Ny Carlsberg 543 a, alla sobrietà antidecorativa della chioma e al duro realismo dei tratti si accompagnano talune reminiscenze ellenistiche, come la torsione del collo, o la contrazione muscolare della fronte, o la linea delle sopracciglia rialzate verso l'esterno, elementi che incupiscono l'espressione e conferiscono alla fisionomia una certa brutalità. A queste si ricollegano la testa di Ostia da Via delle Corporazioni, che ad accentuazioni realistiche sposa lo sguardo crucciato e volto in alto. Nella colossale testa vaticana, Sala a Croce Greca, un trattamento plastico più largo e tranquillo attenua le contrazioni e le pieghe, pur conservando la pensosità dello sguardo, mentre nei ritratti coronati del Museo Torlonia 189 e del Louvre 1265 l'espressione concentrata è ottenuta da uno stile descrittivo di schietta tradizione italica. L'ultima opera però segna per il rendimento della chioma, dove le ciocche cominciano ad avere le punte distaccate dal fondo, il passaggio ai ritratti che sono stati chiamati "del Decennale". È questa una serie che forma veramente un insieme omogeneo per tipologia e per stile; e che per il numero delle copie dipendenti, sia pure con qualche variante, da un solo originale, dimostra di rappresentare un'immagine ufficiale dell'imperatore, diffusa come tale nelle province. Da un comune archetipo discendono i busti vaticani della Sala dei Busti 282 e del Braccio Nuovo 48; quelli del Capitolino, Galleria; Torlonia 541; degli Uffizî; di Woburn Abbey; del Louvre 1150; della Ny Carlsberg Glyptothek 674, ed altri (v. vol. vi, fig. 838). In questa opera, creata e diffusa per la celebrazione del decennale, si è visto il raggiungimento della nuova forma, che è stata detta lo stile traianeo. Insieme alla solidità strutturale si verifica in questo ritratto e nei suoi affini l'attenuarsi dei particolari realistici, la fermezza del modellato, in un rendimento plastico che richiama lo stile tardo-augusteo, insieme a una nuova energia. Il ritorno al classico- è stato osservato- avviene attraverso il classicismo augusteo-tiberiano. Allo stesso periodo e allo stesso ambiente della scultura aulica, se non addirittura allo stesso autore, vanno attribuiti i busti da Salona a Vienna, di Londra 1893, del Laterano 579, che dai sopra citati si distinguono specialmente per il vivace movimento del collo. Appare inoltre in questi ritratti un'espressione e un'impostazione consce della dignità imperiale. E ancora è cambiata la pettinatura: le ciocche sono volte uniformemente verso sinistra, le punte divergono sopra l'occhio sinistro e appaiono separate e distinte le une dalle altre e dal fondo. Tuttavia anche in questo periodo si creano opere indipendenti dagli originali ufficiali, come la grande testa da Ostia a Monaco, di costruzione più massiccia e più larga, sebbene nella stessa corrente stilistica; come le teste su statue loricate di Villa Albani, di Copenaghen 543, del Louvre 1154, che portano la stessa pettinatura, ma sono improntate a tendenza realistica. Anzi, fra i ritratti che hanno la caratteristica pettinatura "del decennale" si può ancora avvertire il perdurare dello stile descrittivo-lineare, già carattere precipuo della prima fase della iconografia traianea: così nella testa coronata della National Galerie di Oslo e in quella del museo del Pireo. Forse attraverso questo particolare filone stilistico, i netti solchi incisi ai lati della bocca perdurano, come tratto ormai convenzionale e tipico della fisionomia dell'imperatore, ancora nella testa da Carpentras al Museo Calvet di Avignone, ritratto fra i più tardi di T. vivente, perché vi è rappresentato con l'ultima pettinatura, quella che più evidentemente rivela l'imitazione dei ritratti di Augusto, sebbene le ciocche sulla fronte siano divergenti a destra e convergenti a tenaglia a sinistra, nella disposizione inversa cioè della pettinatura augustea. Non è probabile che si tratti di una riproduzione realistica dei capelli di T., ma è un tipo convenzionale di acconciatura, creato per avvicinare anche nell'aspetto l'Ottimo Principe al primo venerato principe. Il nuovo tipo dovette, come quello dei Decennalia, avere per punto di partenza una o più opere degli scultori di corte; esso fu diffuso certo prima del 112-113, perché nei rilievi della Colonna Traiana dove l'imperatore è rappresentato numerose volte (v. vol. vi, fig. 1063), appare anche con questa pettinatura; anzi da un episodio raffiguratovi, è stato chiamato "tipo del sacrificio" tutto il gruppo dei ritratti scultorei caratterizzati dalla sopraddetta pettinatura. L'archetipo fu probabilmente eseguito intorno al 110 e potrebbe considerarsi rappresentato da due ritratti, agli Uffizî e a Tolosa; altre sculture vi si accostano, una testa di Torino su busto non pertinente, il busto Ny Carlsberg 671 con l'egida di Giove, un busto, di cui rimane solo un gesso, a Würzburg, una testa in Ince Blundell Hall e un'altra in Tolosa. Non vi è fra queste opere, eccetto la pettinatura, uno stretto legame; anzi dal loro accostamento risalta la grande libertà con cui il tipo iconografico fu accettato e variamente rielaborato in Italia e nelle province. Tuttavia la tendenza classicistica vi prevale, conservando lo stesso indirizzo dei ritratti così detti "del decennale". E in alcuni ritratti (di Firenze, di Tolosa, di Copenaghen) riaffiora il movimento di torsione del collo, sopravvivenza ellenistica già notata nel busto di Vienna.
Originale di alta qualità è l'imago clipeata rinvenuta nel 1947 ad Ankara, che ci dà l'immagine degli ultimi anni di vita di T., concordante con quella sull'attico dell'arco di Benevento.
Dopo la morte di T. non si cessò dall'innalzargli statue e busti. Un ritorno al primo tipo di ritratto imperiale è rappresentato dalla statua di Leida da Utica, la cui tarda esecuzione è fissata dalla palma da dattero sul tronco d'appoggio, celebrativa delle guerre condotte in Oriente. Ad età adrianea va probabilmente attribuito il busto di Monaco, appesantito dalla corona e dall'egida voluminosa, che ha tratto da un lontano prototipo dei primi tempi di regno il rendimento delle lunghe ciocche lisce e cadenti sulla fronte e l'espressione concentrata e nervosa. Notevole fra tutti i ritratti di età adrianea è la grande testa di Ostia, che tipologicamente si riporta a quella di Avignone per le proporzioni piuttosto quadrate, per le lunghe individuate ciocche quasi lisce, nella tipica disposizione sulla fronte e sulle tempie. È un significativo esempio di classicismo adrianeo: una forte struttura, coperta da chiare levigate superfici, ravvivate dalla tonalità diversa delle sopracciglia e dei capelli. Il tipo di T.-Giove, già apparso nella monetazione, è riprodotto nella imponente statua seduta del museo di Berlino, la cui testa, sebbene dipenda per la pettinatura dai ritratti "del decennale", è opera di accademica freddezza, in cui la contrazione della fronte appare come estranea reminiscenza ellenistica. L'imperatore è raffigurato con la pettinatura "del decennale" in altre due opere che, per la tecnica e per il modellato, rientrano nella iconografia posteriore alla sua morte; una è la testa in atteggiamento eretto e frontale del museo di Ostia, che per il rendimento delle ciocche rialzate e sottoscavate dal trapano, sembra varcare il periodo iniziale adrianeo; l'altra è la testa colossale appartenente alla statua del Traianeo di Pergamo, permeata di classicismo e non priva di accento drammatico. La venerazione per il grande imperatore non ebbe fine col regno di Adriano ed ebbe nuovo impulso verso il declino del IV sec., come mostrano i contorniati (v.). Con questi è stata messa in relazione una colossale testa marmorea del Museo dei Conservatori: sarebbe questa l'ultimo monumentale ritratto di restituzione di Traiano.
Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ik., II, 2, p. 73 ss.; R. West, Römische Porträt-Plastik, Monaco 1933, II, p. 61 ss.; W. Gross, Bildnisse Traians, Berlino 1940; P. H. Blanckenhagen, Ein spätantikes Bildnis Traians, in Jahrbuch, LIX, 1944, p. 45 ss.; Ch. Picard, in Revue Ét. Lat., XXX, 1952, p. 321 ss.; G. M. A. Hanfmann-C. C. Vermeule-H. Jucker, in Am. Journ. Arch., LXI, 1957, p. 223 ss.; W. H. Gross, in Pauly-Wissowa, Suppl. X, 1965, c. 1035 ss., c. 1102 ss.; Bildnisse, s. v. M. Ulpius Traianus. Monete: Coins of the Roman Empire in the British Museum, III, pp. LII ss., 31 ss.; P. L. Strack, Römische Reichsprägung des zweiten Jahrhunderts, I, Stoccarda 1931, Beichsprägung d. Traians: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire, in The Brit. Mus., III, Londra 1936, p. 31 ss.; L. Budde, Imago clipeata in Ankara, in Antike Plastik, IV, Berlino 1965, p. 103 ss.
(B. M. Felletti Maj*)